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Autore: Arrow    12/05/2012    3 recensioni
Quando arrivarono nei pressi di un piccolo parchetto, Jude tirò fuori dalle tasche il cellulare e controllò l’ora. Le 11.45.
« Senti Rob io de- »
« Bene! Qui sarà perfetto! » lo interruppe.
Il biondo guardò male l’altro che gli sorrise di rimando per poi avviarsi all’interno del parco.
Jude lo seguì con fare nervoso, sì, si stava incazzando. Quella mattina Robert era più strano del solito e, se inizialmente credeva che tutto fosse dovuto alla rottura con la sua ragazza, ora cominciava a pensare che fosse solo una banale scusa per dare di matto, per dare sfogo ad un qualche cumulo di frustrazione che gli si era venuto a creare dentro.
{ Il rating potrebbe subire variazioni. }
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: AU, Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Perchè un po' di angst ci sta sempre! ♥

{Capitolo dedicato interamente a Judsie!}

Ps: I'm back. é__è/

 

-In my veins.

~ Capitolo 5 – It’s more than you can take .

 

Sua sorella era da un’amica e i suoi genitori chissà dove. Perfetto! Gli serviva un po’ di tranquillità. Non avrebbe sopportato neanche per un secondo le assillanti domande di sua madre e le continue intromissioni di sua sorella. Fortunatamente il padre lo lasciava per lo più in pace.

Restò per quasi due minuti fuori casa, non riuscendo a trovare la chiave giusta nel mazzo. Le mani gli tremavano e anche quando aveva trovato quel che cercava non era stato capace di infilarla nella serratura. Solo dopo un’imprecazione urlata nella sua testa e un profondo respiro era entrato in casa.

Si sentì finalmente al sicuro, inebriato da quell’odore familiare. Si tolse malamente le scarpe e si diresse in cucina. Aveva la gola secca; dell’acqua sarebbe bastata.

Aprì lo sportello di una credenza e ne estrasse distrattamente un bicchiere. Storse un angolo della bocca quando constatò che non c’era acqua fuori dal frigo. Era tornato a casa a piedi ed era quasi morto di freddo; l’acqua gelata non gli andava per nulla a genio in quel momento, ma nemmeno nessun’altro liquido, per cui smise di fare lo schizzinoso e aprì l’elettrodomestico. L’ondata di fresco che gli raggiunse il viso lo invitò a fare di fretta. Prese la bottiglia, si versò il liquido e richiuse tutto.

Non appena afferrò il bicchiere un’immagine gli balenò in testa.

“Ho fatto quel che ho fatto perché volevo farlo!”

Gemette, spaventato e il vetro gli sfuggì di mano. Vide la traiettoria dell’oggetto verso il suolo come a rallentatore. Gli occhi sgranati; troppo esterrefatto per il brutto scherzo che la memoria gli stava giocando. Perché? Perché? Perché?

Il rumore acuto e fastidioso del bicchiere infranto contro il pavimento lo riscosse dai brividi che lo avevano colto all’improvviso. Fissò con sguardo vacuo i frammenti luccicanti a riflesso con la luce della cucina e si strinse nelle spalle, non riuscendo a fermare quella sottospecie di singhiozzo affannoso che gli faceva mancare l’aria. Iniziò a sudare freddo, sentiva il cuore pulsargli nelle orecchie, ogni muscolo tendersi fino a fare male e quella voce… nella sua testa.

“Egoista! L’hai perso!”

« Basta… » sussurrò. Che gli stava succedendo? « Bastaaa! » gridò, tirando un pugno contro la superficie del frigorifero, che tremò leggermente. Sentì dolore alla mano, ma non se ne curò. « Non me ne frega niente di lui! Niente! » aprì tutti gli sportelli che gli capitarono sotto mano. Malato, frenetico, spaventato a morte, incazzato, frustrato, angosciato.

E quando una lacrima venne a contatto con le sue labbra, sbarrò gli occhi e il suo cuore smise di battere per un secondo. Tutti i malesseri scomparvero e lui iniziò. Iniziò ad tirare fuori bruscamente tutto ciò che veniva a contatto coi suoi polpastrelli. Altri bicchieri, piatti, scodelle, posate. Gettò tutto ovunque. Gli occhi vagavano impazziti da un frammento all’altro squadrandoli. Li vedeva… Quei bastardi dei suoi ricordi. Voleva distruggerli, tutti quanti. Si lasciò cadere a terra e sentì chiaramente dei vetri conficcarsi nella sua carne.

Perché? Cosa lo sconvolgeva a tal punto? L’idea di aver perso l’amico? Il ribrezzo che provava nei suoi confronti? O il suo stesso atteggiamento di impotenza di fronte alla realtà che Robert gli aveva sbattuto in faccia?

Schiantò violentemente le mani a terra e si ferì. Il rosso del sangue, in contrasto con le mattonelle color crema, gli disturbò la vista. Alzò un pugno, pronto a scaraventarlo a terra, ma il campanello di casa lo fermò. Quel rumore gli entrò nel cervello e parve riscuoterlo da quello stato di follia che l’aveva rapito. Si alzò faticosamente mormorando un “Arrivo” come se chi fosse fuori ad aspettare potesse davvero sentirlo e non appena fu in piedi capì ciò che aveva realmente fatto. Voleva mettersi le mani tra i capelli, ma l’urgenza di andare ad aprire e il sangue che gli sporcava le mani, lo fecero desistere.

Corse di là, con le braccia penzoloni lungo i fianchi e fece una fatica enorme ad allungare il braccio verso la maniglia della porta, tanto questo gli tremava.

Aprì, piano piano, come se al di là vi fosse un qualcuno di cui avere paura e ciò che si ritrovò davanti era niente meno che Sarah, con stampato in faccia un sorriso sincero, che morì non appena egli fu completamente visibile sulla soglia di casa. Sgranò lievemente ma rapidamente gli occhi e si portò una mano alla bocca.

« Oh… Oh mio Dio! » sussurrò, incredula e spaventata.

Voleva mandarla via, mandarla a quel paese dicendole che se avesse provato a dire a qualcuno quello che aveva visto l’avrebbe ammazzata con le sue stesse mani, ma contrariamente a tutto ciò, si scostò dalla porta per farla passare sussurrando un “Vieni”.

Lei si fiondò dentro e balbettò un qualcosa di incomprensibile, spaventandosi ancora di più alla vista del disastro in cucina che si intravedeva dal breve corridoietto d’entrata.

« Jude! Stai bene? Che ti è successo? » gli si fiondò vicino afferrandogli delicatamente le braccia. Tremava come una foglia.

« Brucia come l’inferno. » rispose il biondo, digrignando i denti.

Non solo le sue ferite; non solo quelle bruciavano come le fiamme dell’inferno. La consapevolezza di aver perso completamente il controllo di sé per lui, per colpa sua.

« D-Dobbiamo chiamare un’ambulanza! » sbraitò Sarah, lasciandolo libero e agitando le braccia. Era frenetica e il rumore dei suoi tacchi gli stava martellando il cervello.

« Non ce n’è bisogno… Ho seguito un corso di primo soccorso e poi queste non sono ferite profonde. Andare in ospedale sarebbe inutile. » tono atono, come se stesse recitando dei versi a memoria.

« Ma ne sei sicuro? » Paura.

Irritazione. « Sì, cazzo! Ora piantala! »

Sarah incupì lo sguardo e lo trascinò con sé verso il bagno; non ebbe voglia di opporsi. Tanto cosa cambiava?

« Hai intenzione di dirmi che è successo o continuerai a stare zitto? » Jude ringhiò leggermente dal dolore. La ragazza aveva stretto troppo forte la benda attorno all’avambraccio, quando aveva enfatizzato sulle ultime parole della sua domanda; ovviamente arrabbiata.

Doveva dirglielo? Di sicuro non era un dovere. Poteva farlo? Certo che poteva. Voleva dirglielo?

« Scatto d’ira. » sillabò, mentendo in parte. « Mi è caduto un bicchiere e non c’ho visto più. Ho perso la pazienza. » si fermò puntando per la prima volta da quando erano entrati nella stanza lo sguardo sugli occhi verdi della ragazza. « Non guardarmi come se fossi un alieno. Capita. » si giustificò, tornando a rivolgere l’attenzione al vetro della porta scorrevole della doccia.

« Quanto siete irascibili v- »

« A proposito… tu che sei venuta a fare? »

Se ne accorse, la prese alla sprovvista. Questa aprì la bocca per poi richiuderla subito dopo, segno di pura sorpresa. « Volevo vederti… » Jude rimase interdetto da tanta franchezza. « …è un problema? » chiese infine, abbassando leggermente il tono di voce.

Era quasi ridicolo tutto ciò. Lui impazziva, lei suonava alla sua porta, entrava, lo aiutava e lui quasi si dimenticava di chiedere perché fosse lì. Gli istanti prima, davanti la porta, quasi erano volati via e aveva perso la cognizione del tempo, non ricordandosi come quando e perché Sarah lo avesse trascinato in bagno e avesse iniziato a medicarlo.

« No, non è un problema. » Ok, perché aveva risposto in quel modo? Aveva atteso tantissimo prima di aprir bocca e poteva benissimo permettersi di non rispondere più. In fondo, voleva soltanto stare solo in quel momento a riflettere su cosa diavolo gli fosse preso, invece le aveva anche sorriso. Cominciava seriamente a sospettare che la sua prima ipotesi su Sarah fosse errata. Magari era una brava ragazza che per una sera aveva deciso di divertirsi, oppure era semplicemente un’eccelsa attrice.

Non capiva perché con lei facesse sempre il contrario di ciò che realmente aveva in testa!

« Le ginocchia? » lo ridestò, con quella domanda.

« Oh, giusto. » se n’era dimenticato. Non facevano male, né bruciavano. « A quelle penserò io da solo. »

Sarah storse la bocca, infastidita. « Potrebbe venirti un’infezione se non disinfetti il tutto al più presto. » Dio, gli sembrava di sentire sua madre!

« Ho detto… che farò da solo. » diminuzione di pazienza.

Alla fine la moretta s’era arresa, con non poca resistenza, e –dopo che si furono diretti in salotto e Jude si fu adagiato poco elegantemente sul divano- gli aveva portato del ghiaccio.

« Sai che non credo alla cazzata dello scatto di rabbia, vero? » Tono saccente, decisamente fuori luogo; nervosismo, sudore.

« Sta’ zitta… PIANTALA! » poteva quasi percepire i suoi pensieri; si addentravano dentro di lui e li sentiva. Irritanti, fastidiosi, prepotenti.

Scattò in piedi, stava impazzendo e doveva stare solo.

« Esci da casa mia! » la gola gli bruciò, per quanta enfasi mise nelle parole.

« Non prima che tu mi abbia spiegato cosa ti succede! » Rimase sorpreso dalla risposta e dal tono con cui era uscita dalla bocca della ragazza, alzatasi a sua volta per fronteggiarlo.

Nonostante tutto… nonostante tutto quello che era successo non riusciva a comprendere perché avesse ancora a che fare con Sarah. Lei… non era nulla, sennonché una scopata post-festa. E allora perché stava ancora a sentire cosa diceva? Perché sentiva di doverle una risposta?

« Jude io… » iniziò lei, stringendo un pugno vicino al petto, avanzando di un passo. « Voglio solo aiutarti. »

« Perché? » non riuscì a trattenere quella domanda. Ma non era granchè convinto di voler sapere cosa si celava dietro la sua improvvisa voglia di risposte.

« Bella domanda. » ancora più spiazzato.

Il biondo si voltò del tutto verso Sarah, che aveva in quel momento lo sguardo basso. Non voleva sbagliarsi, ma gli sembrava che stesse tremando; forse spaventata della sua ostilità che andava e veniva. Come biasimarla? Non si capiva nemmeno lui stesso.

Sorrise amaramente, non essendo capace di fare altro « Nessuno può aiutarmi… » esordì infine, facendo tornare l’attenzione della ragazza su di sé. Questa fece uno sguardo dispiaciuto e sospirò tristemente poco dopo.

Rassegnazione?

A Jude sembrò di sentirle proferire un “Capisco…”, ma comprese comunque che la mora se ne sarebbe andata sconfitta, poiché iniziò a muovere dei passi attorno al divano per dirigersi verso l’entrata.

« Scusa il disturbo. » disse, anticipando di poco il biondo, facendogli rimanere la bocca semi-aperta.

Anche in quel frangente non disse nulla, trattenendo quelle poche parole che sembravano essere sorte nella sua gola, limitandosi ad osservarla muoversi.

In verità sentiva che forse l’unica in grado di stargli vicino era lei; lei che non lo conosceva poi così bene, ma che voleva comunque aiutarlo, capirlo. Lei che gli era sembrata tutta un’altra persona, lei che anche in quel momento non riusciva ad afferrare fino in fondo.

Sentì il frusciare del suo impermeabile e capì che se l’era allacciato e facendo lievemente raschiare a terra un tacco, aprì la porta di casa.

“Se continui così rimarrai completamente solo… Egoista!”

Credeva seriamente di star uscendo di senno. Non solo sentiva la voce dei suoi pensieri che –contrariamente alla sua volontà- gli propinava continuamente l’appellativo di egoista, ma quando le ferite cominciarono a prudere e bruciare ignorò completamente quegli allarmi e iniziò a correre; evitando –come a volersi fare ancora più del male- di prendere qualcosa per coprirsi.

Quando sbattè la porta di casa, ringraziò Dio di avere le chiavi in tasca, altrimenti il ritorno sarebbe stato leggermente problematico. Quasi gli lacrimavano gli occhi a causa delle sferzate che il vento glaciale sbatteva contro il suo viso e tirando su col naso per il troppo sforzo, dopo pochi passi si fermò non potendone più. Il sangue in circolo troppo velocemente anche a causa delle ferite e di un mal di testa che aveva cominciato a insediarsi nei suoi neuroni.

« Sarah! Aspetta! » la chiamò. La mora era a venti metri da lui, ma si voltò lo stesso data la tranquillità della via dove si trovava casa Law.

Come al solito non riuscì a decifrare l’espressione di lei. In parte sembrava sorpresa, ma dall’altra l’inclinazione di occhi e bocca lasciavano quasi intendere che si fosse aspettata quel suo gesto pazzo.

« Non so cosa mi stai accadendo, ma almeno sono in grado di capire che se rimango da solo mi farò ancora di più del male. » quasi urlò, tutto d’un fiato.

Il perché avesse improvvisamente bisogno di qualcuno al suo fianco, gli rimase ignoto, ma sentiva che doveva superare quel brutto periodo.

Sarah, mano sulla tracolla della borsetta, aprì la bocca e la richiuse subito dopo, inclinandola in un sorriso.

Jude sussultò quando la moretta cominciò ad avanzare verso di lui in quella che sembrava una vera e propria corsetta faticosa a causa dei tacchi; ancora il sorriso ad ornargli il volto.

« Sei davvero strano, Law. » proferì lei, appena gli fu di fronte, con un lieve accento sarcastico.

« Sì, ma tu mi tieni compagnia molto bene. » tentò un sorriso. Non seppe come gli uscì, ma quel pomeriggio salutò la ragazza con la sicurezza che l’avrebbe rivista più di un’altra sola volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

____________________________

Ok, sì. Sono una sconsiderata, lo so. Ma sapete... la scuola, il tempo che non c'è e- sì, sono tutte scuse. u__ù9 Diciamo che non ero ispirata e la mia testolina era annebbiata da altro, ma d'ora in poi produrrò di più, anche se con un ritmo tendenzialmente lento. E' maggio e la scuola mi opprime più del solito! Ma sappiate comunque che io sono qua e non abbandonerò questa storia! Bye, belli! Al prossimo capitolo {interamente dedicato a Robbino} ♥ 

   
 
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