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Autore: Keiko    11/05/2012    3 recensioni
Era accaduto di nuovo.
Come il Natale, regolarmente censito in data 25 dicembre di ogni anno, così almeno una volta ogni quindici giorni Gerard finiva con la testa nella tazza dei cessi della scuola. Frank avrebbe giurato che, entro la fine dell’anno, se li sarebbe passati tutti se non fosse ricorso ai ripari in qualche modo. Gerard non era un individuo attivo, non era nemmeno un vincente né tanto meno un dannato eroe: semplicemente tentava di nascondersi nella folla per essere poi regolarmente preso di mira, attendendo pazientemente che l’attenzione si spostasse su qualcuno più sfigato di lui.
[AU!I'm Not Okay (I Promise)]
Genere: Comico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Sweet Revenge © [11/05/2012]
Disclaimer: I My chemical Romance (Mikey Way, Gerard Way, Frank Anthony Iero, Bob Bryar e Ray Toro nella loro ultima formazione), Jamia Nestor, Alicia Simmons e Lyn-Z (bassista dei Mindless Self Indulgence) sono persone realmente esistenti. I personaggi originali non sono ovviamente persone realmente esistenti, ma semplice frutto della mia immaginazione. La storia è frutto di una narrazione di PURA FANTASIA che mescola la mia visione di fan a eventi storicamente accaduti e rumors spulciati in rete, destinata al diletto e all'intrattenimento di altri fans. Non si persegue alcun intento diffamatorio o finalità lucrativa. Nessuna violazione dei diritti legalmente tutelati in merito alla musica ed alla personalità degli artisti succitati si ritiene dunque intesa.



Un grazie speciale a Erisa e Will P che, senza saperlo, sono la causa di questa storia.
Perché, dopo secoli, se sono tornata a scrivere sui My Chemical Romance lo devo a loro.
A voi, e alle vostre storie, grazie.
Con questo piccolo omaggio.


Era accaduto di nuovo.
Come il Natale, regolarmente censito in data 25 dicembre di ogni anno, così almeno una volta ogni quindici giorni Gerard finiva con la testa nella tazza dei cessi della scuola. Frank avrebbe giurato che, entro la fine dell’anno, se li sarebbe passati tutti se non fosse ricorso ai ripari in qualche modo. Gerard non era un individuo attivo, non era nemmeno un vincente né tanto meno un dannato eroe: semplicemente tentava di nascondersi nella folla per essere poi regolarmente preso di mira, attendendo pazientemente che l’attenzione si spostasse su qualcuno più sfigato di lui.
Impossibile passare inosservati quando riesci a inciampare nei tuoi stessi piedi mentre cammini, quando il tuo club sportivo è quello di croquet ed è formato da tuo fratello, il tuo migliore amico, un tizio che si è fatto sbattere lì dentro al posto di qualcun altro e un altro che ha deciso di farlo di propria iniziativa perché, probabilmente , è persino più schizzato di te. A complicargli la vita c’era comunque la presenza dell’ombra famigliare, di un fratello cioè che incespicava nei suoi piedi – quelli di Gerard – tanto gli stava attaccato al culo. Frank li aveva conosciuti così, uno troppo sghembo e alto, l’altro decisamente il dozzinale risultato degli scarti del fratello. Peccato che l’evidenza anagrafica mettesse in luce la probabilità che Gerard fosse il primo esperimento fallito di casa Way, replicato in buona parte con Mikey, salvandolo grazie a un’altezza che Frank gli invidiava e arti così lunghi e scarni che risultava essere l’accozzaglia di un assemblaggio azzardato di più parti corporee di misure sbagliate.
 
 
Era accaduto di nuovo.
Gerard, fradicio dalla testa ai piedi, se ne stava acquattato tra i lavandini e il muro del bagno dei ragazzi del primo piano. Per l’ennesima volta, umiliato. Per l’ennesima volta, salvato dalle grida isteriche di Mikey all’orecchio di Frank. Per l’ennesima volta, con il volto nascosto tra le ginocchia come una ragazzina.
“Che cazzo è accaduto questa volta? Hai abbassato lo sguardo troppo tardi?”
“Non ti ci mettere anche tu per favore” esalò il ragazzo senza sollevare lo sguardo sull’amico, il fratello addossato alla parete opposta nel tentativo di acquisire un autocontrollo di cui, Madre Natura, l’aveva sprovvisto.
“Quale terribile peccato hai commesso, Way?”
“Senti Frank, vaffanculo eh. Ho chiesto a Jennifer Bullshmore di uscire e…”
“Ma sei scemo? Che cazzo ti salta in mente? Tutti sanno che quella se la fa con Stewart… ti ha cacciato lui dentro ai cessi?”
“Credo di si, non ci ho fatto molto caso. Mi ero distratto a pensare che sarebbe figo passare una domenica diversa e provare a suonare qualcosa e… mi hanno preso alle spalle Frank, capisci? Se fossi stato pronto sarei riuscito a…”
Frank sollevò un sopraciglio nella sua direzione, pronto all’ennesima verità sbattuta sulla copertina fallimentare della biografia di Gerard Way.
“… a scappare” esalò il ragazzo, sconfitto su ogni fronte. A che serviva mentire se poi in ogni caso doveva fare i conti con la peggiore delle menti? Non la sua, che funzionava in modo deviato e rifletteva in terra troppi sogni gloriosi in cui i perdenti, prima o poi, diventavano eroi, ma quella di Frank Iero, un tizio squilibrato che aveva scelto volutamente di iscriversi al suo club di croquet con il chiaro slogan “qui non faremo un cazzo” e che, per una sorta di sadica perversione, gli rinfacciava ogni fallimento, come un sadico film che si riavvolgeva su sé stesso propinandogli una serie di errori clamorosi.
“Quando la smetterai di farti mettere i piedi in testa? Persino le matricole inizieranno a tormentarti se non fai qualcosa, Gee.”
“La fai facile tu, hai quella faccia da teppista che fa paura.”
“Figo lo sono diventato dopo aver mandato in infermeria uno della squadra di rugby.”
Ma è stato un caso.
La leggenda narrava che Frank Iero avesse assestato un pugno in pieno stomaco al centravanti della squadra, in verità era partito in carica dopo l’ennesimo sandwich che gli era volato in faccia imbrattandogli di senape capelli e divisa – e lui odiava la senape -  e, semplicemente, vista la scarsa altezza, aveva optato per assestargli una testata al centro dello sterno, contorcendosi a propria volta dal dolore per un presunto trauma cranico. Frank, dall’esterno, era parso più un chihuahua impazzito che non un fighter proveniente dai bassifondi di Newark, ma l’aver piegato in due quella montagna di muscoli l’aveva reso talmente sicuro di sé da farlo ridere di gusto e assestargli un pugno in pieno volto, giusto sul naso, unico organo da cui poteva fuoriuscire rapidamente sangue. E il sangue, si sa, è un ottimo contorno per riempire la scena di effetti speciali. Da quel momento Frank non era stato più bersaglio di sandwich alla senape, solo di qualche velato insulto che gli piaceva spegnere con occhiate glaciali. Era sicuro che, all’occorrenza, non sarebbe mai riuscito ad ottenere i medesimi risultati, per cui si limitava a sentirsi figo per quell’unica azione andata a buon fine e che gli aveva assicurato anni relativamente tranquilli sino alla fine del liceo.
“Lei cosa ti ha detto?” chiese all’improvviso Mikey spuntando dalla retrovia come da tradizione. Mikey stava sempre in seconda linea, persino tra i banchi di scuola e in biblioteca. Il “ragazzetto invisibile”, come lo chiamava il loro professore di chimica, in un modo che aveva ben poco di lusinghiero a detta di Frank, ma che per Mikey era la rassicurazione di poter passare inosservato con la sua tecnica dello struzzo.
“Si è messa a ridere e se n’è andata.”
“È una troia.”
Gerard sollevò all’improvviso il volto, sgranando gli occhi verso Frank visibilmente ferito. Gerard non sarebbe mai stato sconfitto dai suoi nemici, ovviamente, ma dalle stoccate dei suoi amici sempre.
“Io sono innamorato di lei.”
“Tu sei solo un coglione. È perché ti ha prestato i suoi appunti lo scorso semestre? No dico, ti sei ridotto a questo punto solo per un motivo tanto idiota?”
“Nessuno l’ha mai fatto prima… credevo fosse gentile, che potessi… si insomma…”
“… piacergli?” esalò Frank visibilmente perplesso. Nessuno, in fatto di sentimenti, era più imbranato di Gerard, dotato di uno spiccato masochismo che lo portava ad amare individui che lo riducevano, per lo più, all’essere più simile a una larva che non a un uomo.
“Più o meno… la gente deve imparare a conoscersi prima di dirlo. Però… io credo di… mi ha spezzato il cuore, Frank! E tu mi prendi per il culo?”
“Ma che cazzo vuoi? Non ho detto nulla ora!”
“L’hai pensato!”
“L’hai sentito?”
“Ti si legge in faccia, idiota.”
A quelle parole Gerard si sollevò all’improvviso dalla propria tana e uscendo allo scoperto con aria guardinga, come un topo che emerge dall’oscurità alla luce dopo notti passate tra i cunicoli fognari, e si era diretto all’esterno superando corridoi e aule ormai deserte alla ricerca di Ray, di  una mazza da croquet e una palla su cui sfogare ogni frustrazione. Anche quelle che gli procurava Frank.
 
 
L’amicizia maschile non si limita a insulti, emotività ridotta all’osso – escluso il caso di Gerard, ovviamente – e cazzate. L’amicizia tra uomini è una questione d’onore, un patto tra lupi in cui il branco viene prima di qualsiasi cosa, anche della propria libertà personale. Il club di croquet fondato da Gerard era diventato, praticamente, un covo di perdenti. Agli occhi di tutti quei cinque erano degli sfigati, quelli senza ragazze, quelli così ridicoli che bastava un nulla per farti ridere senza un motivo solo ricordando a qualcosa che avevano detto o fatto. C’era sempre qualcosa che poteva far ridere, sul loro conto. Frank si sfregò la guancia, mentre Ray lanciava occhiate scettiche al mappamondo che stava loro davanti.
“Grandissima cazzata, Frankie. Gerard non capirà mai.”
“Gerard capirà eccome. Sarà il primo passo per la vittoria. E gli dimostrerò che la Bullshmore  non è la santarellina che crede lui. Come cazzo fa a ridurre tutti a santi e martiri?”
“È l’amore che parla per lui. Poi si ravvede sempre, lascialo fare.”
“No, questa è una questione di principio Ray!”
“Che questione di principio?”
La voce di Gerard, alle loro spalle, lo fece sussultare, stampandogli in faccia un sorriso tirato.
“Il nostro piano di vendetta.”
“Cioè?” chiese scettico il nuovo arrivato, alle sue spalle Mikey che si guardava attorno con aria circospetta.
“Io e Ray abbiamo attuato un piano per farla pagare a un po’ di gente.”
“Chi?” chiese Ray con aria abbastanza idiota.
“Si, ovviamente io ho attuato un piano. Stavo tentando di spiegarlo a Ray, ma è più tonto di quanto non dimostri.”
“Ehi!”
“Ehi cosa? Hai capito tutto o devo rispiegarti qualcosa?”
Ray non capiva assolutamente cosa, di fatto, Frank tentasse di comunicargli. In preda a un attacco di megalomania, Iero si lasciò così indurre in un tour attraverso i gironi infernali, illustrando ai ragazzi un’escalation di azioni che avrebbero decretato la loro vittoria morale, culminante in un’operazione alla A Clockwork Orange.
“Quello… non ti sembra esagerato?”
“Ehi Mikey, da che parte stai?” scoccò lapidario il genio del male, colui che aveva ordito il più inverosimile dei piani solo per riuscire a riscattare l’onore – se mai ne aveva avuto uno – di Gerard. In un paradigma folle infarcito dei più disparati cliché, Frank aveva inventato una marea di stronzate al limite dell’assurdo,  recuperando dalla propria memoria i ricordi rubati da decine di film fagocitati durante il palinsesto della fascia notturna, sentendosi grande nel riuscire a fregare la rigidità di suo padre.
Michael spostò lo sguardo sul fratello, che sino a quel momento era rimasto in silenzio, le mani congiunte dinnanzi al volto, seduti attorno a un mappamondo che illustrava mille viaggi immaginari che mai si sarebbero trasformati in realtà.
“Gee?” chiese il minore dei fratelli Way per attirare la sua attenzione, notando come l’altro fosse perso tra i propri pensieri.
“Ci sto.”
“Stai dicendo sul serio?” domando Frank perplesso.
“Certo, hai avuto un’idea spaziale Frankie. Gli spaccheremo il culo!” gridò sollevando un pugno trionfale in aria, facendo girare verso di loro alcune ragazze che occupavano i tavoli più vicini, strappandogli un sorriso divertito.
Gerard era elettrizzato, Frank, invece, in un mare di guai. Gli bastò l’occhiataccia di Ray e Bob per capire che si, avrebbe dovuto dare loro un sacco di spiegazioni, vendicare Gerard e portare a casa la pelle.
Di tutti e cinque.
 
 
Tentare di essere un vincente quando hai sempre vissuto da perdente non è facile. Non lo è nemmeno tenere il podio quando ci sei parcheggiato sopra: usurparlo a qualcun altro che lo detiene da sempre è pressoché impossibile. Si erano divisi i compiti, e Frank si era incaricato di massacrare Jennifer e la squadra di football. Non fu semplice: detestava la Bullshmore, Stewart e tutti quelli come loro, perfetti solo nella facciata e poveri dentro, svuotati di qualsiasi cosa. Gerard, per quanto non fosse bello, racchiudeva migliaia di mondi, nello sguardo e nella testa, ed era impossibile non adorarlo, non volergli bene, non inchinarti davanti alla grandezza di un genio incompreso.
“Ehi.”
Salutò la ragazza con un cenno della mano incrociandola lungo i corridoi deserti. Tutti stavano svolgendo le attività del proprio club e Frank, da libero quale era - considerando la supervisione di Gerard pressoché nulla -, si era aggirato furtivo per la scuola in attesa che la sua preda arrivasse. Si era intrattenuto pisciando nel casco da rugby di Stewart, e sinceramente gli dispiaceva doversi perdere lo spettacolo del suo shampoo speciale, ma la priorità era la Bullshmore, purtroppo.
“Iero? Da quando ci salutiamo?” puntualizzò lei squadrandolo da capo a piedi, arrestandosi per mostrargli un sorriso dolce, rubato dal Repertorio del Rimorchio.
“Se vuoi mi giro dall’altra parte” sbottò lui secco senza darle il tempo di replicare, trasformando l’espressione della ragazza in un’accozzaglia indistinta di emozioni che, rapide, la sfioravano soltanto.
“Sai, non ho mai capito come hai fatto a colpire John… non è facile, per nulla” celiò lei sottolineando le ultime parole mettendo accenti acuti sulle vocali. A Frank, per poco, non venne da prenderla a schiaffi ma si limitò a scoccarle un sorriso di quelli che si, Madre Natura gli aveva concesso a dimostrazione di una superiorità genetica sui suoi migliori amici.
“L’apparenza inganna.”
“Sei sprecato per Way e i suoi amici” scoccò la ragazza di punto in bianco, attorcigliandosi una ciocca di capelli all’indice della mano destra.
Offendere Gerard era un po’ come offendere sua madre, era un mostro sacro della sua vita, nonostante si conoscessero solo da un paio d’anni. Si limitò a inghiottire il rospo cercando di mantenere chiaro l’obiettivo ultimo: distruggerla.
“Non credevo potessi interessarti così tanto” sentenziò lui biascicando malamente il proprio chew-gum con aria totalmente disinteressata, l’unica in grado di poter far capitolare qualsiasi donna. Tranne quella che interessava a lui, ma era certo che prima o poi sarebbe riuscito nell’intento. Jennifer si limitò a sorridergli, lasciandogli intendere cose che a Frank non piacevano affatto ma che confermavano l’opinione che aveva di lei. Stettero a parlare per almeno una decina di minuti, nel limite consentito dall’attività cerebrale della ragazza, anche se Frank dovette riconoscere che non era così stupida come credeva. Gli stereotipi, nella sua vita, non funzionavano poi così bene.
“Allora domani… nei bagni del terzo piano. Sono sempre vuoti.”
Lo lasciò così, tornando al proprio crocchio di galline con aria trionfale. Frank rimase a osservare per diversi minuti il corridoio deserto, sospirando. Sperava che Mikey avesse fatto il suo dovere, o il loro piano sarebbe andato a rotoli. E Mikey non brillava certo per audacia né determinazione. Perché allora gli avevano lasciato la parte più delicata? Perché era l’unico che poteva avere ciò che chiunque, in quella scuola, avrebbe desiderato ottenere gratuitamente: tanta, tantissima droga.
 
 
Frank aveva mandato a puttane l’orgoglio di Stewart senza che questi nutrisse il minimo sospetto. Ray aveva allestito una meravigliosa mostra fotografica con i peggiori vizi di studenti e professori del liceo, giù nell’atrio principale. La mattina del 23 marzo sarebbe stata memorabile per chiunque, specie quando tutto sarebbe esploso all’ora di pranzo.
“Si può sapere cosa accadrà? Voglio menarli!” gridò eccitato Gerard in direzione degli amici, costringendo Frank a riprendere il controllo della situazione prima che tutto precipitasse senza che potesse salvare le palle a nessuno di loro.
“Che cazzo gli hai fatto vedere, Mikey?”
“Io nulla… si è guardato per tutta la settimana il film di A Clockwork Orange” proferì Mikey dandosi una scrollata alle spalle e ingollando con aria schifata una manciata di patatine fritte della mensa scolastica.
“Ma Ray dov’è?” incalzò Gerard che si guardava attorno in modo frenetico, impaziente di assistere a ciò che i suoi amici avevano preparato.
“Arriva… quanta fretta hai?”
Gerard vide sfilare dinnanzi a loro Jennifer, e automaticamente abbassò il capo sino quasi a sfiorare con la punta del naso il contenuto del proprio piatto. Non gli sfuggì, tuttavia, il sorriso che aveva rivolto a Frank.
“Che cazzo significa?”
“Cosa?” chiese l’altro con indifferenza.
“Quel sorriso… Jennifer ti ha sorriso!”
“Ah. Non me ne sono accorto” scoccò Frank dando un morso al proprio hamburger, sperando che gli andasse di traverso evitando di dover così rispondere al terzo grado che Gerard aveva già preso a fargli.
“Frank non mi prendere per il culo su certe cose.”
“Ti ho vendicato” sentenziò l’altro senza staccare il proprio sguardo da quello dell’amico.
“Che cazzo significa?”
“Abbi pazienza e vedrai, no?”
“Te la sei… perché l’hai fatto?” chiese Gerard incapace di credere che l’amico potesse averlo tradito in quel modo così crudele, portandosi a letto la donna di cui era innamorato. Non credeva che la vita potesse riservargli un tradimento di quella portata, e nemmeno era certo di potervi sopravvivere.
“Sono il meno sfigato” proferì Frank senza scomporsi, rimarcando un’ovvietà che non era per nulla rassicurante.
“Frank, Gerard… ecco…” Mikey tentò di infilarsi nella conversazione, venendo brutalmente tagliato fuori. Il ragazzetto invisibile.
“Sei solo uno stronzo!” gridò il maggiore dei fratelli Way attirando l’attenzione di alcuni studenti che occupavano i tavoli vicini al loro.
“Bell’amico che sei, uno si sacrifica per la causa e tu ti comporti da cretino!” sbottò Frank con aria infastidita.
“Che cazzo di sacrificio vuoi aver fatto?”
In quel momento, dalle casse dell’impianto audio, proruppero alcuni gemiti, parole sussurrate che sembrava non avessero alcun senso sino a quando non divennero il chiaro segno di un amplesso. I nomi “Jennifer” e “Pete” spaccarono in due qualsiasi ombra di dubbio, specie quando il gridolino eccitato di un orgasmo proruppe con la stessa tonalità fastidiosa con cui la Bullshmore accentuava le ultime parole delle sue frasi. Gerard rimase in silenzio a contemplare Stewart – seduto un paio di tavoli oltre il loro – farsi livido in volto, alzarsi e sbattere a terra il proprio vassoio ricco di avanzi e puntare verso l’uscita della mensa.
“Sei sempre il solito coglione, Gee” proferì Frank sorseggiando la propria Coca Cola con aria assorta, lanciando occhiate furtive alla bionda attorniata dalle amiche, nemmeno fosse sul letto di morte, mentre singhiozzava in modo fastidioso.
“Come hai…”
“Abbiamo pagato Pete Vegas, il portoricano a cui fanno il filo tutte le ragazze dell’istituto. È stato semplice” rispose Mikey al posto di Frank, fiero di aver preso parte al complotto ed essere arrivato sino a quel punto senza aver causato un solo problema.
“Che dici, andiamo a chiudere la partita? Dobbiamo prepararci per il gran finale.”
Si sollevarono dirigendosi verso l’uscita, dove già il club di rugby si stava allenando, la mascotte idiota che si agitava come un animale impazzito.
“Certo che è davvero triste…” biascicò Frank lanciando un’occhiata al peluche umano.
“È davvero umiliante” rincarò Gerard.
“Non mi abbasserei mai a fare una cosa del genere” aggiunse Ray sorridendo mellifluo.
“Meglio il croquet, vero?” disse Gerard emettendo una risata un po’ troppo acuta.
“Andiamo.”
Mossero i propri passi verso un terreno che non gli apparteneva, mentre Gerard prendendo la rincorsa si gettò con tutta la propria forza su Morris, l’individuo che si celava sotto strati di peluche e slogan idioti. Mikey ne seguì l’esempio, e la zuffa sembrò doversi sedare, non fosse che i ragazzi della squadra avevano portato la propria attenzione su di loro nell’istante in cui Frank sferrava il calcio finale alla testa mozzata del peluche.
“Siete morti, morti!” gridò Stewart.
“Deve prima prenderci” bisbigliò Gerard iniziando a correre in direzione dell’istituto, dove si sarebbe consumato l’atto finale.
La tecnica Way “fuggi finché puoi” sarebbe diventata “fuggi e poi uccidi”.
D’altra parte anche i militari in guerra battevano in ritirata prima di sferrare il colpo decisivo, no?
 
 
 
   
 
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