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Autore: CamilleLT    06/05/2012    2 recensioni
Anche se siamo ormai abituati ad ogni genere di fantasia è risaputo che "Gli dei non esistono"; le ultime parole famose. Una ragazza si ritrova a contatto con il Dio del Tuono, bloccato sulla terra per l'ennesima volta. Ritrovarsi davanti a colui che riteneva una finzione, ma che aveva sempre ammirato come personaggio attraverso i fumetti e il cinema, sconvolgerà inequivocabilmente la sua esistenza... e il suo cuore.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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                Questa fan fiction è nata da una pura casualità
                Il caso esiste, dunque. O forse no?
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The Beginning



                Quella sera l'idea del "fare tardi" non mi aveva minimamente sfiorato. Eppure, dopo che Fran mi aveva supplicato più e più volte, ero rimasta ancora in quel pub a prendermi un drink con lei, chiaccherando del più e del meno. Era la mia migliore amica, da praticamente sempre; e quella sera era abbastanza particolare per noi. Festeggiavamo a modo nostro l'entrata all'università di Oxford, lei a Legge ed io a Cinema. Dopo essermi finita la seconda birra ed aver atteso che lei facesse lo stesso puntai gli occhi sul mio orologio, che segnava l'una precisa.
«Non pensi che faremo meglio ad andare? »
chiesi con voce bassa e leggermente stanca. Il giorno seguente ci attendeva l'orientamento del campus e quantomeno dovevamo essere sveglie. Lei annuì di scatto, evidentemente aveva avuto la mia stessa intuizione. Pagai io e dopo aver preso borse e cappotti uscimmo fuori dal pub. Una pioggia violenta batteva sul marciapiede, Salimmo immediatamente dentro la mia Mini e ci riparammo all'istante, Da quando eravamo arrivate lì non avevamo visto altro che pioggia e pub; L'Italia era nettamente diversa, dominata più che altro dal sole e dal vino. Era sempre stato il nostro sogno frequentare l'università all'estero, cosa che si era ampliata in seguito alla crisi profonda e al declino del nostro paese nativo. L'ambiente politico e le condizioni di vita ci avevano portato ad odiare il luogo più bello del mondo. Lo avevamo lasciato con amarezza, e con un sentimento di pietà misto a mancanza nei confronti dei nostri cari. Ma cos'altro potevamo fare? Rimanere lì e vivere una vita senza la possibilità di un futuro stabile? Io e Fran avevamo affittato una piccola casa nei pressi della periferia della cittadina, che non aveva nemmeno un prezzo altissimo ed era a dieci minuti dall'Università. Dovevamo ringraziare suo padre, senza il quale avremmo di certo alloggiato in un qualche ostello della gioventù o nel campus dell'università, che a quanto si diceva, non era il massimo. Lui si era occupato delle ricerche dell'appartamento e mi aveva aiutato anche ad ottenere il permesso di guidare in Inghilterra. Fran era l'amica perfetta, quella che non ti assilla ma che c'è sempre se hai bisogno di lei. Il suo carattere apparentemente distaccato la rendeva una persona non gradita da molti, ma la verità era che nessuno aveva il tempo di capirla abbastanza, perché era tutt'altro che scontrosa e cattiva. Nascondeva tanta dolcezza e coraggio, misto ad un senso dell'humour particolare. La sua unica pecca era il considerare troppo quello che gli altri dicevano di lei, anche se continuava a dirmi che non lo faceva. Ma io la adoravo in ogni sua piccola parte. Accesi il motore della macchina ed un tuono fortissimo seguì il rumore di accensione della Mini. Avevamo da fare una ventina di minuti in macchina, tra cui anche una strada sterrata. La pioggia mi spaventava a volte, anche se era una cosa stupida
«Smettila di pensarci e guida, la pioggia non morde e lo sai. »
Disse Fran mentre tenevo il manubrio con più rigidità del solito. Feci una risatina nervosa mentre svoltavo ed uscivo dal centro di Oxford. Amavo particolarmente guidare, mi rilassava e mi faceva sentire, in un certo senso, potente.
«Hai sentito i tuoi? »
chiesi con voce bassa, mentre non distoglievo gli occhi dal semaforo, in attesa che scattasse.
                «Mia madre mi ha chiamato prima, dice che andava a cena con la tua, stasera. Hanno lasciato Niccolò a badare a Rachele. »
 disse con un sorriso divertito. Niccolò e Rachele erano rispettivamente suo fratello e mia sorella. Lui aveva 15 anni mentre mia sorella ne aveva 5. Si divertivano un sacco insieme ed era per questo che qualche volta suo fratello faceva da baby sitter a mia sorella, mentre le nostre madri uscivano.
                «Uh quanto mi mancano... e sono solo due mesi che siamo qui. Pensa quando torneremo a casa per Natale come saranno contenti»
                La discussione andò avanti su questo tema, infatti il nostro primo ritorno a casa era previsto per il 20 Dicembre e mancavano ancora 3 mesi a quella data. Con la macchina uscii fuori dai confini cittadini e presi la strada sterrata che ci avrebbe condotto fino a casa. I fulmini continuavano ad illuminare la campagna inglese intorno a noi e solo io sembravo farci caso, Fran era ad in una via di mezzo fra la dormiveglia e il sonno. E poi d'improvviso, accadde l'imprevedibile. Un fulmine enorme e molto luminoso cadde a pochi metri davanti a noi, ed il mio occhio lo osservò per un lunghissimo millesimo di secondo, come ammaliato ma spaventato allo stesso tempo. Sbandai per la paura, facendo uscire la mia Mini dai confini della strada. Ed accadde qualcosa di più assurdo, senti il lamento di qualcuno. Fran dopo che aveva sbattuto contro lo sportello, tirò su la testa e mi guardò impietrita. Io le restituii lo sguardo ancora più terrorizzata. “Oddio... ho ammazzato qualcuno” pensai.
                «Ma non c'era nessuno qui... come è possibile..??! »
                mi tremava la voce e non sapevo cosa fare. La macchina era ferma in mezzo ad un campo e la pioggia continuava a sbattere sul nostro parabrezza. Presi coraggio e dopo aver afferrato la torcia d'emergenza nel cassetto, aprii lo sportello del veicolo ed uscii, raccomandando a Fran di rimanere dentro, magari era solo un falso allarme.
                La fredda pioggia mi ghiacciava ogni parte del corpo, in particolar modo il viso, che giravo freneticamente alla ricerca di qualcosa,,, o qualcuno.  E la torcia alla fine lo illuminò, A pochi metri dietro alla vettura, c'era disteso un uomo alto quasi due metri. Battei con le mani sul finestrino dalla parte di Fran, e lei lo tirò giù.
                «Allora, se è un alieno chiama la polizia. Se invece è un uomo... beh, chiama comunque la polizia. Ed un'ambulanza, aggiungerei. »
                Lei annuì un pochino spaventata, e inorridita dal mio sarcasmo. Come facevo a pensare agli alieni ad un momento del genere?! Il paranormale mi stava dando alla testa. Deglutii e mi avvicinai al corpo sdraiato a terra, puntando in avanti la torcia di Decathlon che mi aveva comprato mio padre. "è per le emergenze" aveva detto, infatti era auto-elettrica, una grande genialata insomma. Arrivai a meno di un metro da quello e lo illuminai con la torcia, rimasi senza parole. All'inizio non sapevo se la mia mente mi stesse giocando brutti scherzi grazie a l'alcool o se fosse ancora quella stupida cotta che mi portavo dietro a farmi avere certe visioni. Fatto sta che c'era disteso un uomo davanti a me, ma non uno qualsiasi, era uno che assomigliava incredibilmente a... oddio, mi vergogno persino a dirlo, all'attore che nei film della Marvel aveva interpretato Thor, il mio amore adolescenziale. Mi piegai e gli diedi una scrollata leggera, tanto per vedere se rispondeva al tocco. Lui mugugnò qualcosa, ed io lo guardai senza sapere che fare. Mi girai verso la macchina.
                «Ho cambiato idea Fran, niente polizia, questo ce lo portiamo a casa. »
                Dissi urlando in modo tale che mi sentisse anche da lontano. Pochi attimi dopo uscì dalla macchina e corse verso di me, dicendo che quello non era decisamente il momento di scherzare o di prendere la cosa alla leggera. Quando lo vide reagì più o meno alla stessa maniera.
                «Ma che cazz..?! »
                Si mise in ginocchio per guardarlo più da vicino e notare che nonostante lo avessimo investito, era ancora tutto intero e visibilmente sano. Magari era solo svenuto.
                «Ma cosa ci faceva qui? a quest'ora? non è che è un satanico? » chiese Fran mentre io continuavo a constatare quando fosse simile a Thor.
                «Non lo so, ma dobbiamo portarlo a casa, non può rimanere sotto questa pioggia e in queste condizioni»
                Il mio tono non sembrava dispiaciuto, e Fran colse questa punta di sentimento che aveva contraddistinto la mia voce.
                «Sei sempre la solita. » disse con un sorrisetto. Ed io glielo ricambiai.
                Lo prendemmo insieme, io dalle gambe e lei dalle spalle e lo sistemammo sul retro della macchina mentre lui non dava ancora segni di ripresa. Guidai più ansiosamente fino a casa e dopo aver parcheggiato,lo riprendemmo allo stesso modo e lo sistemammo sopra il divano del salotto. Fran era sfinita e finì per andare a letto subito, io rimasi lì a curarmi di lui, cercando di asciugarlo in qualche modo, e ricoprendolo di coperte. Era gelido. Quando ebbi finito mi sedetti sul pavimento a fissarlo per qualche istante, la somiglianza che c'era fra lui e quell'attore era più che impressionante e avevo i battiti del cuore accelerati se constatavo troppo a lungo la sua bellezza. Guardai l'orologio sulla parete e notai che era decisamente l'ora di dormire, se non volevo essere uno zombie il giorno dopo. Ma quei capelli biondi e quel corpo mi strapparono ancora qualche minuto di veglia in più, tanto che mi addormentai per gradi, senza nemmeno rendermene conto.
  
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