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Autore: Sunshine Shadow    10/05/2012    2 recensioni
Ok, questa è la mia prima long, è ho deciso di farla su Clarisse (una mia carissima amica) e Ethan (il suo amore segreto). Il tempo non è molto determinato, anche se sicuramente è tra il 4° e il 5° libro. Vi avverto che ho cambiato tante, tantissime, cose, quindi se siete fan della Chrisse, non so quanto vi convenga leggere questa Ethanisse.
Detto questo... buona lettura!
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Quasi tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Mi chiamano da una pozzanghera.



Era una giornata afosa al Campo, quel giorno.
Il cielo non era completamente limpido, anzi, possenti nuvole si stagliavano cupe nel cielo, minacciando un violento temporale estivo. Gruppi di ninfe correvano qua e là per i campi. Era curioso osservarle: avevano una corporatura esile, per cui erano rapidissime a correre. Sfrecciavano zigzagando tra gli alberi, per poi entrarci. Esatto, era come se si andassero a schiantare contro i tronchi, ma in realtà ci si dirigevano dentro. Quella era la loro casa.
Io indossavo dei pantaloni lunghi mimetici, anfibi marrone scuro, e la maglietta arancione sgargiante del Campo, a maniche corte. I miei capelli erano tenuti indietro dalla bandana rosso sangue che portavo sempre con me, ovunque andassi. Mi guardavo intorno, osservando branchi di pivelli che si accingevano a portare a termine gli ultimi preparativi per la partenza, con la paura costante di essere in ritardo ed essere sbranati dalle Arpie.
- Pff, le Arpie, che paura! - esclamai sarcastica, pensando alla faccia che avrebbe fatto un'Arpia se l'avessi strangolata.
I miei bagagli, per la prima volta, erano pronti. Da quando ero arrivata al Campo, da bambina, non me ne ero più andata, se non per qualche impresa. Tentavo di mantenere un'espressione seria e tranquilla, ma mi era praticamente impossibile nascondere l'eccitazione che provavo nel rivedere l'Arizona e mia madre.
Mia madre.
Oddei quanto mi mancava.
Ricordavo a malapena il suo viso dai tratti decisi, i suoi grandi occhi verde scuro, e i capelli neri liscissimi. Fin da piccola la paragonavo ad un'Amazzone. Quando scoprii chi ero veramente capii perchè mio padre, Ares, se ne era innamorato: il suo carattere forte, la sua competitività e la sua sensualità aggressiva dovevano averlo letterlamente stregato. Chissà se negli ultimi anni era cambiata.
- Impossibile che sia peggiorata, che si sia depressa - pensai - E' troppo forte per esserlo diventato. Avrà accolto la mia assenza come una nuova sfida, e non si sarà lasciata andare. -
Scacciai il pensiero di mia madre, anche se ero sicura al novantanove per cento che stesse bene. Continuai a guardarmi intorno, nostalgica. E' vero che ero felicissima di rivedere il mio paese ma, dopo tutti questi anni, lasciare il Campo per un intero inverno mi dispiaceva molto. Scrutai ogni cabina, ogni arena, ogni singolo sasso o albero, come per fotografarmeli nella mente e non dimenticarli nei prossimi mesi.
- Al massimo chiederò a Silena di mandarmi una cartolina. - sghignazzai sotto voce.
Pensando a lei, che era la mia più cara amica al Campo, mi venne una stretta al cuore. Detti una sbirciata all'orologio, e vidi che ancora mancavano parecchi minuti alla partenza, così decisi di andare a darle un ultimo saluto. Lasciai la mia borsa a tracolla a terra e corsi pesantemente verso la cabina numero dieci. Entrai senza nemmeno chiedere il permesso, quasi sfondando la porta.
Dentro fui subito invasa dal profumo (anche se io continuavo a insistere che fosse un'acre puzza) di rose fresche. Non ebbi il tempo di mandare in mille pezzi il vaso che le conteneva che sentii dei singhiozzi sommessi provenire dal lato destro della cabina. Mi voltai verso quella parte e vidi Silena, stesa sul letto a piangere su un cuscino. La guardai muta, e quando lei mi notò alzò lo sguardo, asciugandosi in fretta gli occhi, anche se ormai erano rossi e gonfi di lacrime.
- Cla... Clarisse. - balbettò. - Che ci fai qui?-
- Silena, cosa succede? - chiesi, ignorando la sua domanda.
- Ho paura. - ammise. - Ho paura di cosa potrei fare e cosa potrebbe succedermi durante la tua assenza. Non sei mai andata via, ero sempre abituata ad avere il tuo controllo e la tua protezione. - aggiunse singhiozzando.
- Tu sei una guerriera, te la caverai a meraviglia anche senza di me. - mormorai dandole qualche pacca amichevole sulla schiena. - E poi tornerò, tranquilla. Andrà tutto bene. - la rassicurai.
Non sembrava molto convinta, ma annuì cupamente. - Ricordati di lavarti i capelli. - mi sussurrò abbracciandomi.
- Ogni sera, prometto. - le risposi, ricambiando l'abbraccio e abbozzando un sorriso.
- Abbi cura di te, Cla. -
- Anche tu, bellezza. -
Detto questo lasciai il suo abbraccio, perchè era ora di andare, e inoltre pensavo di non riuscire a staccarmene più.
Stavo per tornare dal pino di Talia, dove avevo lasciato la tracolla, quando mi ricordai di Chris. L'avevo salutato poco fa, ma mi sembrava già di non vederlo da un'eternità. Mi diressi a capofitto verso la cabina di Ermes, la numero undici, e anche là spalancai la porta senza contegno.
Appena lo vidi, mi bloccai sulla soglia. Era in piedi, a braccia incrociate, seduto sul davanzale della finestra dalla parte opposta. Sembrava guardare un punto fisso fuori dalla finestra, così io ero quasi dell'idea di tornarmene indietro, anche per non soffrire ulteriolmente. Ma lui mi aveva vista. Con un balzo scese dal suo giaciglio, e si diresse a passo lento verso di me. Quando mi fu davanti, prese ad accarezzarmi le guance  e a sistemarmi le ciocche di capelli ribelli che mi uscivano dalla bandana, senza dire una parola.
- Chris... - dissi esitante, iniziando a preoccuparmi per lui.
- Shh. - bisbigliò, posandomi un dito sulle labbra.
Se me l'avesse fatto qualcun altro probabilmente l'avrei messo ko nel giro di qualche secondo. Ma con lui era diverso. Chris riusciva a calmarmi, rendendomi fin tenera e timida. Non avevo mai capito come facesse. Nemmeno se volessi riuscivo a litigarci: al massimo potevo alzare un po' la voce, ma appena incorciavo il suo sguardo tornavo in quello stato di calma surreale a cui solo lui poteva portarmi.
Dopo avermi sistemato tutti i capelli prese a baciarmi, ancora muto. Io non mi staccai dal lui, e ricambiai il suo bacio ad occhi chiusi. Non volevo vederlo, ero sicura che se solo avessi aperto gli occhi avrei avuto ancora più nostalgia. Sentii il corno di Chirone, che chiamava gli ultimi ritardatari alla partenza. In quel momento l'avrei volentieri ucciso, ma m resi conto che era giusto che andassi.
- Chris, io... - cominciai.
- Tranquilla, va bene così. - mi interruppe lui.
- No, non va bene così! - sbraitai. - Tu sei appena uscito dal Labirinto, ho quasi rischiato di perderti, e ora mi sto comportando da egoista, ti sto abbandonando! - gridai ancora, in preda alla frustrazione. Ma era vero. Se non fosse stato per Dioniso forse Chris non sarebbe lì. Era irriconoscibile quando era fuori di sè.
- Clarisse - disse lui, prendendomi il volto tra le mani. - Tu hai fatto il possibile, ti sei presa cura di me per tutto questo tempo. Non mi hai mai abbandonato, nè lo stai facendo ora. -
- Ma io... -
- No. - mi bloccò di nuovo. - Dioniso ha fatto quel che ha fatto, non pensiamo a cosa sarebbe successo se non fosse arrivato in tempo. E' giusto che tu vada da tua madre. Ci sarà una guerra durissima, e sono sicuro che tu non starai mai con le mani in mano, a casa con la mammina. -
- Mai. - confermai.
- Ecco, appunto. Quindi è giusto che tu la veda ora, potrebbe... -
Non sentii il resto della frase, perchè il corno di Chirone suonò ancora una volta. Ora dovevo proprio andare. Scappai fuori dalla cabina, con i pugni stretti, lasciando Chris a bocca aperta. Risalii la collina stizzita, con la testa bassa. Afferrai la borsa a tracolla, e ruggii di rabbia, vedendo che si era bagnata.
- Maledetta pozzanghera! - gridai, tirando un calcio alla pozza d'acqua che prima non avevo notato. - Ci mancava solo questa! -
Aprii la borsa, per vedere i danni che l'acqua aveva fatto: tutti i miei panini erano immangiabili, il pane era ridotto a mollica molliccia, e i miei muffin erano fradici. Tirai la borsa lontano, verso il laghetto delle naiadi, come se fosse un giavellotto.
Mi diressi a passo deciso verso l'autobus, ma qualcosa attirò la mia attenzione. Non sapevo bene cosa, ma sentivo di essere osservata.
- Clarisse! - bisbigliò una voce.
Mi voltai di scatto, ma non vidi nessuno, a parte Grover.
- Cosa vuoi, sottospecie di aborto di capra?! - urlai in faccia al satiro.
- Io... non... BEE! - belò Grover, come faceva sempre quando era agitato.
- Avanti, parla! E non tentare di giustificarti, o ti strangolo. - gli dissi secca, avvicinandomi.
- N-non ho d-detto n-niente! - mormorò lui, facendosi piccolo.
- Adesso basta! - strillai, prendendolo per il collo.
- B-basta... - implorò lui con voce strozzata, stringendo le mani attorno ai miei avambracci.
- Clarisse! - chiamò ancora la voce.
Quindi non era Grover ad avermi chiamata. Mollai il satiro a terra, senza nemmeno degnarlo di uno sguardo. Mi guardai a destra e a sinistra, ma non vidi nessuno.
- Avanti, chi va là! - sbraitai, ma come risposta ottenni solo un sonoro sbuffo.
- Oddei, nella pozzanghera! - sentii, un po' più forte di prima.
Con cautela mi avvicinai alla pozza d'acqua, e quando vi guardai dentro ebbi un tuffo al cuore. Quei capelli neri liscissimi, la pelle grigiatra che avevo sempre ammirato, quella benda sull'occhio che mi faceva impazzire. Ethan era apparso ai miei piedi.
- Finalmente! - esclamò il ragazzo, sorridendo. - Stavo quasi per chiudere il contatto. -
- Oddei, Ethan, io non pensavo... -
- Che ci rivedessimo ancora? Beh, nonostante non ci sia una cabina per Nemesi non era necessario tagliare tutti i ponti con la gente a cui tengo. - disse con un altro sorrisetto.
Alle sue parole ebbi un brivido lungo tutta la schiena. Perchè mi venivano i brividi? Io amavo Chris, punto. Non c'era nè ci sarebbe mai stato niente tra me ed Ethan. Certo, era un mio caro amico, ma niente di più.
- Allora, cosa vuoi? - tagliai corto, ritornando gelida.
- Brr, che freddo! - rabbrividì lui. - Ehi, qui c'è qualcuno che tenta a tutti i costi di essere freddo con me? -
Sbuffai. Odiavo quando lui, quando tutti dicevano così. Io non facevo niente per nessuno, se non, al limite, per Chris.
- Cosa vuoi? - ripetei, scandendo le parole una ad una.
- E va bene! - disse. - Allora, intanto so che stai andando in Arizona... -
- Come lo sai? - scattai su, sapendo di essere arrossita.
- Lo so e basta. - replicò lui. - Come dicevo, stai andando in Arizona, e io sono da quelle parti, per cui se ti va... -
- Ethan, ti ricordo che sono fidanzata. - gli spiegai, tentando di mantenere un tono calmo.
- Lo so bene, ma è solo un incontro tra amici, e di "lavoro". Giuro che non ci provo! - mi rassicurò lui.
- Sarà meglio. - dissi, guardandolo con uno sguardo truce. - Di lavoro? -
Ethan si prese un po' di tempo per rispondere, come se non sapesse come dirmelo, così io ne approfittai per specchiarmi nell'acqua: avevo le guance completamente rosse, e avvampavo di calore. Perchè questa reazione, perchè?
- Ehm, avrei una proposta da farti, ma non penso che questo sia il luogo nè il momento adatto per dirtelo. - decretò, volgendo lo sguardo verso destra, dove c'erano Chirone ed Argo. - Se ti interessa, possiamo vederci domani pomeriggio. Apri il lavandino alle 5 in punto, così ci metteremo d'accordo. - aggiunse, facendomi l'occhiolino. - E, se non l'hai già fatto, portati qualche arma. Se accetterai ne avrai bisogno. -
Detto questo passò la mano sullo specchio d'acqua che c'era dalla sua parte, e il suo volto si dileguò. Avrei voluto chiedergli di più, ma non c'era tempo.
- Tutto ok, Clarisse? - mi domandò Chrione, scrutandomi con quei suoi profondi occhi marroni.
- S-sì signore. - risposi, ancora china sulla pozzanghera.
Era chiaro come il sole che non l'aveva bevuta, ma finchè non mi faceva domande andava bene così.
- E' ora di andare. - annunciò, aiutandomi ad alzarmi. - La tua tracolla dov'è finita? - chiese, con un sorrisetto.
- Oh, ehm, ho deciso di non mangiare, soffro di nausea. - spiegai, grattandomi il naso.
Chirone mi guardò di traverso, chiedendosi probabilmente se stessi scherzando, ma alla fine lasciò perdere, e si diresse al pullman per contare chi saliva. Io mi avviai dietro di lui, salendo per ultima.
- E 12! - esclamò, contandomi. - Bene Argo, potete partire. - disse all'autista dai mille occhi. - Fate buon viaggio! -
Argo mise in moto e, dopo aver dato un'ultima occhiata agli specchietti con uno dei suoi mille occhi, partì.
Io mi sedetti in ultima fila, da sola, e mi appoggiai al finestrino. Finalmente, dopo tante lettere, potevo rivedere mia madre. Ancora non mi sembrava vero. Con quel pensiero felice mi appisolai dolcemente, dormendo per tutta la durata del viaggio.

^^^

Shadow's Notes: Ok, ho finito il primo capitolo della mia prima long. Cercate di immedesimarvi in me, sono giusto un pochetto teso. Non siate troppo crudeli e meschini (?).
HAHAHAHAHA, scherzo, leggete, e recensite in base a com'è scritta, non in base alle note. Le mie note in fondo non sono quasi mai serie, le metto solo perchè mi piacciono. u.u
A presto,
Sunshine Shadow.
   
 
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