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Autore: Il Saggio Trentstiel    08/05/2012    20 recensioni
Si è ripreso, Scott.
È riemerso dal suo stato catatonico, tre settimane fa.
Ha ancora diverse ferite, ma è in via di guarigione.
Riesce ancora a parlare.
La sua prima parola, risvegliatosi, è stata “Maledetti”.
[...]
Vede il suo dolore, Dawn.
Sente le sue emozioni violente.
Vorrebbe aiutarlo.
Non sa cosa fare.
Si sente inutile, impotente.

Dopo settimane di terapia e riabilitazione sull'Isola dei Perdenti, Scott esce dal suo stato comatoso.
Ha in mente soltanto una parola: vendetta.
Dawn non si è più avvicinata a lui, ma adesso ha deciso di farlo.
Ha in mente soltanto una parola: aiuto.
[Dott; Lime; possibilità di lieve OOC]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Dawn, Scott
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Si è ripreso, Scott.
È riemerso dal suo stato catatonico, tre settimane fa.
Ha ancora diverse ferite, ma è in via di guarigione.
Riesce ancora a parlare.
La sua prima parola, risvegliatosi, è stata “Maledetti”.

 

 

 

 

C'è solo la vendetta nella sua mente, ora.
Nel suo cuore, nella sua anima, nella sua aura.
Parla poco, e lo fa solo per insultare.
Evita gli sguardi dei suoi ex compagni di avventura.
È vivo e vegeto, ma di nuovo chiuso in se stesso.

 

 

 

 

I suoi occhi non esprimono che odio.
Le sue orecchie non odono che il suo cuore battere come impazzito.
Gli basta leggere le espressioni degli altri, i movimenti delle loro labbra.
Scott non vi vede altro che pietà e disgusto.
E li odia per questo.

 

 

 

 

Si sbaglia, Scott.
Non tutti hanno pietà di lui.
Non tutti provano disgusto, o ricambiano il suo odio.
Non tutti lo evitano come la peste.
Non tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

Vede il suo dolore, Dawn.
Sente le sue emozioni violente.
Vorrebbe aiutarlo.
Non sa cosa fare.
Si sente inutile, impotente.

 

 

 

 

È seduta a gambe incrociate sul prato.
Il sole la illumina, facendola quasi rilucere.
Sta meditando, o almeno ci prova.
Dovrebbe visualizzare prati cosparsi di fiori, o battigie accarezzate dal mare.
Tutto ciò che riesce a vedere, però, è una zazzera di capelli rossi.

 

 

 

 

Apre gli occhi, guardandosi attorno.
Nessuno.
Ovviamente già lo sapeva, le aure non mentono mai.
Scott, sicuramente, è chiuso nella sua stanza a maledire tutti.
La sua rabbia sembra aumentare, giorno dopo giorno.

 

 

 

 

Ha deciso, Dawn.
Lo affronterà, gli parlerà, cercherà di calmarlo.
Ha paura, molta, ma non si tirerà indietro.
La notte l'aiuterà.
Nasconderà il timore nei suoi occhi e il rossore sulle sue gote.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La ragazza bussò alla porta, pur sapendo che sarebbe stato inutile.
Infatti, come previsto, nessuna voce si fece udire.
Nessuno che la invitasse ad entrare o la allontanasse a male parole.
Facendosi coraggio, afferrò la maniglia e la abbassò lentamente.
La stanza in cui, a piccoli passi, fece il suo ingresso, era in penombra.
E silenziosa.
Molto silenziosa.
-Scott?- esalò, tentando di infrangere quella spaventosa assenza di suoni.
Il silenzio non l'aveva mai spaventata, ma quello... Quello era innaturale.
Il suo esitante richiamo non ricevette risposta, come il garbato bussare di poco prima.
Dawn azzardò un altro passo, poi un altro ancora.
-Scott?- provò ancora, ma la semi oscurità e il silenzio sembrarono inghiottire voracemente quella parola, enunciata con voce flebile e timorosa.
Dietro le imposte serrate, il sole stava tramontando.
Stavolta Dawn non si mosse: rimase immobile in mezzo alla stanza, cercando di carpire qualche suono o qualche emozione.
-Scott?- sussurrò, e stavolta un suono gutturale simile ad un ringhio soffocato le rispose.
Non tremò, non sobbalzò, non fuggì.
Quel ringhio non era stato emesso da qualche strana belva mutante, ma bensì da Scott.
Fu l'aura verde malachite di lui a farglielo capire: quella, e i sussulti incontrollabili del suo cuore.
Dawn rimase immobile e silenziosa.
La sua paura stava scemando lentamente, ma non volle correre troppo.
Passarono uno, due, tre minuti...
Dopo cinque minuti, dopo trecento lunghissimi secondi contati minuziosamente, Dawn si mosse.
Lentamente, senza affrettarsi, si sedette a terra ed incrociò le gambe.
Si scostò una ciocca bionda dall'occhio destro e puntò lo sguardo nella direzione da cui proveniva l'energia negativa che avvolgeva Scott.
-Scott...-
-È la quarta volta che pronunci il mio nome, biondina...- la interruppe una voce roca ed arrogante -... Sembri una di quelle puttane che urlano il nome del tipo che si stanno scopando!-
Dawn non mosse un muscolo, respirò talmente piano che sembrava stesse trattenendo il fiato: il volto di Scott -un volto contorto dall'ira- fece capolino da dietro il letto.
-Che cosa vuoi?-
La ragazza sospirò e abbassò lo sguardo, esalando poi un'inudibile risposta.
-Ti ho chiesto che cazzo vuoi!- imprecò Scott, al quale la frase appena sussurrata da Dawn sembrava aver dato parecchio fastidio -Cos'è, i troppi pompini a B ti hanno danneggiato le corde vocali?-
A quella frase Dawn ebbe un lieve sobbalzo.
Cosa c'entrava B?
Non era però il momento di pensarci: doveva rispondere alla prima domanda di Scott.
Se solo avesse avuto una risposta certa...
-Non lo so...- mormorò, alzando la voce -... Credo di volerti aiutare...-
Il rosso si esibì in una risata che di umano aveva poco e niente: era crudele, sprezzante, palesemente priva di divertimento.
-Aiutarmi? Forse vuoi aiutare te stessa, forse vuoi toglierti dalla coscienza il peso di non aver fatto nulla per aiutarmi davvero!-
Diede un violento pugno al materasso, sollevando uno sbuffo di polvere.
-Non ho bisogno di aiuto. Sarete voi a necessitarne, se mai quella checca isterica di McLean organizzerà un'altra edizione di questo fottuto reality show!-
Sul volto gli comparve un ghigno ebbro di cattiveria.
-Non mi frega nulla dei soldi o della fama: Cameron ha vinto, e cosa ha ottenuto? Un milione sprecato per condividerlo...- proseguì, concentrando il suo disprezzo nell'ultima parola -... Ed è rimasto lo stesso sfigato mingherlino! No, io voglio solo la vendetta.-
Finalmente tacque.
Anche Dawn taceva.
Non sapeva cosa dire, temeva che le uniche cose che le passavano per la testa potessero peggiorare la situazione.
Abbassò lo sguardo, avvertendo le labbra tremolarle.
Le mani strinsero convulsamente il bordo inferiore del suo maglione, pallide e visibili anche in quella penombra.
-Di cosa vuoi vendicarti, Scott?-
Il ragazzo si alzò in piedi, e Dawn lo rivide completamente per la prima volta dopo settimane.
Non indossava la sua solita canottiera sgualcita: sul suo corpo risaltavano numerosi graffi e cicatrici, la maggior parte dei quali apparentemente causati da morsi feroci.
Allargò le braccia, un sorriso folle sul volto.
-Guardami, biondina! Ti basta come risposta?-
L'aura del ragazzo era sempre più verde, il colore della rabbia.
Dawn lo fissò, decidendo di essere sincera.
-No, non mi basta...-
Scott aggrottò le sopracciglia e puntò lo sguardo sul volto di Dawn.
-Come?-
La ragazza inspirò profondamente per farsi coraggio e puntò i suoi occhi grigio-azzurri in quelli blu di Scott.
-Non mi basta...- ripeté -... Perché quello che mi hai mostrato è solo colpa tua. Le ferite, il dolore fisico... Tutto questo ti è stato inflitto a causa della tua cattiveria...-
Un ringhio sommesso, uno scatto in avanti e Dawn si ritrasse, nuovamente spaventata: un rumore sordo sopra di lei le fece capire che Scott aveva colpito il muro con un pugno violento.
Era ancora lì, immobile a sovrastarla, il pugno appoggiato al muro e il braccio teso e tremante.
La sua aura era ancora di quel preoccupante color verde malachite.
-Cosa ne sai, tu?-
Quattro parole sibilate con veemenza da Scott, e Dawn fu pervasa da profonda sorpresa.
A rigor di logica -la sua logica, almeno- visto il colore della sua aura, Scott avrebbe dovuto urlare, imprecare, insultarla... Oppure la sua rabbia era così devastante che stava tramutandosi in rassegnazione?
-Tutti ti hanno sempre trattata come una principessina, nonostante tutte le tue stranezze... Alla fine li ho eliminati quasi tutti, e ho buttato fuori anche te!-
Gli occhi di Dawn erano sempre più sgranati e consapevoli.
-A cosa è servito? Ad attirarmi l'odio di tutti quanti, e ad essere eliminato da un moscerino, un idiota con il cervello zeppo di steroidi ed una ragazzina con le manie di persecuzione...-
Allontanò la mano dal muro e Dawn si accorse che stava leggermente sanguinando.
-Sono stato quasi ucciso da quel fottuto squalo di terra, e cosa è successo? Tutti a prendermi per il culo, tutto ad assicurarsi che le povere vittime di Scott non fossero rimaste traumatizzate, tutti ad affollarsi attorno a quella puttana mutante di Dakota...-
Dawn aveva capito tutto.
Il verde dell'aura di Scott, le sue parole.
Quel colore non indicava la rabbia.
Indicava l'invidia.
-Sei invidioso di loro, vero?- domandò prima di riuscire a fermare le parole.
Scott la fulminò con lo sguardo.
-No, principessina, sono disgustato da loro! Dalla loro ingenuità, dal loro buonismo, dalla loro continua finzione che vada tutto bene!-
Con prudenza Dawn si alzò, strappando una risatina sarcastica al rosso.
-Che c'è, la tua missione è già fallita?-
La ragazza scosse il capo, giungendo poi le mani davanti al petto come in una muta preghiera.
-Tu ci... Li invidi.- affermò Dawn, con quella bizzarra sicurezza che l'aveva sempre contraddistinta -Non si tratta del tuo passato, o forse sì, fatto sta che vorresti essere come loro.
Spensierato, rilassato...-
-... E completamente idiota! Ti do un consiglio: chiudi la bocca. Tu non sei migliore di loro, sempre a parlare di aure, magia, meditazione...-
Dawn lo lasciò sfogare per un po', poi inaspettatamente gli passò una mano lungo il braccio.
-Ti ha dato di volta il cervello, adesso?-
La bionda sentì i muscoli irrigiditi del ragazzo e, qualche istante dopo, allontanò la mano da lui.
-Sei sempre teso, anche quando davanti a te c'è una di quelle persone idiote.- sussurrò senza un sorriso.
Scott sbuffò.
-Dì la verità, era tutta una scusa per toccarmi, non è vero?-
Dawn dovette trattenersi per non rispondergli sarcasticamente, cosa che avrebbe compromesso il suo equilibrio interiore.
Il rosso non le lasciò comunque il tempo di replicare.
-Andiamo, credi che non mi ricordi come hai reagito quando pensavi che parlassi con gli scarafaggi?-
Un'altra risata perfidamente divertita riempì la stanzetta.
-Mi hai posato una mano sul braccio, su questo braccio!- esclamò gongolante, sventolandole il braccio in questione davanti agli occhi.
Scott tornò serio con una repentinità inquietante.
-Quella tua reazione mi ha disgustato quanto l'idiozia degli altri.-
Dawn era completamente ammutolita.
Aveva ricordato quel momento, quel contatto insignificante e dettato dalle circostanze e, per la prima volta in vita sua, aveva odiato una persona.
Se stessa.
Aveva creduto di poter entrare in quella stanza ed uscirne tranquilla e serena, magari con uno Scott completamente rinsavito al seguito: quanto era stata stupida?
Eppure Scott aveva già dimostrato ampiamente quanto la sua facoltà di leggere le aure e il suo profondo legame con la Madre Terra avessero ben scarsa utilità nei suoi confronti... Perché non riusciva ad imparare dai suoi errori?
Riportò lo sguardo su Scott, i cui occhi non avevano abbandonato per un istante il suo volto.
-Colpita e affondata. Adesso, fuori dai piedi.-
Indicò la porta della stanza, ma Dawn non si mosse di un millimetro.
Non poteva e non voleva andarsene di lì.
Non senza aver ottenuto delle risposte.
-La mia rivelazione ti ha così sconvolto?- sibilò Scott, avvicinandosi di un passo a lei -Vattene.-
La ragazza scosse lentamente il capo: la sua apparente pacatezza fece nuovamente uscire Scott fuori dai gangheri.
-Fuori, vai fuori! Levati dalle palle, biondina!- gridò abbassandosi quasi all'altezza di Dawn -Vieni qui, credi di potermi aiutare e quando ti sbattono in faccia la verità...-
-Questa non è la verità!- esclamò Dawn, riuscendo nella difficile impresa di interrompere il rabbioso monologo di Scott.
Ansimante il rosso si avvicinò di un altro passo: Dawn, per contro, non si allontanò.
-Oh, davvero?- le alitò a pochi centimetri dal volto -E sentiamo, te l'ha detto la mia aura? Uno scoiattolo di passaggio?-
Dawn levò una mano tremante e se la portò sul lato sinistro del petto: poi, in completo silenzio, sollevò l'altra e la avvicinò al petto di Scott.
Il ragazzo non si mosse.
La mano delicata di Dawn si avvicinò sempre più al suo petto.
Scott singultò appena quando le dita fredde della ragazza gli si posarono cautamente sulla pelle: abbassò lo sguardo e mugugnò.
-Il cuore? Una new entry nelle tue stranezze?-
La bionda chiuse gli occhi, percependo i battiti quasi sincroni dei loro cuori.
La mano sul petto di Scott smise pian piano di tremare, riuscendo anche ad appropriarsi di un po' di calore: dunque qualcosa di buono, di positivo, quel ragazzo poteva anche darlo...
-No...- rispose dopo alcuni, infiniti secondi -... Non è una stranezza. È una completa follia.-
Riaprì gli occhi, fissando quelli di Scott.
Percepiva la sua aura, ma non se ne curò.
Si era appena resa conto che preferiva leggere gli occhi blu di Scott, o forse preferiva perdercisi.
Non le piacevano la rabbia e la tensione ancora evidenti in quegli occhi.
Tuttavia seppe che avrebbe potuto combatterle.
A dirglielo non erano l'aura, la Terra, gli animali.
-Anche questa conversazione...- sibilò Scott con fare sprezzante, strappando Dawn dalle sue riflessioni -... È una completa, incoerente follia.-
I due continuarono a fissarsi, a parlarsi, ma non a muoversi: le mani di Dawn erano nella stessa identica posizione da diversi minuti, ormai.
La ragazza respirò lentamente ma profondamente, come se stesse meditando: gli occhi magnetici di Scott non la abbandonarono neanche per un istante.
Infine Dawn allontanò la sua mano destra dal petto di Scott, unendola nuovamente all'altra.
-Credo che dovrei andare, ora.-
Il rosso inarcò le sopracciglia, scettico.
-Ah sì? Non avevi detto che te ne saresti andata solo dopo aver compiuto la tua missione?-
Inaspettatamente la ragazza sorrise: un sorriso triste, tirato, ma pur sempre un sorriso.
-Non l'ho detto, e comunque... La mia missione è compiuta, Scott.-
Fece per andarsene, ma una mano la bloccò rudemente per il polso.
Si ritrovò di nuovo a fissare gli occhi di Scott, nei quali stavolta non riuscì a leggere nulla.
Era perché il ragazzo era preda di un violento conflitto interiore, o perché lei stessa si sentiva come se stesse per svenire?
-La mia no.- annunciò il rosso con un sorriso sghembo.
Poi, rapido, la baciò.
Un bacio brusco, feroce, del tutto dissimile dal bacio sognato da tutte le ragazze, quello delicato e passionale con il Principe Azzurro.
Dawn, però, non aveva mai sognato un bacio simile.
Non da quando aveva conosciuto Scott.
Il rosso, intanto, le aveva lasciato il polso: le sue mani erano adesso saldamente strette attorno ai fianchi di lei, bramavano di sentire la sua pelle celata da quell'ingombrante maglione.
Il sapore delicato delle labbra di Dawn sulle sue era inebriante, così come il profumo dei suoi capelli: Scott sentì come se non avesse mai potuto saziarsi di quelle sensazioni, che il mondo sarebbe finito se uno di loro avesse interrotto quel bacio.
La ragazza non sembrò però intenzionata a fermarsi: una nuova, folle audacia si era impadronita di lei, spingendola ad insinuare la sua lingua tra le labbra di Scott, ad accarezzargli la schiena, a lasciare che il ragazzo le sfilasse con foga il maglione e la gonna.
Scott osservò Dawn, rimasta con indosso una leggera camicetta e i suoi soliti leggins viola.
Si chinò su di lei e, accostatosi al suo orecchio, sussurrò con fare provocatorio.
-Cosa dice il tuo cuore, adesso?-
Dawn rabbrividì, ma quei brividi non erano affatto spiacevoli.
-Dice che... Era destino che questo accadesse, prima o poi... Qualunque cosa avvenga dopo...-
Il rosso, più interessato alla ragazza che alla sua risposta, annuì e le morse delicatamente il lobo dell'orecchio sinistro, strappandole un basso gemito.
I due ripresero poi a baciarsi, trasportati dal bisogno più che dalla passione: senza sapere come si ritrovarono distesi sul letto disfatto del ragazzo, con Scott sdraiato sotto Dawn.
Il rosso insinuò le mani sotto la camicetta di lei, sollevandola lentamente e constatando con soddisfazione che quanto abilmente celato dal maglione non era affatto male.
Liberatosi dell'ormai inutile camicetta, Scott giocherellò con il gancetto del reggiseno di Dawn: la ragazza, stupendolo, si sollevò e, in pochi attimi, gettò via l'indumento.
Il ragazzo osservò Dawn con eccitazione: esattamente sopra di lui, i lunghi capelli biondi a celarle i seni piccoli ma ben torniti, sembrava la protagonista di quel quadro italiano che doveva aver studiato a scuola... Un emblema di purezza...
Scott rimase immobile mentre lei tornò a chinarsi su di lui.
Si sentiva a disagio, non sapeva neanche perché.
Rispose con passione al dolce bacio di lei, ma qualcosa nei suoi gesti dovette averlo tradito, perché Dawn si separò da lui.
-Scott?-
Quell'unica parola lo riportò all'inizio di quella serata, quando lei lo aveva chiamato più volte e lui l'avrebbe volentieri sbattuta fuori a calci.
Cosa era successo nel frattempo?
Lei aveva davvero compiuto la sua missione?
Sospirò e cercò di mettere insieme un tono di voce che risultasse perlomeno indifferente.
-Stavo pensando a quello che hai detto prima... Qualunque cosa avvenga dopo.- citò, scrutato con attenzione da Dawn: sospirò nuovamente e pose quella domanda che aveva cominciato a bruciargli dentro.
-Cosa volevi dire?-
La ragazza abbassò lo sguardo, osservando una cicatrice lucente sul fianco destro di Scott.
Già, cosa voleva dire?
-Dawn?-
Nessun nomignolo, nessun insulto, nessun tono arrogante.
Non poteva negargli una risposta.
-Ti ho mentito, prima...- cominciò, voltandosi per non guardarlo negli occhi -... Ho detto che le ferite e il dolore che hai provato sono solo il frutto della tua perfidia... Invece è anche colpa nostra, colpa mia...-
Scott non disse nulla, perso nella contemplazione della ragazza e cercando di assimilare il significato delle sue parole.
-Se avessi cercato di aiutarti prima, quando eravamo su quell'isola... Molte cose sarebbero state migliori, e tu... Tu non avresti patito tutte queste sofferenze...-
Un po' melodrammatica, come cosa.
Scott dovette però ammettere con se stesso che incolpare un'altra persona (sì, anche se si trattava di Dawn) lo faceva sentire meglio.
Gli consentiva di liberarsi di un peso gravoso ed opprimente, di dover smettere di tramare alle spalle di tutti per evitare di riconoscere che lui, e solo lui, era stato la causa di tutti i suoi mali.
La sua espressione rimase imperscrutabile.
-Quindi? Vuoi scappare?-
Incapace di dire altro, Dawn annuì.
Si liberò con gentilezza dalla presa di Scott e si chinò per recuperare il reggiseno e i suoi indumenti.
Scott non si mosse.
La guardò rivestirsi in silenzio ed allontanarsi verso la porta senza una parola, ma quando la mano di lei si posò sulla maniglia, capì.
Si rese conto che se l'avesse lasciata uscire, in quella stanza non sarebbe mai tornata la luce.
Sarebbe rimasto da solo, nell'oscurità più completa, ad organizzare atroci vendette e a crogiolarsi nei suoi rimpianti.
E Dawn?
Dawn avrebbe donato la sua luce a qualcun altro, o avrebbe finito per vivere al buio come lui?
Prima ancora di rendersene conto, si era alzato in piedi e l'aveva raggiunta: la afferrò per un braccio e la costrinse a sedersi sul letto, accomodandosi a fianco a lei.
-Non fare la vigliacca!- sputò fuori -Se fuggirai, non rimetterai mai più piede qui dentro!-
Sperava che quell'affermazione la smuovesse, oppure anche per lui sarebbe stata... La fine?
Sì, probabilmente sì.
Si ritrovò ad imprecare mentalmente contro il silenzio dilatatosi per l'ennesima volta tra loro.
Non era mai stato un ragazzo paziente, e in quelle ultime tre settimane la sua impazienza era aumentata fino a livelli mai visti prima.
Tuttavia tentò di tenerla a freno.
Una sola parola di troppo, e avrebbe perso la sua unica speranza di salvezza.
Che poi, voleva davvero essere salvato?
Non sarebbe stato più comodo e più facile continuare ad annegare in quella inebriante bramosia di vendetta? A rifuggire i contatti con chicchessia? A rinunciare a quello sguardo capace di leggerti dentro, a quella voce flebile ma potente come una canzone rock?
Lanciò un'occhiata in tralice a Dawn, trovandola nella stessa posizione di prima.
Testa china, volto nascosto dai suoi capelli, mani aggrappate strettamente alla sua gonna.
Scott non resistette più.
-Allora? Vuoi prendere una decisione, cazzo?- urlò, alzandosi di scatto e ponendosi di fronte alla ragazza -E vuoi guardarmi in faccia?-
Le afferrò il volto con malagrazia, ritraendo la mano quasi all'istante.
Abbassò lo sguardo sulle proprie dita.
Umide.
Si asciugò rapidamente la mano sui pantaloni, come se quel liquido innocuo stesse invece corrodendolo come dell'acido.
Si passò poi la mano appena asciugata tra i capelli, incapace di pensare a qualcosa da fare o da dire.
Come comportarsi in quel frangente?
Non era la prima volta che faceva piangere qualcuno, maschio o femmina che fosse: sicuramente Staci e Dakota, eliminate anche grazie al suo contributo, non avevano frenato le lacrime.
Perché stavolta la cosa sembrava interessarlo maggiormente?
Si chinò, trovandosi più in basso rispetto a Dawn: la chioma bionda della ragazza celava ancora il suo volto, e Scott si ritrovò a posarle una mano sul mento e a costringerla ad alzare lo sguardo.
-Piangere non serve a nulla!- sentenziò, l'espressione dura -Piangere è inutile!-
Dawn deglutì e si asciugò gli occhi con la manica del maglione.
-Hai mai pianto, tu?-
Il rosso allontanò la mano dal volto di lei, adesso che era certo di aver ottenuto la sua attenzione: odiava quelle sue domande, odiava quel suo modo di essere, odiava quella sua capacità di costringerlo a rispondere.
-Sì, quando ero un bambino.-
La ragazza gli tese una mano e, senza esitare, Scott la afferrò: era piccola e stranamente calda, e dovette trattenersi dallo stringerla.
-Non intendevo questo. Hai mai pianto, tu?- ripeté, ponendo maggiore enfasi su quel “tu”.
Fu così che Scott capì.
Lui, il lui attuale, non il lui bambino, aveva mai pianto?
Ghignò e si alzò, tirando Dawn in piedi con sé.
-Sì, ma solo per il dolore.-
Dawn annuì, capendo cosa le avesse involontariamente confessato il ragazzo.
Dolore.
Non dolore fisico.
Dolore.
-Immagino adesso tocchi a me rispondere alla tua domanda.-
Scott inarcò un sopracciglio, ma evitò di chiederle come avesse capito che aveva un dubbio da porle: la biondina si sarebbe messa a sproloquiare di aure ed energia, e non sarebbero approdati a nulla.
Dawn alzò il capo, perdendosi nuovamente negli occhi blu di Scott.
Continuava a leggervi ira, fastidio, arroganza: accanto a questi sentimenti negativi, sembrava però essersi acceso qualcosa.
Era come una scintilla, piccola e lucente, alla ricerca di qualcosa che la facesse trasformare in un fuoco.
La ragazza si appoggiò a Scott, senza abbandonare la sua mano.
-Non voglio fuggire.-
Quello parve bastare a Scott.
Strinse a sé la ragazza, come se temesse che potesse cambiare idea, ed affondò il viso nei suoi capelli.
Dawn accarezzò dolcemente la schiena nuda di Scott, avvertendo le linee irregolari di diverse cicatrici.
Si separarono dopo un tempo incalcolabile, e Dawn prese nuovamente Scott per mano.
-Dovrei andare...- sussurrò.
Le labbra di Scott si contorsero nel suo solito sorrisetto sghembo.
-Ma non vuoi, giusto?-
La biondina abbozzò appena un cenno di diniego, prima di sorridere a sua volta.
Scott si impadronì di quelle labbra con una tale foga che i due finirono lunghi distesi sul letto.
Nessuno di loro se ne crucciò.
Le mani di lei accarezzavano le guance ruvide del ragazzo, intento a sua volta ad accarezzarle meno pudicamente le cosce e il fondo schiena.
Fu solo quando Scott si staccò da lei e cominciò a lasciarle una scia di baci sul lato del collo che Dawn riprese fiato e parlò.
-Scott, io...-
Il ragazzo le chiuse rapidamente la bocca con un ennesimo bacio.
-Zitta, biondina. Non so leggere le aure, o tutte quelle cazzate che fai tu...- sussurrò malignamente -... Ma so cosa stai per comunicarmi. Non dirlo, perché io non lo farò mai.-
Inaspettatamente Dawn sorrise, intenerita nonostante il tono e le parole utilizzate dal rosso.
-Lo farai, invece. Prima nei miei sogni, poi...-
Non concluse la frase e poggiò nuovamente le labbra su quelle di Scott.
Quella sera e quella notte i due parlarono ancora.
L'arroganza di Scott e la sua rabbia ancora repressa non riuscirono a scalfire il sorriso di Dawn, né a ferirle il cuore; i dolci sussurri di Dawn, con grande scorno del ragazzo, riuscirono invece ad aprire una breccia nel suo cuore e a mitigarne le ferite.
I due fecero l'amore, incuranti dei loro contrasti e del fatto che gli altri potessero sentirli.
Quando Dawn si addormentò, Scott ghignò soddisfatto.
Aveva conquistato quella ragazzina stramba, e alla fine probabilmente era stato lui ad aiutare lei.
Si rese conto troppo tardi che stava accarezzandole dolcemente i capelli, un gesto insolito e sbagliato per uno come lui: tuttavia non smise.
Anzi, decise di rincarare la dose.
Il volto di Dawn era sereno e l'ombra di un sorriso aleggiava sulle sue labbra sottili.
Scott si avvicinò al suo orecchio e, dopo un singolo istante di esitazione, sussurrò un “Spero tu stia sognandomi...”.
Si accoccolò al suo fianco e lasciò che lei, nel sonno, si appoggiasse a lui.
Posò la mano sinistra su quella di lei e la strinse: chiuse poi gli occhi, inaspettatamente tranquillo come da giorni non gli accadeva, addormentandosi qualche minuto dopo.
A sua insaputa, non vista, Dawn sorrise.
-Sì, ti sto sognando...-

   
 
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