Anime & Manga > Great Teacher Onizuka
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Autore: Sashaprati    09/05/2012    2 recensioni
Una scena indimenticabile, appena cinque minuti del primo episodio della serie, ma sufficienti per comprendere appieno il calore, le pulsioni e lo spirito eccezionale di Eikichi Onizuka.
Una lezione simile, soprattutto se vissuta sulla propria pelle, è impossibile dimenticarla...
Great Teacher Onizuka!
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Credevano di essere salvi

Non appena Onizuka si fece largo nel mucchio, liberandosi dei suoi oppositori a suon di cazzotti, quei tre studentelli sciagurati stentavano a credere che costui fosse lo stesso professorucolo da quattro soldi che avevano avuto la faccia tosta di ricattare.
Quello che gli avevano giocato era un tiro veramente sporco.
Una storiellina strappalacrime, un paio di occhi dolci per rendere tutto più credibile, e una foto compromettente per rovinare la sua reputazione e interrompere il suo tirocinio come docente. 
Non era per la fregatura in sé, o tantomeno per quella fesserìa di ricatto, Onizuka sapeva di essere anche troppo ingenuo a volte. Quello che gli faceva veramente male era che gli altri non lo considerassero come un essere umano ma come un individuo cinico e senza sentimenti; le ferite del corpo sono niente, se paragonate a quelle dell'animo, e Onizuka era rimasto profondamente ferito e disgustato dal comportamento di quei bambocci.
Nel sentire il nome che i tre studentelli avevano mormorato, il capo di quella banda di mototeppisti impallidì di colpo.
Onizuka non era un uomo, era una leggenda!
Alzare le mani su Eikichi Onizuka, ex membro del gruppo degli Oni-Baku di Shonan, significava andare incontro a morte sicura.
Eikichi Onizuka, colui da solo era capace di massacrare un'intera banda.
Eikichi Onizuka, colui che era capace di lanciare la moto a 700 km/h.
Quei tre studenti sciagurati non riuscivano a credere che un simile Dio della Strada potesse essere lo stesso insegnante ingenuotto che avevano raggirato. Eppure era così, non c'erano dubbi: una volta compreso chi avevano davanti, perfino i membri di quella temibile gang non potevano fare altro che inginocchiarsi e sperare di non incorrere nella sua furia. Onizuka si avvicinò al capo della banda con passo lento e deciso e, mentre questi implorava umilmente perdono per la cattiva accoglienza, il suo unico pensiero era rivolto a quei tre studentelli tremanti.

- Dimmi, che cosa avete fatto a quei tre? - domandò Onizuka con voce solenne.
- Nulla - rispose il capobanda con occhi sbarrati di terrore, al pensiero di cosa sarebbe accaduto a lui e alla sua banda se solo avessero avuto il tempo di torcere loro un capello. - Non li abbiamo ancora toccati, giuro!
- Molto bene - annuì Onizuka soddisfatto. - Questo è un sollievo!

Quei tre ragazzotti tremanti erano quasi sul punto di piangere dalla commozione.
Avevano giocato un tiro sporchissimo a Onizuka, lo avevano umiliato e minacciato, eppure lui era venuto ad aiutarli nel momento del bisogno.
Che animo nobile, che uomo magnifico!
Nel corrergli incontro, con gli occhi colmi di lacrime di riconoscenza, i tre studentelli credevano di essere salvi...
Poveri illusi !!!
Mentre correvano tra le braccia del loro generoso professore/salvatore, questi lanciò la giacca in aria e invocò la Benedizione di Buddha per ciò che si accingeva a fare.

- Quei tre - esclamò Onizuka, con voce tale da fare accapponare la pelle. - Sono le mie prede!

***

Nudi dalla vita in su, le facce gonfie e sfasciate di cazzotti, i tre studentelli si ritrovavano dunque legati assieme, per il petto e per le caviglie, e costretti con la testa immersa nel laghetto del parco pubblico. I suoni giungevano loro attutiti, sia per le orecchie ovattate dai colpi ricevuti che per i rumori prodotti dall'acqua, e difficilmente potevano anche solo pensare di essere ancora vivi.
Il piede appoggiato contro la ringhiera, Onizuka osservava fisso le bollicine che affioravano a pelo d'acqua. In questo modo era quantomeno in grado di stabilire se fossero vivi o meno, e difatti aspettò pazientemente che l'ossigeno nei loro polmoni si riducesse al minimo della sopravvivenza.

- Tirateli su - ordinò Onizuka, rivolgendosi ai tizi che sorreggevano la fune.

Costoro non si fecero certo pregare e, obbedendo di buon grado, issarono fuori i tre pesciolini per permettere loro di riprendere un momento di fiato. Erano talmente malridotti che a stento riuscivano ancora a respirare ( figuriamoci poi intendere ), tuttavia Onizuka non si lasciò certo impietosire dal loro stato. Per ciò che gli avevano fatto, costoro meritavano mille volte peggio che un semplice bagnetto, la vera punizione doveva ancora venire.

- Avete sentito com'è buona l'acqua dello stagno del parco di Inogashira? - domandò Onizuka freddamente, senza curarsi del fatto che i tre sembravano più morti che vivi.

- La... La prego, professore - gemette uno dei tre, temendo seriamente di dover rendere l'anima da un momento all'altro insieme ai suoi sfortunati compagni. - Non ci uccida!
- State tranquilli, non vi lascerò morire - sottolineò Onizuka, con una voce tutt'altro che rassicurante. - Anche perché devo ancora strapparvi le gambe,mettervi sul fuoco e usarvi come un Punching-Ball !!!
- Ma... Lei è pur sempre un insegnante - provò a ricordargli uno di loro, gli occhiali rotti e penzolanti di lato, anch'esso a testa in giù come gli altri. - Non... Non dovrebbe sperimentare atrocità simili su degli studenti...
- Non ci provate - tuonò Onizuka furioso.

Era il colmo!
Fino a meno di venti minuti fa quelle tre mammolette erano giovani e arroganti scansafatiche, capaci di rovinare la vita di una persona se non di estorcerle addirittura del denaro, adesso invece piangevano e supplicavano come tre povere vittime innocenti.
Col cavolo che Eikichi era disposto a fargliela passare liscia: quei tre meritavano una lezione, una "Lezione alla Onizuka", e l'avrebbero avuta... poco ma sicuro.

- Vi ricordate di essere studenti e mi chiamate professore solo nel momento in cui vi fa più comodo, non vi conviene sottovalutarmi, bastardi - urlò Eikichi, con sguardo colmo di disprezzo per il loro atteggiamento vile e ipocrita. - Un professore è comunque un essere umano: può provare rabbia e perdere letteralmente il controllo... Uaarghhh, e poi vi ricordo che non sono ancora un vero insegnante!

Ciò detto, Eikichi si lasciò andare alla Cina con Furore e rispedì quelle tre vili carognette a mollo, con un calcio stizzito lungo la corda. In men che non si dica costoro ricaddero a testa in giù, a bere e gorgogliare mezzi soffocati, e così rimasero per un'altra apparentemente interminabile manciata di secondi. Secondo Eikichi, gli occorreva più tempo per riflettere su ciò che avevano fatto; nel frattempo potevano tranquillamente rinfrescarsi un altro pochino le idee con la testa sott'acqua... e pregare che il calcolo sui loro tempi di resistenza fosse esatto, visto che Eikichi non era certo un professore di fisica o di matematica.

- Su - disse Eikichi, sollevando il pollice affinché li tirassero fuori un'altra volta per permettergli di respirare.

Quei poveri imbecillotti, una volta persa tutta la loro boria e arroganza, potevano solo supplicare il professore di risparmiare le loro miserabili esistenze. Mai avrebbero pensato di incontrare un giorno qualcuno che, oltre a pestarli di santa ragione, era capace di affogarli lentamente in uno stagno di bassa profondità.
Credevano che fosse uno dei tanti professori idioti che c'erano in giro: viscidi parassiti che, per rimpinguarsi le tasche coi soldi dello stipendio, anelavano rovinare la vita degli studenti riempiendo loro la testa di stronzate varie; i professori erano lerci, viziosi farabutti che se la spassavano con le studentesse, e perciò non meritavano alcun rispetto...
Ma Eikichi Onizuka era diverso.
Lui era nato ribelle ed era rimasto ribelle, regolarmente in lotta contro ogni tipo di imposizione e rigidità, ecco perché aveva scelto proprio di fare il mestiere più odiato dai giovani e dagli adolescenti. Per lui diventare insegnante costituiva una specie di sfida, uno scontro con la società e ogni tipo di serietà formale legata a questo mestiere, di conseguenza non poteva arrendersi di fronte alle prime difficoltà.
Attraverso il fumo della sigaretta, senza neanche guardarli in faccia, decise che era il momento di aprire gli occhi di quei tre bambocci. Con lo sguardo perso nel vuoto, e il tono di voce tipico di chi la sa lunga, Onizuka ritenne che quello era l'unico modo in cui quegli stupidi e ottusi ragazzini lo avrebbero ascoltato più che attentamente.

- Ehi - esclamò piano Eikichi, in tono molto più serio. - Perché non provate ad abbattere questo muro?

Improvvisamente lo sguardo di Onizuka sembrava essersi quasi placato. Nei suoi occhi non c'era più quella rabbia bestiale e quel furore omicida che aveva prima, anzi sembrava addirittura un uomo maturo e riflessivo. 
"Abbattere il muro"... Che cosa intendeva esattamente?
Avesse detto una cosa simile in classe, tra le risatine di scherno e i fogli di carta appallottolata, nessuno lo avrebbe ascoltato; ora invece, con la prospettiva di una morte lenta e dolorosa davanti a loro, quelle tre carognette avevano drizzato le orecchie su ogni sua parola. 
In fin dei conti il compito di un insegnante è quello di comunicare coi propri alunni, di farsi ascoltare da loro ma anche di saper ascoltare, e perché questo avvenga è necessario cominciare da qualche parte.

- Questa fastidiosa parete che divide insegnante e studenti - proseguì Onizuka, senza fare una piega, tenendo loro le spalle e lasciando che il sottile filo di fumo della sua sigaretta si sollevasse verso l'alto. - In fin dei conti gli uomini sono uomini, ed è sulla parità fra uomini che andrebbe costruito il nostro rapporto... Ma esso non può funzionare, se uno di noi assume un atteggiamento egoista!

Tacque.
Il tempo di espirare una boccata di fumo ed essere sicuro che quelle tre zucche vuote recepissero il senso del discorso.
Lui non si riteneva superiore a loro, solo perché tra insegnante e studenti sussiste la "parete" della formalità. Per lui ogni essere umano, giovane o maturo a prescindere, andava tranquillamente posto sullo stesso piano: il rispetto non è qualcosa che si ottiene per contratto, ognuno deve essere in grado di meritarselo per crescere ed imparare a confrontarsi col mondo. 
Se ci si comporta in modo sbagliato, per arroganza o eccessiva sicurezza, il risultato è che persone diverse non impareranno mai nulla uno dall'altro e di conseguenza non riusciranno mai a capirsi.
Un insegnante non è poi tanto diverso dai suoi studenti, dunque perché porsi problemi che non esistono?

- Bisogna pulirsi il sedere da soli - concluse Onizuka, voltandosi a guardarli con un leggero sorriso e un'espressione bonaria e distesa sul volto. - Un uomo deve avere questo coraggio!
- Oh, professore...

Le parole di Onizuka sembravano aver toccato in qualche modo il cuore di quei bulletti da quattro soldi, così come i segni sulle loro facce livide erano più che evidenti alla luce lunare. Tutti e tre erano affascinati, confusi, non sapevano assolutamente che cosa dire... Quel professore aveva inteso mostrare loro un lato umano di sé, qualcosa che finora non avevano mai visto in nessuno dei colleghi par suo, ed era proprio questo qualcosa che aveva fatto breccia dentro di loro ( oltre ai pugni con cui si era adoperato a cambiargli i connotati meno di qualche minuto prima ).

- Forza, riprendiamo con la tortura - tagliò corto Eikichi, lasciando intendere che la sua rabbia era tutt'altro che sbollita.

I tre gemettero angosciati, al pensiero di cosa costui avesse ancora intenzione di fare, tuttavia Onizuka si erse davanti a loro in tutta la sua micidiale possenza e disse loro qualcosa per fargli gelare il sangue nelle vene. Per come si era messa la situazione, una volta reso noto il suo avere "appeso" tre studenti a testa in giù come anatre da stagno, avrebbe potuto perdere il posto da tirocinante già il mattino dopo. Di conseguenza, finché gli era possibile, doveva assolutamente consumare il dolce bicchiere della vendetta fino all'ultima goccia.

- Ascoltatemi bene - tuonò Onizuka, stringendo gli occhi e rivelando due file di enormi denti affilati. - Se io non dovessi diventare un insegnante, la colpa sarà solo e unicamente vostra... E vi spedirò tutti e tre all'inferno da VIVI !!!

Nell'emettere la sua inappellabile sentenza, il velo di fiamme roventi che scaturì dalla bocca spalancata di Onizuka sembrò ardere minaccioso sulle grida disperate di quei tre poveracci, al punto che anche il diavolo in persona si sarebbe spaventato al posto loro.

FINE

  
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