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Autore: SofiaAmundsen    10/05/2012    6 recensioni
Lestrade decide finalmente di prendersi una vacanza. Ma allora perchè si porta dietro uno Sherlock che non ha voglia di venire e che intende farlo pesare a tutti e un John con una pazienza davvero ammirevole? Sarà da ridere! O...da scoprire un nuovo amore...
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Lestrade , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Certo, capisco benissimo che Lestrade abbia preteso una vacanza: dev' essere faticoso lavorare sui cadaveri ogni giorno e per di più con persone molto meno gradevoli di un corpo sanguinante sull' asfalto -Anderson, Donovan e, sopratutto, Sherlock.
Capisco anche che, pur di non rischiare di perdere il posto di lavoro abbia deciso -masochisticamente, aggiungerei- di portarsi dietro Sherlock, così da essere sicuro che non ficcherà il naso nelle faccende di Scottland Yard in sua assenza.
Ma perchè devo venire anch’ io?!
"Su, John, lo sai che quando non ci sei tu è intrattabile!" mi aveva supplicato Greg "già è insopportabile sempre, se poi gli manchi diventa ingestibile."
Non avevo neanche provato a far notare a Lestrade che, se eventualmente gli fossi mancato, sarebbe stato solamente come amico-coinquilino-collega: ormai ho rinunciato a cercare di convincerlo che non vado a letto con Sherlock.

Non solo era spettato a me convincerlo a venire (avevo dovuto promettergli in cambio cose di cui mi sarei pentito molto, molto presto), ora mi spettava anche svegliarlo alle 6 del mattino -dopo che aveva passato la notte a riflettere e borbottare su Dio solo sa quale stramberia chimca- e preparargli la valigia.

Quando la sveglia suona e sul display luminoso leggo le cinque e quarantacinque, per un momento, mi sembra di essere di nuovo nell' esercito, poi realizzo, è peggio: sono in un incubo che inizierà con Lestrade che ci passa a prendere alle sei e mezzo per rispettare la sua assurda tabella di marcia e finirà tra tre lunghissimi, infiniti giorni. Sempre che ci arrivi.
Mi alzo dal letto barcollando in cerca delle ciabatte e mi dirigo subito in camera di Sherlock per finire di preparare la sua valigia.
Ieri sera, ala fine, avevo dovuto rinunciarci. Sherlock mi aveva dato campo libero riguardo a cosa metterci dentro, liquidando con un gesto della mano le mie domande, così mi sono trovato a mettere le mani tra i suoi pantaloni di stoffa liscia, tra le sue camicie scure che gli avvolgono perfettamente il corpo, tra le sue mutande aderenti e...bhe, insomma, quando Sherlock mi aveva fatto notare che ero arrossito avevo chiuso con un colpo la valigia ed ero uscito dalla stanza sbattendo la porta.
Decido di mettere le prime cose che mi capitano, si lamenterà comunque, tanto vale non starci troppo a pensare.
Quando ho finito mi accorgo che le sei sono passate già da diversi minuti, devo svegliarlo.
«Sherlock» sussurro piano, senza accendere la luce.
«Sherlock» lo chiamo un po' più forte questa volta, ma lui non si muove. Inizio a chiedermi se respiri.
«Sherlock?» mi sdraio sul letto accanto a lui per parlargli da più vicino e scuoterlo, ma quando sto per allungare un braccio, spalanca i suoi cristallini occhi azzurri su di me, facendomi quasi sobbalzare per la sorpresa.

«Ti ho sentito, John» dice, un po' assonnato.
Solo ora che sono sommerso da quel blu immenso mi accorgo che siamo troppo vicini.
«Bene, allora alzati» rispondo un po' imbarazzato e cerco di tirarmi su per andarmene, evitando accuratamente il suo sguardo, ma mi sento bloccare da qualcosa che mi riporta giu: il suo braccio. Non sembra avere intenzione di lasciarmi.
«Sherlock, devo andare a prepararmi. E anche tu. Alzati.»
«Resta un po' qui»
Sento il cuore sobbalzare e non ho nessuna intenzione di chiedermi perchè mi abbia chiesto una cosa del genere con una voce così suadente, ne perchè questo mi abbia fatto sussultare come una ragazzina. Cerco comunque di mantenere un tono autoritario.

«no. Lasciami e vatti a vestire»
«se non stai qui con me cinque minuti non mi alzo»

Oh bhè, tanto l'avrebbe vinta lui comunque, come al solito, come in tutte le cose, quindi tanto vale arrendersi e rilassarsi altri cinque minuti. Non avevo mai fatto caso a quanto sia comodo

questo letto. Non che mi ci sia mai sdraiato, ovviamente.
Sherlock socchiude gli occhi, ma non toglie il braccio dalla mia vita. Spero perchè se ne è semplicemente dimenticato.
Non so cos' abbia in questo periodo. Prima mi ripeteva in continuazione di non invadere il suo spazio, ora me lo ritrovo sempre intorno, addosso, e mi chiede cose...strane, come se può sedersi accanto a me sul divano, la sera, mentre guardo la tv e lui legge qualche mattone sulla chimica del corpo umano. Credo sia iniziato qualche settimana fa quando, senza accorgermene, avevo iniziato a giocare con i suoi riccioli scuri mentre lui sembrava addormentato sulla sua poltrona. E invece non dormiva. Doveva aver trovato quel contatto davvero interessante, perchè aveva la stessa faccia di quando riesce a fumare una sigaretta di nascosto: estasiato.

Il suo respiro si è fatto più pesante e questo mi distrae dai miei pensieri, ricordandomi perchè sono qui.
«Sherlock! Non ti sarai mica riaddormentato? Muoviti,

dobbiamo andare!»
Mi sfilo dalla sua presa ed esco rapido dalla stanza. Con la coda dell' occhi riesco però a vedere che si alza dal letto, con il lenzuolo avvolto intorno al corpo slanciato.


Quando Lestrade arriva, puntuale come un orologio, suona con il clacson della macchina un paio di volte. Apro la porta ma non scendiamo, Sherlock fa i capricci, come al solito.
Quando il commissario sale le scale per vedere che succede è insolitamente allegro, per essere Lestrade, per essere le sei e mezzo del mattino.
«Buongiorno, ragazzi! Allora, che state aspettando? Il mattino ha l'oro in bocca!»
«Sherlock non vuole venire. Ha apena scoperto che nell' agriturismo dove andremo non prende bene il telefono» rispondo, ignorando i saluti. È troppo presto anche per quelli.
«Sherlock, amico mio» comincia Lestrade «quel meraviglioso posto è gestito da una simpatica vecchietta che, vedrai, ti lascierà usare quello dell' hotel tutte le volte che vorrai»
«ma da un fisso non posso mandare sms»
«vorrà dire che scenderemo in città ogni volta che ne avrai bisogno! Semplice, no? Ora andiamo! Dov' è la tua valigia, la prendo io!» e con un sorriso sulle labbra che non lo lascia più prende la valigia di Sherlock e a trascina giù per i 17 gradini.
Mentre scendiamo le scale mi chiedo come mai sia così felice, ci dev' essere un buon moti...
«la moglie»
«come?»

«la moglie. O meglio l' ex moglie, ormai. Alla fine l'ha è convinta a venire. Deve averle promesso in cambio chissà quale gioiello costoso che, ovviamente, non può permettersi»
«come hai...? anzi no, non dirmelo per favore.»
Chiudo la porta del 221 b di Baker Street e effettivamente una donna bionda, sulla cinquantina, con i capelli raccolti con dei fermagli, si sta sistemando il trucco seduto sul posto del passeggero.
Lo odio quando ha sempre ragione.
Bene, penso, ora dovrò anche sopportarmi Sherlock nei posti posteriori per tutto il tempo, oltre alla

voce stridula di Cindy.
Saliamo in macchina e, prima ancora che possa rivolgere un sorriso formale alla donna, Sherlock ha già qualcosa di cui lamentarsi.
«voglio stare sdraiato.»
«Sherlock non puoi stare sdraiato, altrimenti io non avrei posto dove sedermi. E poi non ci entreresti comunque, con quelle gambe chilometriche»
Per un attimo mi guarda con un sopracciglio inarcato, quasi fosse offeso, poi decide di ignorare perfettamente quello che ho appena detto.
La macchina si mette in moto, con Lestrade fischiettante al volante, mentre Sherlock mi schiaccia sempre di più contro il finestrino, nel tentativo di sistemarsi. Non so come, ma me lo ritrovo appoggiato sopra, tra la spalla e il collo, con il mio braccio è finito tra il suo corpo e il sedile. Ha tirato su le gambe e le tiene piegate su quello che dovrebbe essere il mio posto. Io sto stretto e scomodo in venti centimetri di spazio, ma lui invece sembra trovare la posizione incredibilmente comoda.
Oh, bhè, penso tra me e me, almeno sta zitto.
Chiude gli occhi e sento il suo corpo rilassarsi e abbandonare il peso sul mio.
A volte, mi chiedo chi mi dia la forza di sopportarlo.
Non potendo muovermi per cercare il mio mp3, cerco di tenermi impegnato osservando la coppia di coniugi nei posti anteriori. Lestrade di tanto in tanto guarda la moglie e le rivolge un sorriso a trentadue denti, o le passa maldestro la mano sui capelli o sulla coscia. Lei, dal canto, suo, non se lo fila minimamente, presa com' è da una buona mezzora a guardarsi nel piccolo specchietto che pende davanti a lei, armata di pinzette. Ogni tanto guarda il navigatore, e poi sbuffa. Comincio ad essere d'accordo con Sherlock e a chiedermi cosa mai le abbia promesso lui per convincerla a venire: da quanto ne so stanno affrontando un brutto divorzio.
«fai quella cosa»
Sussulto quando Sherlock parla, senza aprire gli occhi: credevo che dormisse.
«che cosa?»
«quella cosa che hai fatto l'altra sera.L'ho trovata...interessante»

«non so di che parli»
«avanti John quella cosa con la mano, tu l'hai chiamata..."fare i grattini"»
Mi sento arrossire fino alla punta dei capelli. Lo odio per averlo detto ad alta voce.
Dallo specchietto vedo Lestrade sghignazzare con la faccia di uno che la sa lunga e che cerca di non scoppiare a ridere. Cindy non si è neanche accorta di niente, per fortuna.
Lancio un'occhiataccia a Greg attraverso lo specchio, come a dire "non è affatto come pensi", poi avvicino la bocca all' orecchio di Sherlock per non farmi sentire dal commissario:
«avevamo detto che questa cosa non dovevi dirla davanti ad altre persone»
«l'avevo dimenticato» risponde a voce ancora troppo alta «ora però inizia»
Mi porge il braccio e io rassegnato, butto gi occhi al cielo mentre gli slaccio il polsino della camicia e gli tiro su la manica fino al gomito.
Lascia cadere il braccio sulla mia gamba e io comincio a scorrere con le unghie corte dal palmo della sua mano per tutto l' avambraccio chiaro.

Socchiude gli occhi in un'espressione soave, paradisiaca.
Sospira impercettibilmente quando mi fermo a roteare con i polpastrelli dal palmo della sua mano verso le dita, prima di ricominciare a fare su e giù su quella zona di pelle chiara.
Dischiude leggermente le labbra per lasciar passare un respiro che si sta facendo via via più lento, indice che questa volta si stà addormentando davvero. Sembra così rilassato che non mi stupirei se facesse le fusa da un momento all' altro.
Quando è così tranquillo, lo adoro, sembra quasi una persona normale, che è stanca dopo aver avuto una pesante giornata normale, e che si riposa spegnendo il suo normale cervello. Ma lui è tutto fuorchè normale.

È così calmo che potrei sfiorare quei zigomi così surreali, potrei allungare la mano e accarezzargli i riccioli, potrei baciarl...Riprenditi, John.
TU NON SEI GAY!
Tu ami le donne, le adori, ti fanno impazzire quando si spogliano dolcemente davanti a te e i loro seni tondi escono dalla maglietta, quando i loro corpi caldi e leggeri si strusciano sul tuo, quando le loro labbra appiccicose di lucidalabbra cercano le tue.
Mi impongo di non pensare più ne a Sherlock, ne alle mie precedenti fidanzate che si strusciano su di me, almeno finchè lui non si sarà svegliato per comunicarmi che ha qualche altro fastidio a cui devo provvedere, come l'aria troppo inquinata. E con questo proposito (non rispettato, tra l'altro) mi addormento anch'io, nonostante la posizione scomoda.

«John»
...
«John»
«mmh?»
Lestrade, sporto tra i due sedili davanti, mi sta scuotendo con un braccio, mentre mi guarda interrogativo.
«Ci siamo fermati in un autogril, Cindy deve fare pipì» altro sorriso raggiante rivolto a lei, completamente indifferente «tu che fai, vieni?»
Sto per alzarmi, poi mi ricordo che Sherlock sta ancora dormendo sopra di me: abbasso lo sguardo e mi accorgo che la mia mano è appoggiata sulla sua, con le mie dita che sembrano sul punto di insinuarsi tra le sue. La ritiro subito, imbarazzato, e spero solo che Lestrade non l'abbia notato.
«ehm...si» faccio un colpo di tosse per schiarirmi la voce assonnata «vi raggiungo».
Greg non si lascia sfuggire l'occasione di lanciarmi un' occhiata allusiva spostando lo sguardo tra me e il corpo chiaro che mi dorme sopra.
Alzo gli occhi al cielo e aspetto che la coppia scenda per svegliare Sherlock.
Appoggio la mano sulla sua spalla e la bocca sul suo orecchio, voglio essere delicato ma non troppo.
«Sherlock...»
Spalanca subito gli occhi cristallini come se fosse stato colpito da un getto d'acqua.
«siamo fermi in un autogrill, ti va di scendere?»
«Certo, John, non vedo l'ora di entrare in contatto con i germi di qualche camionista già ubriaco prima di colazione che tende all'autosoddisfacimento dei proprio bisogni sessuali durante le pause notturne o con quelli di qualche adolescente in piena pubertà in gita scolastica»
«bastava dire "no, grazie, John, preferisco restare in macchina» gli dico scocciato mentre mi sfilo da sotto di lui e scendo velocemente dall’auto. Sghignazzo di nascosto quando sbatte la testa contro lo sportello.

Entro in autogrill e mi accorgo che, effettivamente, ha ragione Sherlock: è pieno di camionisti con occhiaie e pance enormi e adolescenti rumoreggianti richiamati all'ordine da professori annoiati.
Guardo un po' in giro e noto Greg che corre dietro a Cindy carico di cianfrusaglie che lei continua a mettergli in mano.
Scuoto la testa e vado verso il bancone per prendere un caffè, amaro.
Quando ho finito di bere decido di andare alla toilette ed è li che mi accorgo che quel contatto così stretto con il corpo di Sherlock ha provocato reazioni in me davvero poco opportune.
Mi lavo le mani quando ho fatto e schizzo dell'acqua fredda anche sul viso: magari mi aiuterà a distogliere certi pensieri; ed è mentre mi sto asciugando con della carta che sento un uomo minacciare ad alta voce qualcuno di "spaccargli l'osso del collo a mani nude". Chissà perchè penso subito che Sherlock c'entri qualcosa.

E infatti quando salgo di corsa le cale e apro la porta mi trovo davanti un grosso uomo in canottiera che rivolge un'espressione furiosa e rossa, sul punto di esplodere, a uno Sherlock che sfoggia la sua espressione più disinteressata.
«ripetilo un'altra volta e ti ammazzo, hai capito? Ti ammazzo brutto latticino anoressico!»
«io le ho semplicemente fatto notare che...»
«che succede?» intervengo e mi metto fra i due, prima che Sherlock dica qualcosa che gli provochi un occhio nero.
«questo stronzo» dice l' uomo che, ora che sta urlando anche contro di me, mi rendo conto è davvero enorme «ha detto che io sono una checca!»
«non è esatto, io gli ho semplicemente fatto notare che se non passa accuratamente il solvente anche sulla pelle intorno alle unghie, se non evita di tirarsi su volgarmente i pantaloni così che si intravedano le caviglie e se non deterge anche la pelle sotto il collo sarà più che evidente la sua attitudine ad indossare tacchi alti, smalto colorato e fondotinta nelle serate a tema che organizza quando finge di dover lavorare per tutta la notte»
Adesso lo ammazza.
È l'unica cosa che penso, prima che il pugno dell' uomo si alzi in direzione di Sherlock che invece di spostarsi fa un'espressione quasi schifata e chiude gli occhi: sembra un bambino che non vuole fare il vaccino. D' istinto, blocco il pugno con la mano, in una presa ferma e salda.
Non mi aspettavo di essere ancora così forte e di sangue freddo, a distanza di anni dall' esercito, ed evidentemente neanche il camionista, Sherlock e il resto delle persone in autogrill (non mi ero accorto che stavano tutti guardando la scena con molto interesse) perchè fanno un' espressione sorpresa tale che non mi stupirei se da un momento all' altro sentissi "oooh".
Il mio sguardo calmo e severo si scontra per lunghi attimi con quello furibondo dell' uomo con tendenze per lo meno particolari, prima che un signore in giacca e cravatta che dice di essere il proprietario ci divida indicandoci poco gentilmente la porta.

Camminando verso l'uscita Sherlock non smette neanche un secondo di fissarmi.
Un po' mi fa piacere, ma per il resto mi imbarazza.
«che c'è, Sherlock?» chiedo fingendomi arrabbiato
«niente, è che non ti facevo così...audace»
«sono un soldato, non lo dimenticare»
Sorride, come fosse fiero di me, e continuiamo a caminare in silenzio mentre io mi sento quasi di camminare a un metro da terra per il complimento implicito.

«John, comprami dei marshmellow»
Ecco, figurati se non doveva rovinare il momento.
«no, Sherlock, non avrai delle caramelle, ti sei comportato davvero male»
«non è vero»
«si che è vero, non puoi insultare le persone ogni volta che usciamo di casa»
«non l'ho insultato, l'ho descritto»
Sbuffo, e rinuncio a discuterci: avrà sempre l'ultima parola.
«comunque, non avrai nessuna caramella.»

Cinque minuti dopo, l'auto è di nuovo in autostrada, con Sherlock che mastica rumorosamente i suoi marshmellow.

«immagino che dovrei ringraziarti» esordisce a un certo punto, con la bocca piena
«per cosa?»
«per avermi...salvato la faccia»
«oh...prego» non mi sono mai sentito così fiero di me stesso
«basta che non diventi un' abitudine»
«che vuoi dire?» chiedo curioso
«una volta mi hai salvato la vita da un tassista impazzito, ora mi salvi da un camionista a quanto pare molto permaloso, potrei abiutarmici»
Sorrido, e lui anche, con quel sorriso che vuol dire "questo è il massimo della gratitudine che avrai da me, John Watson"; spero solo che non si accorga che il mio, invece, di sorriso, significa "non sai quanto diavolo tengo a te e alla tua incolumità, sociopatico imprevedibile di uno Sherlock Holmes".
Continuiamo il viaggio e per qualche fantastica decina di minuti regna il silenzio, ad eccezione della vocetta odiosa di Cindy -fa troppo caldo, apri il finestrino Greg, fa troppo freddo, chiudilo, accendi un po' di musica, ma che cos'è questa lagna, spegni!-: Sherlock sembra preso da chissà quale irrisolvibile enigma. Oppure sta giocando a scacchi con se stesso, nella sua mente, come fa tra uno sparo al muro e l'altro.
Avrei voglia di fare un po' di conversazione, in realtà, visto che mi sto annoiando, ma Cindy non è esattamente una persona piacevole con cui parlare, Lestrade è già troppo impegnato a stare dietro a tutti i capricci della moglie (che secondo me sta facendo solo per il gusto di farlo infuriare) e svegliare Sherlock dal suo stato di concentrazione totale è da escludere.
Ma dura poco.
«verde»
«cosa "verde", Sherlock? »
«stavo cercando di trovare un colore più decente per i tuoi maglioni, uno che non sia quel triste panna sbiadito che stona terribilmente con la tua carnagione. Uno che magari si intoni con i tuoi occhi.»
«verde?»
«verde.»
«e io che credevo che, non so, stessi inventando qualche nuovo elemento chimico.»
Cerco di sdrammatizzare, perchè se penso che davvero stava pensando a che sfumatura di colore hanno i miei occhi potrei seriamente rischiare di arrossire fino alla morte.

Si stringe nelle spalle, indifferente.
«mi annoio.»
Oh Dio.
«cerca di resistere, tra due ore al massimo saremo arrivati»
«due ore?! John io in due ore potrei entrare nel sistema del governo e far si che tutte su tutti i computer dell' Inghilterra appaia la scritta "Mycroft è grasso" e avere anche il tempo per una cena da Angelo, non puoi certo aspettare che il mio cervello stia due ora senza niente che lo tenga occupato!»
«hai ragione, come ho potuto pensare una tale assurdità» ironizzo
«non ti preoccupare, è normale per un QI nella media come il tuo pronunciare affermazioni insensate ogni tanto» evidentemente l'ironia non è stata colta.
Mi propongo di ignorarlo, ma già quando inizia a muoversi come una scimmia impazzita, urtandomi con ogni parte del corpo e facendomi cadere addosso quello che resta dei suoi marshmellow, comincio a cambiare idea.
Quando poi decide di sfilare la borsetta a Cindy e decifrarne da li tutta la sua vita passata, presente e fututa, cambio decisamente idea.

«ridammela subito!» urla con quella voce odiosa, ma Sherlock l'ha gia aperta e sta stirando fuori il contenuto.
«rossetto, rosso, marca costosa, consumato ma non troppo, non lo usa tutti i giorni, lo mette solo quando sa che a lavoro ha il turno anche il nuovo collega più giovane di lei, vuole sembrare attraente e spera sul fascino della donna matura sul ragazzo appena entrato nel mondo del lavoro. Lui probabilmente la saluta solo per cortesia. Gomme da masticare, si è accorta che la mattina tende ad avere un alito insoportabile anche dopo aver lavato i denti e di certo non vuole dare un altro motivo alle colleghe per sparlare di lei. Sta mattina però non ne ha presa neanche una, probabilmente non ha neanche minimamente pensato di baciare suo marito e non ci considera così attenti da notare l'odore nausante che esce dalla sua bocca. Un foglietto di carta con l' appuntamento dal dentista, ovviamente legato al problema dell'alito. Probabilmente il prossimo passo sarà un chirurgo estetico: non può certo

pensare di riuscire a entrare nelle grazie del giovane collega con le zampe di gallina che si stanno formando intorno agli occhi, neanche se continua a coprirle con un fondotinta da 50 sterline a boccetta. Un' altro foglietto, un numero di telefono, senza dubbio si tratta di...»
«Sherlock, basta adesso!» gli tolgo la borsetta dalle mani e rimetto tutto dentro, cercando di non guardare oltre.
La faccia di Cindy è così tirata dalla rabbia che ho l' impressione che da un momento a l'altro le escano gli occhi dalle orbite, spalancati come sono. Ha le labbra serrate in una morsa e sembra addirittura troppo furiosa per parlare.
Si è girata verso di noi per tentare di riprendere la borsetta prima che Sherlock iniziasse il suo monologo, quindi, penso in quegl'istanti di interminabile silenzio, è davvero nella giusta posizione per stampargli cinque dita sulla faccia.
Ma tende la mano verso di me con il palmo rivolto verso l'altro, senza smettere di fissare con tutto l'odio che si può Sherlock, completamente

idifferente e quasi divertito dalla rabbia della donna.
Le do la borsetta e lei si gira senza dire una parola.
Silenzio imbarazzante. Molto imbarazzante.
Sto per sgridare Sherlock, ma Lestrade mi interrompe prima che inizi.
«È Peter, non è vero?»
Non toglie lo sguardo fisso dalla strada mentre parla e la sua espressione non è più sorridente e raggiante come prima, ma seria e dura, decisamente caratterizzata da una nota di rabbia che la attraversa tutta, dagl'occhi a fessura alla masciella serrata.
«come?» risponde Cindy, e mi accorgo anche io che sta solo fingendo di non aver capito.
«ho detto: è di Peter che stava parlando, non è vero?»
«ma chi, quello strambo qui dietro? Dai retta a tutte quelle cavolate? Si è inventato tutto di sana pianta!»
«no, Cindy, Sherlock inventa quando dice di aver fatto indagini che non siano illegali, ma non quando parla di tradimenti. E poi ti ho vista, l'altro giorno, quando ti sono venuto a prendere, come l'hai salutato»

«l' ho salutato come saluto tutti gli altri colleghi, e ora basta con questa storia, Greg, stai diventando paranoico» e detto ciò ricominci a guardarsi allo specchio
«no, non sto diventando paranoico, sei tu che stai diventando una tro...!» urla furiosamente e smette di guardare la strada per sputare quelle parole in faccia alla moglie, ma per fortuna non finisce la frase.
Lo guardiamo tutti spaventati per un attimo, Cindy in particolare, dopodichè cala un silenzio religioso.

Guardo Sherlock severo, come a dire "guarda cos' hai combinato!" ma lui si stringe nelle spalle e fa un' espressione innocente, come se non capisse il perchè di tanta agitazione. E, secondo me, davvero non lo capisce.
Spero solo che d' ora in poi abbia almeno il buon gusto di stare zitto.
«mi annoio»
Ecco, apunto.
«credo che tu abbia già fatto abbastanza danni per oggi. Adesso stai zitto fino all'arrivo»
«ma, John...»
«shut up, Sherlock»
Sbufa e incorcia gambe e braccia sul sedile, girando la testa dalla parte opposta

alla mia.
Ha capito che sono arrabbiato per come si è comportato, ma non riesce proprio a stare tranquillo: tamburella con le dita sul suo ginocchio, muove il piede noervosamente, lancia uno sbuffo annoiato di tanto in tanto.
Quell' immagine mi provoca un flash back: io, da piccolo, durante i lunghi viaggi in auto, sul sedile posteriore insieme ad Harry, che cercava di tenermi buono fino all'arrivo. Sorrido intenerito a quel ricordo, e, sopratutto, al ricordo del gioco che facevamo per calmarmi: guardavamo le altre macchine sulla strada e cercavamo di immaginare dove andassero, inventando nomi di città o scegliendo posti che si trovavano dall' altra parte del mondo, quando eravamo ancora troppo piccoli per sapere la geografia. Oh meglio, io ero troppo piccolo e lei fingeva per accontentarmi.
Ma certo, perchè non ci ho pensato prima!
«facciamo un gioco»
Sherlock si volta verso di me con la testa leggermente piegata da un lato, incuriosito
«è un gioco che facevo con Harry quando ero piccolo,

per passare il tempo in macchina. Se vuoi te lo spiego»
«daccordo, visto che tanto è tutto incredibilmente noioso, questo non può essere peggio»
Finge indifferenza, ma lo vedo dai suoi occhi che e incuriosito: gli piace quando gli racconto qualcosa che riguarda il mio passato, chissà perchè.
Si gira con tutto il corpo verso di me, cosi da starmi seduto di fronte, ancora con le gambe incorciate.
«Allora, il gioco consiste nel cercare di capire dove stanno andando le altre macchine in autostrada e se stanno andando in vacanza, o a lavoro, o a trovare qualcuno ecc»
«noioso»
«oh bè, vuol dire che ci giocherò da solo. Chissà che non sia più bravo di te in questo gioco» uso consapevolmente un tono provocatorio che, a quanto pare, coglie nel segno
«ne dubito, John»
«e che cosa te lo fa credere? In fondo io ci ho giocato per anni e per te invece è la prima volta»
«potrei capire chi sono, dove vanno, perchè, a che ora sono partiti, le loro preferenze sessuali, e come hanno dormito sta notte

solo osservando il loro paraurti»
«iniziamo allora?»
Vedo dalla sua faccia che si è accorto che l'ho rigirato e sembra offeso da questa cosa, ma poi il suo sguardo intenso si sposta da me a una bmw nera che ci sorpassa, e il gioco inizia.

Aveva ragione, mi tocca ammetterlo, ancora: può davvero dedurre vita, morte e miracoli di una persona dal paraurti della sua auto.
Per fortuna quel gioco lo aveva tenuto occupato un po', (anche se questo aveva significato un' interminabile serie di monologhi sulle abitudini turistiche dei viaggiatori del giorno) dopodichè si era sistemato con i piedi sopra le mie ginocchia, le mani sotto il mento, ed era rimasto così per il resto del tempo.
Arrivati proprio nel paesino di montagna meta della nostra vacanza, Lestrade sembra aver dimenticato la sfuriata di prima ed è di nuovo felice come una pasqua.
«Siamo arrivati ragazzi! Avanti Sherlock, riprenditi, vedrai che qui trovarai un sacco di cose interessanti da fare!John, hai visto che bel posto?»

Si, effettivamente è davvero un bel posto: l'hotel verso il quale Lestrade sta faticosamente arrancando in salita con l'auto è un edificio in legno, circondato da immensi prati verdi che sembrano quasi innevati, tanti sono i piccoli fiori bianchi che li riempono, il paesaggio che si vede dall' altopiano da un che di familiare e l' aria frizzante che entra dal finestrino aperto è piacevole e profumata.
Scendiamo e scarichiamo le valige -ovviamente mi tocca prendere anche quella di Sherlock, lui è troppo impegnato a fare Diosolosacosa con quel maledetto cellulare- e andiamo alla reception, con Greg che si trascina dietro un carico infinito di trolley, beauty e borsette.
«Buongiorno, posso aiutarvi?»
La receptionist è carina: ha i capelli corti e scuri, gli occhi leggermente allungati e una carnagione olivastra che le risalta i tratti orientaleggianti. Credo che dopo tornerò a farci due chiacchiere.
«Si, grazie» interviene il commissario «ho prenotato qualche settimana fa, a nome Lestrade»

«si, controllo subito»
Digita alcuni tasti sul computer, dopodichè prende due chiavi dalla bacheca ad alveare dietro di lei e le appoggia sul bancone.
«Ecco le vostre chiavi, signori. Le camere sono la 220 e la 221, due matrimoniali come avevate chiesto»
Mi sento avvampare in viso furiosamente
«no ci dev'essere un errore!» intervengo quasi urlando, sporgendomi sul bancone.
La ragazza sembra spaventata per un attimo dalla mia rezione, ma poi si riprende
«controllo subito la prenotazione» dice insicure.
Clicca un paio di volte con il mouse poi rialza lo sguardo su di noi:
«no, mi dispiace, la prenotazione dice propio questo: due matrimoniali a nome Lestrade»
A questo punto mi giro verso di lui:
«Greg se questo è uno scherzo non è affatto divertente!»
«no, John, te lo giuro! Deve esserci stato un fraintendimento: io ho detto che eravamo in quattro, ma che due di noi dormivano in camere separate. Occasionalmente...»
Finge di essere dispiaciuto ma lo vedo che trova la situazione molto divertente..

e che vuol dire occasionalmente?!
«bene, non c'è problema» riprendo la calma «vuol dire che cambieremo la prenotazione ora. Vorremmo due singole a posto della matrimoniale, grazie»
«ecco, veramente...»
no, ti prego
«non abbiamo più singole, mi dispiace ma questo è un periodo molto intenso ed è tutto pieno»
«bhè allora non ci resta che andar...»
«va bene»
«come, Sherlock?»
Ha parlato senza alzare lo sguardo dal cellulare o smettere di digitare con le dita.
«va bene, la camera. Non importa»
«sei-sei sicuro? Tu dici sempre che hai bisogno del tuo spazio vitale e che...»
«ho detto che va bene, John»
Pensare che Sherlock, mr non-invadere-i-miei-spazi voglia condividere un letto con me mi lusinga, lo ammetto. Anche se speravo di non doverlo sopportare anche di notte.
«oh bhè, a quanto pare non ci sono alternative» mi arrendo e afferro la chiave
«siamo davvero dispiaciuti per l'equivoco, mi permetta di sostituirle la stanza con una suite per scusarci dell' accaduto.

Gli extra a spese nostre»
Mi sfila la chiave dalla mano e me ne porge una con un elegante nastro rosso intorno
«bhè...grazie, allora» prendo la chiavo e le sorride cortesemente, poi arriva il fattorino e ci indica la strada trasportando le valige verso l'ascensore.

È stata molto gentile la ragazza alla reception ad offrirci una suite per scusarsi dell'inconveniente.
Peccato che abbia omesso di dirmi che la suite in questione fosse pensata per le lune di miele.
I cuscini a forma di cuore, i petali di rosa intorno alle coppe di champagne che abbiamo trovato al nostro arrivo e le decine di candele profumate sono quantomeno sospetti. Per non parlare dello specchio sul soffitto e le manette pelose attaccate alla spalliera del letto.
Fortunatamente Sherlock sembra d'accordo con me sul fingere di non averlo notato.
Nonostante l'imbarazzo iniziale, comunque, sono intenzionato a godermi la vacanza: c'è un'altra cosa, oltre alla receptionist, che ho notato quando siamo entrati e che mi ha decisamente attirtato

l'enorme piscina esterna, con piccole vasche tonde per l'idromassaggio riscaldato.
Vado in bagno e mi metto qualcosa di più adatto: costume, infradito e cannottiera.
«Sherlock tu vieni?»
Alza lo sguardo, finalmente, da quel maledetto cellulare
«dove?»
«in piscina»
«in piscina?» ripete ironico
«si, Sherlock, hai presente una enorme vasca piena d' acqua in cui la gente si tuffa per rilassarsi e divertirsi? Quella è una piscina»
«molto spiritoso, dr Warson. Faresti meglio a descriverla come un' enorme covo di germi in cui le persone mischiano liberamente i loro funghi e le loro urine. Comunque no, grazie, non ci tengo ad indossare qualcosa con dei pesci colorati disegnati sopra. E poi non ho nessun inutile costume»
Mi guardo e penso che il mio costume a pantaloncino con i pesci tropicali è carino e non merita davvero quello sguardo di sufficenza che gli ha rivolto.
«puoi sempre prenderne uno dei miei»
«non ci tengo»
«vuoi stare tutta la vacanza dentro questa camera con il cellulare in mano

«sicuramente è un'alternativa migliore ad un incontro ravvicinato con turisti ustionati e sudati»
«si, Sherlock, ma pensa quanto ti aiuterai:» inizio a un tono da grillo parlante «nessuno di cui indovinare le pessime abitudini igeniche, nessuno da far mettere a piangere semplicemente con la verità, nessuno che ascolti le tue brillanti deduzioni. Finirai per spare al muro con una cerbottana perchè sarai troppo annoiato per procurarti una pistola»
A quanto pare ho colpito nel segno, perchè sembra rifletterci un attimo su, poi si stringe nelle spalle
«può darsi, John, ma comunque te l'ho detto: non ho neanche il costume»
«puoi sempre prendere uno dei miei»
Lo sguardo snob e terribilmente superiore che mi lanciano quegl'occhi glaciali mi fa pentire di quello che ho detto, ma ingoio faticosamente la saliva e proseguo
«ne ho portati diversi, puoi scegliere quello che più ti piace»
Non risponde e ne approfitto per prendere i costumi dalla valigia, così evito quello sguardo.

Ovviamente, non glie ne piace neanche uno. Alla fine però lo convinco a mettere quello nero con le cuciture bianche.
Quando esce dal bagno non posso fare a meno di scoppiare a ridere.
«Sherlock, non vorrai davvero venire in piscina con i pantaloni di seta e la camicia?»
«e perchè no?»
«perchè...oh lascia perdere, tanto è inutile».

«Sherlock, ti prego, spogliati: ho caldo a guardarti»
...
«e vai al sole, se stai sempre sotto l'ombra non mi stupisco che tu sia così bianco: sembri un cadavere»
...
«poi smetti un attimo di giocare con quel cellulare, facciamo qualcosa, non so, giochiamo a pallanuoto! Ero un campione qualche anno fa!»
...
«Sherlock!»
Alza lo sguardo e quei due zaffiri blu lucenti sono l'unica cosa che si distingue con chiarezza dall'ombra scura che è la sua faccia sotto il parasole della sdraio su cui sta accovacciato.
«se vuoi degnare il mondo della tua preziosa attenzione, ti farei notare che è una belissima giornata e noi siamo in vacanza»

«eccellente deduzione»
Ora mi ha stancato: gli prendo il telefono dalle mani -per un momento sono tentato di buttarlo in piscina, ma poi lo appoggio sul portaoggetti dell' ombrellone- e lo tiro portentosamente verso di me, prendendendolo per una mano. L'ho costretto così ad alzarzi, ma devo aver tirato troppo forte, perchè me lo ritrovo a pochi centimetri dal viso, con quegli intensi occhi azzurri che mi guardano stupiti e vagamente annoiati, in un colore così potente che per un momento non riesco a vedere nient' altro al di fuori di essi. A volte capisco perchè Molly inizi a balbettare ogni volta che Sherlock la guarda negl' occhi.
Mi accorgo che gli sto ancora tenendo la mano mentre lo fisso senza sapere che dire e la lascio, abbasso lo sguardo, imbarazzato.
Metto una mano chiusa davanti alla bocca e faccio un colpetto di tosse, prima di parlare
«facciamo una passeggiata a bordo piscina almeno»
«perchè mai?» risponde, non smettendo di guardarmi con un'aria di sfida e una velata curiosità

negl' occhi «non ho bisogno che una sostanza chimica ovviamente nociva al corpo umano come il cloro mi danneggi la superficie cutanea dei piedi, ne tanto meno che i raggi ultravioletti del sole -che si, d'accordo, è al centro del nostro sistema- interferiscono con la mia melanina»
«ma passeggiando puoi sempre dirmi, non so, con chi hanno fatto sesso ieri gli altri ospiti o quanti di loro stanno pensando di suicidarsi»
«posso farlo benissimo da qui. L' anziana con il costume rosso a nord della piscina, 70 anni circa, in vacanza con il marito con cui non fa sesso da almeno... »
«no, Sherlock, se non vieni con me non ti ascolterò»
È davvero imbarazzante usare con lui il tono e l'atteggiamento che userei con mio figlio, se ne avessi uno, ma sembra funzionare, perchè quando mi allontano di qualche passo lento:
«aspetta, John»
«si?» fingo indifferenza
«d'accordo, se proprio credi che vedermi camminare su mattonelle umide e scivolose tra comuni idioti con il cervello ancora più spento del solito

renderà la tua giornata così interessante lo farò»
«grazie, Sherlock» anche se non sono sicuro di chi debba ringraziare chi.
Fa un passo in avanti ma lo blocco subito con la voce:
«Sherlock, non puoi andare in giro vestito così! Spogliati, sono tutti in costume!»
«no»
«perchè?!»
«perchè non capisco l'ostinatezza delle persone a mostrare in pubblico il proprio corpo, noncuranti di rotoli di grasso che si afflosciano su se stessi, pelle cadente, cicatrici in bella vista, peli scuri. La cosa mi fa semplicemente ribbrezzo, ritengo che un cadavere sia incredibilmente più piacevole alla vista. Preferisco mantenere la mia dignità»
«hai ragione, ma tu non hai ne rotoli di grasso, ne pelle cadente, ne cicatrici, ne tanto meno peli scuri»
«e tu che ne sai?»
Il fiato mi muore in gola e mi sento soffocare dall' imbarazzo: ti ho visto quella volta che ti è caduta la vestaglia e sotto eri completamente nudo ma credevi di essere solo, è decisamente la risposta sbagliata.

«lo immagino. Ora spogliati e basta, non voglio sentire altre obbiezioni.»
Mi guarda come piacevolmente sorpreso e incuriosito dal mio improvviso polso fermo, con un sorrisino ironico quasi fastidiosi, poi, un po' contrariato, cmincia a sbottonarsi la camicia.
Quando finalmente ha finito -mio dio, quanto tempo ci può volere per togliersi un paio di pantaloni?- fa un passo che lo porta fuori dal perimetro di ombra dell' ombrellone e sotto il sole caldo; avevo ragione: non ha cicatrici, o grasso, o pelle cadente ne peli scuri, ma un fisico asciutto, slanciato, affusolato verso l'altro, con lunghe gambe miscolose che terminano in un addome piatto con un leggero accenno di addominali e spalle larghe, ben diritte nella loro altezza, foci di due braccia magre ma non troppo e di un collo lungo e fusiforme. La pelle diafana sembra quasi brillare sotto la luce del sole, che pare riflettere soltanto su quella superificie tropo chiara per assorbirla.

Mi torna di nuovo in mente Molly: se lo vedesse così, probabilmente sverrebbe.
Va verso il bordo della piscina a inizia a camminare sulle grate di plastica bianca che separano l'acqua dal pavimento in mattonelle, e io faccio due passi veloci per raggiungerlo e camminare accanto a lui, dopo essermi reso conto di essere rimato più tempo di quello che avrei dovuto a fissare il mio coinqulino in costume.
«L'acqua è fredda»
«ma se non la stai neanche toccando»
«mi arrivano gli schizzi»
«ci sono 30 gradi, non credo che morirai per qualche goccia.»
«C'è odore di pino. Non mi piace l'odore di pino»
«siamo in montagna, circondati dalla natura, mi sembra normale che si senta qualche profumo»
«ma a me non piace»
«respira con la bocca, così non lo senti.»
«mi da fastidio il sole»
«vuoi che lo spenga, Sherlock?»
Sembra aver capito dalla mia risposta ironica che sto perdendo la pazienza: si gira a guardarmi con le sopracciglia appena aggrottate e poi la smette.
Per pochi secondi.

«oah» quel verso baritonale che fa quando qualcosa è cosi ovvio da infastidirlo gli esce dalla bocca accompagnato da un' alzata di occhi al cielo.
«che c'è, ancora?»
«guarda qui due» indica con il mento Greg e Cindy, amoreggianti dall' altro lato della piscina su di un lettino «è così palesemente evidente che lei sta continuando a lanciare occhiate significative al bagnino -che non la fila minimamente, impegnato com' è ad assicurarsi che il suo costume sia stretto abbastanza da lasciar trasparire le forme della sua maschilità- con l'obbiettivo di portassero a letto mentre il marito le va a comprare l'ennesimo capriccio. Lestrade invece finge una mrobosità che non gli appartiene minimamente: si ferma di tanto in tanto non sapendo cosa fare, muove le mani alla rinfusa, cerca con lo sguardo l' approvazione della moglie. È così ovvio che lo fa per nascondere le sue tendenze omosessuali, altimenti perchè vorrebbe non divorziare da una donna terribilmente odiosa come quella? La lascierebbe

volentieri per Anderson se non fosse per il fatto che lui è troppo impegnato a tradire la moglie con Donovan e per la mentalità chiusa medio-borghese con cui è cresciuto. Non mi resta che andare e informarlo di tutto ciò.»
E fa qualche passo più veloce degl' altri, lo rincorro subito.
«no, Sherlock, anche se fosse così, non sarebbero affari nostri»
«anche se? Metti forse in dubbio le mie deduzioni?»
«no...ma...»
So che non è un giesto maturo, ma lo faccio senza pensare. O forse penso solo a quanto sarà divertente.
«Sherlock guarda, Anderson!»
«dove?»
Si gira di scatto e io ne approfitto per dargli una spinta sull' addome abbastanza forte da farlo cadere in acqua in una serie si schizzi.

Un attimo prima di cadere in acqua fa una faccia incredibilmente spaventata e sorpresa, poi sparisce tra gli spruzzi.
Ho già inziato a ridere come un pazzo, quando un dubbio mi fa gelare il sangue: ma Sherlock sa nuotare?
Per un momento sento lo stomaco chiudersi e il panico invadermi, ma poi riemerge con i bei riccioli neri che gli colano sul viso.
Con un colpo di testa li fa spostare sulla fronte ed emergono così quegl' incredibili, stupendi, luccicanti occhi azzurri, ancora più cristallini per il contatto con l' acqua e il contrasto con i capelli ancora più scuri per l'umidità.
Incredibile, penso, quanto si possa essere sexy non sapendo di esserlo.
Ha un' espressione a dir poco arrabbiata e questo mi fa ridere ancora di più: sto praticamente per sdraiarmi per terra per quanto rido.
«Non vedo che ci trovi di divertente, John» dice spostando un po' d'acqua per incrociare le braccia
«rido semplicemente perchè ti ho fatto smettere di parlare» rispondo ancora divertito
«comunque dammi una mano ad uscire» mi porge la mano perchè io la tiri.
E ovviamente, da inguaribile ingenuo che sono, non penso che Sherlock Holmes non chiederebbe mai aiuto ammettendo di avere bisogno di qualcuno.
Mi viene in mente solo quando la presa sul mio braccio diventa più salda e il suo sguardo incerdibilmente subdolo: mi tira forte verso di se e io non posso che cadere in acqua come una pera cotta.
«Sherlock! Non posso credere che tu l' abbia fatto! L' acqua è gelida»
«la vendetta è un piatto che va servito freddo, John.»
Perchè c'è qualcosa di incredibilmente provocante nello sguardo intenso e nella voce profonda con cui lo dice? Comincio a pensare di essere malato.
«tu credi?»
Non ha tempo di rispondere, perchè appena apre la bocca viene investito dalla cascata d' acqua che gli schizzo.
Tossisce appena e mi guarda sorpreso ed evidentemente divertito, prima di ricambiarmi con altrettanta acqua.
«Guarda, John, c'è Sara!»
«non funziona con me, te l'ho fatto prima io»

«hai ragione, non c'è. L' ho detto solo per essere d' aiuto al ladro che ti sta rubando l' asciugamano»
Mi giro di scatto e Sherlock ne approfitta per salirmi sopra e mettermi la testa sotto l' acqua.
Spinge con la mano sopra i miei capelli corti e quando finalmente mi lascia, riemergo in cerca d' aria e tossisco.
«Sherlock! questa è stata una mossa scorretta!»
Mi spingo verso di lui per fargli la stessa cosa ma neanche si sposta, tanto per farmi capire che è comunque troppo alto perchè io ci riesca.
Andiamo avanti un po' a schizzarci e rincorrerci in una surreale lotta con l' acqua, quando ce ne arriva addosso una cascata: solo quando finiscono gli spruzzi ci accorgiamo che è Lestrade che si è tuffato vicino a noi.
«Greg!» gli sorrido «hai deciso di farti un bagno anche tu?»
«in realtà non volevo bagnarmi ma poi ho visto quanto vi divertivate e non ho resistito!»
«Cindy non viene?»
Gira lo sguardo verso la moglie seduta accanto alla torretta del bagnino, intenta a "prendere il sole".

«no...ehm...ha detto che il cloro le sfibra i capelli»
Sherlock fa uno sguardo eloquente alla "ovviamente" e lo fulmino prima che possa dire qualcosa di estremamente indelicato.
«allora, che ne pensate di giocare a palla?» propongo entusiasta
«si, perchè no!»
«tu giochi, Sherlock?»
Non ascolto la risposta -userà solo tantissime parole per dirmi che si, giocherà, ma solo per farmi un favore- e vado verso una coppia intenta a prendere il sole per chiedergli se posso prendere in prestito la loro palla.

Quando torno da loro con una palla di Spongebob tra le mani Lestrade è sul punto di affogare Sherlock al momento: non voglio assolutamente sapere cosa gli ha detto.


Giochiamo, continuando a divertirci in quel clima di relax e spensieratezza tipico della vacanza e mi fa incredibilmente piacere vedere Sherlock così: ride, scherza, fa si che Lestrade beva ingenti quantità d'acqua di tanto in tanto, sembra quasi un comunissimo ragazzo che si diverte con i suoi amici. Per lo meno fin quando non pretende di cambiare le regole del gioco per poter vincere anche avendo perso.

Stiamo così bene che non ci accorgiamo neanche che si sta facendo tardi per la cena.

Usciamo e ognuno va nelle sue camere, anche se Cindy non sembra poi così entusiasta di dover lasciare la sua postazione nonostante un lieve rossore sembra già apparire sulla pelle.
   
 
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