She’s
so beautiful.
E’
tardi, non so precisamente
che ore siano, ma è tardi.
In cielo non c’è neanche una stella, fa caldo, e
la finestra è aperta; ma non
si intravede neanche una stella. E’ strano, è la
notte di S.Lorenzo e ci
dovrebbero essere tantissime stelle, invece non ci sono.
Mi alzo, non ho sonno ed è inutile aspettare che una stella
cada. Vado verso la
cucina, ho voglia di latte al cioccolato, o comunque un qualcosa di
dolce; ma
all’entrata della mia cucina c’è
già lei. E’ intimo, un completino color
fragola che risaltava la sua pelle olivastra, beve un bicchiere di
latte ed è
bellissima.
Si scosta piano i capelli scuri e ondulati dalla fronte, e sbatte
più volte le
lunga ciglia nere, per penetrarmi col suo sguardo color smeraldo; perdo
qualche
battito poi vado vicino al frigorifero.
“Neanche tu riesci a dormire, eh?”
Commentò lei avvicinandosi, da vicino è
ancora più bella. Ha un anno in meno a me, ma essendo alta
circa uno e ottanta
sembra avere la mia stessa età.
“Già.” Rispondo secco e verso il latte
nel bicchiere. Oggi anche il latte è
strano, è una serata strana questa. D’altronde
domani nostra madre
verrà a trovarci, e questa è l’ultima
nostra notte
libera.
“Domani arriva mamma.” Continua lei nel vago
tentativo d’iniziare una
conversazione con me, mi conosce da ben diciannove anni e ancora non ha
imparato che odio parlare di notte.
“Esatto, sorellina.” Finisco di bere, la lascio in
cucina; ma mi blocco. Una
sua mano stringe forte la mia, subito tolgo la mia di mano, e lei
sembra
restarci male. Domani le passerà, se sono sicura, lei fa
sempre così. Abbiamo
passato un’intera settimana in questa baita su in montagna e
quasi non ci siamo
parlati, lei era sempre ad una festa ed io avevo bisogno di
concentrarmi per i
miei disegni; però ora vuole parlare, ma io non posso
parlarle sarebbe sbagliato.
“Bubbu, cosa ti ho fatto?” Chiede esasperata, le
trema il labbro come tutte le
volte che sta per iniziare a piangere. I suoi meravigliosi occhi verdi
si
velano di tristezza.
“Non chiamarmi bubbu, sai
che lo odio.”
Non rispondo alla sua domanda. Mi chiama bubu
dall’età di sei anni quando mi
travestii da coniglio per carnevale, ero piccolo e non sapevo cosa
facevo.
“Spiegami che ti ho fatto. Perché ti sei
allontanato da me?” imperterrita
continua con le sue domande, la guardo male. Dovrebbe dormire o domani
il suo
bellissimo viso risulterà sciupato.
“Non mi hai fatto niente, solo sei fonte di distrazione ed io
ho bisogno di
concentrarmi per il disegno.” E’ una
giustificazione banale, lo so. Nessuno di
notte, in una baita dove stranamente fa caldo e non ci sono stelle
farebbe un
quadro.
“Io invece lo so. E’ quella tua ragazza che ti ha
fatto allontanare da me.” Non
so a quale ragazza lei alluda, ormai di donne usa e getta ne ho fatto
una
collezione. Ma nessuna volta non è come vorrei, non
è abbastanza soddisfacente,
nessuna volta la ragazza in questione è lei.
“Emma va a dormire per favore.” Le indico la
camera, ma lei non fa un passo per
andare a dormire; e so che se ci provassi io mi fermerebbe.
“Non posso.” Sussurra guardandosi
i
piedi nudi; stranamente non ha smalto ne cavigliere o simili. Solo un
tatuaggio, c’è una lettera in cinese. Lei non sa
che i cinesi non hanno
alfabeti.
“Cosa c’è ora, Emmi?” Emmi ce
l’ha chiamavo da piccola, quando ancora potevo
lavarmi con lei senza risultare un malato; quando ancora potevo fingere
di
volerle solo molto bene.
“Mi manca mio fratello.” Sussurra mentre cerca di
avvicinarsi, non mi allontano
né mi scosto, da troppo tempo le mie braccia non accolgono
il suo corpo. E così
arriva quel contatto tanto desiderato, finalmente mi abbraccia. Dopo
anni d’assenza
di nuovo il suo profumo invade i miei polmoni, di nuovo il suo corpo
aderiva
perfettamente al mio già dell’età di
quattro anni. Era inutile negare che lei
mi mancava molto, mi mancava come la droga può mancare ad un
drogato, come l’alcool
ad un alcolizzato e il miele a Winnie the Pooh. La stringo forte a me
accarezzandole i capelli, è bellissima ed io vorrei
trascorrere la mia vita con
lei.
“Bubbu; dormi con me.” Non una richiesta, ma un
ordine. Non potevo dormire con
lei, non dovevo starle vicino, era dannatamene sbagliato. Mi prese per
mano e
mi portò in camera sua, sbuffai, non dovevo farlo, ma lei
è così bella. Ci
mettemmo vicini, lei si accoccolò a me e mi diete un bacio
sulla guancia per
augurarmi la buona notte.
“ ‘Notte, notte bubbu.” Nel momento
stesso in cui lo dice si addormenta, ed io
posso finalmente lasciare libero sfogo ai miei pensieri. Con un dito
inizio a
percorrere i suoi lineamenti, soffermandomi sulle labbra e sorridevo. I
primi
problemi con lei iniziarono quando all’età di
quattordici anni non iniziai a
far altro che pensare a lei, lei sotto la doccia, lei che dormiva, lei
che
cantava, lei, lei, lei, e ancora lei. Ormai si era impadronita della
mia mente
senza che io potessi far nulla, e mai più ne sarebbe uscita.
Ne ero
consapevole, come sapevo che dovevo andarmene da quel letto, e
smetterla di
amarla.
Io ed Emma fino all’età di quindici anni eravamo
inseparabili, poi mia madre mi
trovò a spiarla mentre si spogliava e mi mandò a
vivere da mia nonna insinuando
che ero malto, e ora dopo cinque anni da quel giorno disastroso io e
lei ci
trovammo nello stesso letto. Ad Emma fu raccontata ovviamente
un’altra storia,
non so quale, ma una credibile poiché lei non mi
mandò mai una lettera. E col
tempo anche io riuscii a convincermi che forse era meglio così, che forse
io e lei non dovevamo stare
insieme.
Già era giusto così.
Lentamente mi
alzai, senza far troppo rumore non volevo svegliarla. La guardai bene
un’ultima
volta, volevo portare con me l’immagine del suo magnifico
volto; avvicinai le
mia labbra alle sue per un secondo, in un frettoloso bacio a stampo che
però
riuscì a scatenare in me l’inferno. Presi un
bigliettino, scrissi velocemente
qualcosa. E poi uscii. Sapevo cosa andava fatto, io ero solo un errore
umano,
non ero normale, ero malato. Davanti a me avevo il cappio, avrei porto
fine
alla mia malattia solo uccidendomi. Chiusi gli occhi e cercai di
immaginarmi un’ultima
volta il suo volto.
Emma si svegliò col cuore a mille per la preoccupazione, non
trovava suo
fratello; quasi temeva che fosse scappato, no, non ora che finalmente
si erano
ritrovati. Non ora che dopo cinque anni di attesa aveva potuto
riabbracciarlo,
e sentire la forza delle sue braccia che stringevano il suo corpo ancor
più
bello fra le sue perfette braccia muscolose. Si alzò ancora
col cuore in gola,
voleva parlargli e sapere il vero motivo del suo trasferimento
improvviso dai
nonni. Lei non lo aveva mai capito, e tutto ciò che seppe
era che non poteva più
dormire col suo bubbu. Lei ci soffriva, era triste, Emma non era Emma
senza il
suo bubbu. Cercò nella camera in cerca dei suoi occhi scuri,
in cerca delle sue
mani grandi, ma morbide che sapevano donare carezze magnifiche, in
cerca di
quelle labbra rosse rosse che non permettevano pensieri casti, in cerca
di suo
fratello maggiore che tanto bramava. Guardò in terra un
bigliettino, non voleva
leggere, non voleva sapere cosa c’era scritto. Poi
però la curiosità vinse
sulla paura e lo prese in mano incominciando con avidità ad
inghiottire ogni
parola con la mente.
‘
Scusami, ma ti amo. So che è
sbagliato. Ma tu sei così bella.’
Legge;
scoppia a ridere. Non ci può credere. Esce da casa,
esasperata. Si avvicina ad
un albero lì vicino e lo vede. Si è impiccato, si
avvicina appena un po’.
Stenta a crederci. E’ impossibile si dice, ma suo fratello
continua a penzolare
da quell’albero; lei sa che non aprirà gli occhi e
griderà che è tutto uno
scherzo. Una lacrima le riga il volto, non ha mai avuto la
possibilità di
dirgli che ricambiava i suoi sentimenti.
Me:
Grazie a chiunque
sia arrivato fin qui *^*
E a chiunque recensirà!
Ditemi cosa ne pensate e.. Non so perché
ho scritto una così deprimente ^-^
Alla prossima,
pace and love
Lisa.