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Autore: FuoriTarget    11/05/2012    5 recensioni
[Andre con un sorriso malefico si fece ambasciatore per tutti: -Non siamo mica idioti: Manu è cotto come una bistecca alla griglia- ...
-Non gli abbiamo detto nulla perchè lo conosciamo, sappiamo che manderebbe tutti al diavolo- ...
-La sera della tua festa, quando lei è salita sul tavolo a ballare, credevo che gli sarebbe esplosa la testa- tutti risero in coro con lui.
-Sei mesi... e non hanno mai detto nulla!?- ... ]
Manuel e Alice, due universi che si scontrano in una Verona ricca e piena di pregiudizi. Un rapporto clandestino nascosto a tutto il resto del mondo che si consuma lentamente, una passione ardente che diventerà dipendenza vera e propria.
E forse, se il Fato lo permetterà...Amore.
Ebbene si postato il capitolo 18!! Gelosia portami via...
In corso revisione "formale" dei primi capitoli.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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18 o successivi

-19-






Manuel l'aspettava in macchina, il telefono aveva già squillato due volte palesando la sua impazienza.
Eppure non riusciva a scollarsi dallo specchio.
Quella sarebbe stata la loro ultima festa insieme. Da lì a due giorni entrambi si sarebbero trasferiti definitivamente, e avrebbero iniziato le lezioni in università. Le valige erano pronte.
Si era preparata in cinque minuti perchè aveva completamente perso la cognizione del tempo guardando Megacostruzioni su Sky. I primi jeans sulla sedia, la maglietta di Manu dei Motorhead slavata e strappata infilati di corsa, aveva legato i capelli alla meglio e preso la tracolla di Chanel dall'armadio. All'ultimo si era ricordata di dover prendere la pillola ed era tornata in bagno scontrandosi con la figura riflessa nello specchio. E da lì non si era ancora mossa.
Era davvero lei quella ragazza?
Struccata con i capelli arruffati sulle tempie e addosso i primi due capi trovati nel caos della stanza. Niente tacchi ma banalissime converse nere, nessun gioiello ne accessori appariscenti, niente mascara ne gloss e nemmeno una goccia di correttore a coprire la piantagione di lentiggini che in estate le aveva infestato il volto perfetto.
Quando era diventata quella ragazza riflessa nello specchio?

Dopo la fine della scuola, e le infauste vicende tra lei ed Edo, la situazione era andata migliorando solo sotto alcuni punti di vista.
I loro amici avevano accettato di buon grado la loro unione, le prese in giro erano scemate dopo appena una settimana, ma non tutti condividevano quella benevolenza.
La prima sera che si erano presentati al BM insieme, anche la musica sembrava si fosse fermata in modo che l'attenzione di tutti si concentrasse solo su di loro. Era una tranquilla sera della settimana ed erano entrati dalla porta principale uno dietro l'altra, ma trovandosi tutti gli sguardi puntati addosso per un attimo Alice tentennò. Con la borsa stretta tra le mani si bloccò dopo un paio di passi. Solo la mano di Manuel sulla schiena le diede la spinta per alzare la testa e camminare al suo fianco fino al bancone.
-Lascia che si godano lo spettacolo- le aveva sussurrato all'orecchio e il sorriso era tornato sulle sue labbra.
Erano sopratutto i loro compagni di classe a scrutarli come fossero bestie rare. Durante le settimane precedenti all'esame la scuola aveva tenuto aperta la biblioteca per permettere ai maturandi di studiare in un luogo tranquillo, ogni giorno il loro gruppo di studi si trovava là per condividere informazioni e lacune. All'inizio Manuel aveva preferito prepararsi da solo, blindando casa sua come un rifugio antiatomico, poi si era scontrato con la realtà delle sue carenze in fisica che solo lei avrebbe potuto colmare. Quando però una mattina si era presentato da lei per andare in biblioteca insieme, era nervoso e il perchè Alice l'aveva scoperto solo una volta arrivati a scuola. Tutti, nessuno escluso, si erano voltati neanche fossero entrati Kate Moss e Pete Doerthy. E stavolta era stato il suo turno di prenderlo per mano e andare a testa alta a cercare un tavolo libero.
Nei giorni delle prove scritte la situazione si era stabilizzata, perchè nessuno aveva più tempo di badare a loro. Alcuni professori l'avevano guardata con tanto d'occhi quando si era seduta vicino a lui, il nome Bressan per loro non era che una spina nel fianco di arroganza e insolenza. Solo la professoressa di arte si avvicinò durante la prima prova per chiacchierare fitto fitto con Manuel, con cui aveva un rapporto elitario.
Al momento dell'orale la tensione tra loro divenne un'arma a doppio taglio: da un lato si appoggiavano l'una all'altro per sostenersi, dall'altro al minimo accenno alla questione Alice scattava come una mantide religiosa inferocita, e Manuel si chiudeva nel suo guscio di indifferenza. Finalmente in una torrida mattina di metà luglio arrivò il turno di Alice, sua madre aveva insistito per accompagnarla almeno al cancello e non si era risparmiata una risatina alla vista del suo ragazzo, tutto tirato a lucido e rigido come uno stoccafisso davanti alla porta. Per grazia divina la signora Aroldi non aveva fatto battutine, si era limitata ad un occhiolino malizioso e tremendamente imbarazzante.
Avevano passato ore a fare avanti e indietro nel corridoio. Manuel l'aveva pazientemente ascoltata mentre ripeteva la sua presentazione almeno dieci volte, poi aveva fumato almeno mezzo pacchetto prima che lui le strappasse definitivamente la sigaretta dalle dita. L'aveva presa in giro per la camicetta d'organza che aveva indossato e per la treccia ordinata da brava ragazza, e alla fine era arrivato il suo turno.
Ovviamente non gliel'avrebbe mai confessato, però era stato in piedi accanto alla porta per tutto il tempo dissimulando indifferenza con chiunque passasse nel corridoio. L'aveva ascoltata esporre la sua tesina con sicurezza, teneva la commissione in pugno con il suo tono deciso e cortese, pretendeva la loro attenzione calcando sulle parole giuste e alla fine dell'esposizione ricevette molti complimenti e poche domande. Gli scritti erano andati molto bene ad entrambi quindi anche a lei fecero poche domande all'orale, solo la parte esterna della commissione l'aveva tartassata con tona da malefica inquisizione. 
Dopo appena un paio di giorni uscirono i risultati. Di nuovo arrivarono insieme attirando gli sguardi e i commenti di mezza scuola: Manuel faceva il superiore, ma era più teso per la mano stretta nella sua, che per il verdetto che stava per ricevere. Era certo di essere passato, e tanto bastava per renderlo soddisfatto della performance; eppure dopo essere scivolata fuori dalla folla pigiata contro i cartelloni, Alice l'aveva trovato con la sigaretta stretta tra i denti e gli occhi strizzati per la tensione.
-Allora?-
Lui odiava aspettare e odiava essere in balia di qualcuno, ma Alice sorrideva per cui non poteva essere andata tanto male.
-Novantacinque-
-Cosa? Perchè non ti hanno dato cento? Non avevi già novantasette con i crediti?-
Il sorriso le arrivò agli occhi: -Infatti. Io cento, tu novantacinque-
La sigaretta gli cadde sulla mano facendolo scattare come un aspide. Ma dopo l'aveva guardata con tanto d'occhi e l'espressione più assurda che gli avesse mai visto in viso. Lei scoppiò a ridere mentre Manuel bestemmiava contro la pelle bruciata.
Pure gli altri scoppiarono a ridere quando li raggiunsero e la videro soffiare sul cerchietto di pelle arrossata. Lui le imprecava contro agitando la mano sana per impedirle di spiegare la situazione, e lei rideva e soffiava. Tutti erano passati, persino Filo aveva strappato un sessantacinque e attaccato al telefono stava spergiurando a sua madre che non era uno scherzo.
Ne erano usciti illesi e soddisfatti, chiudendo così definitivamente la fase più semplice del loro rapporto.

Manuel non credeva sarebbe stato possibile. Non così velocemente, non alla sua età. Sopratutto conoscendo il proprio carattere, i propri modi e i mille difetti. Non era un soggetto facile, e lo sapeva, nonostante non facesse nulla per migliorare la propria attitudine all'antisocialità.
Eppure lei l'aveva scalfito. Come l'acqua, infiltrante, implacabile e costante, insistente goccia dopo goccia, aveva oltrepassato le sue molteplici corazze. All'inizio era spaventato da questa prospettiva, poi col passare del tempo la sua vicinanza era diventata sempre più indispensabile, e com'era prevedibile si era in parte modellato su di lei.
Ciò a cui proprio non riusciva a credere invece era la perfetta simbiosi che avevano raggiunto.
Alice era cresciuta parecchio in un lasso di tempo molto breve, imparando a limitare i picchi del suo narcisismo e la sua costante necessità di avere l'approvazione degli altri. Non faceva nemmeno più i capricci! Stare a contatto con lui l'aveva portata alla consapevolezza della propria influenza sugli altri e delle responsabilità che ne derivavano. Il fatto che il suo ragazzo fosse un ex-tossicodipendente l'aveva cambiata per sempre, insegnandole a vedere molte cose che aveva sempre ignorato.
L'Alice che era diventata gli piaceva anche di più di quella di cui si era innamorato. L'Alice in cui si era trasformata era quella che lui aveva già scorto dietro la maschera di splendore e sorrisi che indossava quando stava con Edo, era quella che aveva vinto una borsa di studio della facoltà di Ingegneria e rimaneva per ore incantata a guardare le scale mobili per capire come funzionassero. Se gliel'avessero detto prima della fine del liceo avrebbe riso in faccia a chiunque, ma dietro i sorrisi e le moine di Alice Aroldi si nascondevano un forza d'animo ed una risolutezza senza pari.
Alla fine degli esami davanti a loro si aprirono due mesi di libertà talmente sconfinata da soffocarli. La proposta iniziale fu quella di seguire il gruppo per una lunga vacanza al lago, la famiglia di Laura aveva grande casa direttamente affacciata sul Lago di Garda con molo e giardino privato. Alice era esaltatissima all'idea, poter stare con le sue amiche e con Manu tutto il giorno, godersi il sole e un mese di vacanza era proprio ciò che desiderava.
Invece Manuel si era scontrato con la sua totale assenza di prospettive per il futuro e il mondo gli era crollato addosso.
Era stata ovviamente lei ad accorgersi prima di tutti (forse anche prima di lui..) di quell'improvviso vuoto nella sua vita. Saperlo a casa da solo con suo padre, a farsi tormentare e tormentarsi per i suoi stessi rimpianti, era qualcosa di inspiegabilmente intollerabile. Gli aveva detto che non poteva più voltarsi dall'altra parte, e lui non aveva capito.
Così una notte gli aveva proposto di andarsene, solo loro due, ovunque avesse voluto; erano in un prato sdraiati sotto le stelle al buio, ma Manuel ricordava di non averla mai sentita così vicina, così tenace e pulita, e sua. L'aveva costretto a scegliere una meta e una data di partenza quella stessa sera, gli aveva lasciato scegliere tutto quanto senza obiezioni ne condizioni. 
Certo all'inizio non era stato facile convincerla che in moto non si sarebbe potuta portare trolley e beauty case, ne le sei paia di scarpe che aveva preparato, però con pazienza aveva acconsentito a ridurre il suo bagaglio in modo drastico. Era stata talmente accondiscendente da fargli temere future ripercussioni o ricatti meschini, che invece non arrivarono mai. E fu davvero una sorpresa, la settimana dopo, trovarla davanti al cancello di casa alle tre del mattino, in jeans, converse e zaino in spalla. Pronta per ovunque avesse voluto portarla.
Partirono il 23 luglio: una moto, due zaini e la carta di credito di Alice.
Ad Ancona Alice comprese la loro meta solo quando imboccarono l'imbarco dei traghetti per la Grecia, e capì che sarebbe stato un duro viaggio.
Per Manuel furono le due settimane più entusiasmati di tutta la sua vita, con lei che era perfetta ad ogni ora del giorno e della notte: dalla mattina quando si aggirava arruffata e assonnata in mutande e maglietta dei Metallica nella luce pallida del mattino o di giorno dispersa tra templi e rovine sotto il sole cocente dell'acropoli, alla sera quando crollava sfinita contro la sua schiena costringendolo ad andare a passo d'uomo per non farla cadere dalla moto. Non si era mai mai mai lamentata, nè del caldo, nè della moto o dei posti al limite della decenza dove avevano mangiato. Un paio di volte si era bruciacchiata le spalle, ostinata com'era ad abbronzarsi non voleva mettersi la crema, ma la sua pelle era talmente bianca che i primi giorni sotto il sole pareva brillare. Avevano riso come matti quando la vecchia dell'albergo aveva fatto tanto d'occhi davanti alla loro richiesta di un secchiello di ghiaccio, e Alice si era strusciata su di lui con la perizia di un'attrice consumata quando la padrona era tornata con una ciotola piena di cubetti. Manuel era quasi arrossito in quell'occasione.
Le aveva raccontato la storia di ogni singola pietra, ogni bassorilievo, ogni colonna tediandola a morte. Credeva che avrebbe finito per odiarlo, invece quando non era lui a spiegare, era lei a chiedere di questo o quell'altro tempio o a incuriosirsi davanti a qualche statua o qualche strano mito dell'antichità.
Fu così che quell'estate scoprì che oltre a tacchi e vestitini frivoli, Alice riusciva a mantenere la sua innata grazia anche arrampicandosi scalza tra le rocce di una scogliera, e la sua cocciuta testardaggine anche con i contadini greci che non capivano una parola del suo inglese.
Erano stati a Delfi, Olimpia, Micene, Corinto e infine ad Atene. Poi erano risaliti verso l'interno continentale per vedere le Meteore. Avevano visitato templi, musei e anfiteatri, spiagge deserte e bianchissime, montagne e dirupi che non sembravano avere fine. Quando i soldi nel portafoglio di Manuel finirono e il ritorno a Verona divenne inevitabile. Erano sopravvissuti dodici giorni a stretto contatto, litigando ogni quattro parole e facendo l'amore ogni cinque, eppure Alice non avrebbe mai dimenticato quei dodici giorni insieme.
A casa rimasero giusto il tempo di disfare le valige e lavare i vestiti, per poi ripartire e raggiungere la casa al lago di Laura dove li aspettavano altre due settimane di relax prima dell'inizio dei test d'ingresso.

Verso la metà agosto Manuel era ancora infognato nell'assenza di prospettive future.
Aveva passato così tanto tempo a disperarsi per non poter più realizzare i suoi sogni, o addirittura a convincersi di non averne, che dopo il liceo si era ritrovato alla deriva. 
Una notte in Grecia aveva raccontato ad Alice di non sapere cosa fare a settembre, di non sapere cosa fare di se. Suo padre spingeva perchè studiasse scienze motorie e seguisse le sue orme come preparatore atletico, seguiva molte squadre sia in Italia che in Europa e il lavoro certo non gli sarebbe mancato. Forse gli sarebbe anche piaciuto ritornare a respirare l'aria di una palestra, il parquet, il sudore, la tensione del tempo che sta per scadere; ma lo sentiva come un ripiego, temeva che avrebbe sofferto per sempre stando fermo sulla linea del campo senza poterci mai entrare. Dall'infortunio era tornato pochissime volte a vedere la sua squadra, e solo in occasioni speciali, perchè preferiva tenersene lontano che stare a guardare dagli spalti.
Sonia premeva perchè facesse l'università, a lei andava bene una facoltà qualsiasi, gli bastava che prendesse la laurea che lei non era riuscita ad avere. Ma Manuel nonostante il buon esito della maturità non aveva mai avuto una gran voglia di stare chino sui libri, al liceo gli bastava poco per stare al passo quindi faceva il minimo indispensabile nelle materie di base e si interessava solo alle sue preferite. Non fremeva all'idea di ricominciare a studiare, sopratutto se doveva fare qualcosa di cui non gliene fregava nulla, solo per parcheggiarsi altri tre anni in casa a spese di suo padre. Piuttosto, le aveva detto, si sarebbe trovato un lavoro.
Al lago con gli amici ne avevano parlato di nuovo a lungo. Alice aveva provato a convincerlo a guardare alcuni opuscoli delle università del Veneto, e lui l'aveva fatto solo per farla contenta; dopodichè aveva provato a farlo parlare con Paolo, che studiava da Natale entrare a Medicina, e con Charlie che puntava su Lingue. Il resto dei ragazzi erano degli zucconi senza speranze: Andre già lavorava, Jack aveva un contratto già pronto con una squadra di professionisti, Filo mirava al barbonaggio, gli altri speravano tutti in qualche corso professionale o nell'illuminazione dell'ultimo minuto, per loro Martina e Chiara stampavano tutti i giorni annunci di lavoro e volantini. Alice invece non voleva arrendersi, sopratutto perchè conosceva la passione che Manuel aveva mostrato a pochi altri, e sapeva che quella sarebbe stata la carta vincente.
Dopo alcuni tentativi l'aveva lasciato riflettere per conto suo e aveva accantonato l'argomento per poter lavorare sottobanco. Si era informata in internet, stando per mattinate intere davanti al portatile di Laura, aveva scaricato tutte le informazioni possibili, piani di studio, insegnamenti, test d'ingresso e tasse. Poi aveva fatto un bel fascicolo, evidenziato e colorato, con tanto di note personali, e aveva fatto in modo che Manuel se lo ritrovasse sul cuscino prima di andare a letto. Quando era uscita dal bagno e l'aveva raggiunto, lo stava sfogliando, pure il giorno dopo prima di pranzo era seduto in veranda a leggerlo, e il giorno successivo lo trovò sul suo telo, tutto spiegazzato e pieno di segnalibri agli angoli delle pagine.
Poco prima della fine della vacanza Filo e Manuel decisero di fare una grigliata e trascinarono Alice al supermercato con loro per evitare che si ustionasse al sole come tutti i pomeriggi. Fu lì, tra braciole, salsicce e patatine fritte, davanti al banco frigo dei surgelati, che le disse di aver preso una decisione e le chiese di accompagnarlo in un posto il giorno dopo.
Ovviamente la tenne all'oscuro di tutto fino all'ultimo momento, la mattina dopo le disse solo di mettersi i pantaloni lunghi e di prendere lo zaino. Salutarono il gruppo dicendo che sarebbero tornati per cena, poi sfrecciarono in moto fino all'autostrada. Vide passare i cartelli per Brescia, dove avrebbe studiato lei negli anni successivi, e Bergamo, prima che imboccassero la tangenziale est di Milano, e si chiese se Manuel sapesse con certezza dove stava andando.
Ci volle almeno un'altra mezzora di viaggio: si aggirarono un po' nella periferia sud della città, un paio di volte ebbe l'impressione che si fosse perso ma non disse nulla. Poi rallentò e parcheggiarono lentamente davanti ad un lungo muro di cinta, lì vide la targa d'ottone e comprese. Missione compiuta.
Con la fine dell'estate arrivò anche il momento di fare i conti con la famiglia. Era già stato difficile farli con se stesso, ed era arrivato ad un equilibrio solo grazie alla nuova presenza nella sua vita, quindi l'idea di scontrarsi anche con suo padre non lo rendeva affatto sereno.
Parlò prima con Sonia, dalla quale ottenne appoggio incondizionato come aveva previsto, e insieme decisero per una bella cenetta in famiglia con molto molto vino, durante la quale Manuel avrebbe sganciato la bomba al momento del dolce.
Per dire a suo padre che sarebbe andato a studiare a Milano, Sonia lo costrinse a tirare fuori il servizio buono.
Poi gli venne in mente che avrebbe dovuto dirgli anche che sarebbe andato alla IULM, che aveva tasse cinque volte più alte di quelle delle università pubbliche, quindi tirò fuori anche la tovaglia di lino ricamata da sua nonna e i candelabri d'argento.
Infine si ricordò del particolare peggiore, cioè che sarebbe andato a Milano per studiare Comunicazione nei mercati dell'arte e beni culturali, e si decise a chiamare Alice per aiutarlo a preparare tutti i piatti preferiti di suo padre. Un po' di captatio benevolentiae non poteva che aiutarlo!
Dopo una giornata ai fornelli aveva prodotto praticamente un pranzo di Natale, con tanto di doppia portata di primi, bollito, salse e colpo di scena finale la zuppa inglese con la ricetta della mamma di Alice. Tutta quella fatica però non andò sprecata, perchè quando Manuel annunciò l'imminente trasferimento a suo padre non cadde il cucchiaino ne sputò tutto il vino nel piatto. Stagnarono un po' nel più sacro dei silenzi, poi arrivò la frase che Manuel non aveva nemmeno mai sperato di sentire.
-Se è quello che vuoi, vedremo di organizzarci-.
Sia Alice che Sonia trattennero un urlo di gioia, lui invece rimase di sasso per almeno un paio di minuti prima di capire che la sua vita sarebbe cambiata completamente.

Tutto sembrava un sogno. A partire da lei, che per qualche arcana ragione lo amava, ed era stata testarda abbastanza per tutti e due fino a convincerlo a cedere; passando per le sue nuove prospettive sul futuro, dove ovviamente lei aveva avuto un ruolo fondamentale; per finire con l'università, dove finalmente studiava qualcosa che lo appassionava davvero, e suo padre che dopo tanti anni finalmente aveva smesso di tentare di plasmarlo ma lo accettava solo per quello che era.
Il primo semestre volò in un attimo, accompagnato da quella piacevole sensazione d'irrealtà. La casa era microscopica, due stanze matrimoniali, un bagno grande la metà della cabina armadio della sua ragazza e una sala con angolo cottura in cui a stento entrava un tavolo da 4; in compenso l'affitto era onesto, c'erano lavatrice e lavastoviglie nuove di zecca e l'adsl inclusa nelle spese condominiali. Il suo coinquilino era un tipo strano forte, un geek del computer di prima categoria, studiava e viveva di notte per alzarsi quasi sempre a metà pomeriggio. Però erano in sintonia: poche intrusioni nella vita dell'altro, poche domande e molte birre condivise sul divano davanti alla tv. Gli chiese se era un problema ospitare la sua ragazza qualche volta nei weekend e lui acconsentì con un'alzata di spalle, ma quando vide Alice per la prima volta quasi svenne, dopodichè si rinchiuse in camera sua finchè lei non lo convinse ad uscire parlando di processori, schede video e ram. Ovviamente, com'era successo anche con suo padre e molti altri, Kurtis si invaghì di lei e divennero ottimi amici.
Era così diversa da lui, Alice faceva amicizia con tutti, con Kurtis (superato il terrore per il suo corpo perfetto e il sorriso dolce) instaurò un rapporto malefico: in pratica non facevano altro che divertirsi alle spalle di Manu con giochetti da nerd malati quali erano. Ogni weekend lei e Manuel cercavano di vedersi, a turno lei andava a Milano oppure lui passava a prenderla a Brescia e tornavano a casa a Verona dalle famiglie, alla fine del primo anno avevano accumulato qualcosa tipo 500 km di spostamenti però Manuel era in pari con gli esami e il mondo sembrava girare ancora per il verso giusto.

Una settimana prima dell'inizio dei corsi del secondo anno, prima di vedersi con gli amici Manuel aveva dato appuntamento ad Alice. Si era preparata con poca cura, visto che era solo un bevuta tra amici, e jeans e maglietta erano tra le poche cose ancora fuori dalla valigia.
Manuel come al solito non le aveva svelato il perchè di quell'uscita, quand'era arrivato era stato rapito da sua madre per farsi riempire di raccomandazioni per il nuovo anno, mentre lei finiva di passarsi il mascara.
Era andato a prenderla in macchina, cosa strana perchè anche a Milano di rado si separava dalla sua Honda, ma non così inusuale da darle qualche indizio. Avevano imboccato la statale per Legnago poco dopo il tramonto, e a buio inoltrato ancora non si decideva a fermarsi o spiegarle dove fossero diretti. Alice ci aveva fatto l'abitudine, all'inizio lo torturava fino all'esaurimento senza risultati, poi pian piano la fiducia era cresciuta al punto da smettere di farsi domande. Ovviamente c'erano state volte in cui si era pentita di tutta quella fiducia e l'aveva odiato a morte, come quando l'aveva portata all'Heineken Jammin Festival a sentire i Metallica (un'esperienza traumatizzante), o quando una domenica l'aveva fatta alzare all'alba per andare alla Pinacoteca di Brera (altra esperienza traumatizzante solo perchè lui stava venti minuti a raccontarle la storia di ogni quadro).
Quella notte invece lasciarono la superstrada per imbucarsi in mezzo a cumuli di case sperduti nella pianura padana. Attraversarono un piccolo comune e mille microscopiche frazioni, fino ad infilare una strada sterrata affiancata da un doppio filare di alberi. Era talmente buio che stentava a riconoscere il panorama fuori dal fascio di luce dei fari dell'auto, erano in pianura secondo i suoi calcoli, ma l'assenza della luna rendeva l'esterno un'unica massa di nero informe.
Procedettero in silenzio per un centinaio di metri, mentre alla fine della strada cominciava a stagliarsi una grossa costruzione in mattoni. Alice identificò una grossa casa di campagna, c'erano due auto parcheggiate a fianco quindi doveva essere abitata, un giardino curato e pieno di costruzioni per bambini, aiuole piene di fiori e piante.
Manuel spense i fari e fermò la macchina ad una discreta distanza dal giardino, forse per non essere visto dalla casa.
Non capiva che senso avesse quella trasferta notturna. Da una vita non si rifugiavano in macchina per fare l'amore, non c'era più bisogno di nascondersi e spesso passavano la notte l'uno a casa dell'altra. Aveva voglia di qualcosa di diverso? Il brivido del rischio di essere scoperti? A Manuel non era mai fregato nulla di queste cose.
E allora perchè fare trenta chilometri per quella casa?
-Di chi è questa casa?-
-Non lo so-
Si voltò verso di lui e lo trovò completamente assorto nella contemplazione del giardino. Di nuovo i dubbi l'assalirono, anche se era abituata alle fughe e alle stranezze del suo ragazzo, quella notte pareva davvero strano.
-Che diavolo ci facciamo qui scusa?- Alice portò le ginocchia al petto e si rannicchiò sul sedile.
Quell'atteggiamento la faceva preoccupare, Manuel era stato sereno per tutta l'estate, aveva affrontato la sessione d'esami estiva con una gran carica e ne era uscito molto meglio di lei. Aveva una media impressionante e non sembrava sentire il peso dello studio quanto lei che aveva passato luglio a dare esami e agosto a studiare per gli esami di settembre, e comunque si era ritrovata indietro di due esami: analisi le faceva sputare sangue per ore e per quanto le piacessero fisica e meccanica erano una sfida molto ostica. Così mentre Manuel si dilettava girando musei e gallerie a Milano lei era rimasta quasi tutta l'estate a studiare. Erano fuggiti solo per qualche giorno al lago e Alice non era riuscita nemmeno a prendere un colorito decente.
Improvvisamente il fumo delle Winston Blu invase l'abitacolo accompagnato dalla sua voce roca e strascicata: -Tra vent'anni voglio una casa così...-
Non le diede il tempo di commentare perchè riprese perso in un sogno che lei non poteva vedere.
-Vorrei un bel casolare in campagna, con un po' di terra, un grande giardino e magari un orto. E un cane, l'ho sempre voluto un cane- fece un piccola pausa e soffiò tutto il fumo che aveva nei polmoni contro il vetro.
-Voglio dei figli: due, tre o tutti quelli che arriveranno. Essere figli unici è una gran palla, non voglio che si annoino come ho fatto io da piccolo, potrei costruire un canestro, un'altalena e magari anche una piscina così potrebbero chiamare anche i loro amici. Non voglio vivere tutta la vita in città rinchiuso in un cubo di cemento, ne voglio che lo facciano i miei figli. Così ci sarebbe posto anche per mio padre, per quando andrà in pensione, potrebbe stare con i suoi nipoti e divertirsi a tenere dietro al giardino; anche lui e mia madre volevano trasferirsi in campagna prima che lei si ammalasse.-
Sospirò come se un masso gli fosse caduto all'improvviso in grembo, e Alice era troppo pietrificata per intervenire.
-Vorrei una grande famiglia, solida e unita. Non voglio fare figli per poi lasciarli soli, nessuno dovrebbe fare figli e poi lasciarli soli- altra pausa, più breve. Le sembrava quasi che stesse cercando di trattenere i cattivi pensieri per mostrarle solo il suo futuro paradisiaco.
-E tutto questo ancora non sono pronto ad averlo adesso.-
Perchè le stava dicendo quelle cose? Da dove erano uscite? Avevano parlato pochissimo del futuro e più ne parlavano più Alice sentiva di star costruendo una bolla di speranza troppo fragile per aggrapparvisi.
In quel momento, consapevole di quanto tutto quello che le stava dicendo fosse irrealizzabile, le venne voglia di piangere.
-Non so cosa sarà di noi tra dieci anni, non so nemmeno cosa sarà di noi tra un mese a dir la verità..- fece l'ennesimo sospiro e si voltò a guardarla direttamente per la prima volta da quando era iniziata quella conversazione surreale: -Ma per come stanno ora le cose, questo futuro voglio realizzarlo con te. Solo con te.-
Manuel lo sapeva che era solo grazie a lei, che era stato tutto grazie a lei.
Non si sarebbe mai iscritto all'università grazie a lei, non avrebbe neanche finito il liceo forse se non ci fosse stata lei. Forse alla fine della scuola senza di lei sarebbe caduto di nuovo in un baratro di domande senza risposta, e (lui lo sapeva) sarebbe caduto di nuovo tra gli artigli della coca. Forse senza di lei avrebbe finito per cedere alla manipolazione di suo padre, avrebbe fatto scienze motorie e sarebbe diventato un personal trainer o un allenatore di terza categoria. Senza Alice non avrebbe preso novantacinque, e non avrebbe mai visto la soddisfazione sul volto della sua adorata prof di arte. Senza lei non avrebbe mai visto dal vivo una tavola del Tintoretto, ne la Cappella Sistina, avrebbe continuato ad ammirarli sui libri senza trovare il coraggio di rincorrere la sua passione. Senza Alice non avrebbe conosciuto Kurtis e quei pazzi in facoltà con lui, senza Alice non avrebbe mai visto il sorriso sul volto di Sonia, ne la riconciliazione con suo padre. Senza Alice non avrebbe mai trovato il coraggio di essere se stesso.
Pianse a lungo, mentre la baciava, mentre la spogliava, mentre le diceva tutto quello che andava mormorato solo e soltanto all'orecchio.
Mentre lei piangeva a dirotto con le guance rigate di nero e il naso gocciolante, lui non l'aveva mai trovata così bella, così vera, così se stessa.
E pianse tanto Alice quando, tra i sospiri e i vestiti volati sotto al sedile, percepì il gelo del metallo attorno al suo anulare e il sorrisetto furbo di Manuel sulla pelle.



*


Erano passati oltre due anni da quella notte, e poco era cambiato.
Come quella notte le valige erano pronte, e quell'anello non aveva mai lasciato il dito a cui era destinato, ne quell'amore aveva mai lasciato le anime in cui era radicato.
Eppure tutto, ad occhi disattenti, pareva diverso.
Solo qualche mese prima quella situazione sarebbe stata inconcepibile, ora invece pareva l'unica possibile.
Inconcepibile, era stato il pensiero di doverla lasciare per inseguire i suoi sogni.
Inconcepibile, era stata la consapevolezza di stare facendo la cosa giusta.
Inconcepibile, era l'assenza di dolore fisico nonostante il suo cuore e tutto il suo corpo sembrasse sanguinare.
Inconcepibile, era l'idea di non potersi più prendere cura di lei come avrebbe voluto.
Inconcepibile, era stato abbandonarla senza prima aver baciato i suoi occhi, i suoi capelli, la sua pelle centimetro per centimetro, per tutta la notte. Tutte le notti.
Inconcepibile, era stato permetterle di lasciare il suo letto.
Inconcepibile, erano i giorni senza di lei. Tutti.
Inconcepibile, erano i suoi sogni senza di lei. Tutti.
Inconcepibile, era il futuro senza di lei.
Eppure tutto ora gli stava scorrendo via dalle dita per una ragione ben precisa. Concepibile. Razionale. Giusta.
Inconcepibile era solo la sua assenza.





   
 
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