Libri > Hunger Games
Ricorda la storia  |      
Autore: The Glass Girl    11/05/2012    5 recensioni
Lo guardo negli occhi per qualche minuto, finché lui non rompe il silenzio che ci ha avvolti.
-Perché l’hai fatto?-sussurra leggermente.
Ancora non riesco a capire che cosa stia provando, compassione, paura, dispiacere, disprezzo …
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Peeta Mellark
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A


*The boy with the bread.*





Riesco a trovare, in qualche modo, un buon posto dove poter riposare, ben nascosto da qualche folto cespuglio che potrà proteggermi per quel poco tempo in cui riuscirò a chiudere gli occhi.
La stanchezza si fa sempre più pesante e, dopo aver sistemato meglio qualche foglia e aver steso il sacco a pelo che c’è nello zaino, riesco ad addormentarmi.
Gli incubi arrivano sempre, puntuali, e disturbano il mio sonno che si tramuta così in una corsa estenuante contro il tempo, contro gli altri ventitré tributi che sono tornati per darmi la caccia e impedirmi di uscire viva da questo inferno.
Ma ciò che riesce a troncare bruscamente il mio sonno è un rumore, proveniente da un albero alla mia destra. Quando riapro gli occhi, ancora stanchi, e mi alzo in piedi scopro che le mie braccia e le mie gambe (e anche qualsiasi altro centimetro del mio corpo) sono maledettamente rigide.
Se dovessi scappare in questo momento, probabilmente non ne sarei in grado.
Cerco di fare mente locale, un attimo confusa dal sonno e dal brusco risveglio. La paura comincia a pompare nelle vene, insieme al sangue, ed il battito cardiaco aumenta sempre di più, ogni minuto che passa.
Mi rendo conto, guardandomi intorno di essere dannatamente vulnerabile: nel bel mezzo della foresta, stanca e spossata, con le gambe e le braccia rigide e solamente un coltello con cui difendermi … non arriverò lontano di questo passo.
Sposto lo sguardo su, in alto, per qualche minuto, cercando di capire che cosa abbia scatenato il rumore di poco fa, ma non vedo niente a parte le foglie degli alberi che ondeggiano, spinte dal vento fresco che soffia rumoroso.
Le mie pupille sono spalancate, in cerca di qualsiasi cosa che possa confermare la presenza di un altro essere umano nelle vicinanze.
Mi rendo conto solo in quel momento di essere completamente paralizzata, immobile, in silenzio, con le orecchie tese pronte a percepire anche il minimo rumore.
D’un tratto uno sparo, un rumore al di sopra di me, mi fa sussultare. Il mio cuore accelera, ancora e ancora, e la paura adesso aleggia nell’aria.
Alzo la testa al cielo e vedo comparire l’immagine del tributo del Distretto 2 nel cielo notturno.
Morto? Il ventiduesimo tributo è morto? L’ultimo dei favoriti è stato ucciso?
Quindi? Facendo il conto rimaniamo solamente io e … Peeta, il ragazzo del pane.
Istintivamente porto la mia mano accanto alla cintura e tiro fuori il coltello con la lama seghettata.
Non so se essere sollevata perché Peeta è ancora vivo o essere preoccupata perché sarò costretta ad ucciderlo.
A meno che … non mi faccia fuori lui. In tal caso sarei fortunata perché sicuramente mi ucciderebbe con rapidità e, in tutta sincerità, non credo che sarei in grado di togliergli la vita.
Il mio respiro si fa più pesante, posso percepirlo nella nuvola ghiacciata che si fa sempre più grande davanti alle mie labbra.
Quasi non mi preoccupo del freddo che sembra essere sceso di colpo, perché per adesso ho cose molto più importanti a cui pensare.
Quando l’inno di Capitol City si interrompe, rimango da sola, nel pieno silenzio, ad aspettare.
Aspetto il ragazzo del pane, aspetto che venga ad affrontarmi.
Così finalmente sarà decretato un vincitore, così finalmente questo strazio finirà.
Guardo la lama del coltello, che brilla al buio della notte e lo stringo più forte, premendo le dita sul manico, quasi per essere sicura di avere ancora qualcosa a cui aggrapparmi, quasi per essere sicura che, se voglio, posso ancora lottare contro la mia morte.
Ma posso davvero uccidere il ragazzo del pane? Posso davvero conficcare la lama nella sua carne ed osservare il suo sangue fluido scorrere lentamente sul terreno?
Sarei in grado di sopportare una tale immagine?
Rivolgo un’altra volta lo sguardo al cielo, pensando per un attimo a casa mia, al mio distretto, a tutto ciò che ricordo.
Mi aggrappo ai ricordi più felici, alle feste in famiglia, a tutto ciò che un tempo mi faceva sorridere, anche se adesso, qui, nel freddo dell’arena non riesco proprio a curvare le labbra in un sorriso, nemmeno pensando a mia madre, a mio padre…
Posso solo sperare che Peeta sia compassionevole e mi garantisca una morte degna ed indolore.
La paura adesso scorre più veloce che mai ed io sono sicura di esserne piena.
Penso che forse lo sapevo già, che tutto questo sarebbe successo: che avrei dovuto affrontare almeno un tributo e che questo mi avrebbe fatta fuori senza problemi, perché il mio corpo era rigido già prima e non era per niente colpa della stanchezza.
Ma ringrazio che Peeta sia l’ultimo rimasto e che spetti a lui questo compito.
C’è stato un momento, in questo posto, in questa arena, in cui ho seriamente pensato di poter vincere questi settantaquattresimi Hunger Games, di poter tornare a casa trionfante, colma di gloria e di applausi, convinta che, finché non mi avessero trovata non avrebbero potuto uccidermi e che, nel frattempo, gli altri tributi si sarebbero ammazzati fra loro, un poco alla volta.
Il silenzio sembra racchiudermi in una specie di campana di vetro, ovattata, impossibile da reggere, ma sento che l’ultimo tributo si sta avvicinando.
Posso percepire il rumore delle foglie secche calpestate, dei rami spezzati … sento anche un buonissimo profumo di pane fresco, appena fatto, ma sono sicurissima che questa sia una sottospecie di allucinazione perché dubito che Peeta profumi di pane in questo momento.
Poi, per un attimo, prima che la sua figura si materializzi davanti a me, percepisco l’odore aspro e forte del sangue.
Per la prima volta dopo tanto tempo eccoci qua, faccia a faccia, uno davanti all’altra con l’unico scopo di ucciderci.
Uno solo verrà acclamato, uno solo tornerà indietro, per gli altri solo morte.
Ripeto questo motivetto nella mia testa per una buona manciata di secondi finché non lo vedo farsi avanti.
Lo guardo negli occhi, per dei secondi che mi sembrano interminabili, ma non riesco ad intuire quali siano le sue emozioni. Il biondo dei suoi capelli riflette i raggi lunari che filtrano attraverso le folte chiome degli alberi e in un attimo di follia penso che non ho mai visto un ragazzo più bello.
La situazione non cambia di molto perché io rimango ferma ed in silenzio, con le gocce di sudore che, nonostante il freddo, scendono copiose dalla mia fronte.
Prima che io possa fermarla, una lacrima scende lungo la mia guancia destra, arrivando a raggiungere il collo, per sparire poi nel nulla, lasciando una scia salata e appiccicosa sulla mia pelle.
E per un attimo non mi curo delle telecamere, non mi curo dei miei familiari, nemmeno del pubblico e lascio che quella piccola lacrima innocua venga seguita all’istante da tante altre.
Peeta stringe una lancia nella mano destra, dalla punta di ferro ben affilata.
Mi chiedo se il ragazzo che è morto, quello del Distretto 2 , sia stato ucciso da lui oppure se l’abbia catturato qualche trappola degli strateghi ... ma cosa importa ormai?
Guardo Peeta avvicinarsi e ormai distiamo una ventina di metri, non c’è più niente da fare.
E’ inevitabile.
Osservo le sue labbra e i suoi tagli profondi sui dorsi delle mani e sulla guancia destra, desiderando, per un attimo, di potergliele curare.
Sospiro, senza nemmeno rendermene conto, dopodiché quando il ragazzo del Distretto 12 è abbastanza vicino da potermi avere a portata di tiro, allora stringo il coltello ancora di più, digrignando i denti.
La mia mano destra viene percorsa da una scarica elettrica e avviene tutto quanto in meno di un minuto.
Prendo la mira e punto dritto al cuore del ragazzo che ho davanti.
La mia mano trema, ma so che sarò in grado di effettuare un tiro perfetto.
Chiudo un occhio e mi concentro, dopodiché sposto la mia mano più a destra.
Quando sento che ormai la paura è riuscita a prendermi anche la mano che tiene stretto quel dannatissimo coltello, lancio.
Come avevo previsto la lama si conficca, con un rumore secco, sul tronco dell’albero che sta alla destra di Peeta e rimane là, incastrata, con la punta ben piantata nel legno.
Rilasso i muscoli e lascio che le braccia ricadano lungo i fianchi.
Lo guardo negli occhi per qualche minuto, finché lui non rompe il silenzio che ci ha avvolti.
-Perché l’hai fatto?-sussurra leggermente.
Ancora non riesco a capire che cosa stia provando, compassione, paura, dispiacere, disprezzo …
Il vento trascina via le sue parole, mentre le mie labbra rimangono sigillate, in un triste silenzio.
‘Sono pronta a morire qui, adesso, poni fine a questa tortura Peeta.’
Finalmente, non so come, un sorriso riesce a dipingersi sul mio volto incrostato di fango.
Chiudo gli occhi e attendo che il ragazzo che amo mi uccida.
 




Angolo Autrice.

Ok, lo so, è breve, ma mi giustifico dicendo che è la prima che scrivo su questo libro che mi ha appassionata così tanto.
Non siate troppo crudeli, limitatevi ad essere sinceri facendomi sapere cosa ne pensate, sono curiosa :)
Recensite in tanti mi raccomando ...
PS: Chiedo scusa per il disagio. Per coloro che quando hanno cliccato sulla storia si sono ritrovati un foglio bianco. Il mio computer vi chiede umilmente perdono!!
Baci,

Laura.
  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: The Glass Girl