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Autore: Thisastro    09/05/2012    0 recensioni
Ci ricordiamo tutti il fatidico giorno in cui Sherlock Holmes si buttò giù dal tetto dell’ospedale? Ma ricordiamo anche la sua ricomparsa a pochi metri dalla sua tomba? Bene, ecco il seguito... dopo la caduta, dopo che ci ha dato prova della sua esistenza, ecco come sono andati i fatti (è chiaro, secondo me). Ma le disavventure non finiscono qui. Su di loro incombe un serial killer, che purtroppo, gli porterà via una persona cara. Dopo Irene, sembra aver ritrovato l’amore (nonostante dica a questa ragazza di non essere mai stato innamorato). Buona lettura☺ fatemi sapere cosa ne pensate!!.
Storia vincitrice di due premi in un contest su facebook ((:
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rimase fermo lì, impassibile. Quasi come se qualcosa lo tenesse fermo, immobile. Sarebbe voluto andare da John e dirgli tante cose, avrebbe voluto spiegare al mondo tante cose...ma non poteva...non ancora.
6 mesi dopo...
Erano passati esattamente due anni dalla sua presunta morte, ogni mese John andava alla sua tomba per mettere dei fiori, e molto spesso si fermava anche qualche ora lì. Giusto per sentirlo ancora vicino a lui, come se ancora non se ne fosse andato e fosse rimasto il suo migliore amico... .
Quel giorno il cielo era scuro e non c’era nessuno nei paraggi, John era solo al cimitero, e Sherlock pensò fu il momento adatto per rivelarsi. Il suo fedele assistente posò dei fiori sulla sua tomba e rimase seduto lì a pensare...a pensare che erano passati già due anni dalla perdita del suo migliore amico...quando un signore sbucò dietro di lui.
-Teneva molto a questa persona, vero?.- La voce di John tremava, un po’ per il freddo, un po’ per il vento...un po’ per il vuoto che si era formato lentamente dentro di lui... .
-Si, era il mio migliore amico, mi fidavo ciecamente di lui...prima di morire mi ha confessato di aver vissuto una vita piena di bugie e ancora adesso, non posso crederci!... .- Sherlock sorrise, stupito dalla sue parole.
-Che belle parole John!.- John si girò.
-Lei come sa il mio nome?.- Sherlock, sorridendo in modo beffardo, allargò le braccia.
-Ma come...basta sparire per un paio d’anni, che subito si scorda di me?.- John si alzò e lo fissò per un po’... .
-Non può essere...è morto sotto i miei occhi, non può... .-Sherlock gli girò intorno spiegandogli tutto, e più parlava più John riconosceva in lui l’arrogante e presuntuosa voce del suo socio... .
-Moriarti si suicidò davanti ai miei occhi... c’erano tre suoi scagnozzi pronti a far fuori te e altre due persone, a meno che, non mi fossi suicidato. Ho dovuto mentirti al telefono per confonderti, infatti quando sono saltato giù, neanche ti sei accorto che sono finito in un camion dell’immondizia mentre quello che avete trovato morto a terra, era un cadavere preso dall’obitorio che una mia complice ha buttato a terra al momento dell’impatto. Ah e scusa tanto se quel signore ti ha colpito troppo forte mentre era in bicicletta, gli avevo chiesto di investirti appena ma a quanto pare l’incompetenza abbonda in questa città!.- John non poteva crederci.
-Quindi... Molly era tua complice! Incredibile... non mi ero accorto di nulla! Ma come...-
-Elementare Watson!, elementare!.- Con questa frase si girò verso di lui, quando John lo abbracciò forte, come due veri migliori amici sanno fare. Poi lo guardò...e gli urlò:
-Ma sei diventato pazzo?? Fingi di morire davanti a me e ritorni come un fantasma due anni dopo davanti alla tua tomba!! Ti ha dato di volta il cervello, forse??.- Sherlock rideva.
-Ahahaha, comunque sia, Mycroft mi ha procurato una falsa identità, ora sono Kenton Frederick, e vivo dalla parte opposta di casa nostra. Ho dovuto tingermi i capelli biondi e portare delle lenti marroni per cambiare il colore degli occhi... è una gran seccatura!. Beh comunque tutto sommato ti trovo bene Watson!.-
-Non voglio parlare di come ho passato questi due anni... sono contento che tu sia qui... ora cerchiamo di tenerci lontani dai guai.- Cominciarono a camminare verso l’uscita quando Sherlock gli lanciò un mazzo di chiavi.
-Cosa dovrei farci?.- Chiese John fermandosi.
-221B, Roxfor Street, hai due giorni per trasferirti da me! Ah e non preoccuparti, anche lì c’è una simpatica padrona di casa che ci terrà compagnia! Ti aspetto John.-
 
Erano passati svariati mesi dal loro ritrovamento... .
James ormai era dove meritava di stare e dove sarebbe dovuto essere fin dall’inizio della sua carriera da criminale.
Il famigerato detective di fama mondiale e il suo assistente, erano nella loro casa in tutta tranquillità. Holmes, osservava il suo coinquilino intento a leggere un libro che ormai lo aveva preso da qualche settimana. L’atmosfera era calma e serena...ma pronta ad essere interrotta da qualcosa.
-Sherlock, la pianti? Sto leggendo... .- Col suo bellissimo e aggraziato violino, Sherlock si divertiva ad infastidire il suo socio, John.
-John, ha notato che è passato un bel po’ di tempo da quando non facciamo o non veniamo coinvolti in qualche caso o in qualcosa di emozionante?.- Disse poggiando il violino per terra.
-No grazie, dopo quello che abbiamo passato, sono felice di condurre questa vita sedentaria e priva di impegni, tu e il tuo violino causate già abbastanza rumore, non voglio altri impicci.- E continuò a leggere. Sherlock si alzò e mise il suo cappotto e la sua sciarpa, catturando l’attenzione di John.
-E adesso dove vai?.- Sorrise.
-Esco!.-
-Sono le 23 e 30 di sera, dove credi di andare! Rischi di cacciarti nei guai.- Scosse la testa arricciando il naso, con il suo solito comportamento menefreghista.
-Naaah, nessun guaio, non preoccuparti!.- Uscì di casa, con la consapevolezza che John lo avrebbe seguito.
Era appena uscito dal portone, quando sentì un rumore di chiavi...era John che stava chiudendo l’appartamento. Attraversò la strada, e pochi istanti dopo, se lo ritrovò di fianco.
-Ha fatto presto per essere uno zoppo, signor. Watson.- John guardò dritto avanti a sé, abituato ormai a tutte le battute del suo socio.
-E’ il passato signor. Holmes, ma mi dica, dove stiamo andando esattamente?.-
-Alla ricerca di indizi!.- John si fermò cercando di capire, ma si trattava di Sherlock Holmes, era impossibile comprenderlo, così continuò a camminargli affianco come solo un vero compagno sa fare.
Camminarono per circa un’ora e mezza, finchè Sherlock non si fermò.
-Ora sei contento? Non c’è nulla di interessante da fare! Ormai ci sono i soliti ladri che rapinano le banche o le case delle anziane signore, rassegnati Sherlock, non c’è...niente...di... ma che stai guardando?.- Vide che l’attenzione del suo compagno non era più su di lui ma su di un vicolo oscuro.
-Senti John, sono grida di donna!.- In effetti si sentivano delle urla ma non erano molto forti, erano leggeri grida soffocate.
-Si le sento ma sono troppo lievi...sarà sicuramente qualche ragazza ubriaca che... dove vai!.- Per la seconda volta, non gli fece finire la frase! Ma ciò che John stava per dire, non era una domanda, era un’affermazione. Sapeva dove stava andando, a salvare quella donna, è chiaro! Sapeva bene anche, che non era una ragazza ubriaca, ma una donna in pericolo, e sapeva bene...che qualunque cosa avrebbe detto, Sherlock sarebbe andato a controllare. Sherlock arrivò per primo, e vide qualcuno, una forma, una sagoma nera, che stava picchiando una ragazza dai lunghi capelli.
-Fermo hey! Cosa stai facendo?.- La sagoma lo fissò...lasciò cadere la ragazza per terra e scappò. Sherlock corse, corse veloce, pronto a raggiungerlo, gli stava alle calcagna... mentre John soccorse la ragazza.
-Stai bene? Hey!, riesci a sentirmi? Sono un medico, sta calma! Rimani sveglia, non chiudere gli occhi!.- Cercava di non farle perdere conoscenza, mentre era preoccupato per Sherlock. Holmes tornò indietro leggermente stanco, con il respiro pesante.
-L’ho perso di vista, era un uomo, probabilmente nostro coetaneo, castano, con gli occhi verdi...aveva il giubbotto aperto, che gli facilitava i movimenti e pronto ad estrarre dalle tasche interne qualsiasi cosa, era vestito informale, non si aspettava di dover picchiare nessuno.- John allora avanzò una sua teoria o almeno...ci provò...
-E se... .-
-No.- Lo precedette Sherlock.
-Ma non ho ancora detto niente!.- Si inginocchiò vicino alla ragazza per controllarle le pulsazioni.
-No, l’uomo non aveva rapporti con questa ragazza, non sarebbe fuggito e se avesse voluto non sarebbe stato così veloce poiché non avrebbe avuto nulla di così eclatante da nascondere e se davvero sarebbero arrivati alle mani, avrebbe usato un’arma. Il battito è debole, c’è molto sangue...diagnosi?.- Ormai John era abituato ai suoi farfugliamenti.
-Trauma cranico, ho chiamato un’ambulanza. Sarà qui a breve. Ora dovremmo spiegare il perché ci siamo trovati coinvolti e tutto il resto, contento?.- Non lo stava ascoltando... . Sherlock frugava nel suo giubbotto in cerca di qualche indizio, e tirò fuori il biglietto di un autobus.
-Bingo...!.- Lo mostrò a John.
-Lei era in viaggio per un’altra città ma si è fermata qui...quell’uomo l’ha picchiata perché aveva visto qualcosa che non doveva vedere, probabilmente dei traffici illegali, o altro, ora dobbiamo solo scoprire cosa stava facendo... .- Vide arrivare l’ambulanza. La prese in braccio e la portò dai medici, quando furono in ospedale continuarono a discutere... .
-Teniamola con noi... .- Disse Sherlock mentre guardava il vuoto con affianco il suo amico John.
-Cosa? Non la conosciamo neanche!.-
-Non era diretta qui, quindi non ha un alloggio, quindi non ha le sue valigie ne il suo denaro...ci ricompenserà con le sue utili informazioni!.- John non poteva crederci, lo stava trascinando ancora in un’altra delle sue folli avventure, eppure...non poteva perdersela!. Uscì di lì un’infermiera e Holmes si alzò subito in piedi.
-Sta bene, è fuori pericolo potete portarla a casa, solo non fatele troppe domand... .- Non fece finire neanche lei, entrò e chiuse la porta. La ragazza lo fissò spaventata. Si fermò a guardarla, come se qualcosa in quel momento stesse per cambiare. Voleva riempirla di domande, voleva sapere...ma quando la vide, non disse nulla... .
-Chi sei?.- Pronunciò con una flebile voce rotta dal pianto.
-Sono Holmes, Sherlock Holmes, lieto di fare la vostra conoscenza.- La ragazza in un attimo scoppiò in lacrime, cercando di nascondersi il viso per la vergogna. Si girò su un lato e continuò a singhiozzare in silenzio, senza dire nulla. Il camice le lasciava scoperta le spalle e un pezzo della schiena, e dei terribili lividi fecero mostra di sé in tutta la loro crudeltà. Aveva visto centinaia di morti, ma quei lividi, erano i primi che riuscivano a fargli provare un senso di nodo alla gola, come se riuscisse a percepire la sofferenza di quella ragazza... .
-Posso porle qualche domanda?.- Si girò a guardalo con occhi grandi e gonfi di tristezza, ma veri. Di una ragazza che aveva sofferto, e che portava sul suo corpo i segni di un incidente, di qualcosa che non avrebbe mai voluto vedere... .
-Sherry, giusto?.- Avanzò Sherlock. Lei indietreggiò sul lettino, ma non molto. Sapeva che poteva fidarsi. Lo lasciò sedere sul suo letto, pronta a raccontargli tutto.
-Come sai il mio nome?.- Tentò di schiarirsi la voce, ma non otteneva i risultati sperati.
-Era scritto sul biglietto del pullman...perchè ti ha picchiato quell’uomo... .- Non era una domanda, lui sapeva perché l’aveva fatto. Ma si stupì, perché a quelle parole vide i suoi occhi riempirsi di paura, che si manifestava con gocce trasparenti.
-Non preoccuparti, ci sono solo io, di me puoi fidarti.-
-Posso farti una domanda io?.- Sorrise, per ispirarle fiducia.
-Me ne hai già fatte tante, ma a me non hai ancora risposto...ma...va bene, chiedi pure.-
Cercò di indietreggiare la paura, per mostrarsi forte.
-Una volta che uscirò di qui che ne sarà di me?.- Lo lasciò senza parole. Aveva sempre una risposta, sempre la risposta pronta...ma questa volta no... .
-In che sens...?.- Non lo fece finire.
-Non ho niente qui con me, è tutto sull’autobus...che farò quando uscirò di qui?.- Le prese la mano... all’inizio indietreggio, ma poi si abbandonò alla sua stretta che sembrava così sincera.
-Sta’ tranquilla, non ti abbandonerò. Resterai con me e il mio amico, ma prima devi dirmi cosa è successo... .- Così cominciò a raccontare... .
-Ero scesa dal pullman per una sosta, eravamo scesi tutti, anche quest’uomo... andai in bagno e uscii dal bar...sentii delle voci, andai dietro il bar e c’era lui che diede una mazzetta di denaro in mano ad un altro signore... mi vide così cominciai a correre fino ad arrivare nel vicolo. Mi fermò, con un coltello sullo stomaco, mi disse che se avessi urlato... .- Piangeva ancora, non riusciva a mostrarsi forte, i ricordi erano ancora troppo freschi per parlarne senza soffrire.
-Mi disse che se avessi urlato, mi avrebbe sfilettata... .- Alzò un po’ il camice e gli mostrò la pancia, che aveva delle cicatrici, fortunatamente non troppo profonde. In un attimo Sherlock le strinse la mano, e lei se ne accorse, ma Holmes rimase impassibile, quasi non volesse mostrare un altro suo lato.
-Continua per favore... .- Si scostò i capelli dietro l’orecchio, e continuò...
-Mi prese a schiaffi inizialmente, chiedendomi cosa avessi visto, gli risposi ‘’niente’’ ma non faceva che infuriarsi...mi chiese cosa avessi sentito...e risposti ‘’niente’’ perché davvero non avevo sentito niente!. Perse la testa e cominciò a percuotermi più volte, finchè non siete arrivati...e l’ultima cosa che mi ha detto prima di sbattermi contro il muro, è stata ‘’finirò la mia opera, giuro che ti ammazzo’’ ed è scappato.- Poggiò la sua testa sulla spalla di Sherlock, supplicandolo di non abbandonarla.
-La prego, non posso restare sola! Non so che intenzioni avesse, non volevo vedere ciò che ho visto.- Lo guardò negli occhi.
-Non lasciatemi sola...tornerebbe!.- Lui si alzò senza scomporsi.
-Grazie per le informazioni.- Ed uscì. John gli andò vicino.
-Allora?.-
-Stasera dormi sul divano John.- E se ne andò per il corridoio.
 
Verso sera l’infermiera entrò nella stanza della ragazza, che si girò verso di lei per guardarla.
-Puoi uscire adesso, i tuoi fratelli ti porteranno a casa.- Alzò un sopracciglio non capendo.
-Fratelli?.- Vide Sherlock e John entrare con un grande sorriso (falso).
-Si sorella!.- Avanzò Sherlock.
-Ti portiamo a casa, su tieni, vestiti e andiamo.- Le diedero dei vestiti.
-Ma... non sono i miei vestiti... .-
-No, infatti. Sono di una nostra amica.- I vestiti erano della padrona di casa, erano un po’ all’antica, ma tutto sommato andavano bene. Uscirono dalla stanza e aspettarono Sharon. Uscì anche lei e si incamminarono verso casa.
Lei camminava al fianco di Sherlock, aveva paura che quell’uomo potesse tornare per farle del male, e anche Holmes si accorse del suo timore, dal suo sguardo.
-Non verrà.- Lo guardò con occhi grandi e impauriti.
-Come?.- Aveva capito benissimo, ma voleva esserne sicura, e le sue parole la tranquillizzavano molto.
-Il tizio, quell’uomo. Non verrà...o per lo meno, non così presto.- John assunse un’espressione  strana ma buffa... come per dire ‘’molto rassicurante!’’, ma per Sharon lo era, ma solo perché glielo aveva detto lui. Provava uno strano interesse verso di lui, non era un interesse fisico, (per quanto comunque non fosse abbastanza presa dai suoi occhi e il suo portamento freddo) ma più che altro caratteriale, voleva sapere a cosa pensava quando il suo sguardo era dritto e impenetrabile, quando sembrava che nessun’emozione potesse smuoverlo... .
Arrivarono a casa e si presentò anche John.
-Il mio nome è John Watson, fedele assistente di Sherlock. Sono un medico, si insomma, adesso non lavoro più ma prima... .-
-Parlaci di te Sharon.- Lo interruppe Sherlock.
-Di me?....mi chiamo Sharon Hedy, ho 25 anni e vengo da Boston...ero in viaggio per lavoro... . I miei genitori ormai non ci sono più da diversi anni, e per lo più sono figlia unica... ecco tutto, molto entusiasmante... comunque volevo ringraziarvi per la vostra ospitalità ma non voglio essere fonte di disturbo sign. Holmes... .- Sherlock la guardò con gli occhi spalancati.
-Un momento...è vero! A te non ho raccontato nulla...hai detto a qualcuno come mi chiamo?.- Scosse la testa e smontò tutti i pensieri negativi di Sherlock. Così lui decise di raccontarle la sua storia. Lei era ferma ad ascoltare ogni singolo dettaglio, con uno sguardo curioso ed affascinato. John era seduto su di una poltrona in silenzio, ad osservare i loro sguardi e i modi di fare di Sherlock che erano molto cambiati rispetto ai precedenti... . Quando finì di raccontare cenarono tutti insieme, da quando c’era una ragazza in casa era tutto diverso, riuscì addirittura a farlo ridere (dove tutti avevano fallito). John tra una risata e un racconto, stava in silenzio ad osservare Sherlock, pronto a punzecchiarlo quando la ragazza sarebbe andata a dormire.
-Vieni, ti mostro la tua stanza... .- Holmes la fece dormire nella sua stanza, che aveva un letto matrimoniale molto grande.
-Domani la nostra padrona di casa mi darà altri vestiti di quando lei era giovane, avete la stessa taglia. Sai, mi sono stupito, nonostante sia stato al chiuso per molto tempo, adesso quel vestito che indossi sembra risplendere in qualche modo.- Lei ascoltava in silenzio i suoi complimenti, soffocando qualche ‘’grazie’’ a bassa voce, con completo imbarazzo.
-Buonanotte Sharon, non preoccuparti, sei al sicuro qui... .- Sorrise, e lei fece altrettanto.
-Grazie sign. Holmes... .-
-Mi chiami Sherlock.- Chiuse la porta e la lasciò dormire.
Andò nel salone e si sedette a leggere il giornale...quando all’improvviso John scoppiò a ridere.
-Abbassate la voce John, c’è gente che dorme.- Soffocò la sua divertita risata, mentre Sherlock non si scompose.
-No scusami, ahah, non ce la faccio!. Hai detto che avresti cambiato aspetto fisico, non pensavo anche il carattere... .- Smise di leggere, ma tenendo sempre gli occhi incollati al giornale.
-A cosa allude?.- John posò il suo libro e lo fissò.
-Sai molto bene a cosa alludo!. Mi riferisco al modo in cui ti comporti con lei, non pensavo che anche il freddo sign. Holmes potesse provare dei sentimenti!.-
Posò il giornale sullo scrittoio.
-E infatti pensate male, mi sto solo mostrando gentile John, la gentilezza è un dono di pochi, solo gli uomini di classe la conoscono.-
-Oh davvero? Sono colpito dalla tua classe allora! Devi averne parecchia per come la tratti!. Sei rimasto impassibile per anni, incontri questa ragazza e perdi la testa?.-
-Sono perfettamente lucido John, buonanotte.- Spense la luce e si sdraiò sul divano. John cercò di raggiungere la sua stanza nel buio, e lo lasciò lì sul divano a riflettere.
Mezz’ora dopo, spinto dalla curiosità, entrò nella stanza di Sharon, e vide che la luce del suo comodino era accesa.
-Sharon?...disturbo?.- Scosse la testa.
-Entri pure...qualcosa non va?.- Si sedette di fronte al letto su di una sedia.
-No, non riuscivo a dormire, e volevo accertarmi che stesse bene.- Sorrise.
-E’ una persona così gentile, io non credo che Moriarti la conoscesse molto, altrimenti non le avrebbe fatto del male, ne sono sicura... .- La sua sincerità lo fece sorridere.
-La vostra sincerità di donna mi allieta Sharon. Voi donne siete sempre così dirette e sincere...è un dono!.- Sorrise.
-E voi uomini avete una dolcezza davvero molto singolare.- A quelle parole cercò di ricomporsi.
-Dolcezza? Quale dolcezza! Non intendevo assolutamente essere dolce!. Ritiro tutte le mie affermazioni... .- Così per ovviare a quel momento scomodo per entrambi, gli fece una domanda.
-Lei è mai stato innamorato?.- La guardò con occhi strani, diversi... come quelli di un bambino al quale gli viene chiesto qualcosa a lui ignoto... .
-Ho sempre avuto un grande amore per la scienza e il sapere.- Sorrise.
-No Sherlock, ma quello non conta! Amore per qualcuno... .-
-L’amore per se stessi conta?.- Scosse la testa sorridendo.
-Bene, allora sono ignorante in materia, mi dispiace tanto! E lei?.-
Con grande sorpresa scosse la testa anche lei.
-No, forse perché ho concentrato tutta la mia vita nello studio, nel sapere, e nel lavoro. Non ho mai avuto tempo per le affettività... anche se mi sarebbe piaciuto!.-
-Parla come se fosse arrivata al capolinea.-
-Non si sa mai quando si arriverà...bisogna sempre vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, cercando di mettersi in gioco il più possibile, facendo quante più cose possibili, anche perché non si sa se si avrà un’occasione per farle ancora... .- Sherlock rimase stupito.
-Sono senza parole, che pensiero intelligente!... Ottima filosofia... .- Aspettò qualche secondo ma vide che non otteneva risposta. La guardò e i suoi occhi erano chiusi, rapita dal sonno e dalla stanchezza, si addormentò con un grande sorriso, quasi come se avesse dimenticato quell’uomo, ma forse era solo uno stato d’animo momentaneo... .
 
Sharon si svegliò, vide la sedia rivolta verso il suo letto...il suo ultimo ricordo... Sherlock che stava lì a conversare con lei, così sorrise.
-Allora non avevo sognato!.. .- Andò in cucina e trovò un piccolo vaso con una rosa dentro e poi la colazione, con un biglietto.
‘’Abbiamo avuto un impegno di lavoro, più tardi dovrebbe passare la signora che le ha prestato i vestiti per farle compagnia. Per qualsiasi cosa, mi chiami.
SH’’
 E più in basso, il suo numero. Corse a prendere il telefono per segnare il suo numero, il che non faceva che renderla felice. Forse tutto sommato, faceva ancora in tempo per innamorarsi. Mangiò e mise un po’ in ordine la casa, infondo era il minimo che potesse fare. Poco più tardi, verso le 11, era seduta sul divano, di fronte alla porta. Ad un certo punto, un foglietto spuntò da sotto alla porta, come se qualcuno lo avesse appoggiato. Pensò che fosse una di quelle bollette da pagare, così lo prese. Era scritto in rosso...e non era pennarello... .
‘’Ti ho trovata’’
Indietreggiò impaurita, cercando di non urlare. Prese il telefono, e tutta tremante mandò un messaggio a Sherlock.
‘’Mi ha trovato, ha lasciato un biglietto sotto la porta, ho paura Sherlock...’’
Dopo due minuti, le rispose
‘’Sta calma resisti, sarò lì in 10 minuti
SH’’
I suoi occhi erano fermi a guardare sotto la porta. Si vedeva un’ombra scura e forte. Singhiozzava in silenzio ma aveva paura non solo per lei, anche per Sherlock, non voleva che venisse coinvolto anche lui in questa faccenda.
 
A 300 m di distanza, un uomo dai capelli biondi e gli occhi scuri, correva veloce contro il vento, seguito dal suo assistente. Presero un taxi e gli dissero di correre il più veloce possibile verso l’appartamento 221B.  
 
Intanto quell’ombra scura e maligna aveva cominciato a battere forti colpi sulla porta, mentre Sharon si era nascosta nella sua stanza in un angolo, piena di terrore, non riusciva a muovere un muscolo, era paralizzata dal terrore che quell’uomo potesse riuscire ad aprire la porta, poi le arrivò un altro messaggio.
‘’Tutto bene? Sto facendo il possibile per arrivare presto, tra poco sarò da te.
SH’’
Le sue mani tremavano, ma doveva riuscire a scrivere almeno qualcosa.
‘’NO!, sta battendo forti colpi sulla porta, credo che riuscirà a sfondarla, fai presto Sherlock ti prego!...ho paura’’
Sentirle dire quelle cose gli stringeva il cuore, ed incitava il tassista ad andare il più veloce possibile.
All’improvviso la porta si aprì... Sharon spalancò gli occhi e il suo cuore batteva più forte che mai... sentì i passi pesanti e freddi di quell’uomo avanzare. Poi si fermarono.
‘’E’ entrato’’
Quando Sherlock vide quel messaggio, era appena sceso dal taxi, gli mancavano poco più di 5 metri. Corse veloce verso l’appartamento, mentre John tentava di stargli dietro. Mai lo aveva visto affrettarsi così.
I passi dell’uomo continuarono ma stranamente si allontanavano da Sharon, andavano verso l’uscita. Uscì, chiuse la porta, ed intraprese la via delle scale.
Sharon se n’era accorta, ma aveva troppa paura per muoversi, era rimasta ferma immobile, rannicchiata in un angolo. Si sarebbe alzata solo al suono della sua voce, e per sua...sappiamo a chi mi riferisco. Sherlock spalancò la porta di casa, cominciando a cercare Sharon, che uscì correndo dalla sua stanza buttandogli le braccia al collo, piangendo. Spalle al muro, Sherlock l’abbracciò sussurrandole un ‘’va tutto bene, sta tranquilla’’. E disse a John di preparare del the, tanto per tranquillizzarsi un po’ tutti.
Sharon era lì, seduta al tavolo. Con le braccia conserte e la testa poggiata su di loro, mentre piangeva. Mai, mai aveva provato così terrore in tutta la sua vita... .
Il grande ‘’uomo nero’’ come lo definiva lei, aveva lasciato per terra un altro biglietto...
‘’Il gioco al contrario, è iniziato’’.
John accarezzava con una mano la spalla di Sharon, nel tentativo di calmarla. Alzò la testa e si asciugò una lacrima.
-Non era vicino a me, ma riuscivo a sentire il suo respiro su di me, i suoi occhi che mi fissavano...in un attimo mi parve addirittura che mi stesse prendendo il braccio... non so neanche perché piango, è così stupido, non ha veramente senso... eppure non posso farne a meno, come se piangere potesse salvarmi dalle grinfie di quell’uomo e anche se so che non sarà così... in vita mia, non ho mai avuto così paura... anche perché sono sola e quindi... .- Sherlock la precedette.
-Tu non sei sola, adesso ci siamo noi qui con te, sta tranquilla dai. Okay si ti ha trovato e giura vendetta... .- John lo guardò cercando di fargli capire che doveva andarci più piano.
-Ma... adesso non ti lasceremo sola neanche un attimo, non temere!.- Si asciugò una lacrima con convinzione, voleva mostrarsi forte.
-Dove lavorate?.- Sherlock avanzò, tentando di vantarsi.
-Mio fratello mi ha fatto entrare in società con la polizia, adesso sono un detective professionista!.- Lei rimase esterrefatta.
-Complimenti, che grandiosa professione!.-
-E tu, cosa fai?.- Chiese John, incuriosito.
-Io... beh... la segretaria, me la cavo al computer e cose così... .-
-Ci tornerai utile allora!.- Disse John sorridendo, cercando di non farle pensare più a quel brutto episodio. Poi una chiamata per Sherlock.
-Pronto? Qui Kenton Frederick... cosa? ... arriviamo!.- Chiuse la chiamata e guardò John.
-C’è stato un omicidio John... .-
-Beh a quanto pare... .- Disse alzandosi.
-Il gioco è cominciato... .- Diedero cinque minuti di tempo a Sharon per vestirsi, e la portarono con loro al laboratorio scientifico. Sharon aveva portato anche i foglietti lasciati dall’uomo che erano stati scritti col sangue, e forse potevano dare un quadro più completo del killer.
-Cos’abbiamo qui?.- Disse Sherlock infilandosi un guanto e aprendo la cerniera del letto dove c’era il cadavere.
- Keith Cindy Swish, Olandese, 34 anni, nubile, faceva la colf presso varie abitazioni, trovata morta nel suo appartamento da suo fratello Clod.- John lesse tutto il prospetto della signora trovata morta, mentre Sharon ascoltava in silenzio.      
Sulla sua schiena, erano incise le iniziali KC-S, che corrispondevano alle iniziali dei suoi nomi e del cognome. Sherlock rimase impassibile a guardarle, senza mostrare il minimo dispiacere.
-Per questa signora non ti dispiace?.- Portò le mani una accanto all’altra.
-Dispiacermi? è fantastico! Degli omicidi seriali! Non potevo chiedere di meglio!.-
Prese Sharon e cominciò a farla girare improvvisando un mezzo ballo.
-Okay ora non è solo il killer che mi spaventa... .- Sherlock continuò a volteggiare pensando a cosa avesse in mente il killer.
-Chissà quante persone ha intenzione di uccidere!, chissà come chissà quando! Voglio stare al gioco!.- E lei non faceva che inquietarsi.
-E’ sempre così tranquilla, i cadaveri sono l’unica gioia della sua vita... .-
Sharon sogghignò in silenzio quando Sherlock le prese la mano... .
-Vorrebbe accompagnarmi in quest’avventura se le prometto che non ci rimetterà la vita?.- Sorrise ed accettò di buon grado. John pensò in quel momento a quanto potesse essere strano l’amore, a quanto l’amore possa trasformare i lupi in pecore, o un carattere freddo ed acido come quello di Sherlock in... non sapeva neanche come definirlo il suo atteggiamento... .
Quella sera Sherlock bussò alla porta di Sharon verso tarda sera. Lei pronunciò un flebile ‘avanti’ e lui entrò.
-Dormi?.- Scosse la testa.
-No... neanche il tuo balletto improvvisato nell’obitorio riesce a togliermi dalla testa lui e quando ha fatto irruzione dentro casa... ho paura a dormire, non vorrei che arrivasse di nuovo, perché so che se verrebbe... per me non ci sarebbe più scampo... e non lo dico perché sono pessimista,  ma perché mi è sembrato un uomo abbastanza di parola. Disse che sarebbe tornato ed è tornato infatti... temo il peggio... lo temo per davvero... .
Sherlock non sapeva come tranquillizzarla, non aveva nessuna buona idea... così, preso dall’istinto, si tolse le scarpe e si sdraiò nel letto, spegnendo la luce del comodino.
-Buona notte.- Disse Holmes, ma lei non capiva.
-Ma che sta facendo!.- Nonostante tutto rideva, perché le sembrava un gesto strano ma carino da parte sua, cercare di rassicurarla.
-Se verrà, non potrò non svegliarmi, così adesso si sentirà più al sicuro... ora però deve dormire, sennò domani non si sveglierà in tempo per venire con noi a lavoro... .
Ci furono svariati minuti di silenzio... .
-Sherlock... grazie di tutto... .- Disse sorridendo Sharon prima di addormentarsi profondamente... .
 
 
 
 
Più i giorni passavano,  più le persone morivano, più Sherlock temeva il peggio.
Erano arrivati a quota 3 vittime... .
Olive Liam Edsmith
Richard Myles
Edwin Lawrence
-Non è possibile, non c’è nessun nesso tra loro! Sono tutti inglesi e vivono qui a Londra, se è questa la magia che li lega, dovrebbe assassinare l’intera città!.- Pensò Sherlock innervosito. Da cosa?... dalle tante morti? … no, era adirato perché non riusciva a trovare una spiegazione o qualche indizio... .
Il killer aveva lasciato un altro biglietto con scritto
‘’Tic Tac il tempo scorre’’ e nient’altro. Non gli era molto d’aiuto quella frase, aveva solo capito che il gioco stava per giungere al termine, il che gli metteva ansia, dato che stava assassinando una persona dietro l’altra, cosa avrebbe fatto per chiudere con un gran finale questo ‘’gioco’’ ?.
Il giorno seguente ci fu un altro omicidio
Horst             Owence   
La cosa strana, che Sherlock notò, era che tutte le persone, avevano incise le loro iniziali sulla schiena... Era a casa sua, seduto alla scrivania mentre rifletteva. Sharon era chiusa nella sua stanza e John era uscito. C’era uno strano silenzio che avvolgeva la casa,  ma Sherlock era troppo distratto per accorgersene... .
Cominciò a pensare e decise di prendere tutte le iniziali trovate sul dorso delle persone
K C S - O L E - R M - E L - H O... cosa potevano significare? Avanzò, così, un’altra tesi...
Mise in due differenti colonne, i nomi e i cognomi delle vittime...
Keith Cindy            Swish
Olive Liam              Edsmith
Richard                    Myles
Edwin                      Lawrence
Horst                        Owence  
 
 
 
Gli incolonnò meglio...
Keith                 Swish
Cindy                Edsmith
Olive                 Myles
Liam                 Lawrence
Richard            Owence
Edwin
Horst
 
Rimase  immobile a fissare queste colonne fin quando non pensò alle parole del killer...
‘’GIOCO AL CONTRARIO’’
E finalmente... riuscì a capire... si allontanò leggermente dalla scrivania perché non riusciva a crederci...
K      S
C      E
O     M
L      L
R     O
E
H
Al contrario…
H            O
E              L
R             M
L             E
O            S
C
K
Ma mancavano due lettere... quando all’improvviso, gli arrivò un messaggio... .
‘’Indovina che lettere mancano?
Il Killer.’’
Gettò il telefono all’aria quando vide che il messaggio arrivava dal numero di Sharon, si precipitò nella sua stanza e non la vide, vide la finestra aperta ed una corda legata al balcone, che arrivava fin giù... . Gli arrivò una chiamata da Sharon.
-Sharon! Sharon parla! Dove sei!.- La sua voce rimbombava, si trovava in un grande edificio... .
- Kenton! Kenton aiutami!.- Non lo chiama Sherlock, non sapeva che il killer conoscesse la sua vera identità e preferiva farla rimanere un segreto... . Ma il grande uomo nero, le diede uno schiaffo.
-STUPIDA! Lui non si chiama così! Chiamalo col suo vero nome... . Vero, Sherlock Holmes?.- Sharon spalancò gli occhi incredula.
-Dove l’hai portata! DIMMELO!.- Rispose furioso Sherlock, ma l’assassino non volle dirglielo.
-Non importa dove sono!, nel giro di pochi istanti morirà e tu non potrai farci nulla!. Ha visto cose che non doveva vedere... .- E chiuse la chiamata. Fortunatamente poteva comunque rintracciare il luogo da dove proveniva la telefonata, e fu proprio quello che fece. Erano in un magazzino abbandonato in periferia... .
Per Sharon, ormai... non c’era più niente da fare, la stava picchiando violentemente e più volte, le aveva legato polsi e caviglie, e non poteva muoversi...
Ad un certo punto, mentre la torturava, sentì il rumore di una macchina,  quella di Sherlock.
-La prigione non fa per me, ci vediamo all’inferno!.- E davanti agli increduli occhi di Sharon, si tolse la vita tagliandosi la gola... una scena troppo cruda e fredda da vedere... . Quando Sherlock entrò nel magazzino e la vide, le corse incontro e l’abbracciò... .
-Mi dispiace, perdonami... non avevo capito in tempo il gioco, altrimenti tutto questo non sarebbe successo, ho chiamato un’ambulanza, stanno arrivando resisti.- Lei scosse la testa, aveva perso molto sangue, forse troppo. Era piena di tagli e di ferite ovunque, quello non era un assassino qualsiasi, era un folle, un pazzo!. Nonostante il dolore e le lacrime, e tutto quel sangue, Sharon sorrise... lui le aveva liberato i polsi e le caviglie ma non riuscendo a stare in piedi, cadde tra le sue braccia. La prese e tenne stretta, mentre era inginocchiato a terra... .
-Il sangue non si toglie facilmente dai vestiti Sherlock... .- Gli disse.
-Non mi importa, ne comprerò un altro, ne metterò un altro...non è questo il problema ora... .- Lei lo guardò negli occhi come se fosse l’ultima volta.
-Sherlock.- Prese la sua mano.
-Grazie... adesso so cosa vuol dire amare una persona... .- Per la prima volta, scese una lacrima anche a lui. Non era un esperto in medicina, ma sapeva benissimo che non ce l’avrebbe fatta... .
-Quando...quando guarirai potrò assumerti come segretaria nel mio ufficio, così staremo insieme... .- Lei sorrideva, sapeva che non sarebbe mai accaduto, ma volle comunque crederci... .
-Archivierò tutti i tuoi file più importanti... .- Risero leggermente insieme, per un breve secondo, crebbero anche loro in quel finale da favola che si prospettava nelle loro menti... ma poi dovettero tornare alla dura e triste realtà. Lei gli strinse forte la mano, un’ultima volta... .
-Non dimenticarti mai di me... ti prego... .- Con la sua voce flebile, la stessa del primo giorno, che fu uguale all’ultimo... lui annuì ripetendo ‘’mai’’ , per rafforzare la sua credibilità. L’ambulanza arrivò con le sue forti luci. La guardò come per chiederle se ce la poteva fare, ma lei scosse la testa.
-Addio Sherlock, non ti dimenticherò mai... grazie... .- Quasi d’istinto, la baciò, come per voler occupare quei suoi ultimi respiri... dopo di che... il buio, il nero...svenne... .
Non riaprì mai più gli occhi, e da quel giorno Sherlock, ricominciò ad essere freddo e schivo come sempre...capendo che era inutile affezionarsi tanto. La sua non era una vita normale, una vita stabile, ma una piena di pericoli e insidie, senza delle certezze... non poteva continuare mettendo a rischio la vita delle persone, così... portò sempre nel cuore Sharon, l’unica persona che riuscì a far emergere un altro suo lato... . Sulla sua schiena, c’erano le sue iniziali, ed ora il quadro era completo...
S C H E R L O C K
H O L M E S . . .
 
1 settimana dopo... .
Le indagini si chiusero così... il colpevole non era ormai più un problema anche se Sherlock si ritenne comunque sconfitto. Riuscì a fermare i suoi complici, bloccando la rete di scambi illegali che quell’uomo stava creando, ma nonostante tutto, aveva perso... .
Quasi ogni giorno, andava a trovare Sharon, lì dove giaceva il suo sosia, di fianco, c’era la sua tomba, il suo posto... .
Non aveva famiglia, e i suoi documenti andarono persi, così quando chiesero a Sherlock, come si chiamasse... lui rispose:
-Holmes, Sharon Holmes... .- Il proprietario delle cimitero, lo guardò stranamente.
-Holmes ha detto? Non sarà mica imparentata con quel farabutto di Sherlock Holmes, vero?.- John guardò Sherlock, immaginando il proprietario del cimitero già sottoterra.
-No, per nulla. Era mia moglie.- Il signore si scusò e non disse altro.
Una volta a casa, John lo guardò sorridendo.
-Tua moglie eh?.-
-La pianti John... .- Disse Sherlock guardando il suo portafoglio.
-Sharon Holmes... questo tuo lato mi era proprio oscuro Sherlock!.-
-La pregherei di smetterla, non ci trovo nulla da ridere o da prendere in giro Watson, pensi a finire quelle pratiche urgenti che le avevo chiesto, grazie.- Si alzò dal divano lasciando il suo portafoglio. Incuriosito, John lo prese per vedere cosa avesse guardato fisso tutto il tempo... .
Nel taschino interno, c’era una sua foto con Sharon, con un grande sorriso, che non gli avrebbe mai più visto fare... .
 
 
Qui giace Sharon Holmes
(17-02-1987 ; 07-01-2012)
“Bisogna sempre vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, cercando di mettersi in gioco il più possibile, facendo quante più cose possibili, anche perché non si sa se si avrà un’occasione per farle ancora”
 
Fine.  
   
 
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