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Autore: Amor31    13/05/2012    8 recensioni
Duncan percorre una strada che ben conosce e riflette su quanto è successo con i suoi compagni d'avventura a un anno dalla fine del reality.
Accende l'iPod e si ferma su una canzone: i Green Day sono perfetti per le circostanze...
Genere: Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Duncan/Courtney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Noi - il Gioco del Destino'
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Solo

Un anno. Era trascorso già un anno da quando quello stramaledetto reality gli aveva fatto incontrare le migliori e peggiori persone che avesse mai conosciuto. Ricordava ogni singolo istante vissuto con i suoi compagni d’avventura: non avrebbe mai potuto dimenticare una palla di lardo come Owen, un sognatore ad occhi aperti come quella mezza cartuccia di Trent, la perfida Heather e il rivale Alejandro; non avrebbe scordato facilmente la pazzia di Izzy, le allergie di Noah, quella stalker di Sierra e il suo amato Cody. Non avrebbe rimosso le belle e brutte immagini che ancora gli si presentavano davanti ogni volta che chiudeva gli occhi.
Duncan era fatto così. Che ci poteva fare, lui, se in qualche modo tutta quella gente gli aveva cambiato la vita? Come poteva tentare di nascondere ancora il risentimento e, per certi versi, l’affetto che provava per tutti loro?
“È passato un anno e io sto ancora qui a pensarci. Mi sto rammollendo… Non voglio fare la fine di quello sfigato di Trent!”.
Ultimamente pensava spesso a quel ragazzo. La storia che era nata tra lui e Gwen aveva profondamente ferito il chitarrista, ma non se ne era mai curato troppo. In fondo, che cosa gli importava se qualcun altro soffriva, anche se in parte la colpa era stata sua? Non era stata Gwen, dopotutto, a mollare Trent? Era stato solo un caso se poi il destino aveva deciso di metterla accanto a lui. O no?
“Ma perché mi pongo il problema? Tanto non ho la più pallida idea di dove si sia andato a sprofondare e non so che cosa stia facendo. Mi basta solo ricordare che era così mieloso da farmi venire la carie ai denti; e io odio i dentisti!”.
Duncan scacciò i pensieri che gli si affollavano nella testa e frugò nelle tasche dei jeans sdruciti; le dita raggiunsero rapidamente l’oggetto tanto agognato, che strinse nel pugno.
“Cerchiamo di rilassarci con un po’ di buona musica… Magari mi aiuterà a non riflettere troppo”.
Srotolò il cavo delle cuffie e accese il suo caro iPod; fece scorrere un paio di canzoni, limitandosi a sentire solo le note iniziali dei brani, poi si bloccò su un testo che da tempo non ascoltava. Avviò la musica e continuò a camminare, le mani rigorosamente nelle tasche.
 
I walk a lonely road
The only one that I have ever known
Don't know where it goes
But it’s home to me and I walk alone


“Questa è la canzone che ci voleva!”, pensò entusiasta guardandosi attorno. “Mai un brano fu tanto adeguato a questa atmosfera!”.
La strada che stava percorrendo era deserta. Nell’oscurità incerta della prima sera si stagliavano imponenti edifici in via di costruzione, momentaneamente abbandonati a loro stessi. Duncan concentrò su di essi tutta la propria attenzione e per un istante si sentì completamente solo.
“Forse anche io sono stato lasciato… Forse mi sono perso lungo la strada”.
Nonostante percorresse quella via da sempre, quella sera immaginò di provare le stesse sensazioni che avrebbe percepito uno straniero al suo posto. Era come se non sapesse più quale fosse la sua meta, quale fosse la strada giusta per riuscire a tornare a casa.
“Ma che mi prende?”, si chiese stupito di se stesso. “Conosco questa città come le mie tasche e mi faccio prendere… dal panico? No, no, devo tornare in me. La parola panico non mi si addice affatto!”.
 
I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where the city sleeps
And I'm the only one and I walk alone


La canzone era solo all’inizio, ma il ragazzo si sentiva il cuore pesante come non mai. Non era rimasto indifferente agli appena citati “sogni infranti” e i pensieri di poco prima tornarono a galla, smuovendo quelle corde del cuore che la testa si ostinava a tenere silenti.
“Camminare sulla strada dei sogni spezzati... Lo sto facendo anch’io? E perché? Non è mia la colpa di quanto è successo! Non voglio avere rimpianti! Dovrebbe essere lei a sentirsi male per me! Se non si fosse comportata in quel modo, forse avremmo potuto avere una seconda possibilità! Anzi, l’avremmo avuta sicuramente. Ma ha preferito fare la perfettina, la ragazza so-tutto-io-e-solo-io, la ragazza che cerca il delinquente della situazione per provare a rimetterlo in riga! Se mi avesse amato veramente mi avrebbe accettato per come sono e per quello che faccio!”.
Duncan si stava sfogando mentalmente, come mai avrebbe immaginato potesse accadere. Sì, aveva bisogno di urlare tutta la sua ira repressa, ma probabilmente non era il caso di gridare come un ossesso nel bel mezzo della strada, seppur deserta. Sembrava che quella zona di periferia fosse addormentata.
 
My shadow's only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
Till then I walk alone


Tanto, troppo silenzio intorno a lui. Poteva sentire solo una cosa, oltre al volume alto della musica che gli rimbombava nelle orecchie: il battito del suo cuore. Un cuore agitato come non mai, al solo pensiero di come le cose sarebbero potute e dovute andare con l’unica ragazza che era riuscita a conquistarlo e fermarlo. Oltre al carcere minorile, ovviamente.
Solo, al centro di una strada semi avvolta dal buio crepuscolare. Solo, seguito dalla sua ombra, lunga, nera, distesa per almeno tre metri alle sue spalle. E con un unico desiderio: essere trovato e salvato da qualcuno.
“Qualcuno che mi voglia per come sono. Qualcuno che sia disposto a non criticarmi. Altrimenti continuerò a camminare senza la compagnia di nessuno; saremo soltanto io e te, mia carissima ombra”.
 
I'm walkin down the line
That divides me somewhere in my mind
On the border line
Of the edge and where I walk alone


Tentò nuovamente di allontanare i pensieri e sembrò essere riuscito nell’impresa. Non voleva ricordare la persona che più lo aveva ferito, che più lo aveva fatto sentire inutile, inadatto e malvagio. Aveva bisogno di concentrarsi sul presente: ora aveva una ragazza che lo amava, anche se in quell’ultimo periodo la sentiva distante; adesso la sua vita era serena, perché sapeva di essere compreso da chi gli stava intorno. Non doveva preoccuparsi di nulla. Tutto filava liscio e le cose non sarebbero potute andare meglio. Ma il pensiero di lei tornò a farsi avanti e Duncan provò a combattere per cacciarlo via.
“Avrei dovuto chiarire definitivamente lo stato della situazione”, pensò mordendosi distrattamente il labbro superiore. “Avrei fatto meglio a parlarle per spiegare il motivo della mia decisione. Ma forse a lei non sarebbe interessato. Probabilmente mi avrebbe mandato via, prendendomi perfino a parolacce e sguinzagliandomi contro quei sui odiosi avvocati, immaginari o reali che siano. Comunque, rifletterci è inutile: ormai è troppo tardi”.
 
Read between the lines
What's fucked up and everything's alright
Check my vital signs
And know I'm still alive and I walk alone


“E se avessi sbagliato tutto? Se si fosse pentita di quanto fatto? Come posso distinguere il bene dal male, il giusto dall’errato?”.
Ripercorse quelle ultime settimane di felicità trascorse al fianco dell’ex, sorridendo al ricordo dei bei momenti in cui, pur bisticciando, la loro intesa era evidente, palese agli occhi di tutti. Erano una coppia esplosiva, Duncan doveva ammetterlo. Ma lei… Lei era la vera bomba ad orologeria. Lei lo aveva fatto divertire, lei lo aveva portato tra le stelle nelle notti serene di Wawanakwa. Lei si era fidata, anche se non completamente; lei gli aveva giurato amore, pur pretendendo l’impossibile da lui.
“Sì, ho sbagliato. Ho gettato via la mia unica possibilità di vera felicità. Perché Gwen è dolce, disponibile, ironica… L’amica perfetta. Lei, invece, era l’universo”.
Sentì il cuore battere più veloce e una nuova consapevolezza si impadronì di lui: la certezza di essere caduto in errore; la voglia di dire a Gwen la verità. Pur standosene da solo, ora si sentiva davvero vivo.
 
My shadow's only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
Till then I walk alone


Gli sembrò di aver percepito un rumore alle sue spalle. Abbassò in fretta il volume della musica, lasciando in sottofondo la voce del cantante, e senza fermarsi tese l’orecchio per carpire i suoni che non riusciva ancora a distinguere bene.
“Rumore di passi dietro di me”.
C’era qualcuno, oltre a lui, in quella strada deserta e dimenticata da tutti. Qualcuno la cui ombra si fuse con la sua, facendola allungare ulteriormente sul marciapiede annerito.
Duncan non si scompose e proseguì, senza lanciare nemmeno un’occhiata a ciò che accadeva alle sue spalle. Poi, d’un tratto, si bloccò e lasciò scivolare via dall’orecchio destro la cuffia dell’iPod: si accorse che anche lo sconosciuto dietro di sé si era fermato. Che fosse stato solo un caso?
Riprese a camminare, lentamente, e i passi dell’altra figura ricominciarono ad avvicinarsi, finché non lo affiancarono. Un sussurro lo fece raggelare:
-Ciao, Duncan-.
Il ragazzo sentì una fitta attanagliargli il cuore, strizzandolo e provocandogli un dolore mai provato prima. Si voltò, gli occhi sgranati, e la riconobbe: -Courtney…-.
Pensò di essersi sbagliato, che la sua fosse solo una visione ad occhi aperti, ma no: non avrebbe mai potuto confonderla con qualcun altro. Lei era lei.
-È da un po’ che non ci si vede, vero?-, chiese la giovane con una voce pacata che sorprese Duncan.
-Già-.
-Che ci fai da queste parti? Stai cercando di finire nuovamente in riformatorio?-.
-Potrei farti la stessa domanda-.
-Non mi hai risposto…-.
-Neanche tu, se è per questo-.
Si fissarono per una manciata di secondi, i cuori di entrambi palpitanti al massimo grado, e Courtney continuò: -Mi sono trasferita da poco. E non abito molto lontano da qui-.
-Non avevo idea che…-.
-Non sapevo che anche tu vivessi qui. Allora, casa tua è uno di questi squallidi palazzoni?-.
-Ehi, vacci piano con gli insulti, principessina!-.
-Oh, mi mancavano le tue esclamazioni inappropriate, punk dei miei stivali!-.
Courtney zittì solo un istante, dicendo un millisecondo dopo: -Straordinario: ci rincontriamo a distanza di un anno e la prima cosa che facciamo è litigare!-.
-Significa che le cose non sono cambiate-.
-Non direi, caro mio-.
Cadde di nuovo il silenzio, interrotto da un gesto brusco della ragazza che, per porre fine al momento di imbarazzo, afferrò la cuffia che pendeva sul petto di Duncan, chiedendo: -Che cosa ascolti?-.
-Niente che ti interessi-.
-Wow, i tuoi gusti rimangono discutibili, anche in fatto di musica. Come fai a sopportare cose tanto disgustose?-.
-Disgustosa questa canzone? Ma tu che preferisci? Il pop, per caso?-.
-Ti ricordo che io ascolto solo ed esclusivamente musica classica…-.
-Ma certo, quella roba barbosa che farebbe invecchiare perfino un bambino di cinque anni!-.
-“Roba”? Duncan, sapevo che fossi un ignorante, ma non fino a questo punto!-.
-Senti, sei qui per scocciarmi o devi tornartene a casa?-.
-La seconda delle due. Non ci tengo a rimanere in tua compagnia un minuto di più-.
-Allora vattene, cosa stai aspettando?-.
-Dove stai andando?-.
-Stavo cercando di rientrare a casa, ma sei arrivata tu…-.
-Capisco. Ti lascio solo, d’accordo? Anch’io preferisco starmene per conto mio, piuttosto che essere in brutta compagnia-.
Courtney attraversò la strada e si trasferì sul marciapiede opposto, camminando comunque alla stessa altezza di Duncan. Il ragazzo la guardò, cercando di non farsi notare: sì, era trascorso un anno, ma il profilo della sua ex era rimasto fiero, orgoglioso, esattamente come lo ricordava. Lo sguardo era fisso davanti a sé, vigile, attento al minimo movimento; i capelli erano un po’ più lunghi, ma il profumo che emanavano era lo stesso che Duncan aveva inspirato l’ultima volta che l’aveva abbracciata.
-Ehi, Miss Perfettina, tanto vale fare la strada insieme, fin dove sarà possibile-, la richiamò sentendo il cuore animarsi di più.
 
 I walk this empty street
On the Boulevard of Broken Dreams
Where  the city sleeps
And I'm the only one and I walk a-

 
-Vi ringrazio della vostra benevolenza e generosità, Mister Cresta Verde. Non so come avrei fatto se non mi aveste accolta sul vostro stesso marciapiede…-.
-Smettila, donna! O ti faccio volare dall’altra parte della strada!-.
-Uh, rabbrividisco davanti a una tale minaccia! Ma per favore!-.
Camminarono fianco a fianco, senza che il loro battibecco accennasse a terminare. A entrambi sembrarono essere tornati i vecchi tempi, quando qualsiasi cosa, anche la più insulsa, era per loro motivo di  dibattito.
-E vivi da solo?-, chiese all’improvviso Courtney spostando l’attenzione su un discorso completamente diverso.
-Che c’entra questo con quello che stavamo dicendo?-.
-Niente. Sono solo curiosa di sapere come te la passi. È un problema, forse?-.
Duncan esitò a rispondere, ma prese un bel respiro e disse: -No, non sono abbandonato a me stesso. Gwen si è trasferita da me circa cinque mesi fa-.
-Oh. Questo vuol dire che le cose vanno bene?-.
-Non lo so-.
-Che razza di risposta è? Mi hai tradita e mollata in diretta mondiale per stare con lei e adesso vieni a dirmi che non sai nemmeno se la vostra situazione è stabile, instabile o quant’altro?-.
-Non tirare fuori il discorso, per favore…-.
-E invece sì, brutto punk traditore! Adesso sarai soddisfatto, no? Hai avuto due ragazze diverse nel giro di un anno, in tutti e due i casi le hai prima sedotte, poi abbandonate. Hai già in mente quale sarà la prossima vittima? Perché giuro che i miei avvocati hanno una voglia matta di incontrarti e questa potrebbe essere l’occasione buona!-.
-Vedi di abbassare la voce, principessina, altrimenti sveglierai tutto il vicinato-.
-Sì, come no! Potrei disturbare i fantasmi abitanti di questa squallida periferia! Non ci sono giustificazioni per te, Duncan!-.
-Perché continui ad attribuirmi la colpa di quello che è successo?-.
-Perché tu sei il responsabile di tutto!-.
-No, questa volta non te la farò passare liscia! È giunto il momento di chiarire una volta per tutte la nostra situazione!-.
-Mi fa piacere che, dopo un anno, ti sia deciso a darmi delle risposte!-.
Un attimo di silenzio, uno soltanto. E Duncan disse quello che avrebbe voluto aver detto da tempo: -Hai infranto i miei sogni, Courtney. Hai spezzato il cuore a me, che mai avrei creduto di poter essere abbattuto. Sei stata in grado di ridurmi a brandelli, di demolirmi, di farmi pensare e quasi convincere che fossi un fallito, la persona più inutile di questo mondo. Un traditore, appunto. Ma l’unica ad aver tradito sei stata tu.
La storia con Gwen è nata in un momento particolare per entrambi: io stavo cercando di dimenticarti, di sopportare i tuoi affronti e quelle tue folli liste di richieste impossibili; lei era rosa dal rimorso per l’eliminazione di quello sfigato di Trent. Il caso ha voluto che ci incontrassimo. Ma ti giuro che mai, mai e poi mai avrei cambiato te con lei, se tu non ti fossi comportata in un modo tanto spregevole-.
Duncan riprese fiato. Durante quello sfogo aveva visto il viso di Courtney venire plasmato dalla gelosia, dall’orgoglio, dal rimorso, da quel sentimento che, forse, non si era ancora del tutto assopito. E adesso i suoi occhi erano rivolti a terra, fissi sul marciapiede: quando li rialzò sul volto del ragazzo che aveva di fronte, Duncan vide le sue ciglia imperlate dalle lacrime e di nuovo il senso di colpa si impadronì di lui.
-Davvero non mi avresti abbandonata?-, chiese in sussurro spezzato dal pianto.
-Mai-.
 
My shadow's only one that walks beside me
My shallow heart's the only thing that's beating
Sometimes I wish someone out there will find me
Till then I walk alone

 
Duncan mosse alcuni passi verso la ragazza e l’abbracciò, beandosi del profumo della sua lunga chioma castana. Sentì il viso di lei affondare nella spalla e bagnargli di lacrime salate la maglietta; le cinse le spalle con un braccio e aspettò che fosse pronta ad affrontare la novità.
-Perché non mi hai detto tutto subito? Avremmo potuto risolvere il problema insieme!-, disse ancora Courtney tornando a guardarlo negli occhi.
-Era praticamente impossibile farti ragionare. Eri certa delle tue motivazioni e niente ti avrebbe smossa da quelle convinzioni-.
-Ma non riesci a immaginare quanto io abbia sofferto a causa tua? Non pensi mai a come si sia sentito anche Trent vedendo la ragazza che amava tra le braccia di un altro?-.
-Ci ho cominciato a riflettere solo di recente…-.
-Non riesci proprio a smentirti, eh?-.
Courtney si asciugò le lacrime e chiuse gli occhi; Duncan non smise nemmeno per un secondo di guardarla.
“Ma come ho potuto farle del male?”, si chiese mentre un groppo gli si formava lentamente in gola.
-E adesso? Qualcosa è cambiato, con Gwen?-.
-Direi di sì. Vedo che non è felice: dovrò affrontare anche lei e far tornare tutto come prima-.
-Quanto dista casa tua da qui?-.
-Circa tre chilometri-.
-Ti accompagnerò, allora-.
Courtney lo prese per mano. Un tempo Duncan si sarebbe categoricamente rifiutato di essere soggetto a certe smancerie, ma adesso non gli importava nulla. Ricambiò la stretta, percependo la delicatezza della pelle della ragazza, e decise in quel momento stesso che non avrebbe più rinunciato alla sua unica, vera lei.
“Finalmente mi hai trovato, Courtney”, pensò, senza nascondere quel lieve sorriso che gli aveva disteso le labbra. “Adesso non sarò più solo”.
 
   
 
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