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Autore: Sarinne    07/05/2012    5 recensioni
Inghilterra 21 Giugno 1805. Il corpo della nobile ventenne Catherine Harling viene trovato riverso per terra in una pozza di sangue sotto il suo balcone del terzo piano. E' stato un suicidio?
Nascosta in quelle ombre. Nascosta dietro i muri dalle classiche decorazioni aristocratiche. Nel soffitto bianco. Nello specchio.
Lei era dappertutto.
Avvertiva la sua presenza nell’oscurità della stanza. Si nascondeva, forse strisciava nel pavimento come un verme, le sfiorava i piedi. Avvertiva il suo respiro, leggero e gelido sulla pelle. Costantemente a ricordarle che lei c’era ancora. Che non se ne sarebbe mai andata.
Genere: Introspettivo, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Inizio con lo scusarmi per il tremendo ritardo. Ma il mio computer era morto e sepolto e solo adesso è riuscito a resuscitare dall'oltretompa.
Da oggi aggiornerò due volte a settimana: Lunedì e Venerdì sera. Purtroppo sono gli unici giorni in cui sono libera e quindi non posso fare di più (e mi sento piuttosto in colpa)
Vogliate perdonarmi tutti!
PS: Adesso risponderò anche alle recensioni 


Sarinne





Capitolo III
 Lettera.

 
 
 
Arrivarono a WhiteVille in tempo per l’ora del the. Come previsto.
Edith scese dalla carrozza, porse la mano alla madre con un gesto da perfetto gentiluomo, Earleen, suo malgrado, intrecciò le dita con quelle della figlia e scese goffamente i tre gradini della carrozza, impettita dal sontuoso vestito col corpetto a fiorellini verdi che lei si ostinava a definire “da viaggio”.
La rossa roteò esageratamente le iridi cerulee quando la nobildonna iniziò a rassettarsi ogni singolo accessorio e merletto che comprendeva il suo abito.
Sbuffò sonoramente quando la donna prese a pettinarsi i capelli lasciati – incredibilmente – sciolti.
Edith ed il cocchiere si scambiarono uno sguardo esausto quando Miss Earleen iniziò ad incipriarsi il nasino per poi passare, metodicamente alle guance, al collo, alla fronte. Strusciava  quel pennello da cipria con una velocità ed una maestria che solo anni di impegno e dedizione potevano rendere tale.
Quando la nobildonna ebbe finito di sistemarsi il rossetto e gli occhi allora si scomodò a guardarsi in torno, per scoprire - con sua grande sorpresa – che non erano davanti al cancello della villa.
Si girò risoluta verso l’ometto con i baffi, con passo regale e mento alto gli chiese come mai non le aveva accompagnate fino al cancello.
L’uomo fece colare un sorriso giallo sulla barba ispida ed umida.
<< Da qui si continua a piedi, Milady >>
Earleen rimase un attimo sbigottita di quell’affermazione, con la solita bocca dischiusa a mezz’aria di quando era disgustata e sorpresa di qualcosa allo stesso tempo.
<< Mi sembra d’aver pagato per farmi portare fino al cancello! >> le parole della donna risultarono isteriche e fastidiose alle orecchie di Edith.
<< E’ un sentiero stretto ed i cavalli sono stanchi, Milady >>
Earleen non sapeva cosa rispondere. Serrò le labbra stringendo i pugni con le braccia tese, si girò in un movimento regale ed alzò il mento con uno sguardo pieno di superbia ed ostinazione
<< Forza Edith, andiamo – gettò un occhiataccia tagliente al cocchiere – A piedi >>
L’uomo di conseguenza le augurò una buona passeggiata e se ne andò via fischiettando tra il rumore dei cavalli e delle ruote.
 
<< Un villano – Earleen alzò di più la gonna prima di oltrepassare a labbra arricciate una pozzanghera di fango nel terreno a ciottoli – un barbaro! Ecco cos’è! >>
La voce di sua madre era terribilmente acuta.
Era una delle tante cose che odiava di lei.
<< Un plebeo! – la sentiva ansimare tra le urla, affaticata dai cento metri di cammino in un sentiero di terra fangosa che avevano percorso – Un…un emerito cialtrone! >>
<< Fate silenzio >> Edith si fermò di colpo, la testa rivolta verso l’alto, i suoi occhi si illuminarono ed un sorriso le comparve sulle labbra << Cathy…>>
La dimora si stagliava marmorea davanti a lei, illuminata dal sole estivo.
C’era una ragazza di spalle, davanti al cancello, intenta a districarsi tra le aste in ferro battuto, chinata, come se cercasse di afferrare qualcosa caduta dall’altro lato, vestito color panna, grezzo e semplice.
La felicità l’invase. Sua cugina! Finalmente avrebbe rivisto sua cugina!
Corse verso la ragazza lasciando la madre alle sue lamentele << Catherine! >>
La delusione quando essa si girò le fece piombare un enorme macigno di tristezza nello stomaco.
La donna scosse il capo.
No, non era di certo Cathy quella signora sulla cinquantina.
<< Dov’è Catherine? >>
Per un attimo la donna fu sul punto di piangere, osservò gli occhi verdi, solcati da pesanti occhiaie, diventare lucidi di pianto. Edith non ebbe il tempo di chiedere spiegazioni che una mano guantata le si posò sulla spalla.
<< Lei dev’ essere Miss O’Conrad >>
Edith si girò << E lei Malcom Ghilbert >>
Era un ragazzo, forse anche più piccolo di lei, occhi scuri, capelli neri, lineamenti regolari che rendevano il suo viso molto più che semplicemente interessante.
Edith notò nei sui occhi una scintilla di pietà, gonfiò in petto facendo entrare aria nei polmoni, chiuse gli occhi irritata, cercando di non far cadere le lacrime che avevano iniziato a bruciare inumidendole le palpebre << Cos’è successo a mia cugina? >>
 
<< L’hanno trovata qui >> l’uomo indicò la terra battuta in corrispondenza del terzo piano, neanche la pioggia era riuscita a sbiadire la macchia di sangue che era penetrata nel terreno fino alle viscere.
Edith immaginò la cugina riversa lì per terra in un lago di sangue, lo sguardo nero sbiadito, spirato nell’istante in cui era caduta, il corpo scomposto, la vestaglia da notte strappata.
Gli occhi di ghiaccio osservarono quel pezzo di terra.
Una rabbia cieca iniziò a farle tremare le mani, saliva dall’interno e scoppiava schiumando dentro il suo torace, dove batteva il cuore. Lo sguardo vibrava, fisso e ristretto dalla furia che non riusciva a contenere. Ogni rumore si fece sbiadito: Il ragazzo che spiegava cosa, secondo le sue teorie, era accaduto (senza il minimo tatto), i passi di sua madre accompagnata dalla donna del cancello, gli uccelli che cinguettavano, il lieve vento che frusciava.
Intorno a lei quei colori lampanti diventarono grigi e gelidi, come un inverno mai finito.
A riportarla all’allegra realtà di quella giornata di sole furono le mani del ragazzo
<< Mi…mi scusi – le dita le annodarono con precisione il fiocco rosa che portava al polso, passarono a rimetterle a posto il nastro che indossava al collo e le portarono una ciocca di capelli rossi dietro l’orecchio – Mi scusi è…è solo che…- fece qualche passo indietro e la squadrò dall’alto in basso lentamente, come a scovare qualche altro difetto – Benissimo, ora è perfetta – sorrise - …Stavamo dicendo? >>
Edith lo guardò un attimo in silenzio, se le rabbia, in quel momento,  non la stesse accecando sarebbe riuscita a notare la perfezione metodica di quell’uomo, non solo nei lineamenti del suo viso, ma in tutto, in qualsiasi cosa del suo essere tutto pareva essere perfetto: polsini tirati in fuori al millimetro, vestito lavato e pulito fino a sbiadirlo, mani scorticare da troppo tenerle sotto l’acqua fresca per levare ogni piccolo germe.
Un sopracciglio chiaro della donna si inarcò << Lei che centra nell’omicidio di mia cugina? >> calcò sulla parola “omicidio” con tutta l’ira repressa che aveva in corpo, i denti stretti da cui fuoriuscirono quelle parole fecero arretrare il ragazzo di qualche passo.
<< Mi ha chiamato Sir Lorence, il suo futuro sposo - Rispose con semplicità e naturalezza - Per cercare le cause del suo suicidio, vedete la mia specializzazione e lo studio scientifico della mente: io…>>
<< Suicidio? – i pugni di Edith si serrarono mentre pronunciava quella parola disgustosa ed inadeguata in quel contesto –Questo – indicò con dito tremante d’ira il punto in cui sua cugina era caduta – Non può essere un suicidio! >>
<< Ciò che affermante  è tutto da vedere >>
<< E mi avete chiamato per questo?! Mi avete fatto venire all’altro capo dell’Inghilterra, con la speranza di rivedere mia cugina dopo dieci anni solo per dirmi che è morta?! >> ansimò, non aveva mai urlato così tanto in vita sua. << Perché non me l’avete detto nella lettera?! >>
Il ragazzo alzò un dito << Credevo che stesse per contestare la mia giovane età ed invece...- Sorrise tra se e sé, convinto di sembrare più grande dei suoi vent’anni – Comunque, le ragioni per cui abbiamo chiamato lei e sua madre qui è che credevamo vi avrebbe fatto…- si posò una mano sul mento indeciso su quale termine usare - …Piacere assistere al funerale, vedete, Sir Lorence ha pagato un Pastore per far celebrare di nuovo le memorie della sua futura sposa, questo perché ne voi ne lui erano presenti il giorno della morte ed il corpo non poteva essere seppellito dopo tre giorni…capite? Iniziava ad andare in putrefazione e…. >>
Edith rimase a bocca aperta.
<< E comunque siete qui anche per scoprire qualcosa di più della mente di vostra cugina, ma da quanto ho capito voi non la conoscevate bene, insomma…dieci anni sono una gran lunga assenza dalla sua vita, Sir Lorence mi aveva assicurato che era molto legata a voi, parlava spesso di lei Milady, non credeva non vi sentiste da tanti anni >>
<< Il poco tatto con cui pronunziate queste parole è riprovevole – sua madre era spuntata all’improvviso con gli occhi lucidi ed il dito accusatorio puntato contro il giovane – Dovreste vergognarvi! >>
<< Per Dio! – esclamò il giovane massaggiandosi le orecchie – Avete una voce così acuta,     Milady! >>
Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: dopo un viaggio di ore, un cocchiere per niente gentiluomo ed un percorso insidioso in un sentiero brulicante di fango e vermi  Earleen si sentì quasi giustificata quando scoppiò in lacrime. La governante le posò uno scialle sulle spalle (chissà a cosa poteva servire) gli strofinò il braccio e l’accompagnò dentro lanciando un occhiata di rimprovero al ragazzo.
<< Ah…- rovistò nella tasca del vestito, come se si fosse appena ricordato una cosa importante – I guanti bianchi ne estrassero una lettera che invano aveva cercato di rendere meno spiegazzata, gliela mise tra le mani – Sir Lorence mi ha pregato di consegnarvela, egli arriverà tra quattro giorni. E’ di vostra cugina, gliel’ha fatta custodire in attesa del giorno in cui sareste venuta qui. >>
Edith l’afferrò come un affamato afferra un pezzo di pane. Non aspettò di essere chiusa nelle sue stanze per leggerla, l’aprì brutalmente, stracciando la carta.
 
Edith, se state leggendo questa lettera vuol dire che la mia fine è ormai giunta.
Non disperate, probabilmente vi avrà chiamato Lorence oppure la mia governante Gwenda.
Ora io vi supplico, mia cara cugina, di andarvene immediatamente via.
Questo non è più il luogo sicuro in cui giocavamo da bambine.
Una presenza striscia per queste stanze, stagna nell’aria, si nasconde nei muri.
È Lei la causa della mia morte. Mentre scrivo queste parole riesco a sentire il suo respiro nella carne, le sue mani sulle mie guance, le unghie che si frenano dal penetrare la sottile pelle del collo.
Lei vi ucciderà cugina.
Lei vi farà impazzire come sta facendo con me!
Lasciate questa casa. Lasciate questo posto!. Non abbiate voglia di vendicare la mia morte perché nessuno riuscirà a vendicarla.
Questa dimora  dovrà bruciare, questo è il mio volere. E con la casa bruceranno anche le Sue membra gelide, nascoste nei muri.
Queste parole vi suoneranno strane, mi crederete pazza. Credetelo. Credetelo vi supplico!
Realizzate le ultime suppliche di una povera pazza, quindi e Andate via!
Andate via!
Andate via!
Andate via!

 
La calligrafia era spezzata, grossi tratti di lettere cancellati con l’inchiostro, la penna a piuma d’oca aveva bucato il foglio, la carta era ispida di lacrime e la sfilza di “andate via” continuava per tutta l’altra pagina.
Edith si accorse solo allora d’aver trattenuto il respiro mentre scorreva quelle righe, i polmoni si dilatarono e le labbra secche annasparono di colpo l’aria calda di quel pomeriggio.
Alzò lo sguardo sul ragazzo, la stava fissando con una scintilla di curiosità nelle iridi scure
<< L’avete letta? >> la voce di Edith fuoriuscì debole e distorta. Le parole troppo veloci
Il giovane scosse la testa scura.
La ragazza gliela porse tremando, una scintilla di testardaggine brillava ancora negli occhi chiari   << Leggetela e ditemi se è stato un suicidio >>

 
 
  
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