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Autore: _Tiffany_    16/05/2012    3 recensioni
Raine Leonheart, una donna forte ma allo stesso tempo fragile: attende pazientemente il ritorno a casa del suo amato, fino a quanto non sacrificherà la sua vita per la creatura che ama di più al mondo, suo figlio.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Raine Leonheart
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Stai tranquilla, tornerò preso-
-Fai attenzione… Ti prego… Voglio che tu ci sia per quel giorno-
-Non mancherò. Ci vediamo-
-Ti amo-
-Anche io-
 
Era una fredda mattina di fine gennaio, fuori scendevano candidi fiocchi di neve che, incorniciavano l’entrata di una casa i un paesino in cui avevano sconvolto tutto il suo equilibrio.
Due innamorati si dovettero separare, per poi non rivedersi più, mai più.
 
Una donna, dai capelli neri lunghi restava appoggiata alla porta, tenendosi il grembo mentre osservava il suo amato andar via. Lei non lo sapeva, sarebbe stata l’ultima volta lo vide.
 
Lei rientrò, chiuse la porta lentamente, lacrime calde le rigavano il volto, e la neve, cancellava le sue impronte come se nulla fosse, avrebbe anche lei cancellato il suo dolore così semplicemente?
 
Era debole, tutto ciò che per lei era importante andò perso, strappato crudelmente dalla sua vita come se nulla fosse. Non riusciva ad andare avanti, non senza loro, senza la sua unica ragione di vita.
 
Non possedeva una sua foto, un suo oggetto, nulla di tutto questo.
Si tocco il di nuovo il grembo.
Solo lui. Una nuova, piccola creatura stava crescendo dentro di lei, il segno del loro amore.
 
Doveva farcela, voleva farcela. Avrebbe continuato a vivere per lui, si lui, non aveva dubbi. Era convinta che sarebbe stato un maschio, forte e coraggioso come suo padre.
Si fece forza.
 
Guardo fuori dalla finestra, guardo i fiocchi bianchi.
Le dissero che era simile alla neve, perché era bella e pura come essa.
 
Non era vero.
 
Anche se la neve aveva smesso di cadere,
le sue lacrime non si fermarono.
 
***
I mesi passarono,
come i petali della rosa ormai secca che,
 scivolano delicatamente sull’erba fresca.
 Era primavera.
 
La casa decorata con rose e tulipani, c’era un buon odore in tutte le stanze, l’aria era serena.
I suo umore migliorò ma nascondeva a tutti il suo lato triste.
Voleva sorridere.
 
Si voleva sorridere, perché era quello che faceva sempre.
Tutto era tornato alla normalità al villaggio, la gente era contenta i bambini correvano, tutto come sempre.
Non per lei.
A volte voleva mollare tutto, partite per non ritornare più.
Senza niente, senza dire una parola a nessuno.
 
Poi un movimento nella sua pancia.
Il bambino scalciava.
La sua fonte di forza.
 
I mesi passavano, e la gente le diceva che,
 nonostante tutte le sofferenze continuava a sorridere.
Non si abbatteva mai.
 
Non era vero
 
Anche se la rosa non era secca,
i petali cadevano lo stesso.
Contava i giorni dalla sua partenza.
 
 
Era estate ormai, l’aria era calda le giornate erano sempre soleggiate.
Non pioveva mai
 
In quel periodo tutti si divertivano,
gli spruzzi d’acqua al fiume si sentivano si dall’alba.
 
Tutti scherzavano, tutti ridevano, era la stagione preferita da tutti.
Molti la invitavano alle feste del villaggio,
ma, lei non usciva.
 
Rispondeva che voleva riposarsi,
la nascita era prevista per quel tempo.
Ma mancava ancora.
 
Aspettava invano il suo ritorno,
sue notizie,
solo una lettera.
 
Mai nulla.
 
Era sola, non avrebbe mantenuto la sua promessa.
Era vivo?
Era morto?
 
Non lo sapeva.
 
Il bambino era nato, era la creatura più bella del mondo ai suoi occhi.
Lo cullava, lo stringeva, lo baciava.
Ma sarebbe durata poco.
 
Una sera estiva arrivarono i soldati.
Il suo incubo.
Erano loro che avevano rubato i suoi cari.
Ora chi avrebbero portato via?
 
Erano venuti per lei.
 
Si oppose con tutte le sue forze.
Corse via, portando con se la sua creatura.
 
Ma non c’è l’avrebbe mai fatta.
 
I soldati erano vicini, l’avrebbero presa.
Le rimaneva una cosa da fare.
Salvare il suo bambino.
 
Corse più veloce che poteva, busso alla porta di una casa ai confini del villaggio.
Una vecchia signora le aprì.
 
-…Che succede?-
-Sono arrivati i soldati! Vogliono portarmi via!-
-Fuggi! Presto!-
-Non c’è la farò mai… Ti prego, salva mio figlio!-
 
La donna consegnò la sua creatura all’anziana, poi si sfilò dalla mano un anello e lo mise sul pancino del neonato dormiente.
 
-Q-Questo, è il Griver figlio mio. E’ un leone, ti proteggerà vedrai-
-Non c’è leone più forte di te Raine Leonheart.-
 
Raine le sorrise, diede un ultimo bacio al piccolo e disse una semplice frase.
 
-Il piccolo si chiama Squall Leonheart-
 
La giovane madre scappò via, ma sapeva che non le restava molto.
Il soldati la raggiunsero,
Si ribellò e le fu fatale.
 
Giaceva a terra, immobile, sorrideva.
Era estate,
le giornate erano belle,
ma stava piovendo.
 
La vecchia le disse che era un leone.
 
Ma non era vero.
 
Stava piangendo,
insieme al cielo,
ma sorrideva.
 
Non erano lacrime di tristezza,
erano di gioia.
Aveva salvato il suo bimbo dai soldati.
 
Era l’unica cosa che le importava.
 
Chiuse lentamente gli occhi mentre si faceva l’alba, e la sua ultima frase era rivolta al figlio.
 
-Ti voglio bene, Squall-
  
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