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Autore: Kim_HyunA    13/05/2012    5 recensioni
Chiuse le proprie dita intorno a quelle di Kibum, ed erano così piccole e fredde che avrebbe voluto non lasciarle più per poterle scaldare.
Fu in quel momento che Jonghyun decise si sarebbe preso cura di lui.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jonghyun, Key
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A/N: tra qualche giorno posterò la seconda parte della oneshot. buona lettura~
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Non sapeva come aveva fatto ad essersi profondamente innamorato di lui.

 Forse era stata la sua voce attraente e calda o forse la sua risata contagiosa, o forse era stato il suo carattere solare o le sue mani che non lo lasciavano mai. Di sicuro non poteva essere stato il suo aspetto, quello non aveva mai potuto vederlo. Kibum era cieco.

 
Si erano incontrati per caso, un giorno di tanti mesi fa, sulla panchina di un parco. Jonghyun aveva appena finito di fare la sua corsa quotidiana e si era diretto ad una panchina per riprendere fiato. Era già occupata, ma non se ne preoccupò, era sempre stato una persona socievole, e inoltre, quel ragazzo era molto attraente. Anche da lontano era rimasto colpito dalla sua capigliatura bionda con qualche striatura nera e dalla frangia liscia e asimmetrica che gli copriva la fronte, gli occhiali da sole tenuti sulla testa.
 
Si era seduto accanto a lui con il sorriso che gli illuminava il volto e, sollevando la canottiera che portava, si asciugò il sudore che gli bagnava la fronte. Sì, l’aveva fatto apposta a scoprire il proprio fisico, voleva fare una buona impressione su quel ragazzo, voleva attirare la sua attenzione; solo a quel punto sarebbe stato più semplice rompere il ghiaccio.
 
Niente, non si girò.
 
Jonghyun provò a tossire insistentemente, forse così ce l’avrebbe fatta, ma quando il biondo si girò verso di lui, vide qualcosa che non si sarebbe mai aspettato.
 
I suoi occhi erano offuscati e Jonghyun aprì la bocca sorpreso, e sapeva di avere un’espressione stupida in quel momento, ma davvero, non se l’aspettava.
 
-Puoi anche smetterla di fissarmi così- commentò lo sconosciuto con una punta di irritazione udibile nella sua voce.
 
-C-come fai a sapere che…?- chiese Jonghyun impacciato.
 
-Lo so e basta- replicò secco l’altro, lasciando Jonghyun incerto su come proseguire la conversazione.
 
A dire il vero, era un po’ intimidito dal suo carattere determinato, ma ne era anche attratto, quindi tentò un approccio diverso.
 
-Hm, vieni spesso qui?- pessimo, pessimo inizio, pensò Jonghyun, passandosi una mano sul volto e stropicciandoselo.
 
-Ogni tanto- rispose l’altro, non trovandola poi così terribile come domanda. -Mi piace sentire il suono della gente, le loro parole, le loro risate… mi fanno sentire meno solo- rivelò e Jonghyun fu invaso da un’ondata di tristezza dopo quella frase; e non sapeva perché l’altro avesse deciso di essere così sincero o perché lui, in prima persona, sentiva già, dopo nemmeno dieci minuti, un filo che lo legava a questo ragazzo. Forse era solo il suo senso morale troppo sviluppato, ma voleva poter fare qualcosa per lui, voleva farlo sentire meno solo e rendersi utile.
 
-Sei molto bello- stupido, stupido, stupido, come puoi fare un commento sull’aspetto? si sarebbe preso a schiaffi per quanto era impacciato.
 
-Grazie- sorrise malinconico il biondo, poi il suo tono sembrò riacquistare la determinatezza di poco prima -Ma se vuoi il mio numero basta chiederlo-
 
Jonghyun tossì imbarazzato, non ci aveva pensato, ma ora gli sembrava un’ottima idea.
 
-Mi dai il tuo numero?- domandò, come un bambino di tre anni che ripete ciò che gli è stato detto di chiedere. Da quando Jonghyun era diventato così impacciato in queste cose? Di solito era sempre sicuro di sé, ma forse le persone che aveva incontrato fino a quel momento erano diverse.
 
Il ragazzo sorrise di nuovo, questa volta un sorriso genuino che gli rendeva il volto ancora più aggraziato.
 
Jonghyun prese il cellulare dai pantaloni della tuta.
 
Digitato il suo numero, in Jonghyun sorse, questa volta spontaneamente, un’altra domanda.
 
-Qual è il tuo nome?- chiese, e non solo lo voleva sapere per poter salvare il numero in rubrica, ma perché voleva poter associare un nome a quel perfetto essere umano che aveva davanti agli occhi.
 
-Kibum-
 
-Piacere di conoscerti Kibum. Io sono Jonghyun- avrebbe voluto stringergli la mano, ma forse non era l’idea migliore visto che l’altro non se ne sarebbe potuto accorgere. Fu Kibum, invece, come se avesse letto ciò che passava nella mente di Jonghyun, a tendere la mano verso di lui. Il ragazzo fu più che contento di stringergliela. Chiuse le proprie dita intorno a quelle di Kibum, ed erano così piccole e fredde che avrebbe voluto non lasciarle più per poterle scaldare.
 
Fu in quel momento che Jonghyun decise si sarebbe preso cura di lui.
 
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Quel pomeriggio avevano fatto una passeggiata insieme nel parco e avevano parlato come se si conoscessero da sempre, come se fossero dei vecchi amici che non si vedevano da tempo ed avevano una vita intera da raccontarsi. Ed era strano, strano per entrambi, aver appena conosciuto qualcuno e già sentirsi a proprio agio, parlando di ogni cosa che passava loro per la mente.
 
Jonghyun scoprì che Kibum aveva solo un anno in meno di lui, che amava ballare più di ogni altra cosa e che aveva perso la vista a causa di un incidente automobilistico l’anno precedente. Fu in qualche modo grato che Kibum prima di allora avesse potuto vedere il sole, il cielo, tutto il mondo intorno a sé, ma aveva una fitta al cuore perché ora non li poteva più vedere e avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di cambiare lo stato delle cose.
 
-Potrai recuperare la vista?- gli chiese Jonghyun e una parte di sé aveva paura di sentire la risposta.
 
-I medici dicono di sì, sto facendo delle cure ora e tra qualche mese mi sottoporrò ad un intervento chirurgico che dovrebbe aiutarmi a recuperarla. È l’unica cosa che mi fa andare avanti: sapere che potrò tornare a vedere. Mi manca vedere la luce, mi manca vedere i volti delle persone. Vorrei potermi guardare ancora allo specchio e, perché no, vorrei poter vedere anche te-
 
Jonghyun si costrinse un sorriso sul volto, ma in quel momento avrebbe solo voluto piangere. La verità è che non poteva sopportare tutto questo. Perché lui aveva tutto ciò di cui aveva bisogno e questo ragazzo, che camminava accanto a lui con un bastone bianco e gli occhiali da sole calati sugli occhi, no? Cosa aveva fatto di male per meritarsi questo? Niente, non aveva fatto niente e Jonghyun ne era sicuro senza aver nemmeno bisogno di chiederlo.
 
Seguendo un istinto dentro di sé, Jonghyun allungò una mano, racchiudendo quella di Kibum nella sua, avvolgendogli intorno le dita, come a non volerlo lasciare scappare.
 
Kibum voltò il viso nella direzione delle loro mani unite, come se potesse vederle, ma non disse nulla.
 
Ora che l’aveva trovato, Jonghyun non gli avrebbe permesso di andarsene via.
 
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Uscirono per la prima volta insieme qualche giorno dopo il loro incontro al parco.
 
Jonghyun l’aveva invitato ad una gelateria del centro e si era offerto di andare a prenderlo a casa, ma Kibum aveva insistito, ce la faccio benissimo anche da solo, gli aveva detto al telefono e Jonghyun non aveva insistito.
 
Lo aspettava fuori dal negozio e senza sapere perché, il suo cuore si era messo a battere più forte quando lo aveva visto arrivare e il suo stile era così impeccabile che Jonghyun si chiese se l’altro l’avesse preso in giro, nascondendogli che in realtà ci vedeva benissimo.
 
Fece qualche passo verso di lui, rendendogli nota la sua presenza.
 
-Ciao Kibum- lo salutò e il ragazzo ricambiò con un sorriso.
 
Jonghyun gli tenne aperta la porta aperta della gelateria e, sempre tenendolo per mano, si diresse verso un tavolo libero. Non gli interessavano gli sguardi delle persone, non gli interessavano i sussurri che non riusciva a decifrare, non gli avrebbe lasciato la mano. Per nessun motivo.
 
-Vado a ordinare i nostri gelati- si offerse Jonghyun -che gusto preferisci?-
 
Kibum sporse le labbra gonfiando le guance, pensando a ciò che avrebbe voluto mangiare -Nocciola e caffè-
 
-Torno subito- annunciò con il sorriso sulle labbra, era il ragazzo più adorabile che avesse mai conosciuto.
 
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-Ecco qua- disse Jonghyun poco dopo tornando da Kibum e appoggiando due coppette di gelato sul tavolo.
 
Le mani di Kibum andarono a tentoni sulla superficie, fino a quando non riuscirono a trovare il contenitore di cartone.
 
Jonghyun odiava l’espressione che aveva sul volto in quel momento, avrebbe voluto il sorriso che aveva Kibum, voleva avere la serenità che aveva l’altro sul viso, ma c’era qualcosa in tutto questo che gli faceva scendere addosso un velo di malinconia. E non sapeva perché si sentiva già così legato a lui, ma gli sembrava ingiusto quello che stava vivendo, voleva solo che potesse tornare a vedere. Si sentì gli occhi velarsi di lacrime e si morsicò un labbro per ricacciarle indietro, passandosi poi il dorso delle mani sugli occhi. Pensò che in quel momento fosse un bene che l’altro non potesse vederlo, avrebbe sicuramente detestato quell’espressione di compassione che aveva sul viso, ne era sicuro.
 
Qualche secondo dopo, tuttavia, non poté fare a meno di ridere di gusto.
 
-Cosa?- chiese Kibum incuriosito, senza poter evitare di sorridere alla risata contagiosa di Jonghyun.
 
-Ti è rimasto del gelato sul viso- continuò a ridere.
 
-Dove?- domandò, portandosi una mano al volto.
 
-Aspetta, faccio io- disse, allungandosi verso di lui.
 
Le dita di Jonghyun si chiusero intorno al suo mento e Kibum si ritrasse lievemente a quel contatto e poi sentì il suo pollice premere all’angolo della bocca. Jonghyun indugiò un secondo di più prima di tornare composto al suo posto.
 
-Fatto- e anche se Kibum non poteva vederlo, il biondo sapeva dal suo tono che stava sorridendo e anche lui accennò un breve sorriso imbarazzato.
 
-Vuoi che ti riaccompagni a casa?- gli chiese Jonghyun poco dopo, giocherellando con il cucchiaino di plastica nella coppetta vuota.
 
-No, posso tornare da solo- rispose deciso Kibum, le sue mani trovarono il tovagliolino di carta sul tavolo e se lo portò alla bocca una volta che aveva concluso di mangiare.
 
Jonghyun non si arrese.
 
-Perfetto, allora ti accompagno!- disse entusiasta alzandosi e andando verso l’altro per prenderlo per mano e guidarlo fuori dalla gelateria.
 
-M-ma…-
 
-Basta, ormai ho deciso. Non si discute- replicò con tono scherzoso; per nessuna ragione al mondo voleva già porre fine a quell’incontro, voleva passare ancora un po’ di tempo insieme.
 
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La casa di Kibum non era tanto lontana dal centro, ci volevano solo dieci minuti a piedi. Era una piccola villetta in un quartiere tranquillo, con un grazioso giardinetto sul fronte.
 
Non ebbe il coraggio di chiedergli se poteva entrare e fargli ancora un po’ compagnia. Gli bastava gli avesse permesso di riaccompagnarlo fin lì.
 
Si erano salutati con un abbraccio, Jonghyun si era fatto avanti per primo, avvolgendo il suo corpo con le braccia, stringendogliele forte intorno. Si sarebbe accorto dell’affetto che provava? Si sarebbe accorto di quanto teneva già a lui? Jonghyun lo sperava con tutto se stesso.
 
Kibum rimase sorpreso per un istante, irrigidendo il corpo per un attimo, non aspettandosi quel contatto improvviso. Alzò cauto un braccio verso la sua schiena e lo strinse a sé.
 
Jonghyun avrebbe voluto fermare il tempo, avrebbe voluto rimanere così per sempre. Era un gesto così semplice eppure così perfetto per lui, carico di significato. Non si era mai affezionato così in fretta ad un’altra persona, ma non ci poteva fare niente. Quel ragazzo era troppo prezioso.
 
-Ciao Kibum.. a presto- gli disse Jonghyun, sciogliendosi da quel caldo abbraccio.
 
Rimase a guardarlo mentre rientrava a casa e quando lo vide sparire dietro la porta, avvertiva già la sua mancanza.
 
Quella sera, sdraiato nel suo letto, cercando di prendere sonno circondato dall’oscurità della notte, il pensiero di Jonghyun non poté non andare a Kibum. Il nero che lo avvolgeva la notte era la condizione permanente di Kibum, e provò un moto di affetto ancora maggiore nei suoi confronti perché lui non ce l’avrebbe mai fatta. Lui, lui che non sopportava il buio, che lo faceva sentire a disagio, non avrebbe mai potuto convivere con l’assenza di luce. Mai.
 
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Kibum aveva paura dei temporali.
 
Gliel’aveva detto una delle prime volte che erano usciti.
 
E quella sera stava piovendo. Al primo tuono che Jonghyun sentì, il volto di Kibum apparve nella sua mente, come se ancora stesse sognando. Ma no, non era un sogno, il secondo tuono ne fu una conferma.
 
Non sapeva cosa gli stesse passando per la mente in quel momento, tutto ciò che sapeva era che doveva andare da lui e farlo sentire protetto. Era consapevole di quanto potesse sembrare stupido quel pensiero, ma il suo istinto gli diceva che era la cosa più giusta da fare.
 
Si alzò dal letto e premette l’interruttore che aveva accanto, illuminando la stanza. Prese i primi vestiti che trovò accartocciati sulla poltrona e li indossò, erano una semplice maglietta nera e un paio di jeans stretti.
 
Uscì nel buio della notte, sotto la pioggia che scrosciava incessante, senza preoccuparsi di prendere un ombrello, correndo soltanto, non curandosi se in questo modo si bagnava di più. Voleva arrivare dall’altro il prima possibile.
 
Nella sua mente vedeva Kibum rannicchiato nel suo letto, con la coperta tirata fin sopra la testa e che sobbalzava ad ogni tuono fragoroso. Ma più si avvicinava alla sua casa, per fortuna non abitavano tanto lontani, più pensava che forse la sua non era stata un’idea tanto brillante, che forse sarebbe stato strano piombare in casa sua solo perché lo credeva spaventato. E Jonghyun si sarebbe messo a ridere, perché persino a lui questa situazione sembrava assurda, ma ormai era in ballo e non poteva e non voleva tirarsi indietro.
 
Vide la casa di Kibum in lontananza e si mise a correre più veloce, superando poi il cancelletto che il ragazzo non si preoccupava mai di chiudere.
 
Arrivò fino alla soglia della porta e si fermò per recuperare il fiato, protetto dal portico dell’abitazione, i vestiti completamente inzuppati di acqua, i capelli bagnati che gli ricadevano sulla fronte.
 
In quel momento l’assurdità di quella situazione lo colpì completamente. Cosa ci faceva lì? Un altro tuono gli diede il coraggio di proseguire quello che aveva iniziato.
 
Stava per suonare il campanello, quando realizzò che ricevere una visita in piena notte avrebbe potuto spaventare ancora di più Kibum; decise quindi di chiamarlo al cellulare.
 
Kibum rispose dopo pochi squilli, Jonghyun dedusse che doveva essere sveglio, non riuscendo a prendere sonno con la bufera che stava imperversando fuori.
 
-Kibum! Sono io- disse, non appena l’altro accettò la chiamata.
 
-Jonghyun?- chiese e Jonghyun non si stupì del suo tono sorpreso.
 
-Sono qua fuori. Mi puoi aprire?-
 
-Cosa? S-sì..- rispose esitante, colto alla sprovvista da tutto quello che stava succedendo.
 
Qualche secondo dopo, Jonghyun sentì la porta aprirsi e avrebbe voluto corrergli incontro e stringerlo tra le sue braccia perché Kibum era davvero la persona più adorabile dell’intero universo. Una coperta tenuta sulle spalle che gli copriva in parte la maglietta bianca che indossava, dei pantaloni del pigiama rosa pastello e i capelli spettinati, come si poteva non adorarlo?
 
-Che cosa ci fai qui?-
 
-C’era il temporale.. e... ho pensato non volessi rimanere solo- ora che la diceva ad alta voce, l’idea gli sembrava ancora più ridicola, ma Kibum non si mise a ridere o a fare uno dei suoi tipici commenti sarcastici.
 
Era rimasto colpito dall’attenzione che aveva nei suoi confronti, lo poteva leggere sul suo viso e Jonghyun gli fu grato che avesse apprezzato il suo gesto e non lo cacciasse via.
 
-G-grazie- si sentì un altro tuono e Kibum trasalì.
 
-Ehi, ci sono qua io adesso, non devi preoccuparti, ok? Non ti succederà niente, ci sono io qui con te- e Kibum si sentiva già più al sicuro sentendo la sua voce. -Andiamo a dormire, ti va?- chiese e Kibum annuì.
 
La casa era immersa nell’oscurità e Jonghyun non si sentiva molto a suo agio a camminare nel buio, ma si fidava della mano di Kibum che lo stava guidando verso la propria camera. In quel caso, Kibum vedeva meglio di lui.
 
Entrati nella stanza, Jonghyun sbatté un piede contro un mobile e gridò per il dolore. Kibum rise.
 
-C’è una lampada accanto al letto, puoi accenderla se vuoi- gli spiegò -non mi dà fastidio- aggiunse poi sorridendo.
 
Jonghyun poteva solo ammirare l’entusiasmo con cui affrontava la vita, che non facesse vedere quanto la sua condizione in realtà lo facesse soffrire. Si mostrava sempre forte, perché non voleva essere compatito.
 
-Siediti qui vicino a me- la voce di Kibum interruppe i pensieri di Jonghyun e il moro prese posto accanto a lui, dove la mano dell’altro gli stava indicando.
 
Scese il silenzio tra di loro, nessuno dei due sapeva cosa dire, ma non c’era bisogno di sentire nulla. L’unico rumore era quello della pioggia che cadeva, che, a giudicare dall’intensità, non era diminuita da quando era uscito prima di casa.
 
Jonghyun allungò una mano, trovando quella di Kibum e intrecciandola con la sua; gli accarezzava affettuosamente la pelle con un pollice e sperava che quel leggero contatto tra di loro avesse il potere di tranquillizzarlo. Ma quando un altro tuono risuonò potente nell’aria e Kibum tremò nuovamente, Jonghyun lo attirò a sé, avvolgendogli un braccio intorno alla spalla e tenendolo vicino al proprio corpo.
 
-Non ti devi preoccupare, tra poco finisce, ok?- cercò di rassicurarlo e il modo in cui Kibum si era rannicchiato contro di lui, con la mano libera appoggiata sul suo braccio, gli fece provare tenerezza nei suoi confronti.
 
I minuti si susseguivano l’un l’altro, Jonghyun non aveva idea di che ore fossero; si rese conto che fuori aveva smesso di piovere e che il corpo di Kibum era più rilassato contro il suo, al punto che credé si fosse addormentato.
 
-Finalmente è finito.. ho sempre avuto paura dei tuoni, ma ora è ancora peggio. Una volta accendevo la luce e mi tranquillizzavo, ora non posso fare nulla..-
 
Jonghyun lo strinse più forte e senza pensarci troppo, gli baciò affettuosamente i capelli.
 
Kibum alzò la testa verso l’altro, come se volesse guardarlo.
 
-Vorrei tanto vederti- gli confessò Kibum con una punta di malinconia e a Jonghyun venne un’idea.
 
-Dammi la mano- gli disse Jonghyun e, vedendo la sua esitazione aggiunse -Fidati di me-
 
Con il palmo appoggiato al dorso della sua mano, Jonghyun l’avvicinò al suo volto, lasciando che le dita di Kibum venissero a contatto con la sua pelle. Il biondo si ritrasse piano, non sapendo cosa stesse succedendo, ma poi si lasciò guidare da Jonghyun.
 
I suoi polpastrelli studiavano la forma del suo volto, seguivano il profilo delle sue labbra, le linee degli occhi, l’incurvatura del naso. La pelle di Jonghyun era così liscia sotto le sue dita, e così calda, piaceva molto a Kibum.
 
Sulla pelle di Jonghyun si formò la pelle d’oca, gli piaceva il modo in cui gli stava accarezzando il viso. Chiuse gli occhi perdendosi in quella sensazione. Era delicato, timoroso, lo sfiorava appena, come se avesse paura di romperlo.
 
-Sembri molto bello- commentò Kibum, senza allontanare la mano da Jonghyun
 
Come vorrei che mi potessi vedere, pensò Jonghyun, ma non glielo disse.
 
-Lo sono- scherzò Jonghyun e amava sentire Kibum ridere, era una delle cose che più lo incantavano di lui. Quella risata sincera, dal cuore, di chi apprezza le piccole cose.
 
Kibum sbadigliò e Jonghyun pensò fosse molto stanco.
 
-Vuoi dormire?- gli chiese e Kibum annuì. Cosa avrebbe fatto adesso? L’altro gli avrebbe permesso di condividere il letto o l’avrebbe fatto stare da un’altra parte? L’avrebbe rimandato a casa?
 
-Perché rimani lì? Non ti sdrai con me?- domandò il biondo una volta sdraiato e non sentendo la presenza dell’altro accanto a sé.
 
Jonghyun fu felice di potersi stendere sotto le coperte insieme a Kibum, rimanendo sul lato esterno e lasciando che l’altro fosse dal lato del muro, come a volerlo farlo sentire più protetto. Sistemò meglio le coperte su di loro, spense la luce e chiuse gli occhi.
 
-Buonanotte Kibum- disse, sistemando meglio il volto contro il cuscino, perdendosi nella sua morbidezza.
 
-Buonanotte anche a te… e grazie- rispose l’altro, sinceramente grato. Jonghyun sorrise.
 
-Posso abbracciarti?- gli chiese e Kibum non rispose, si limitò a farsi più vicino a lui e si lasciò avvolgere dalle sue braccia. Il volto premuto contro il suo petto, Kibum si addormentò dopo pochi minuti. Ed erano tante notti che non dormiva così serenamente.

  
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