2. Not her

Sto seguendo l’auto dei genitori di Elena, quella ragazza troppo uguale a Katherine.

Francamente non so perché lo sto facendo. Lo faccio e basta.

Ma a metà strada mi fermo.

Tu la vuoi?

È il mio alterego.

Io detesto il mio alterego. È l’unico con cui non riesco mai ad averla vinta.

Io la voglio? Io voglio Elena?

Beh, è chiaro. Altrimenti perché la starei pedinando come uno stalker?

Giusto il tempo di rispondergli che il mio alterego fa la sua mossa, e un’immagine di Katherine, coi riccioli acconciati e in abiti ottocenteschi, si fa strada in me.

Mi sta guardando, la mia Katherine. Nei suoi occhi caldi un misto di delusione, sofferenza, disgusto.

Come hai potuto?, sta urlando. Ha le lacrime agli occhi.

E un momento dopo ce le ho anch’io.

Ha ragione, come ho potuto? Stavo per mandare al diavolo 145 anni di amore incondizionato.

Solo per lei. Solo per Elena.

Solo per una piccola, fragile e insulsa umana.

Perdonami, amore mio, sussurro alla Katherine dei miei pensieri.

Ritorno sui miei passi, ritorno a fare quello che stavo facendo prima che quella ragazzina mi stravolgesse i piani.

Ritorno a fissare la mia stella.

In quel cielo troppo buio, mille ricordi si susseguono.

Mi concentro su uno di essi: il nostro primo incontro a Villa Veritas, la tenuta dei miei genitori.

Estate 1864.

Oggi, di quella tenuta non resta più niente – forse, solo un paio di pietre.

Com’è possibile?

Com’è possibile, allora, che nonostante tutto sia cambiato il mio amore per lei è rimasto immutato?

Non riesco a spiegarmelo.

Così come non riesco a rassegnarmi alla sua morte.

Mi alzo da terra, mi sono rotto di stare qui. Questa notte è fin troppo tranquilla, non ne trarrò alcun beneficio.

Senza neanche accorgermene, sto proseguendo per la stessa strada dell’auto dei genitori di Elena.

Quando arrivo al Wickery Bridge, di colpo, mi fermo.

La fiancata è distrutta.

È successo qualcosa.

È successo qualcosa a lei?

La parte meno nobile di me, quella che negli ultimi 145 anni ha preso il sopravvento sull’altra, mi invita a proseguire oltre.

Un sacco di persone muoiono ogni giorno. Io non mi preoccupo nemmeno delle mie vittime, dovrei preoccuparmi per coloro cui non ho fatto nulla?

C’è Elena laggiù.

È il mio alterego a darmi la notizia e io comincio a fare fatica a capire da che parte stia.

Ma so che ha ragione.

C’è Elena laggiù e sta morendo.

Non prendo una vera decisione.

Mi tuffo e basta, e nel farlo chiedo perdono a Katherine.

Il fondale del fiume è buio e inquietante persino agli occhi di un vampiro.

Non ci metto poi molto a trovare l’auto.

Ha i fari ancora accesi.

All’interno sembra già essere completamente sommersa dall’acqua.

Una strana sensazione si fa strada in me, creandomi un peso alla bocca dello stomaco.

Per un momento mi sento umano, proprio com’ero un tempo.

Ansia.

Ho paura di scoprire di aver fatto tardi.

Quando sei un vampiro, la consapevolezza di quanto sia facile uccidere un essere umano ti travolge. Spesso ti sconvolge.

Nuoto verso l’auto, ma senza fretta. Non ho fretta, tutto ciò che provo è terrore.

Sì, terrore.

Io, un vampiro con più di centocinquant' anni, sono terrorizzato da un’umana.

Paura di vederla morire, di osservare quello stesso identico viso che mi lascia per sempre, ancora una volta.

Mi avvicino al finestrino del guidatore e mi rendo conto che l’uomo al volante è ancora vivo.

Ma per poco.

Sento il suo battito cardiaco. È molto debole.

Non so bene che stia succedendo – se sto veramente tornando ad essere umano o se è solo la mancanza di ossigeno – ma faccio per aprire lo sportello anteriore e salvarlo.

Lui si accorge di me, mi guarda dritto negli occhi, e con le ultime forze scuote il capo in segno di negazione.

Non capisco, non vuole essere salvato?

La prima volta che provo a salvare un essere umano e questo si rifiuta?

Poi, però, indica il sedile alle sue spalle.

Scorgo un corpo minuto fasciato da una magliettina rosa.

Una massa fluttuante di capelli scuri non mi permette di guardarle il viso, ma tanto so già perfettamente chi sia.

Mi ero talmente fatto prendere la mano da questa nuova storia di Superman che avevo quasi dimenticato Lois Lane.

Vuole che salvi sua figlia.

Deve essere davvero un buon padre, quell’uomo.

Lui sta dando la vita per lei. Mio padre, invece, è proprio colui che me l’ha tolta.

In un attimo, lo sportello posteriore non è più attaccato al resto dell’auto, ma sta nella mia mano. Lo scaravento lontano.

Mi infilo nell’abitacolo e afferro il corpicino freddo e privo di sensi.

E mentre nuoto più veloce che posso con lei tra le braccia, mi sento ancora una volta umano.

Perché comincio a sperare. A sperare e pregare.

Io. Un demone. Un vampiro con più di centocinquant'anni.

Sto pregando.

Dio, fa che non sia troppo tardi.

Non lasciarla morire.

Non lei.

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TA-DAAAAAAN!

Aggiornamento a qualche ora di distanza dall'ultimo!

Il merito è solo vostro e delle vostre splendide recensioni, che mi spronano e mi incoraggiano.

Grazie.

Lisa

(PS: Okay, okay, lo ammetto: il 'NON LEI' l'ho scopiazzato da Twilight - Zia Steph, perdonami. Mi è rimasto impresso. Adoro quando Edward dice a Bella che era tutto ciò che era riuscito a pensare, quando si è reso conto che lei - fortunata come sempre - stava rischiando di morire, spappolata dal furgoncino di Tyler.)