“Lurido guerriero di terza classe!”

“Mentecatto schifoso!”

“Sei mica imbecille Kakaroth?!”

“Un giorno riuscirò a calpestarti sotto il mio regale stivale!”

“Ti batterò e farò di te solo poltiglia!”

“Sparisci dalla mia vista!”

“Tu non sei niente.”
 

 

Astio, ancora astio.

Parole crude. Aspre.

Piaga allo stomaco. Coltello al costato.

Freddo.

Solitudine.

 

 

Eri riuscito a nascondere ogni tremito, sempre, in ogni occasione. Il tuo limpido sorriso schiariva la burrasca, i tuoi occhi socchiusi celavano il nero abisso, il tuo riso forzato si consumava tra le ombre.

Resistevi, convinto che magari in quelle parole taglienti e velenose si mascherasse un sentimento maggiore, qualcosa che bramavi ardentemente veder fiorire nel suo tormentoso buio interiore.

 

Ora però non ne trovavi più sicura uscita.
Inutile attendere con pazienza che si rendesse effettivamente conto di ciò che segretamente vi legava.
Lui non reclamava nulla di tuo.

Ora, mentre la sua lingua ingorda entrava con violenza nella bocca dannata della sua donna, il sapore ferreo di sangue che sgorgava dalla tua gola incrinata si mischiò al salato delle lacrime che con forza e dolore tentavi inutilmente di arrestare.