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Autore: FloxWeasley    13/05/2012    7 recensioni
Le anime gemelle non sono sempre fatte per stare insieme.
Capita che siano una bella coppia separate, mentre unite si respingano.
Dopo un addio burrascoso che li porta ad allontanarsi, Castle e Beckett giungono alla conclusione che provando a stare insieme hanno solo rovinato il loro rapporto.
Sono passati anni, ma sarà di nuovo un caso a riavvicinarli.
Riusciranno a mettere da parte i dissapori?
Avranno imparato la lezione, dopo così tanto tempo?
Genere: Generale, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Javier Esposito, Kate Beckett, Kevin Ryan, Quasi tutti, Richard Castle
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Cercando un equilibrio che non resterà
- Primo capitolo

 

La sala interrogatori risuonava di un silenzio assordante.
Beckett sistemava il fascicolo della vittima senza vederlo davvero, riordinando i pensieri. Castle teneva gli occhi bassi, fissi sul legno chiaro del tavolo.
Dopo il saluto, uno scarno “Grazie per essere venuto” da parte della detective e una scrollata di spalle da parte sua, si erano spostati lì.
Non avevano incrociato gli occhi per un solo istante, con la paura di vederci rabbia, ma soprattutto sofferenza, sapendo che la causa erano loro.
Mentre lei alzava gli occhi con un coraggio di cui non conosceva l'origine, lui fece lo stesso.
Rimasero spiazzati da quella coordinazione. Avevano perso l'abitudine da un pezzo.
Gli angoli della bocca di Castle si piegarono leggermente all'insù, e Beckett si tranquillizzò un po'.
Perché aveva temuto tanto le parole che stava per dire?
«Che rapporto avevi con Nina Mars?»chiese la detective ad un tratto.
Castle incrociò le braccia al petto, di nuovo serio. La fissò con uno sguardo gelido e giudicatore che Kate non gli aveva mai visto.
«Era una mia amica» rispose solamente.
La detective sospirò. Anni prima, in una situazione simile, non aveva esitato a stuzzicarlo. A dirla tutta, quella volta avrebbe dato qualsiasi cosa per torturarlo anche solo un po'.
Ma in quel momento era diverso. Loro erano diversi.
Kate si trattenne dal chiedergli se c'era mai stato dell'altro.
«Ci sono le tue impronte sulla scena del delitto e l'ultima chiamata che Nina ha ricevuto prima di morire, alle 23.06, è la tua».
Castle annuì leggermente, congiungendo le mani sulla scrivania.
Restò a fissarle per un tempo che sembrò interminabile, in cui Kate poté studiarlo: era sempre lo stesso. Persino la pettinatura non era cambiata.
Solo le rughe erano aumentate, e sembrava stanco.
O era solo una sua impressione?
«Le impronte saranno lì da giorni, sono stato a casa sua la settimana scorsa. E la chiamata... beh, siamo amici, te l'ho detto. Aveva bisogno di sfogarsi»
«Che cos'era successo?». Castle esitò.
«Castle, hai collaborato così tanto con noi che mi stupisco che tu non sappia ancora che tutto può esserci utile»
«Lei... voleva... voleva una seconda possibilità» ammise Rick.
«Una seconda possibilità?» ripeté Kate. «Spiegati meglio».
Castle sospirò e si passò stancamente una mano sul viso.
«Abbiamo avuto una storia, tempo fa. Si era messa il cuore in pace per un po', credevo le fosse passata. A quanto pare non era così» spiegò.
«Capisco. Dov'eri ieri sera tra le 23.30 e le 24?» chiese Beckett.
Non avrebbe voluto chiederglielo.
«Ero a casa. Da solo»
«Rimani uno dei sospettati». Kate esitò. «Mi dispiace» aggiunse subito dopo.
Castle annuì e abbassò di nuovo lo sguardo.
«Non... non potrei sapere qualcosa di più sull'omicidio? In fondo era mia amica... » chiese, imbarazzato.
Kate si mordicchiò il labbro.
«Non lo so, Castle. Dovrei chiedere al capitano»
«Va bene»
«Sì».
Kate raccolse i fogli dal tavolo, concedendosi una sbirciatina al suo viso.
«Puoi andare, ma tieniti disponibile» disse, prima di uscire.

 

 

In sala relax, preparandosi un caffè, Kate cercava di togliersi – senza successo – l'espressione delusa di Castle dalla testa. Quegli occhi spenti, quel volto stanco...
Mescolò il caffè, assorta.
Cosa si era aspettato? Abbracci, lacrime,magari?
Era stato stupido, da parte di Rick, illudersi così.
Ma dopotutto, le suggerì la parte più masochista di sé, chi gli aveva fatto scoppiare ogni aspettativa come una bolla di sapone?
Lei. Senza accennare un sorriso, una spiegazione. La colpa era sua.
Di nuovo.
«Non hai mai chiamato».
La voce di Castle era dura. Stava appoggiato allo stipite, un'espressione indecifrabile in volto.
Non sembrava lo stesso uomo che aveva interrogato cinque minuti prima.
L'uomo che aveva interrogato era ferito, ma non stringeva i pugni e non vi erano tracce di rabbia nella sua voce.
Beckett si sentì sprofondare. Per anni aveva temuto quel confronto.
Se l'era anche sognato di notte, svegliandosi con una gran voglia di piangere.
Qualcosa in lei scattò. Castle credeva davvero di essere l'unico ad aver sofferto?
Non aveva assolutamente idea del dolore che aveva provato lei sapendo di essere la causa della loro rottura.
Voleva controbattere, difendersi. Non ne poteva più.
«Nemmeno tu» ribatté. L'uomo si fece arrabbiato. I loro toni si alzarono, senza che se ne accorgessero. Stavano urlando.
«Tu te ne sei andata! Tu mi hai lasciato!» esclamò Rick.
«Mi sembrava fossimo d'accordo!» replicò lei. Non lo pensava davvero. Sapeva di averlo detto solo per alleggerirsi la coscienza... stupido senso di colpa.
«Io non ti avrei lasciata andare, ma come potevo trattenerti? Come potevo farlo, se tu non volevi? Tu... tu eri fredda, e distante.Perché, Kate? Non me l'hai spiegato, allora».
Beckett posò il caffè e chiuse gli occhi per qualche secondo.
Colpita e affondata.
Eccolo, il tasto dolente. Si passò una mano tra i capelli.
«Io... io non so cosa mi fosse successo! Io... »
«Comodo dire così» replicò Castle, freddo.
«Non ti sto chiedendo di biasimarmi, o di scusarmi!» esclamò Kate. «Ogni cosa che facevi, ogni cosa che dicevi... tutto mi infastidiva. E io non so perché! Non lo so nemmeno ora, non me lo so spiegare... Non mi era mai successo». La voce le si spezzò.
Fissava Castle con gli occhi pieni di lacrime, ma non piangeva.
«Lo so io il perché, Kate. Tu non sei capace di amare» la accusò.
Sapeva anche lui di non pensarlo. Beckett era una delle persone che amavano incondizionatamente, bastava pensare al modo in cui soffriva quando perdeva qualcuno che amava.
Ma la foga di quel momento, tutta la rabbia repressa... sentiva il veleno scorrergli nelle vene. E guardò impassibile l'orgoglio di Kate, che le aveva impedito di piangere fino a quel momento, sbriciolarsi come una foglia secca sotto il peso di quell'accusa.
Anche lei lo guardò, ferita. Lottava contro le lacrime.
«Fra tutti i distretti di New York, dovevi scegliere proprio il mio?» fece, con la voce resa acuta dal pianto trattenuto, prima di scappare dalla stanza per non fargli vedere le sue lacrime.
Castle fissò la porta per qualche secondo, come stordito, poi sfogò la rabbia che di nuovo gli stava salendo tirando un calcio al divano.
Ryan ed Esposito fecero capolino nella sala.
«Possiamo?»

 

 

 

 

{Spazio FloxWeasley
Non so spiegare bene questo capitolo.
Volevo mettere un po' a confronto la prima parte imbarazzata e speranzosa e la seconda, letteralmente devastante per entrambi.
Non so spiegare bene la freddezza di Kate di cui parlano.
Me la sono immaginata un po' come in una fase di rifiuto per la relazione, in cui non riesce più ad accettare le attenzioni di Castle, ma non so se è stata
una bella idea :\

Ebbene, che altro dire?
Spero continuiate a seguirmi, quindi vi do appuntamento al prossimo capitolo!

  
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