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Autore: shadowofthemoon    07/05/2012    3 recensioni
E' la mia personale continuazione del primo episodio della seconda stagione di Sherlock. Ho voluto immaginare ciò che non c'era stato fatto vedere nell'episodio. Ovviamente da leggere solo se si è visto l'episodio. Direi che è di genere avventuroso-romantico. Ho cercato di non tradire troppo il carattere dei personaggi ( anche se Irene forse è un po' out of character, per me giustificato dalle situazioni che la coinvolgono), ma temo di non esserci sempre riuscita.
E' sulla coppia Irene- Sherlock.
Anche i disegni presenti nei capitoli sono fatti da me.
Ovviamente questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà della BBC e di Sir Arthur Conan Doyle. La mia storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Irene Adler, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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XII

 

Sentirla pregare di poter restare con lui durante la notte lo aveva fatto immediatamente capitolare. Ovviamente non le avrebbe mai dato la soddisfazione di ammettere che anche a lui faceva piacere poter stare ancora un po’ di tempo con Lei prima della partenza. Alla fine non poteva essere troppo dannoso. O almeno così sperava.
Sedeva sul divano fissando il soffitto. “ Beh dovremmo trovare un modo di passare la serata che non sia troppo noioso. Io mi annoio facilmente, lo sa. “ Le disse, senza guardarla.
“ Io avrei un idea.” Disse con il suo solito tono maliziosamente provocatorio.
Si voltò a guardarla in viso, sopracciglio alzato e espressione scettica.
“Cosa potrebbe proporre che possa seriamente interessarmi?”
“ Sono certa di conoscere molti modi per trascorrere una serata in modo tutt’altro che noioso, Mr. Holmes, modi che lei ignora completamente. Sono convinta che riuscirebbero tuttavia ad interessare persino lei.” Sorrise maliziosa. Lo stava chiaramente provocando. “Ma per ora potremmo semplicemente limitarci a giocare una partita a scacchi, che ne dice? Sempre se pensa di riuscire a battermi.” Continuò con espressione di sfida.
Sbuffò divertito da quella sfida ingenua.“ Perché pensa davvero di riuscire anche solo a mettermi in difficoltà? Avrei potuto anche pensare di lasciarle vincere la partita se non fosse così sfacciata.” Rise sarcastico.
“ Vedremo se non sono capace di batterla. E quando vincerò, si prepari a pagare pegno.” Ribatté La Donna fissandolo negli occhi, avvicinando il viso.
“Battermi? Ah!” Disse ridendo” Ma lei si ricorda con chi sta parlando? Potrei batterla bendato.”
“ Non esageri Mr. Holmes. Non che non mi alletti l’idea di bendarla, ma si ricordi che non mi faccio scrupoli a metterla al tappeto. Dovrebbe ricordarla bene la sensazione del mio amato frustino sul suo bel faccino dagli zigomi affilati.“ gli disse ridendo, mentre si alzava a prendere la scacchiera e la sistemava sul tavolino da caffè. 
Se lo ricordava bene, anche se drogato quella sensazione se la ricordava bene.
““The whip hand”, già.” Pensò.
La partita iniziò, le lasciò la prima mossa. La prima parte del gioco non lo impensierì affatto, controllava il gioco come sempre, prevendendo le sue mosse con largo anticipo, solo guardando alcuni movimenti dei suoi occhi o impercettibili smorfie del viso. Ad un certo punto, però verso metà partita perse per un attimo il controllo del gioco, Lei prese il sopravvento immediatamente. Appena si distraeva, era pronta a sferrare il suo colpo, come sempre, come nel loro personale Gioco. Questo non fece altro che renderlo più interessato alla partita, a spingere più a fondo, per metterla alle strette, batterla più in fretta. Che non vincesse lui era fuori discussione. Impossibile, si disse. Eppure in effetti a tratti riusciva a metterlo in difficoltà, prevedeva le sue mosse e poi all’improvviso la perdeva di vista, era spiazzato e doveva ricominciare da capo.
Non faceva trapelare nessuno dei suoi pensieri all’esterno, certo di riuscire a mantenere il controllo. Vinse la partita. Non così facilmente come sperava, ma certamente non le avrebbe mai dato la soddisfazione di ammetterlo.
La guardò vittorioso, con un sorriso infantile e esultante “ Diceva?” facendo roteare in aria il cavallo nero, che le aveva in precedenza mangiato.
“ So di averla messa in difficoltà più di una volta, che lo ammetta o no.”
“ Sono certo di aver messo il suo re sotto scacco matto poco fa. Chi era certa di vincere la partita?” Continuò, divertendosi a ribadire la propria superiorità.
“Oh, andiamo! Ha solo vinto una partita a scacchi! Non c’era in ballo la salvezza della Nazione! E poi non è detto che non vinca io la prossima, Mr. Holmes.”
“Vuol continuare a giocare finché non riuscirà a battermi? Giocheremo all’infinito, allora!” Le rispose alzando le mani.” Forse le conviene dare forfait adesso finché è ancora in tempo.”
“ Ah Ah. Divertente. Non servirà giocare all’infinito, la batterò di sicuro prima di quanto creda.“
“ Vediamo. Tre partite, se riesce a vincerne almeno una, ha vinto lei. La prima è andata. Le restano due tentativi.”
“ Mi sta dando un vantaggio quindi. Conoscendo il suo ego, Mr. Holmes, poteva andarmi anche peggio.”
Iniziarono la seconda partita. Questa volta il gioco di Lei era più aggressivo e allo stesso tempo sfuggente, lo studiava di più. Pensava. Aveva di certo un cervello fuori dal comune, di questo era già a conoscenza, ma non sempre ne aveva il pieno controllo. Non come lo avevo lui almeno. Ma quando voleva, sebbene con minore velocità, poteva tenergli testa agevolmente. Così fece durante la partita, decisamene più intensa e battagliera della precedente, tanto da entusiasmarlo in alcuni passaggi.
Lo eccitava dover pensare più velocemente per poter prevedere le sue mosse e capire come limitarne i danni. Rischiò anche di farsi mettere sotto scacco, ma riuscì a venirne a capo. Alla fine però riuscì comunque a spuntarla, e di nuovo la mise in scacco, poco dopo in scacco matto. Era decisamente euforico. Non ricordava da tempo una partita a scacchi che lo avesse coinvolto e interessato a tal punto. E aveva anche vinto. Non era come giocare da solo. E con John capiva la fine della partita già dalla seconda mossa. Noioso.
“ E allora?” Le rivolse uno sguardo di sfida, senza riuscire a trattenere l’euforia della vittoria.
“ Ne ho ancora una. E non creda che sarà facile stavolta. L’ho studiata per bene, Mr. Holmes.”
Iniziarono in fretta la terza e ultima partita, giocavano da ore, probabilmente erano già circa le tre di notte.
La partita si mostrò fin dall’inizio diversa dalle precedenti. Il suo gioco era cambiato, questo lo spiazzò per un attimo. Questa Donna riusciva sempre a spiazzarlo. Sensazione fastidiosa, ma anche stimolante. Non appena pensava di averla quasi afferrata, gli sfuggiva. Non riusciva nemmeno a leggerla ora, come la prima volta che l’aveva vista, anche se stavolta, almeno, era vestita.
La guardò in volto, l’espressione concentrata e sicura, che aveva già visto altre volte, attese la sua mossa, cercò di prevedere le possibili contromosse che avrebbero evitato di fargli perdere il suo cavallo. Riuscì ad arginare il suo attacco su di un fronte, ma si scoprì sull’altro. Perse l’alfiere, e la cosa non gli piacque affatto. Riprese il controllo della partita, cambiando strategia, cercando di adattarla alla sua. Riuscì facilmente a mettere il suo re in scacco ma  capì subito  di essere caduto in un tranello, e che la partita era persa, tempo due mosse e avrebbe avuto il proprio re in scacco matto. Alzò lo sguardo dalla scacchiera e la guardò fissa negli occhi. Sapevano entrambi che Lei aveva vinto. Un sorriso beffardo comparve sul suo volto, ovviamente si sarebbe presa la rivincita. “ Non ride più ora? E’ il momento di  pagare pegno.”
La guardò inarcando un sopracciglio “ Non credo proprio. Non ho mai detto di aver accettato le sue condizioni.”
“ Oh si che lo farà invece, non le permetterò di sottrarsi alla sua punizione”
“Le vecchie abitudini sono dure a morire, vero Miss Adler? Ma non sono certo il tipo da lasciarsi dominare.” Rispose , mantenendo lo sguardo fisso sul suo.
Doveva stare attento a come si muoveva, non poteva concederle troppo potere su di lui, né permetterle di tentarlo di nuovo.
“ So bene che ad entrambi piace dominare il gioco, ma in fondo non è più divertente così?” lo incalzò protendendo il corpo verso di lui.
“ E’ vero ad entrambi piacere dominare, decidere le regole della partita e né a me né a lei piace perdere. “
“ Questo non potrà mai cambiare Mr. Holmes, lo sa. Non saremo mai come gli altri.”
“No, mai.” Le rispose, senza espressione nella voce. Era un dato di fatto. Erano diversi dagli altri, questo non sarebbe mai potuto cambiare, questo l’unico modo di rapportarsi che conoscevano, e l’unico loro permesso. Avrebbero continuato a giocare, anche se forse con regole nuove, e avrebbero continuato a ferirsi, avvicinarsi per poi fuggire, per sempre.
“Quella notte, Mr. Holmes…”riprese per poi interrompersi quasi immediatamente.
“Quella notte si è comportata da stupida, e ha perso…non c’è altro da dire” non aveva affatto intenzione di riaprire quel discorso, che rischiava di portare con sé pericolose ripercussioni.
“Per quanto riguarda quello che è avvenuto dopo la mia cattura…”si fermò di nuovo, come se facesse fatica ad esprimersi, cosa che solitamente non avveniva mai. Questo lo portò a guardarla nuovamente fisso negli occhi.
“ Non deve spiegare nulla, ho dedotto già tutto da solo, come sempre. Forse non meritava un’ esperienza del genere, né la morte, per questo io non ho potuto lasciarla in quella situazione.” le disse, con voce calma, praticamente priva di emozioni.
“Ma me la sono cercata, non lo nego. E’ stata colpa mia. Ma non è questo di cui cercavo di parlarle. Dietro tutto quanto mi è successo c’è la mano della più grande mente criminale che il mondo abbia mai visto. Ho giocato male le mie carte, e suo fratello ha ottenuto anche documenti che lo riguardavano personalmente. E questo ha firmato la mia condanna a morte.”
“ Lo so, lo sapevo anche quella sera. “
“ Non capisce? Non è finita, io posso essere salva, ma lui tornerà, tornerà presto, stavolta per lei!” Il suo sguardo gli sembrò sinceramente preoccupato, cosa che lo stupì più del contenuto del suo discorso.
“E con questo? Non vedo l’ora di potermi finalmente confrontare con quell’uomo! Pensa seriamente che io potrei mai tirarmi indietro davanti ad un confronto con lui? Ma se lo bramo da mesi!” esclamò alzandosi in piedi, eccitato solo all’idea di una nuova sfida.
“Stia attento Mr. Holmes la prego. Non sottovaluti mai quell’uomo. E’ ossessionato da lei e capace di tutto. Scelga bene in chi riporre la sua fiducia. Dico sul serio.” L’ansia crescente di Lei lo ferì, come se stesse mettendo in dubbio le sue capacità.
“ La sua preoccupazione non ha senso, posso batterlo. Glielo assicuro, non lo temo.” La guardò sicurò di sé. Non riuscì a frenare il tono di stizza mentre pronunciava quelle parole. Non avrebbe mai messo in dubbio le proprie capacità anche se sapeva che in parte aveva ragione, che il confronto con Moriarty si avvicinava, e che non sarebbe stato affatto facile. Si rimise a sedere sul divano, lasciandosi assorbire dai suoi pensieri, perdendo totalmente la cognizione di ciò che avveniva intorno a lui e dello scorrere del tempo.
Quando riemerse dal torpore La Donna era seduta accanto a lui e lo guardava in silenzio, i capelli sciolti sparsi sulle spalle. Sembrava divertita quando i loro sguardi si incontrarono. Gli sorrise.
“ Trovo davvero interessante guardarla mentre viene assorbito dai suoi pensieri. E’ come se fosse in viaggio in un altro mondo. La sua mente è davvero uno strumento affascinante.” Disse, aveva lo sguardo dolce, molto più di quella notte a Baker Street.
Si limitò a tacere, era decisamente la migliore mossa in quella circostanza.
Guardò l’orologio, erano quasi le cinque del mattino. Si alzò, raggiunse le sue cose e cominciò a risistemarle, l’ora della partenza era vicina.
Poco dopo anche Lei si alzò dal divano, e iniziò a camminare su e giù per la stanza, guardandolo mentre finiva di sistemare la valigia. Alla fine si appoggiò alla scrivania, senza smettere di osservare i suoi movimenti. Chiamò un taxi per l’aeroporto,  si cambiò la camicia, indossando quella bianca, chiuse la valigia e  finì di sistemarsi in bagno. Sentiva ancora il suo sguardo addosso, alzò la testa e la guardò fissa in volto.
“Credo che sia il momento di congedarci Miss Adler. O forse dovrei dire Miss Irons.”
La Donna non staccò il contatto visivo, e mantenne il volto serio e lo sguardo deciso.
“ Non finisce di certo qui Mr. Holmes. Io voglio una rivincita, e non sto parlando solo degli scacchi.”
“Ha vinto solo una partita su tre. Fortuna.”
“ Vedremo la prossima volta. “Tacque ma il suo sguardo cambiò, diventando quasi grave “ Mi raccomando cerchi di restare vivo fino al nostro prossimo incontro. Si ricordi che mi deve una cena.”
Tornava ancora su quel discorso, evidentemente ne era quasi ossessionata. Si avvicinò facendo un paio di passi, si chinò su di Lei e le sussurrò praticamente nell’orecchio “ Nessuno può battere Sherlock Holmes, e lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro”.
Sentì all’improvviso le sue mani stringergli il bavero della giacca. Lo tirò a sé con decisione, tanto da coglierlo impreparato. Un lieve senso di panico si impossessò di lui, attanagliandogli lo stomaco. Il respiro caldo che gli accarezzava il collo e poi il viso lo fece sobbalzare leggermente. Odiava il senso di smarrimento che riusciva a provocargli. Indietreggiò appena, ma sentì che lo attirava a sé di nuovo, in modo più delicato questa volta. Percepì il tocco caldo e soffice delle sue labbra sulle proprie.
La morsa allo stomaco si fece più stretta mentre il bacio lentamente diventava più profondo. Si lasciò guidare, non riuscendo ad opporre nessuna resistenza. Le mani di Lei scivolarono lungo la giacca, accarezzandogli prima il petto, poi delicatamente il collo, fino a stringersi intorno alle sue spalle, sentiva tutto il suo corpo stretto contro il proprio.
Nonostante fosse già avvenuto questo tipo di contatto tra loro, non riusciva ancora ad abituarsi alla sensazione, che faceva emergere di nuovo quelle  emozioni strane, così difficili da controllare. Non era in grado di ignorarle e metterle a tacere. Senza rendersene conto le posò una mano sul braccio, stringendo leggermente la presa, provò la morbidezza della sua pelle nuda sotto le dita. Il cuore batteva velocissimo, come durante una corsa. Indugiò ancora sulle sue labbra, ancora e ancora, abbandonandosi completamente, soccombendo dolcemente sotto tutte quelle sensazioni così poco conosciute. Poi all’improvviso riuscì a ritrovare la propria lucidità e si scostò da lei lentamente. Non appena il contatto tra loro fu interrotto, mentre ancora cercava di riprendere fiato e con esso il controllo completo su se stesso, Lei gli diede un bacio, e ancora uno, leggeri, a fior di labbra.
Lo guardò fisso negli occhi con un espressione che gli sembrò tra l’arrabbiato e l’addolorato “ Sherlock,  dico sul serio.”
Fu colpito dal sentirsi chiamare per nome per la prima volta, ma non rispose. Si limitò a guardarla fissa negli occhi senza dire nulla. Capiva che forse stavolta era sincera, ma non voleva pensare a cosa potesse o dovesse significare, non voleva interrogarsi su cose del genere. In quel momento risuonò il suono del clacson che aspettava in strada.
Per un attimo restarono immobili, continuando a guardarsi dritti negli occhi, poi lui si voltò, prese la valigia e si diresse verso la porta e la aprì.
Si fermò per guardarla ancora mentre usciva “ Addio, Miss Adler”
“ Arrivederci, Mr. Holmes.” Gli rispose, ancora appoggiata alla scrivania.
Chiuse la porta e salì sul taxi. Si voltò istintivamente verso la casa, mentre il taxi stava partendo. La vide alla finestra, incrociarono ancora gli sguardi per un momento prima che l’auto scivolasse via.
 
Il viaggio filò liscio anche se purtroppo fu per lui lungo e noioso.
Non riusciva a comprendere come tanti fastidiosi e irritanti esseri potessero essersi dati appuntamento su quel volo. Non sopportava nessuno dei suoi stupidissimi vicini di poltrona, più volte si trovo ad immaginare modi per liberarsi di loro.
A questo si aggiunsero bambini urlanti e madri petulanti.
Una delle signore di mezza età che gli sedeva accanto gli riversò addosso milioni di chiacchiere totalmente prive di interesse e di senso. Cercò addirittura di addormentarsi visto che non sarebbe potuto essere più noioso di quello che lo circondava.
Per fortuna dopo qualche ora di agonia riuscì a concentrarsi sui suoi pensieri, sul discorso fatto con La Donna su Moriarty. Non riusciva a condividere la preoccupazione di tutti quelli che lo circondavano, anche perché non vedeva l’ora di riaffrontare quell’essere diabolico e geniale. Lo disprezzava e lo ammirava allo stesso tempo. Sapeva quanto fossero simili eppure opposti, aspettava con ansia di poter chiedere quella partita, interrotta bruscamente in modo decisamente insoddisfacente.
Era cosciente del fatto che sarebbe stato ancora più complicato questa volta, Moriarty amava tessere intrighi e trappole come ragnatele, e sapeva che sarebbe tornato presto.
Arrivato a Heathrow, saltò immediatamente su di un taxi diretto al 221b di Baker Street, ma non senza effettuare prima un paio di fermate per controllare le informazioni dalla sua rete di informatori. Doveva conoscere tutti gli spostamenti di Mycroft per essere certo che non sapesse della sua azione di salvataggio segreta.
A quanto pare niente si era mosso a Londra in quei giorni, o almeno niente che lo riguardasse. Probabilmente gli affari di Sua Maestà avevano preso il sopravvento.
Giunse a casa, salì velocemente le scale e si diresse in camera. Posata la valigia su letto l’aprì per disfarla alla svelta. Non sapeva esattamente quando John avrebbe fatto ritorno ma non voleva che ci fosse in giro nulla che potesse far nascere in lui qualche sospetto. Forse non era veloce come lui nel comprendere le cose, ma era meglio non sottovalutare il suo ingegno.
Notò immediatamente che dalla valigia mancava qualcosa. La sua camicia viola, non c’era più, e anche la sua vestaglia. Evidentemente qualcuno ci aveva messo mano mentre era in bagno. Quel qualcuno aveva anche lasciato una piccola busta bianca, proprio sopra ai suoi pantaloni. Prese la busta tra le mani e l’aprì.
Si diffuse quel lieve e dolce  profumo che conosceva ormai bene.
Era solo un biglietto scritto a mano con grafia elegante e leggera. “ Mr. Holmes, mi sono permessa di tenere un souvenir della nostra avventura. Mi è sempre piaciuto vederla stretto nelle sue camicie e questa è forse la mia preferita, tanto da volerla tenere per me. Spero che non me ne voglia. E’ libero di immaginare che uso potrei farne, se le fa piacere. Per quanto riguarda la sua vestaglia blu, mi ci sono affezionata, non potrei separarmene. Le ho comprato una vestaglia simile per renderle il distacco meno duro. Pensi un po’ a me quando la indossa. Al nostro prossimo incontro. I.A.”
Un souvenir. Non sapeva se sorridere della cosa o esserne infastidito. Quella era anche la sua camicia preferita. E sarebbe anche dovuto andare a comprare una nuova camicia, per non far sorgere sospetti in John. Non capiva cosa potesse averla spinta a tenere per se degli oggetti in suo ricordo, ma oramai c’era poco da fare.
Al loro prossimo incontro. Una parte di lui sperava che questo non si verificasse troppo presto, o forse che non si verificasse del tutto. Non era piacevole sentirsi tanto disorientato e dover lottare per mantenersi lucido sotto tutti gli attacchi di Lei.
Ma d’altra parte non era nemmeno certo di non volerla rivedere mai più.
Al momento decise che era meglio non porsi più il problema e tornare finalmente alla propria routine quotidiana.
La nuova vestaglia era praticamente identica alla precedente, anche per il colore.
Non avrebbe avuto nemmeno il problema di giustificarla a John. Svuotò la valigia in fretta, ripose i documenti e la lettera sul fondo del cassetto del suo armadio, sotto alcuni vestiti.
Fece una doccia veloce, si cambiò i vestiti, indossò la vestaglia e si recò in soggiorno per leggere il giornale sprofondando nella sua poltrona. Poco dopo sentì Mrs. Hudson rientrare in casa e salire le scale. “Oh Sherlock, sei in casa allora! Ero salita a controllare un paio di cose. Quando sei tornato? “
“Stanotte. Non c’era molto di interessante da vedere, così me ne sono andato via quasi subito…tutto così insopportabilmente banale.” Rispose senza smettere di leggere il giornale.
“ Capisco, caro. E John? Sai quando farà ritorno a Londra? Non vedo l’ora di sapere come sta sua sorella! Povero John, non deve ess-” non fece in tempo a finire la frase che Sherlock la interruppe brusco “ Non so, probabilmente domani, stando al suo ultimo messaggio. O forse anche stasera. Non appena farà ritorno potrà tediarlo con le sue innumerevoli domande Mrs. Hudson, ma ora mi faccia il piacere di lasciarmi leggere il giornale in pace!”
“Oh Sherlock, non capisco perché devi essere così sgarbato a volte. Comunque il frigo è praticamente vuoto, dovresti uscire a fare la spesa.”
La spesa? Non ci pensava proprio. “ Mi prepari qualcosa lei per stasera.”
“ Non dovresti nemmeno chiederle certe cose! Non è tra i miei compiti preparare i pasti, ma anche stavolta farò un’eccezione, mi sembri sciupato, e dovrai pure mangiare qualcosa. Ah se non ci fossi io non so come fareste!” Disse uscendo dalla stanza.
 
Passata qualche ora di assoluta tranquillità mentre era seduto davanti a computer intento a stilare il resoconto di un suo vecchio esperimento, avvertì una presenza al piano di sotto. Sentì anche la voce della padrona di casa e dal tono amichevole capì subito che stava arrivando la solita visita di controllo da parte del suo parente più prossimo presente in città. Sbuffò alzando gli occhi al cielo. Ci mancava giusto il terzo grado  da parte di Mycroft.
Continuò a scrivere mentre il fratello entrava nella stanza con suo solito incedere elegante ma altezzoso.  “ Buonasera Sherlock. Vedo che sei impegnato in una delle tue catalogazioni.”
“ Scusa, non ricordavo che oggi fosse il giorno del controllo al fratellino. Devo ricordarmi di segnarlo in agenda” Rispose senza distogliere lo sguardo dallo schermo del portatile.
“ Sono passato solo a farti un saluto e a vedere come stavi.” Mycroft fece un paio di passi per la stanza, roteando leggermente il suo ombrello tra le mani.
“ Sto bene, mi hai visto. Se non c’è altro puoi andare. La Regina non ha bisogno di te stasera?”
“ John è a lavoro?”
“ E’ da sua sorella, torna domani. C’è altro? Finito il terzo grado?” disse voltando a guardarlo stavolta.
“ Avrei voluto parlare con lui riguardo un paio di questioni, ma a quanto pare sarò costretto a rimandare.”
“ Perfetto, allora arrivederci Mycroft.”
“Arrivederci Sherlock.” Non era molto convinto di andarsene immediatamente, ma sapeva  benissimo che in sere come queste era impossibile parlare col fratello. Anche se avrebbe voluto  metterlo al corrente di molte cose di cui era a conoscenza, non poteva e in parte non riusciva a farlo. Sperava almeno di mettere a tacere la propria coscienza parlando con John nei giorni successivi. Quindi si voltò e uscì.
 
Sherlock continuò gli esperimenti per tutta la notte, fino all’alba, interrompendo solo per mangiare gli spuntini lasciati da Mrs. Hudson per lui. Dopo i noiosissimi viaggi in aereo stare da solo in compagnia di un microscopio era come essere in paradiso, e non sentiva nemmeno la noia dell’inattività.
John entrò in casa verso le otto e trenta del mattino, e lo trovò seduto al tavolo della sala intento a trafficare con tessuti e solventi.
“ Stai cercando di far saltare in aria l’appartamento o solo di dargli fuoco?” Lo apostrofò non appena varcata la soglia.
“ Nessuno di questi elementi chimici dovrebbe provocare reazioni del genere.” Rispose con calma.
“ Dovrebbe.”
“ Potrebbe sempre verificarsi qualche interessante inconveniente, magari dovuto a qualche sostanza di cui sono intrisi i tessuti. Sarebbe davvero interessante da verificare.”
“Direi proprio di no… non riesci a tenerti occupato con qualcosa di meno pericoloso?”
Disse lasciandosi cadere sulla poltrona esausto.
“Ah John, devi andare a fare la spesa, il frigo è vuoto da giorni.”
“ Ma sono appena tornato!! Sono esausto, per essere qui stamattina mi sono alzato alle 5! Non potevi andare tu a fare la spesa?”
“ Sai benissimo che non esco di casa se non per motivi davvero importanti. E poi sapevo che saresti tornato prima o poi”.
“ Quindi evitare morire di fame non è una motivazione abbastanza importante per farti uscire di casa…”
Sherlock distolse lo sguardo dall’esperimento  e lo guardò sgranando gli occhi
“Oh suvvia John non puoi essere così sciocco! Sai benissimo che prima di morire di fame dovrebbero passare almeno quaranta giorni. Tu non saresti mai stato via tanto a lungo. “
John scosse la testa, sconsolato. Poi battendo entrambe le mani sui braccioli della poltrona si alzò, sbuffando.
“ E comunque sono stato bene e mia sorella si è ripresa… grazie per avermelo chiesto!“
“ Di niente.” Sherlock era tornato ai suoi solventi e non alzò nemmeno la testa.
Alzando le mani al cielo il dottore uscì di nuovo dalla porta dalla quale era appena entrato, richiudendola dietro di sé.
Non c’era mai una volta in cui gli avesse dato la soddisfazione di un saluto come si deve. Ma alla fine oramai non si aspettava altro, Sherlock era Sherlock, e a lui andava bene anche così.

  
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