Come dire a qualcuno “ Torna” dopo
aver chiuso la porta? Dopo quanto si può amare? Dimmi quanto devo aspettare. Dammi
un finale alternativo. Dammi tanti finali alternativi. Dammi indietro la parole mai dette e gli abbracci troppo brevi, dammi
indietro il tempo, dammi indietro quella notte di novembre. Dentro la testa parole parole parole,
dentro la testa la mia guerra mondiale. Come quando cammini
per strada e non sai dove mettere le mani, e magari non hai nemmeno le tasche.
Come le guance che sotto la pioggia un po’ si allentano.
Come ho fatto a scrivere così tante lettere al computer? Come ho fatto a
confondermi in questa massa
indefinita di stati emotivi in eterno movimento che non si cristallizzano mai?
Guardando da vicino i miei passati
imprevedibili che ogni giorno cambiano colore, che dentro al
treno sembrano quasi verdi e arancioni.
Con la smania di gridare chiusa
dentro il petto, camminando da sola, la mia testa che parla incessantemente,
che si nutre di incubi, che vorrebbe prendere il volo.
Le parole che dovevo dire e quelle
che ho detto troppo forte.
Un giorno sì e uno no a capire da
dove viene, veramente, questa angoscia senza senso e
senza sentimento.
Da dove viene queste
voglia di cambiare il corso degli eventi, ancora una volta per prenderti
in giro e andarmene domani la sera dopo cena.
Tutte le fotografie che non ho, con
quel vestitino corto col doppio velo rosa antico, con le ali sotto le scarpe.
E non esce, non esce, non esce perché
non è mai entrato.
Ancora più dentro, proprio a
sinistra, in alto, aldilà della fronte.
Delusioni come ragnatele fra le
dita che ti passi fra i capelli stanchi.
Parole adesso vive come quando
ormai non sei uno ma sei due in uno solo, parole come
quando due diviso uno fa uno virgola uno.
La diversità che non riesco più a guardare, che non riesco ad alzare la testa,
che non riesco a puntare i piedi.
Le mie scelte silenziose scambiate
per coraggio.