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Autore: Sophie_Lager    16/05/2012    6 recensioni
AVVISO AI LETTORI:
MI SCUSO IN ANTICIPO PER IL RITARDO CON CUI POSTERO' IL PROSSIMO CAPITOLO
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Le avventure di Sophie Lager!
Questa FF è ambientata dopo il Quinto libro di Percy Jackson, e quelle che vedrete saranno le cose dal punto di vista di un nuovo personaggio...
Bè, che dire? Spero vi piaccia! Fatemi sapere! ^^
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*Premetto che mi fanno molto piacere sia recensioni positive che -eventualmente- critiche negative. Solo grazie a queste, e quindi grazie a voi, posso migliorare. Grazie in anticipo!*
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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UN ATTIMO DI ATTENZIONE, PREGO!
Di solito non scrivo commenti o altro nei capitoli, soprattutto SOPRA i capitoli. Ma questa è un'eccezione: so che in quello che state per leggere ci sono degli errori, ma io adesso purtroppo non posso cercarli (maledetta algebra!), perciò chi volesse segnalarmeli mi farebbe un piacere! Grazie! :3

E ora vi lascio leggere in pace!

 

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  Capitolo 7.

DO CONFERMA ALLA MIA TEORIA.

Aprii gli occhi e mi ritrovai a fissare un soffitto che conoscevo.

"Sono a casa! All'orfanotrofio! E' stato solo un brutto sogno! Adesso mi giro, e qui accanto ci sarà Lulù! Ci vestiremo, andremo a lezione, e il prof. Silvian ci sgriderà per essere arrivate in ritardo, e…"

Mi voltai, e capii dove mi trovavo. 

Non ero all'orfanotrofio. Il mio cuore sussultò e il mio umore scese improvvisamente a picco.

Era una camera della Casa Grande, anche se non quella che avevo sempre usato dal mio arrivo al Campo. 

Sapevo di essere nella Casa Grande perché le stanze erano praticamente tutte identiche: azzurro e bianco erano i colori principali, e quasi tutto era fatto di legno.

Ero stesa su un letto comodo, e avevo più di un cuscino dietro la testa. Mi alzai a sedere, e mi guardai intorno. Non era ancora giorno, anche se probabilmente il sole non avrebbe tardato a sorgere, dietro i monti.

Ero sola, e per un momento faticai a capire perché fossi li. 

Poi mi balenò tutto in testa, in meno di un secondo, e per poco non svenni di nuovo.

Avevo quasi dimenticato quel che era successo: mia madre, che mi aveva riconosciuta; il regalo che mi aveva fatto; la mia immagine riflessa nello specchio.

La mia immagine. 

No, non ci potevo credere. Dovevo essermi inventata tutto.

Si, era così. Era molto probabile.

Ma se mi ero inventata tutto, perché ero svenuta?

"Beh, tu hai molta immaginazione, non è vero?" Mi suggerì una vocina invitante nella mia testa.

Si, poteva essere, ma dovevo avere una conferma. Mi voltai, alla frenetica ricerca di uno specchio, e lo trovai: era in un cassetto del comodino accanto al mio letto; era piccolo, rotondo e aveva una bella cornice verde ornata di fiori. "Molto carino", avrei detto, se non avessi avuto tanta fretta di guardarmici dentro.

Ma la mia immagine era quella di sempre. Non c'era niente di strano.

Quindi, mi ero davvero inventata tutto.

Lentamente, posai lo specchio sul comodino, e allora notai che c'era anche un bicchiere pieno fino all'orlo di quello che sembrava succo di frutta. Mi accorsi di avere la gola secca, e il succo aveva un aspetto invitante: fresco e dolce. Allungai una mano verso il bicchiere, ma venni fermata da una voce.

«Io lo maneggerei con precauzione, se fossi in te.»

Mi voltai, e vidi Chirone.

«Chirone!» Esclamai, contenta. Lui mi sorrise e si avvicinò. Com'era riuscito a salire le scale? Non era troppo alto?

«Come stai, mia cara?»

«Bene, credo…»

«Ci hai fatto spaventare, ieri pomeriggio. Pensavamo che fossi stata attaccata da qualche mostro.»

«No, no. Non quello. Io…» Mi fermai, non sapendo come continuare. Non volevo dirgli quello che avevo immaginato. «Io… Non lo so. Forse saranno state tutte quelle informazioni, tutte insieme…»

«Già» Disse Chirone. Ma non sembrava convinto.

«Perché dovrei fare attenzione a questo bicchiere?» Chiesi, per cambiare discorso.

«Mia cara, quello è nettare. Non cresce certo sugli alberi.»

Nettare? La bevanda degli dei? La bevanda degli immortali? 

Esisteva davvero?

«Questo è… Davvero…» Adesso guardavo il bicchiere con occhi diversi, come se fosse diventato improvvisamente lo scettro di Tutankhamon.

«Si»

«Oh. Quindi non posso berlo» Conclusi. Lo sapevano tutti che il nettare e l'ambrosia erano il cibo degli dei, e che come tali erano destinati agli dei. Esclusivamente a loro.

«Certo che puoi. Naturalmente in piccole dosi. Sei una semidea.»

Già, non ci avevo mai pensato sotto quel punto di vista, ma il mio sangue era per metà quello di un dio. Un dio. Cavolo, questo si che ti faceva sembrare importante!

Allora mi avvicinai il bicchiere alle labbra e ne presi un sorso. 

Mi aspettavo di trovarmi in bocca sapore di pesca o di mela, invece mi ritrovai ad assaporare del cioccolato, caldo e denso. Che magia era mai questa?

«Sa di… Cioccolato»

«Si, il sapore è diverso per ognuno di noi. Ma adesso dovresti sentirti meglio»

E infatti era così. Mi sentivo benissimo, pronta a scattare. Mi alzai dal letto, e mi avvicina alla porta, dove si trovava Chirone.

«Adesso, che cosa faccio?»

«Vieni con me, i ragazzi vogliono mostrarti una cosa»

E uscimmo dalla stanza, diretti verso l'esterno.

 

 

«Dimmi: come ti senti, dopo quello che è successo?»

Invece di dirigersi verso le capanne, Chirone mi aveva portato nel bosco, sulla strada che portava al mare. Stavamo camminando, e lui si era deciso ad aprir bocca solo adesso.

«Un po'… Scombussolata. Non so ancora bene come comportarmi.» Guardai l'orizzonte, ancora scuro e buio. Forse avrei dovuto avere paura, qui nel bosco, di notte, con i mostri che scorrazzavano liberi nei confini del Campo. Ma mi fidavo di Chirone, perciò non esitai neanche un secondo.

«E' comprensibile, dopo aver passato sedici anni della tua vita senza sapere dell'esistenza di questa realtà. Prima si vengono a sapere notizie simili, meglio è.»

«Chirone, posso fare una domanda?»

«Certo.»

«Era e Artemide sono dee vergini. E' per questo che le loro case sono vuote, vero?»

«Si, cara. E' per questo.»

«E Iride? Non era anche lei una dea vergine?»

«Iride? No. Lei no. Ha sempre avuto figli. Ma Iride non ama molto gli uomini, perciò è raro che trovi qualche mortale che le interessi. E' per questo motivo che non ci sono altri ragazzi come te. L'ultimo figlio di Iride che ho visto, è stato qualche decennio fa.»

«Quindi io sono sola?»

«Sola non direi. Tutti i ragazzi al Campo sono imparentati, se ci pensi bene. Siamo tutti una famiglia. Inoltre, se la metti così, anche Percy e Nico sono soli nelle loro case.»

Rimasi in silenzio. Non sapevo cosa dire. Ma in quel momento Chirone si fermò.

«A proposito di Iride… Il discorso ci riporta a quello che volevo farti vedere poco prima. Vieni, andiamo»

«Dai ragazzi?»

«Si»

«Ma Percy, Annabeth, e tutti gli altri… Non stanno dormendo? Non è ancora sorto il sole!»

«Oh, no. Nessuno sta dormendo. Non stamattina. E' successo qualcosa che li ha fatti svegliare presto.» E mi sorrise, con aria complice, come se avessi dovuto sapere di cosa stava parlando. Tutto questo mistero era veramente snervante.

 

Dopo aver fatto la strada inversa, notai che il sole stava iniziando ad illuminare i prati. Guardai il mio bracciale, ma non brillava ancora. Chissà che faccia avrebbero fatto gli altri quando avrei mostrato a tutti il mio oggetto magico! Ne andavo davvero orgogliosa.

Finalmente, dopo quella che mi sembrò un'eternità, arrivammo in prossimità delle capanne.

Si, erano tutti svegli. Lo sentivo addirittura dai cento metri di distanza dove mi trovavo. Che cosa era successo? Non ce la facevo più: DOVEVO sapere! A tutti i costi!

Così accelerai il passo, ed entrai nel cerchio di case, che avevo tanto desiderato di poter abitare, un giorno. Invece… Va beh, lasciamo stare.

I ragazzi erano tutti - e quando dico tutti, intendo proprio dire i quasi trecento ragazzi del Campo - davanti alla casa numero 1 e numero 2, quelle dedicate a Zeus ed Era. Studiai con cura ogni particolare delle due abitazioni, ma non mi sembrò di scorgere articolari per cui valesse la pena alzarsi alle 5 del mattino… Poi guardai meglio, mi avvicina, e vidi che non stavano guardando le case. 

Stavano facendo capannello sopra a qualcosa o a qualcuno. In molti cercavano di alzarsi in punta di piedi per vedere meglio, ma senza risultato. 

Vorrei vedere voi, cercare di guardare oltre duecento ragazzi - come minimo - che vi stanno davanti!

Comunque, nessuno mi notò. Mi voltai, in cerca di Chirone, per sapere cosa fare, che cosa fosse questa cosa che volevano farmi vedere, ma il centauro era sparito.

Ok, avrei dovuto scoprirlo da sola. Mi avvicina ai ragazzi, e mi feci largo tra la folla. Notai che non c'erano né Percy né Annabeth. Mi chiesi il perché, finchè non sentii le loro voci, provenire proprio dal centro del gruppo. Finalmente, dopo aver spinto un po', riuscii ad arrivare: intorno ai miei due amici c'era una bolla d'aria. Allora mi resi conto che era perché tutti stavano ascoltando loro. Annabeth aveva il suo computer dorato in mano, Percy stava guardando dei fogli con delle planimetrie, che però non riuscii a leggere. Nessuno si era ancora accorto di me, ma prima di parlare decisi di capire che cosa stavano facendo. 

Ascoltai il vociare attorno a me.

«… Una luce forte…»

«… L'hai vista anche tu…?»

«…L'hanno trovata poco fa…»

«… Come avranno fatto…?»

Ma di cosa stavano parlando?

«Non ci posso credere! Ma chi può essere stato?» Esordì Percy, parlando per la prima volta da quando mi ero infiltrata nel gruppo.

«Non lo so… Ma è identica al mio progetto originale… Non può essere stato nessun'altra se non…»

«Di chi state parlando?» Chiesi. Probabilmente avrei dovuto dar parlare Annabeth, ma non ce la facevo più. Dovevo sapere. Mi grava la testa. Era come essere stipati in fila per un concerto e cercare di ascoltare le conversazioni degli altri, provando a tirarne fuori un discorso coerente. Non che io ci sia mai stata, ma credo che non ci siano molte differenze tra la fila per un concerto e la fila per il dolce in un'orfanotrofio.

Ma a quel punto tutti si voltarono. Mi misero a fuoco e iniziarono a bisbigliare tra di loro. 

Tutti, tranne Percy e Annabeth, che si limitarono a guardarsi con un'aria strana.

«Sophie…» mi disse infine Annabeth «… Che ci fai qua?»

Che c'è? Non mi volevano?

«Chirone mi ha detto di venire» Risposi, risentita. «Ha detto che dovevate farmi vedere qualcosa.»

«Si, infatti…»

«Dai, Annabeth! Che problema c'è?» La rimbeccò Percy. «Che problema c'è se la vede?»

«Credo nessuno… Ma non sappiamo come sia arrivata qui. Non è pericoloso che lei…»

«Chirone l'ha vista, e non ci ha detto niente. Credo che ci stia nascondendo qualcosa, ma in ogni caso se ci fosse stato del pericolo ce lo avrebbe detto.»

Annabeth sospirò.

«Hai ragione. Non c'è motivo di nascondere nulla.»

Mi guardò e disse: «Sophie, voltati.»

Con sospetto, le obbedii. 

E mi ritrovai difronte ad una casa.

Era posizionata tra la casa di Ade e la casa di Demetra, al vertice opposto rispetto a quella di Zeus, Era e Poseidone, nella doppia U - ormai un ovale completo - che formavano le case. Era bianca, di una pietra strana, liscia e brillante, con il tetto basso e le finestre rotonde. Di un materiale simile al mio bracciale.

In quel momento un raggio di sole sfiorò la pietra, e la casa iniziò a brillare con tutti i colori dell'arcobaleno. 

Era la casa di Iride. 

Era la mia casa.

Non ci potevo credere.

Ma chi l'aveva costruita? E in una sola notte, oltretutto? 

Volevo girarmi, guardare Annabeth e Percy in faccia: le planimetrie e i disegni che avevo visto prima, che avevano in mano, erano i progetti per questa casa. L'avevano fatta loro. Ma COME avevano fatto? Erano dei geni! Dei maledetti geni!

Non feci in tempo a voltarmi, che mi ritrovai Annabeth al fianco. Mi guardò, negli occhi. Stava per parlarmi, per dirmi qualcosa di importante. 

Mi preparai per un commento del tipo: "E' riuscita bene!"

Invece mi arrivò alle orecchie un: "Ti consiglio di non entrare."

Cosa?

«Perché?» Chiesi, sbigottita. 

«Non l'hai ancora capito?» Mi disse, spazientita. Ah, giusto. Lei credeva che io fossi una ritardata. «Non siamo stati noi a farla. L'abbiamo solo progettata. E il nostro piano era quello di iniziare a costruirla oggi. Poi…»

«Poi cosa?»

«Qualche ora fa, quando dormivamo quasi tutti, qualcuno ha visto una luce, proveniente da qui.» E con la mano indicò la casa.

«E insieme alla luce è apparsa la casa» Concluse Percy.

«Quindi… Chi può averla costruita? Cioè, a chi interesserebbe?»

«A tua madre» Mi rispose sicuro Percy.

Aveva ragione.

«Ma…» Aggiunse, non troppo convinto di quello che diceva, «… Annabeth non la pensa così.»

«Non si sa mai.» Rispose Annabeth, impettita.

«Ehi, guardate!» Gridò uno dei ragazzi, dalle nostre spalle.

La casa illuminata dal sole aveva iniziato a brillare. Molto probabilmente era fatta di quel materiale simile alla madreperla con cui era stato costruito il mio braccialetto, ma non fu l'arcobaleno di colori di cui si tinse ad attirare la mia attenzione e quella degli altri. Fu un puntino luminoso, più luminoso di tutto il resto, dove apparse una pergamena: era infilzata alla porta della casa con una freccia bianca, come una di quelle che apparivano sul mio arco. L'aveva lasciata mia madre.

Mi avvicinai, e la staccai. La freccia immediatamente si disintegrò nelle mie mani, come polvere.

Tornai da Annabeth e Percy e aprii la pergamena. C'erano solo due parole: "Da Iride".

E sotto, notai subito dopo, ce n'erano altre tre: "Complimenti ad Annabeth".

Quando lo feci leggere a lei e a Percy, e chiesi il perché di quelle ultime parole, fu Percy a rispondermi: «Il progetto al quale tua madre si è ispirata per costruire la casa è quello che ha disegnato Annabeth. Probabilmente le è piaciuto.» E sorrise, prima a me, e poi all'amica.

Annabeth aveva un'espressione incredula sul volto. Per lei doveva essere un bel traguardo, ricevere dei complimenti da una dea che non era sua madre.

«Bè, allora complimenti» Le dissi, sorridendo. Ora che guardavo meglio la casa, era proprio carina. 

Mi incuriosii, così mi avvicinai alla porta e chiesi: «Secondo voi posso entrare?»

«Certo» Mi rispose Annabeth «Ora che sappiamo chi l'ha costruita, è tutta tua. Puoi trasferirti qui.»

Wow. Mi sarei finalmente trasferita.

Aprii la porta ed entrai.

La casetta era piccola ma accogliente, come qualsiasi altra casa del Campo. Ma a differenza delle altre, qui il colore dominante era il bianco: c'erano alcuni letti a castello bianchi, alcuni armadi bianchi, delle tende bianche alle finestre, ma quello che mi colpì di più fu una fontana in un'angolo, che cadendo spruzzava intorno a se del vapore acqueo. Il bordo della piccola vasca nel quale cadeva era anche quello bianco, ma decorato con conchiglie colorate, così come la porta e le persiane, ora che lo notavo. Era veramente bellissima. Non sapevo che dire.

Una fuori - e una volta che tutti i ragazzi furono usciti dalla nuova casa del Campo - trovai Chirone ad aspettarmi. Non sapevo come facesse, ma sembrava conoscere ogni mia mossa. Quando mi vide, non mi chiese nulla sulla casa. Ma come aveva detto Percy, l'aveva già vista e probabilmente aveva sempre saputo che era stata mia madre a costruirla.

«Adesso dovrai fare le valigie, immagino» Mi disse, tranquillo.

«Si. Finalmente si.» E sorrisi, raggiante.

«Certo. Ma prima, vorrei vederti di nuovo tirare con l'arco.»

 

Mi ritrovai nel poligono di tiro, ancora circondata da tutti i ragazzi del Campo. Ero diventata l'attrazione principale, a quanto pareva.

Ero davanti ad un bersaglio che avrebbe dovuto essere irraggiungibile per qualunque arciere, qui. 

Per chiunque, ma non per me. Non dopo quello che avevo scoperto di saper fare.

Chirone si avvicinò, con un arco e una faretra, pronto a consegnarmeli. Allora, non sapeva davvero tutto. 

«No» Gli dissi, sorridendo «Io uso questo.» E mi slacciai il bracciale dal polso.

Lui, e i miei spettatori, guardarono quell'oggetto come fosse la cosa più inutile della terra. Così decisi di far cambiare idea a tutti quanti.

Il bracciale iniziò ad allungarsi, e più si allungava, più aumentavano gli «Oooh» e gli «Aaah» di stupore. Quando mi ritrovai in mano un bellissimo arco bianco, potevo sentire ogni singola parola di chi mi stava alle spalle. Si! Come mi piaceva pavoneggiarmi con quell'arma in mano! E non lo avevano ancora visto illuminato dal sole!

Ma invece di aspettare che il sole sorgesse del tutto, e illuminasse completamente ogni angolo del Campo, mi midi in posizione e mi preparai a tirare. Appena tesi la corda, una freccia mi apparse tra le dita, già incoccata e pronta ad essere lanciata. Non mi occorse che un secondo, per prendere la mira. Non sapevo come, ma usando quell'arco riuscivo ad essere ancora più sicura di me stessa.

La freccia si staccò dalla corda, e partì a tutta velocità verso il centro del bersaglio. Ancora una volta, la mia mira era stata millimetrica. 

Mi voltai, e sorrisi a Chirone. Ero davvero fiera di me. Anche se, a dirla tutta, IO non avevo fatto nulla per imparare a tirare così… Era tutto merito di mia madre, a quanto pareva. 

Anche Chirone mi stava sorridendo. Ma non si avvicinò. Si girò invece verso gli altri e disse: «Eroi! E' l'alba! E' il momento di prepararsi ad affrontare la giornata. Svelti, tornate alle vostre case. Ci troviamo tra mezz'ora per iniziare le lezioni.» Chirone se ne andò, e tutti gli obbedirono.

Tutti, tranne Percy e Annabeth, che vennero verso di me. 

«Devo vederti tirare ancora!» Mi disse Annabeth, euforica «Quell'arco… E' una leggenda! Devo studiarlo, devo saperne di più! Non credevo che esistesse…»

«Sei grande!» Mi disse invece Percy, battendomi una mano sulla spalla.

«Andiamo nel bosco, dai! Chirone non dirà nulla a noi tre. Ti prego, devo vederti ancora tirare!» Annabeth sembrava pazza. Non sapevo se scherzasse o meno, così guardai Percy, dietro di lei. Stava per scoppiare a ridere, e mi mimò con le labbra: "Fa sul serio". Allora mi misi a ridere: non ero solo io quella strana.

«Ok, Annabeth» Iniziai «Dove volete che…» Ma mi fermai. 

Stavamo camminando accanto al laghetto delle canoe, diretti verso il bosco. E fu allora che notai la mia immagine riflessa sull'acqua, e mi si fermò il respiro.

Il sole era spuntato dietro i monti, e adesso illuminava tutto il prato. Me compresa. 

Non potevo crederci, non era vero. Era orribile! NON POTEVA essere vero!

«Sophie!» Gridò Annabeth, indicandomi. Probabilmente si era accorta che mi ero fermata, e anche del motivo per cui l'avevo fatto.

«I tuoi… Capelli!»

Appunto.

Arretrai velocemente, verso l'ombra. Percy mi stava guardando, la bocca aperta, e sentivo il mio viso contorcersi in una smorfia di panico. Presi una ciocca tra le dita, e la esaminai: era normale, biondiccia, come sempre. Ma dovevo vedere meglio.

Iniziai a correre nella direzione opposta, diretta alla Casa Grande. Sentivo che Annabeth e Percy mi stavano seguendo, ma non dissi nulla. Ero davvero nel panico.

Salii le scale con tre falcate, rischiando di cadere più volte. Arrivai nella camera dove mi avevano sistemato ieri, dopo lo svenimento. Presi lo specchietto dal comodino e mi guardai: tutto normale. Ma avevo capito dov'è che stava l'inghippo. Con i miei due amici alle costole, corsi di nuovo fuori, nel prato, sotto il sole leggero della mattina. Insipirai profondamente e guardai di nuovo lo specchio. 

Adesso la mia immagine era cambiata.

Guardai i miei capelli, e per poco non svenni di nuovo.

Stavano brillando, con tutti i colori dell'arcobaleno. Proprio come la mia casa e il mio bracciale alla luce del sole. 

Proprio come la madreperla. 

Era uno spettacolo spaventoso. 

Stavo davvero dando conferma alla mia teoria: non ero mai stata normale, e non lo ero neanche adesso. 

Mi facevo paura da sola. 

Come potevo andare in giro senza vergognarmene? Avevo delle lampadine in testa! Come potevo passare inosservata? I miei capelli brillavano, cavolo!

Poi guardai meglio, e notai dell'altro: anche le iridi dei miei occhi erano colorate, del colore dell'arcobaleno.

Perché era successo solo ora? Perchè non prima? Perché non dieci anni fa? Proprio quando avevo iniziato ad ambientarmi! Quando avevo iniziato a considerarmi come tutti gli altri!

«No!» Sentii la mia voce gridare. «Nooo!»

 

Non lo avevo immaginato. Era tutto vero.

Ed era anche peggio.

 

_________

 

Salve! Buon pomeriggio! :3

 

Inizio come al solito, scusandomi per il ritardo e per avervi tenuto tanto a lungo sulle spine!

Non era mia intenzione, ma ho il dubbio che finchè non finirà la scuola i tempi di attesa saranno lunghi… 

Su, dai! Contate i giorni! Ormai sono circa 20! ^^

 

…Ok, adesso vi lascio! Spero vi sia piaciuto!

 

Baci Baci,

Gossip Girl

Sophie Lager

  
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