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Autore: LaniePaciock    07/05/2012    3 recensioni
[SPOILER 4x23] Il caso di Johanna Beckett è stato riaperto ancora una volta. Kate e Rick hanno litigato e la rottura questa volta è stata inevitabile. Dovranno seriamente abituarsi a vivere l’uno senza l’altro?
(Song-fic dalla canzone ‘M’abituerò’ di Ligabue)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Quarta stagione
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ATTENZIONE: spoiler fino alla 4x23! Questi comunuque derivano dai promo e dagli sneak peek. La canzone è "M'abituerò" di Ligabue. Il consiglio sarebbe sentirla almeno una volta per capire dove sono i cambi di ritmo... Beh, buona lettura! ;)
Lanie
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Non avrebbe saputo dire da quanto tempo le sue lacrime avessero iniziato a mescolarsi con la pioggia. Sembravano passati pochi secondi, giusto il tempo per realizzare la cosa, ma sapeva che era molto di più. Qualche ora prima il cielo era appena nuvoloso. Non avrebbe mai immaginato il diluvio che ora si stava consumando. E lei vi era proprio in mezzo, sola, ferma. Le ricordò molto la sua situazione. Fino a poco tempo prima, tutto era relativamente tranquillo. Poi c’era stato il botto, all’improvviso. Prima il nuovo indizio sul caso di Johanna Beckett. Poi le dimissioni da detective. Infine la litigata con Castle. Alzò la testa con gli occhi chiusi. Le gocce di pioggia le scendevano lente lungo il viso e tra i capelli, ma non se ne curava minimamente. Era zuppa d’acqua ormai, lo sapeva bene. Iniziava a sentire il freddo fin nelle ossa. Ma in quel momento non c’erano altri posti in cui Kate Beckett sarebbe voluta essere, se non seduta su quella piccola altalena in mezzo a quel piccolo parco.
Mentre ancora non pioveva, era andata a trovare sua madre. Era molto che non lo faceva, ma da un anno entrare in un cimitero per lei avrebbe voluto dire riaprire delle ferite che non era ancora del tutto in grado di curare. E affrontare delle paure che non riusciva a dimenticare. Cimitero per Kate voleva dire cecchino. Cimitero voleva dire Castle. Fino a quel momento non era stata pronta. Non si era sentita pronta. Ma allora perché aveva avvertito il bisogno di andarci? Era forse pronta ora? Forse perché era stato fatto un passo avanti nell’omicidio di sua madre che l’aveva quasi portata al mandante, ma le era stato nascosto. Proprio da chi si fidava di più. Da Castle. Quell’incosciente di uno scrittore aveva continuato a indagare per conto suo, lasciando indietro lei, senza pensare alle conseguenze di quel gesto. Meno di due ore prima avevano litigato. Ancora una volta. Ancora per il caso di sua madre. Questa volta però era stato diverso. Loro erano diversi. Erano a un passo dal capire il mandante dell’assassino di Johanna Beckett e ancora una volta lui aveva cercato di fermarla. “They’ll kill you” aveva detto. E da quelle parole, unite al suo sguardo, Kate aveva capito che sapeva. Sapeva molto più di quanto avesse detto. E glielo aveva nascosto. Come era già successo in precedenza. Però questa volta c’era una differenza. Questa volta aveva confessato di amarla. Gli occhi blu lucidi di Rick mentre le chiedeva di abbandonare il caso perché l’amava erano un’immagine che non avrebbe dimenticato presto. Ma testarda e orgogliosa com’era, stupida forse anche, ancora una volta l’aveva cacciato. Aveva finto di non sentire quello che le diceva, usando la scusa che l’aveva tradita già una volta nascondendo l’indagine. Appena Rick era uscito da casa sua, distrutto, lei era crollata a sedere sul divano, la testa fra le mani, stanca e provata da una litigata da cui entrambi erano usciti sconfitti. Poco dopo però si era alzata, aveva preso la giacca ed era uscita, dirigendosi in auto verso il cimitero che ospitava sua madre. Sentiva che era ora di andarci. Non sapeva per quanto tempo fosse rimasta in piedi davanti alla sua lapide. Probabilmente quasi un’ora. A parlarle e a pensare. Tornò in macchina solo quando si accorse che un grosso peso che aveva nel petto era sparito. Non era però ancora completamente libera. Aveva ancora bisogno di tempo per pensare. Ma dove? Non voleva tornare al suo freddo appartamento. Non poteva andare al distretto perché si era dimessa per continuare a seguire il caso che ancora una volta la stava facendo annegare. Non voleva far preoccupare suo padre quindi anche lui era da escludere. Lanie era un’altra opzione da scartare. Le avrebbe dato una bella lavata di capo e avrebbe avvertito Esposito e Ryan. E non voleva vedere nessuno. Tutto quello che avrebbe voluto sarebbe stato andare da Rick, ma aveva appena litigato con lui e non avrebbe saputo come comportarsi. Non ora che le aveva detto di amarla e lei lo aveva allontanato ancora una volta. Però aveva un disperato bisogno di lui in quel momento. A un certo punto era passata con l’auto davanti a una libreria e in vetrina un libro in particolare le era saltato all’occhio. Era passato un anno eppure era ancora lì. Heat Rises. Un mezzo sorriso le si era aperto in volto e aveva svoltato. Sapeva dove andare. Nel posto in cui tutto era ricominciato. Nel posto in cui lui aveva deciso di seguirla ancora, nonostante il male che gli aveva provocato. Nel posto in cui lei aveva cominciato a risorgere. Quel piccolo parco con due altalene poco lontano dalla libreria dove Rick stava firmando autografi quasi un anno prima. Stava iniziando a piovigginare quando era scesa dalla macchina. Senza curarsene minimamente però, si era seduta sull’altalena gettando uno sguardo triste a quella vicino dove l’ultima volta era seduto il suo scrittore. Poi aveva cominciato a piangere. Non singhiozzava. Semplicemente le lacrime erano uscite silenziose e avevano iniziato a scenderle lungo il suo viso insieme alla pioggia. Aveva dato un’altra occhiata all’altalena vuota e solo in quel momento si era resa veramente conto che probabilmente Rick non sarebbe più stato al suo fianco. Non sarebbe più stato il suo scrittore, né il suo partner, né il suo amico. Se ne sarebbe andato, come aveva già tentato di fare in precedenza, ferito. Ma questa volta l’avrebbe lasciata davvero. A questa consapevolezza altre lacrime si aggiunsero, prontamente lavate dalla pioggia. L’acqua cadeva incessante ora, ma Kate non era intenzionata a muoversi.
Hai fatto tutto questo solo per me, perché mi ami… Ma hai rischiato un pericolo enorme. Perché ti ho cacciato ancora? “I’m more than a partner!” mi hai urlato… Lo so bene che sei più di un partner per me, anche se mi ci è voluto molto tempo per accettarlo. Quando poi con gli occhi lucidi mi ha detto “I love you Kate. And if that means anything to you, if you care about me at all, just don’t do this” io… Dio… Io stavo per crollare. Non volevo altro che buttarmi tra le tue braccia e baciarti. Eppure sono riuscita ancora una volta a trattenermi… E a fare del male sia a te che a me. Ti ho detto che comunque sarei andata avanti. Ho fatto finta di non ascoltarti. “If that means anything…” le tue parole mi continuano a rimbombare in testa. Non riesco a smettere di pensarci. Vale di più. Molto più di qualcosa Rick. Ti ho scacciato, quindi ora non lo sai, ma non sono andata avanti… Mi sono fermata, come mi hai chiesto. Ho preso una pausa. Sono andata da mia madre e poi sono venuta qui. Avevo bisogno di pensare, di riflettere, di rimettere insieme i pezzi. Ma ora non so cosa fare. Ti amo Rick. Ma non posso tornare da te. Non ora e non dopo quello che ti ho detto. Non dopo il modo in cui ho trattato e che ancora una volta non meritavi. Ti capisco se vuoi abbandonarmi. Ti ho ferito troppe volte. Non so come tu abbia fatto a starmi dietro per così tanto tempo. Io mi sarei stancata molto prima.
Kate guardò ancora l’altalena di fianco a lei, gli occhi lucidi.
Dovrò iniziare ad abituarmi a non trovarti più di fianco a me…
 
Era tornato a casa sbattendo la porta, ma non gli importava. Nell’appartamento non c’era nessuno. Alexis sarebbe rimasta fuori tutta la notte. Aveva la sua festa per il diploma in un locale e poi avrebbe dormito da una sua amica. Martha invece era partita quel pomeriggio per gli Hamptons. Ringraziò silenziosamente chiunque ci fosse lassù per questi piccoli favori. In quel momento non voleva vedere nessuno. Neanche la sua famiglia. Rick si tolse la giacca e la buttò sul divano. Poi si diresse nel suo studio, aprì l’anta degli alcolici, prese una bottiglia di whisky e un bicchiere, che riempì a metà. Lo buttò giù tutto d’un fiato. Chiuse gli occhi con una leggera smorfia per l’alcool bruciante che gli scendeva in gola fino allo stomaco. Poi prese un respiro e se ne versò ancora, ma non lo bevve subito stavolta. Si sedette stancamente sulla sedia del suo ufficio, il bicchiere in mano. Alzò gli occhi sullo schermo scuro vicino alla scrivania. C’è l’aveva fatta. Le aveva confessato il suo segreto. E le aveva detto che l’amava. Ma al solito aveva aspettato troppo. Al solito, glielo aveva detto nel momento sbagliato. Lui voleva solo proteggerla. Non voleva che si facesse ammazzare. Non avrebbe mai voluto allontanare Kate da sé, ma invece era stato di nuovo così. Lei lo aveva cacciato. Di nuovo. Come prima che le sparassero. Come ogni volta che il caso di Johanna Beckett veniva riaperto. Ma questa volta non sarebbe tornato indietro. Questa volta l’avrebbe lasciata definitivamente.
Volevi questo giusto Kate? Volevi che me ne andassi! Ebbene non mi vedrai più. Sono stanco di starti dietro… Stanco di rischiare la vita pur di starti vicino. Stanco di pensare a te in ogni momento della giornata, senza sapere se per te valgo qualcosa oppure no. Non sei l’unica a stare male. Io sto male quanto te ogni volta che il caso di tua madre viene riaperto. E sai perché? Perché ti vedo affogare e soffrire. E ho sempre paura di non riuscire a salvarti una volta di più. Ancora una volta ti ho chiesto di fermarti. Ma questa volta ti ho detto chiaramente perché. Non ci sono girato intorno come l’ultima volta. “Because I love you!” ti ho detto, anche se lo sapevi già… Speravo che ancora una volta queste parole ti avrebbero tirato fuori dal baratro. Come sono quasi convinto che ti abbiano aiutato quando ti hanno sparato. Forse speravo… speravo di riuscire a farti capire come mi sentivo e convincerti a non farti uccidere. A restare con me. Ma ancora una volta non mi hai dato ascolto. E ancora una volta mi hai cacciato, dicendomi che non dovevo nasconderti di indagare sulla cosa più importante della tua vita. Solo che ora non ho più la forza di lottare per starti accanto. Non ho più la speranza che tra noi succeda qualcosa di più. Quando ho scoperto che ricordavi, dopo il caso della bomba, io c’ero rimasto malissimo. Mi ero convinto che tu non provassi niente per me, quindi ho iniziato a cercare di staccarmi. Mia madre mi aveva detto che l’amore non era un interruttore che potevo spegnere e accendere a piacimento. Che non potevo continuare a seguirti e non provare nulla. Io pensavo di sì. Ne ero convinto. Ero ferito e ti ho ferito a mia volta con il mio comportamento da bambino. Ma mia madre aveva ragione. L’amore non è un interruttore. Non sono riuscito a toglierti dalla mia testa. Né dal mio cuore. Ho ripreso qualche speranza dopo il caso degli zombie, quando mi hai detto che ormai eri quasi pronta. Che il tuo muro stava crollando. Ma ora… Mi dispiace Kate, ma ora sono crollato io.
Buttò giù un altro po’ di whisky e alzando gli occhi vide, in una fila ordinata sulla libreria, i suoi libri. E tra quelli, in bella vista, i tre su Nikki Heat. Non importava se anche i libri su Derrick Storm, o su qualunque altro personaggio avesse mai scritto, avessero venduto di più rispetto a quelli di Nikki Heat. Lei sarebbe sempre rimasta la sua creazione migliore. Voltò appena la testa e osservò il cartellone pubblicitario del suo nuovo libro, Frozen Heat, in un angolo della stanza. Il suo ultimo capolavoro. Probabilmente l’ultimo su Nikki Heat. L’ultimo inspirato alla sua musa. A Kate. Scosse la testa e bevve un altro sorso dal bicchiere. Gli occhi minacciavano di farsi lucidi.
Dovrò iniziare ad abituarmi a non pensarti più…
 
M’abituerò a non trovarti
m’abituerò a voltarmi e non ci sarai
 
Kate lanciò un’altra occhiata all’altalena. Non riusciva a smettere di guardarla. Fece un sospiro, mentre le lacrime non accennavano a smettere e l’acqua la inzuppava sempre più. Avrebbe dovuto iniziare ad abituarsi a non avere più quel pazzo scrittore al suo fianco. Doveva abituarsi. Ma non sapeva se ci sarebbe riuscita. Rick era stato una presenza costante nella sua vita negli ultimi quattro anni. Una fortezza sicura. Più presente di chiunque altro. Quante volte l’aveva aiutata? Quante volte l’aveva salvata? 9? 10? Fisicamente forse, ma emotivamente? No, probabilmente molte di più, ma ormai aveva perso il conto. E ora invece doveva abituarsi a non trovarlo più.
 
m’abituerò a non pensarti
quasi mai, quasi mai, quasi mai.
 
Quei tre libri sullo scaffale continuavano ad attirare lo sguardo di Rick. Quante volte aveva pensato alla sua musa in quei quattro anni? Molte. Troppe. Sicuramente più volte di quanto fosse normale. Anche quando erano entrambi impegnati. Quante volte aveva sognato le scene ora impresse nero su bianco in quei quattro libri dedicati a lei? I gesti, le parole, l’amore… Non aveva mai smesso di pensare a Kate. Di fantasticare su di lei. Ma ora avrebbe dovuto farlo se voleva ricominciare. Rivolse ancora una volta lo sguardo triste ai volumi sulla libreria. Doveva abituarsi a non pensare mai più a lei. Emise un sospiro sconsolato. O almeno quasi mai…
 
Alla fine
c’è sempre uno strappo
e c’è qualcuno che ha strappato di più
 
Kate si passò una mano sul petto e la fermò sul punto in cui, sotto la giacca e la maglia bagnati, sapeva esserci la cicatrice derivata dal proiettile del cecchino. Quella sarebbe rimasta per sempre sul suo corpo, ma si era rimarginata da tempo ormai. La ferita che aveva inferto oggi a Rick invece era certa che non si sarebbe rimarginata presto. Era ancora fresca e pulsante. E la sentiva anche su di sé, esattamente vicino a quel piccolo segno sul suo petto. Nel suo cuore. Questa volta aveva tirato troppo. E lo sapeva. Rick le aveva detto che aveva paura di perderla. Le aveva confessato di amarla. E lei ancora una volta aveva messo il caso di sua madre davanti a tutto. Davanti al suo lavoro, ai suoi amici, a suo padre. Davanti a lui. E anche questa volta aveva preso la decisione sbagliata. Gli aveva urlato contro, facendo finta di non capire la sua preoccupazione, ma concentrandosi solo sul fatto che lui le aveva nascosto informazioni importanti. Questa volta però non sarebbe bastato tornare da lui e chiedere scusa. Non sarebbe mai stato abbastanza per rimarginare quella ferita. Questa volta aveva esagerato. E lo aveva perso.
 
Non è mai
qualcosa di esatto
chi ha dato ha dato e poi
chi ha preso ha preso tutto quel che c’era
 
Mi hai preso tutto detective… La testa e il cuore. Te li ho serviti su un piatto d’argento. Oggi ti ho detto che non volevo che ti uccidessero. Ti ho detto che ti amavo. E tu mi hai scacciato ancora una volta. Negli ultimi quattro anni ti ho dato tutto di me Kate Beckett. Ti avevo sempre nei miei pensieri e i miei libri possono confermarlo. Ti avevo sempre nel mio cuore e le mie azioni possono confermarlo. Quando ti hanno sparato, quasi un anno fa, quando ti ho visto morirmi tra le braccia, io ero certo di aver perso un pezzo di me. Un pezzo di me che è risorto quando ti sei svegliata e ti ho rivisto. Un pezzo di me che hai torturato per i tre mesi seguenti perché non avevo tue notizie. Un pezzo di me che ancora una volta ha avuto la forza di riprendersi e starti accanto quando sei tornata. Che ha vacillato ed è caduto quando ti ha sentito dire che ricordavi ogni singolo secondo di quel giorno al cimitero. Che si è rialzato ancora quando hai detto che il tuo muro stava per crollare. Un pezzo che oggi mi hai strappato di dosso. Ora sono vuoto. Io ti ho dato tutto di me. E ti avrei dato anche di più se solo ne avessi avuto l’occasione. Ma tu oggi hai preso tutto. E mi hai lasciato vuoto.
 
non conta più sapere chi ha ragione
non conta avere l’ultima parola… ora.
 
La mano di Kate si fermò sull’anello di sua madre appeso al collo e lo strinse. Altre lacrime silenziose uscivano. Entrambi avevano avuto dei segreti. Tutto a causa dello sconosciuto ‘drago’ che aveva ucciso sua madre e aveva rovinato la vita e lei e a suo padre. Lei aveva nascosto a Rick che ricordava tutto del giorno dello sparo a causa del muro che si era costruita attorno al cuore. Perché non voleva più soffrire. Lui aveva nascosto di indagare sul caso di Johanna Beckett, perché sapeva che lei non sarebbe mai stata felice senza averlo prima risolto. Inoltre sapeva che ci sarebbe annegata dentro ancora una volta e che questa volta si sarebbe fatta ammazzare. E lui non poteva permetterlo. Chi ha ragione tra me e te Rick? Io che cerco giustizia sul caso di mia madre o tu che vuoi proteggermi da questo? Non so più cosa è giusto e cosa no… Ho lasciato il distretto perché pensavo fosse la cosa giusta da fare. Ma solo ora mi accorgo che forse avevi ragione tu. Forse quella che cerco io è vendetta. Ma non voglio che l‘assassino di mia madre continui a impedirmi di vivere felice. Di ricominciare a vivere. Anche con te.
 
M’abituerò a non trovarti
m’abituerò a voltarmi e non ci sarai
 
Kate guardò ancora l’altalena. Si muoveva debolmente avanti e indietro, spinta da un leggero vento. Le lacrime continuavano a mischiarsi alla pioggia. Avrebbe dovuto abituarsi a non averlo più a fianco. A non avere più il suo scrittore che le portava il suo caffè preferito tutte le mattine. Non avrebbe più risolto omicidi con quel pizzico di divertimento in più che Rick trascinava con sé. Non avrebbe più sentito teorie strampalate su CIA e alieni ogni due omicidi. Non avrebbero più completato l’uno le frasi dell’altro sotto gli sguardi divertiti di Ryan ed Esposito. Sorrise debolmente. Le sarebbe mancata anche Lanie che faceva supposizioni maliziose su loro due. Perché lui non sarebbe più stato al suo fianco. Non le avrebbe più coperto le spalle. Non l’avrebbe più salvata. E lei avrebbe dovuto abituarsi.
 
m’abituerò a non pensarti
quasi mai, quasi mai, quasi mai.
 
Rick si accorse che ancora una volta i suoi occhi traditori si erano fermati sui libri di Nikki Heat. Distolse rabbioso lo sguardo e prese un altro sorso di whisky. Doveva smettere di pensare a lei. Doveva farlo per sé stesso e per la sua famiglia. Alexis non avrebbe più dovuto chiedergli in lacrime di non seguire la detective. Non avrebbe più dovuto supplicargli di fare attenzione, né sua madre avrebbe più dovuto ricordargli che non è un poliziotto. Si alzò dalla sedia e iniziò a muoversi su e giù per studio, fino a fermarsi davanti alla finestra. Vide che fuori pioveva a dirotto. Senza rendersene conto sperò che Kate non fosse uscita di casa con questo tempo. Immediatamente fece una smorfia si diede dello stupido. Doveva abituarsi a non pensare più a lei.
 
Alla fine
non è mai la fine
ma qualche fine dura un po’ di più
 
Rick diede un ultimo sguardo alla finestra poi si girò con un sospiro. Davanti a lui vide il cartello di Frozen Heat. Lo osservò per un lungo momento, triste, poi chiuse gli occhi e voltò la testa. Frozen… Quante volte aveva rischiato di perderla in quei quattro anni? Tra i vari assassini, la bomba in casa sua e quella sporca, la cella frigorifera, il cecchino, Sophia… Quante volte? E quante volte con lui insieme? Quante volte aveva detto che avrebbe smesso? Che quello sarebbe stato il suo ultimo caso, perché era troppo pericoloso? Troppe. Solo in quel momento, con una fitta al cuore, realizzò di aver solo posticipato qualcosa che avrebbe dovuto fare già da tempo. Aveva abbastanza materiale per scrivere 100 libri su Nikki Heat. Non gli serviva altro. Aveva solo ritardato il suo distacco con il distretto e con Beckett. Si era legato troppo. E ora ne sarebbe uscito più ferito che mai.
 
Da qui in poi
si può solo andare
ognuno come può
portando nel bagaglio quel che c’era
 
Kate emise un ulteriore sospiro e voltò la testa per non vedere l’altalena vuota vicino a lei. Doveva andare avanti e dimenticarlo. Avrebbe dovuto riabituarsi a essere sola. Come prima che lo conoscesse. Come quando era morta sua madre. Suo padre aveva iniziato subito a bere e lei lo andava a recuperare nei vari bar occasionali che sceglieva. Le aveva promesso tante volte che avrebbe smesso, ma l’aveva fatto seriamente solo quando una sera gli aveva urlato contro e se ne era andata. Era passato più di un anno da quando sua madre era morta. Lei aveva cercato di andare avanti. Si era iscritta all’accademia, ma era dura, soprattutto con suo padre in quello stato. Non aveva nessuno a cui appoggiarsi. E non voleva appoggiarsi a nessuno. Ricordava quella notte come se fosse passato un giorno e non anni. Lui era rientrato ubriaco in casa dopo l’ennesima promessa di rimanere sobrio non mantenuta. E lei si era infuriata. Gli aveva urlato cose terribili che nemmeno pensava, ma si era stancata. Subito dopo era uscita e aveva girato in auto senza mai fermarsi fino al mattino dopo, con le lacrime agli occhi dalla rabbia e dalla tristezza. Quella notte si era sentita sola come mai nella sua vita. No non è vero… Anche ora mi sento allo stesso modo. A quel tempo però avevo trovato il coraggio andare avanti. Ma ora? Avrò ancora una volta la forza per continuare ad andare avanti da sola?
 
e le macerie dopo la bufera
ricordi belli come un dispiacere… ora.
 
Rick si passò una mano tra i capelli e prese un respiro profondo per calmarsi. Poi voltò la testa per osservare lo schermo buio in mezzo allo studio. Avevano litigato ancora una volta. Un’altra volta. Sempre per il caso Beckett. Ma questa volta erano rimaste solo le macerie. Solo loro due, stanchi e provati. E lontani come mai. Senza che potesse opporsi, la sua mente cominciò a fargli passare davanti le immagini di lui e Kate nel corso di quei quattro anni. Sia positive che negative. Ma ora tutto aveva un sapore amaro. Perfino il loro bacio sottocopertura. Rammentarlo in quel momento gli faceva solo male. Chiuse gli occhi sofferente e strinse il bicchiere che aveva in mano, cercando di scacciare quel ricordo talmente bello da farlo soffocare.
 
M’abituerò a non trovarti
m’abituerò a voltarmi e non ci sarai
 
Le lacrime non smettevano di scendere. Continuavano a confondersi con la pioggia che cadeva fitta. Se qualcuno avesse notato Kate in quel momento, avrebbe visto una donna seduta sotto l’acqua, immobile su un’altalena, la testa leggermente china in avanti, gli occhi chiusi. Quello che non avrebbe osservato sarebbe stato il dolore. Un dolore che minacciava di sopraffarla per ogni secondo che passava. Un dolore che nasceva dalla rassegnazione che si faceva strada dentro di lei. Kate girò ancora una volta la testa verso l’altra altalena terribilmente vuota. Il suo scrittore non sarebbe tornato da lei questa volta. Non avrebbe più varcato la soglia del distretto con i loro due caffè fumanti. Non sarebbe più stato accanto a lei con il suo immancabile giubbotto anti-proiettile con su scritto WRITER. Non l’avrebbe più trovato al suo fianco. E si sarebbe dovuta abituare.
 
m’abituerò a non pensarti
quasi mai, quasi mai, quasi mai.
 
Rick si versò ancora da bere e tornò verso la scrivania. Poi si appoggiò con le mani in avanti al tavolo come se fosse improvvisamente senza forze, lasciando il bicchiere abbandonato davanti a lui. Iniziò a respirare forte. Aveva gli occhi leggermente lucidi. Alzò la testa e osservò ancora una volta il cartellone di Frozen Heat. Se era stato difficile scrivere il finale di Heat Rises, scrivere questo quarto libro lo era stato ancora di più. Niente era più stata la stessa cosa per lui dopo averle detto che l’amava. Scrivere in attesa che la sua musa gli desse un segno di un cambiamento nel loro rapporto. Non era quello che si chiamava un clima adatto alla scrittura. Aveva pensato a lei sempre, giorno e notte. Ma ora doveva smetterla. Doveva riuscire a non pensare più a lei.
 
M’abituerò a non trovarti, io m’abituerò
a voltarmi e non ci sarai
 
Non riuscì più a trattenersi. Se fino a quel momento le lacrime erano scese senza un lamento, ora non era più possibile. Il dolore era troppo. Kate scoppiò in singhiozzi. Sempre più forti. Sempre più disperati, sotto quella pioggia incessante. Non riusciva a smettere. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e abbandonò la testa sulle mani. Rimase in quella posizione per non seppe quanto tempo, scossa da singhiozzi che quasi la soffocavano. Aveva cacciato il suo scrittore, la sua ancora di salvezza. Era stata una stupida. E ora ne avrebbe pagato le conseguenze. Non era pronta a lasciarlo andare. Ma avrebbe dovuto abituarsi.
 
m’abituerò a non pensarti, io m’abituerò
quasi mai, quasi mai...
 
Rick iniziò a respirare sempre più velocemente, mentre una rabbia e una frustrazione che aveva provato ben poche volte in vita sua, prendevano possesso di lui. Aveva ancora gli occhi puntati sul cartellone pubblicitario. All’improvviso, senza un attimo di esitazione, prese il bicchiere davanti a sé e lo scagliò contro l’immagine di Frozen Heat. Aveva già vissuto quella scena, ma il manifesto e le circostanze erano altre. Solo una cosa rimaneva la stessa: la causa. Lei. Sempre lei. Sempre la sua musa. Sempre Kate. In ogni momento. Si passò la mano tra i capelli e li tirò con un urlo rabbioso quasi volesse strapparli, come se sperasse che con quel gesto Kate gli uscisse dalla testa. Non sapeva come avrebbe fatto, ma avrebbe dovuto abituarsi a smettere di pensare a lei.
 
M’abituerò a non trovarti
m’abituerò a voltarmi e non ci sarai
 
Finalmente Kate riuscì a poco a poco a diminuire la frequenza dei singhiozzi, anche se le lacrime continuavano a scendere e a mescolarsi con la pioggia. Prese qualche lungo respiro per calmarsi, gli occhi chiusi, concentrandosi solo sul rendere di nuovo regolare il suo battito cardiaco. Dopo quasi un minuto riaprì gli occhi e si girò ancora una volta a osservare l’altalena vuota vicino a lei, lo sguardo triste. La sua testardaggine e il suo stupido orgoglio l’avevano fatta arrivare a quel punto. Ora avrebbe dovuto abituarsi a voltarsi e non vederlo più al suo fianco…
 
m’abituerò a non pensarti
quasi mai, quasi mai, quasi mai…
 
Rick si bloccò in quella posizione in piedi in mezzo allo studio mentre si tirava i capelli. Chiuse gli occhi e prese qualche respiro profondo. Quando alla fine si fu calmato, lasciò andare i suoi stessi capelli e fece vagare ancora una volta lo sguardo verso i libri di Nikki Heat sullo scaffale. Poi tornò a guardare verso il cartellone ora riverso a terra tra pezzi di bicchiere rotto e schizzi di whisky. Perché Kate era sempre in grado di tirare fuori il meglio, ma soprattutto il peggio di lui? Lei era diventata come una droga per lui. Ma ora era finita. Non avrebbe dovuto più averne bisogno. Doveva disintossicarsi da lei. Doveva smettere di pensare a lei…
 
Mentre Kate osservava per l’ennesima volta quell’altalena, si rese conto che forse avrebbe potuto non abituarsi… Forse avrebbe potuto cambiare le cose. Ma questa volta avrebbe dovuto mettere da parte testardaggine e orgoglio. Per lui però avrebbe fatto qualsiasi cosa. Ora ne era certa. Ora era pronta. Sapeva cosa fare per sperare di farsi perdonare. Quello che avrebbe dovuto fare già da tempo. Si accorse che un altro peso che aveva sul cuore era svanito. Un sorriso le nacque spontaneo in volto. Alzò la testa verso il cielo piovoso, gli occhi chiusi, il sorriso sulle labbra per indicare la ritrovata serenità. Quando riaprì gli occhi, nel suo sguardo c’era solo determinazione. Non c’era più una misera parte si lei asciutta, ma non le importava. Si alzò velocemente dall’altalena e si diresse a passo spedito verso la sua auto. Vi salì, fregandosene del fatto che avrebbe bagnato completamente il sedile e parte dell’abitacolo. Nel giro di dieci minuti era sotto casa di Castle. Scese e andò direttamente all’ascensore. Il portiere del palazzo l’aveva riconosciuta, quindi non disse niente. Lanciò però uno sguardo critico ai suoi vestiti e capelli pieni d’acqua. Anche di questo Kate non si curò minimamente. Aveva una missione ora. E l’avrebbe portata a termine. Ne valeva della sua vita. Arrivò all’appartamento dello scrittore, prese un respiro profondo e suonò il campanello.
 
Dopo il suo sfogo, Rick si era accasciato di nuovo sulla sedia della sua scrivania. Non aveva voglia ancora di pulire il casino che aveva fatto. Reclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi. Cercò di scacciare le immagini che riguardavano Kate dalla sua mente, ma a un certo punto semplicemente smise di lottare. Lasciò che le scene gli passassero davanti agli occhi come un film. Non aveva più la forza di lottare neanche con i suoi pensieri. Dopo quelli che gli parvero pochi minuti, ma che in realtà erano diversi, sentì suonare alla porta. Era tentato di non alzarsi, ma chiunque ci fosse fuori sembrava insistente. Con uno sbuffo scocciato si alzò e si diresse alla porta. Si trovò davanti l’unica persona che non si aspettava. L’unica persona a cui stava cercando di non pensare. Appena Rick vide Kate, la sua faccia divenne una maschera, ma i suoi occhi lo tradirono. C’era rabbia, preoccupazione, sorpresa e sollievo insieme. Kate era completamente fradicia. I capelli erano in parte incollati alla faccia. Dio, ma quanto tempo è stata sotto l’acqua?? si ritrovò a pensare lo scrittore angosciato. Sembrava un pulcino bagnato. Non fece in tempo però a dire nulla né a chiedere spiegazioni, che Kate aveva già fatto un passo all’interno dell’appartamento. Come al rallentatore, la vide fare un altro passo, ma non all’interno del loft. Verso di lui. La vide alzare le mani e portargliele ai lati del collo. La parte di pelle scoperta che venne a contatto quella di lei ebbe un brivido e non solo perché le sue mani erano gelate. Poi si sentì tirare leggermente in avanti mentre solo in quel momento capiva che la distanza fra loro due era sempre più esigua. Riuscì solo a sussultare leggermente, sorpreso, prima di sentire le labbra di Kate sulle sue. Erano fredde e calde insieme. Morbide, nonostante fossero praticamente schiacciate contro le sue. Era un bacio di scuse. Era un bacio disperato. All’inizio rimase immobile, stupefatto da quel gesto, poi iniziò a rispondere. Dopo qualche secondo però, in un lampo di lucidità, si staccò da lei e la allontanò da sé. Senza guardarla, si spostò e chiuse la porta dell’appartamento. Poi si girò di nuovo verso di lei, rigido, le braccia incrociate sul petto, lo sguardo duro e confuso insieme che chiedeva spiegazioni. Era quello che voleva da una vita, ma non ora che aveva finalmente preso la decisione di lasciarla andare. Era combattuto. Guardando negli occhi di Kate però, vide solo dispiacere, scuse e determinazione.
“Mi dispiace…” sussurrò triste a mezza voce la donna, mantenendo il contatto con i suoi occhi. “Sono stata una stupida. Mi hai chiesto di non farmi ammazzare e io per tutta risposta ti ho cacciato. Stavo affogando di nuovo nel caso di mia madre senza accorgermene… finché non te ne sei andato. Solo allora ho capito che avevi ragione, che dovevo fermarmi…” Deglutì e prese un respiro, cercando di cacciare indietro le lacrime che ora tentavano nuovamente di uscire. “Sono stata da mia madre al cimitero” disse tutto d’un fiato. Lui la guardò sorpreso e alzò un sopracciglio, ma non disse nulla. “Era più di un anno che non ci andavo. Avevo… avevo paura dei cimiteri. Dopo che abbiamo litigato oggi però ho sentito il bisogno di andarci. Sono rimasta un po’ lì, a pensare e a parlarle…” Un sorriso le scappò involontario abbassando per un attimo lo sguardo sui suoi vestiti fradici. “Se mi avesse visto in questo stato mi avrebbe preso a calci” mormorò, parlando però non solo degli abiti, ma anche della loro situazione e del caso.
“Non ne dubito…” sbuffò arrabbiato e sarcastico Rick, senza riuscire a trattenersi, capendo bene a cosa la donna si riferisse. Kate rialzò gli occhi su di lui e il sorriso le si spense. Aveva tutte le ragioni per essere arrabbiato con lei e non lo biasimava per questo. Le scappò un piccolo sospiro triste e si morse il labbro inferiore prima di continuare.
“Quando sono andata via dal cimitero, parte di me si era finalmente calmata. Potrei forse dire di aver fatto pace con mia madre…” mormorò con un mezzo sorriso, mentre riallacciava il contatto con lo sguardo dello scrittore. Questa volta gli occhi di Rick si socchiusero per un secondo. Non ci credeva. Kate glielo leggeva negli occhi. Ma leggeva anche uno scintillio di speranza nel volere davvero confidare in quelle parole. Le mani di Kate erano unite all’altezza della pancia e continuava a torturarsele. “Lo so che ora non mi credi…” continuò la donna. Lui fece per parlare, ma lo bloccò alzando una mano. “Fammi finire ti prego” chiese quasi supplicando. Rick chiuse la bocca e annuì. “Dicevo… Lo so che ora non mi credi. Diavolo, non mi crederei neanche io! Però… però davvero sto facendo pace con mia madre. Con il caso di mia madre” si corresse anche se con un poco di sforzo. A quella puntualizzazione Rick non riuscì a reprimere un mezzo sorriso e a trattenere il respiro per un momento. C’è la stai facendo davvero Kate… pensò Rick senza riuscire a reprimere un moto d’orgoglio verso la detective.Fino a stamattina non avresti mai fatto una distinzione del genere. Hai davvero fatto pace con il caso di tua madre dopo tutti questi anni? Kate però non si accorse del leggero cambiamento dello scrittore. Non era più rigido. Aveva sempre le braccia conserte e le labbra serrate, ma ora era quasi rilassato. “Dopo però avevo ancora bisogno di pensare. Non sapevo dove andare, così sono andata nell’unico posto in cui avrei potuto… avrei potuto sentire la tua presenza anche se non c’eri.” Kate disse l’ultima frase quasi sottovoce. Detto ad alta voce sembrava quasi una cosa stupida e forse troppo sentimentale. Ma era quello che aveva provato quando le era venuto in mente il parco. Aveva abbassato lo sguardo imbarazzata mentre parlava, quindi non si era accorta del leggero luccichio che aveva invaso gli occhi dello scrittore a quelle parole. “Sono andata nel parco con le altalene dove ci siamo seduti quando ti ho chiesto di tornare al distretto quasi un anno fa… Dove tutto è ricominciato… Ti ricordi?” chiese tornando a guardarlo. E come poteva dimenticare? Quel giorno aveva rivisto la sua musa dopo tre lunghi mesi. E non era riuscito a dirle di no. Annuì. “Ecco, sono stata lì a pensare fino adesso e…”
“Aspetta un momento… Sei stata tutto questo tempo sotto l’acqua??” domandò senza riuscire a trattenersi, arrabbiato e stupito insieme. Lei abbassò gli occhi e annuì, come una bambina colta a fare una marachella.
“Avevo bisogno di andare lì. E finalmente ho capito” disse rialzando lo sguardo verso di lui. Era tornata la determinazione con cui era arrivata, anche se c’era anche ansia. Si morse il labbro inferiore e prese un respiro. “Io non posso stare senza di te. Non posso abituarmi a non averti vicino a me. Non riuscirei ad abituarmi a non averti tra i piedi al distretto, a non sentire le tue teorie strampalate o le tue battute fuori luogo sui cadaveri, a non vedere il tuo giubbotto antiproiettile con su scritto WRITER, a non bere con te il caffè al mattino. Ci ho pensato e ho capito che sono stata un’idiota a mandarti via. Avevo messo ancora una volta il caso di mia madre davanti a tutto, ma se questo vuol dire perdere te, allora rinuncio” disse decisa senza interrompere il contatto visivo con lui. Lui la guardò stupita. Diceva sul serio. Questa volta stava mettendo davvero lui davanti al caso di sua madre. “Oggi ti ho detto che la cosa più importante della mia vita era il caso di mia madre. Non è vero. La cosa più importante sei tu e mi dispiace non averlo capito prima. Ti amo Rick. Come mai ho amato nessun altro. Non posso pretendere che tu dimentichi quello che è successo e quello che ti ho detto oggi, perché sarebbe impossibile. Ti chiedo, anzi ti supplico, però di pensarci e tentare di perdonarmi un giorno. Una volta mi hai detto che merito di essere felice, ma credo di aver fatto troppi sbagli per meritare una cosa del genere… Mi dispiace Rick” finì con gli occhi bassi. Aspettò che Rick dicesse qualcosa, qualunque cosa, ma lui sembrava aver perso l’uso della parola. Buffo per uno scrittore. L’uomo era rimasto immobile, la bocca spalancata per la sorpresa. Dopo quasi un minuto finalmente si riscosse. Districò le braccia dal petto e aggrottò le sopracciglia.
“Tu… tu rinunceresti al caso di tua madre… per me?” chiese lentamente, gli occhi blu puntanti in quelli della donna, che aveva rialzato la testa nel sentire la voce dell’uomo. Lei trattenne per un momento il respiro, ma l’esitazione durò meno di un secondo.
“Se vuol dire non perderti… sì” rispose decisa. Rick annuì piano. Non riusciva a crederci. La guardò ancora una volta negli occhi e vide la sincerità di quelle parole. Non sapeva cosa dire. Quindi fece l’unica cosa sensata che gli venne in mente. Si avvicinò a lei, le prese il viso fra le mani e la baciò. Kate rimase sorpresa dal gesto dell’uomo. Rick però si staccò quasi subito per tornare a guardarla negli occhi. Le sue mani erano ancora sul viso di lei.
“Non ti chiederei mai di rinunciare al caso di tua madre, lo sai. Ogni volta però ho paura di non riuscire a tenerti a galla e di vederti affogar dentro di esso. E ho paura che tu rimanga uccisa. Non potrei sopportarlo Kate. Ti ho già visto morire una volta…” La voce gli si incrinò leggermente, ma prese un respiro e continuò. “Ti chiedo solo una cosa. Promettimi, giurami, che questa volta ti farai aiutare. Hai tanti amici, hai tuo padre. Hai me. Nessuno di noi ti lascerà sola. Io non voglio lasciarti. Non sei l’unica che ha pensato nelle ultime ore” disse con un mezzo sorriso ironico. “Tu cercavi di abituarti a non vedermi… io cercavo di abituarmi a non pensarti. Ma non c’è l’ho fatta. Io ho solo te in mente, sempre, da ben quattro anni. Ti prego Kate promettimi che questa volta chiederai aiuto. Promettimi che questa volta cercherai di non farti offuscare la mente dalla vendetta, che ascolterai la ragione, che ascolterai i tuoi amici. Promettimi che non mi manderai via ancora una volta. Io voglio solo aiutarti. Voglio che tu sia felice. Perché lo meriti davvero, anche se tu ora pensi il contrario” disse con un sorriso, accarezzandole con il pollice la guancia. “Promettimelo e io ti giuro che quel bastardo che ha causato tanto male marcirà nella peggiore cella che la storia delle prigioni abbia mai visto.” Kate non riuscì a non sorridere. Rick la guardò intenerito e le spostò una ciocca di capelli ancora bagnata dalla faccia. Poi tornò serio e la guardò dritto negli occhi. “Promettimi questo Kate e io ti giuro che non ti lascerò più. Che starò al tuo fianco come ho fatto negli ultimi quattro anni. Ti amo Kate. E nessuna litigata né alcun assassino potrà mai farmi dimenticare questo. Ti amo. Always.” Concluse il suo discorso con una nota di disperazione e supplica nella voce. Kate lo guardò con la bocca semiaperta, stupita dalle sue parole, e con gli occhi leggermente lucidi. Poi si riprese.
“Te lo prometto” disse solo guardandolo negli occhi. Era sincera. Lo era davvero. Rick non poté fare a meno di sorridere, poi riavvicinò a sé il viso di Kate e la baciò ancora. Questa volta però nessuno dei due aveva la minima intenzione di staccarsi dall’altro. Si cercavano voraci. Troppo a lungo avevano aspettato quel momento. Le mani dello scrittore avevano già iniziato a percorrere il corpo coperto di vestiti bagnati della sua musa, mentre lei lo teneva stretto per il colletto, quasi avesse paura che andasse via. Continuarono a baciarsi con foga, rilasciando in quei baci tutta la passione e la frustrazione per la lunga attesa. Ma entrambi volevano di più. Arrivati a quel punto, non bastavano più le labbra dell’altro per saziare la loro fame. Kate iniziò a indietreggiare, tirandolo verso la camera da letto dell’uomo. Con una mano, Rick riuscì ad aprire la porta della stanza e, con una mezza giravolta, la richiuse e Kate finì quasi con violenza di schiena contro di essa. Rick si appoggiò sopra di lei e continuò a baciarla, la lingua che tentava di esplorare ogni anfratto della sua bocca, come le sue mani cercavano di percorrere l’intero corpo della donna. Kate era ora praticamente sorretta dallo scrittore contro la porta. Riuscì però a far girare entrambi e a indietreggiare finché le sue gambe non toccarono il letto. Si lasciò quindi andare ed entrambi caddero sul materasso. Solo a quel punto sembrarono rendersi conto che ciò che stava per succedere, e che stava succedendo, era reale e non solo un sogno. Rick era sopra Kate, affannato e rapito dalla bellezza della sua musa. Anche la donna era ansimante e sentiva chiaramente sulla sua coscia l’eccitazione del suo partner. L’uomo le scostò dolcemente una ciocca di capelli dal volto.
“Sei sicura?” chiese. Lei sorrise e annuì. Rick annuì in risposta, ma ancora la sua mano era sul viso della donna ad accarezzarle una guancia, mentre si sorreggeva sull’altro braccio. Prese un respiro. “Ti prego, dimmi che domattina sarai ancora qui...” sussurrò quasi supplicante. Aveva paura che Kate se ne sarebbe andata il mattino dopo, pensando a tutto questo come un errore. Ma lei gli sorrise dolcemente.
“Non scapperò via. Non voglio più scappare. Voglio restare con te. Always.” Il sorriso che nacque sul volto dello scrittore era a dir poco fantastico. Si chinò di nuovo su di lei per baciarla. La sua mano riprese l’esplorazione del corpo della donna ora anche sotto gli abiti bagnati e Kate iniziò a sbottonargli la camicia.
Quella sarebbe stata la loro prima notte insieme. Quanto poco ci avrebbero messo ad abituarsi a questo?

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Xiao!! :D
Ehilà come state! ;D
Allora che ve ne pare? Lo ammetto dopo aver visto promo e sneak peek della 4x23 il mio cervello è andato completamente in pappa.... quando poi ho sentito questa canzone, puff!, addio Lanie! XD
Vabbé spero solo vi sia piaciuta! ;) Fatemi sapere che ne pensate!! :D
A presto! :)
Lanie
ps:buon Castle Monday 4x23 a tutti!!! :D:D anche se io vedrò la puntata solo quando usciranno i sub... sigh! :_(
  
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