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Autore: itsfedej    16/05/2012    4 recensioni
Ho scritto questa one-shot ispirandomi alla canzone che viene citata nel testo. Spero vi piaccia!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sentivo stupida ad averci riprovato. In passato avevo sofferto, terribilmente. Mi ero ripromessa che non avrei più amato, che avrei soltanto avuto qualche storiella qua e là ma niente di serio. Però era arrivato lui. Non era nei miei piani e mi aveva sconvolto la vita.
La nonna se n’era appena andata lasciandomi da sola. Non avevo più nessuno. Mamma e papà erano in giro per il mondo, chissà dove, per colpa di quelle maledette ricerche sul cancro che intanto si era presa la nonna. Perché lei? continuavo a ripetermi. Perché non quelle brutte persone che vivono in questo mondo? In ogni caso, non avevo più la forza di andare avanti. Cercavo ogni giorno di trovare un motivo per vivere, per continuare la mia vita ma non riuscivo proprio a trovarlo.
Lui era il ragazzo più ricco del paese, quello che andava in giro con una super macchina che tutti invidiavano. Quel ragazzo che vestiva solo con abiti firmati. Quel ragazzo che tutti volevano come amico per approfittarsene. Era difficile pensare che una persona così potesse essere simpatico, aperto a nuove relazioni amicali eppure mai dire mai.
 
Presi la borsa dall’armadietto. Fuori diluviava, il che era abbastanza raro. La scuola mi stava uccidendo, cercavo di raggiungere una media alta per poter ricevere la borsa di studio. Quella era la mia unica ancora di salvezza visto che ormai vivevo sola e i miei genitori mi davano qualche soldo ogni mese. Lavorare? Non se ne parlava proprio. Non c’era tempo. Già facevo volontariato che stava diventando anche quello impegnativo.  
«Hey tu, hai dimenticato questo!» urlò una voce dietro di me. Mi girai e vidi un ragazzo riccio, più o meno alto come me. «Grazie!» risposi cercando di non guardarlo negli occhi.
 
Prima di alzarmi dal letto gli accarezzai la schiena. Sulla spalla sinistra aveva un tatuaggio: la scritta “true love never dies” che si era fatto tatuare qualche mese prima.
 
Anche se non l’avevo guardato negli occhi sapevo benissimo che mi stava osservando. Avrei scommesso quello che volete che mi ha fatto la radiografia dalla testa ai piedi facendo dei commenti nella sua testa riguardo il mio abbigliamento. E anche se non l’avevo guardato negli occhi sapevo benissimo chi fosse. Cavolo, con tutti i ragazzi in quella scuola proprio il più snob dovevo andare a beccarmi? In ogni caso, non disse niente. Mi ridò il libro che avevo lasciato vicino all’armadietto e me ne andai.
Qualche giorno dopo però era venuto da me a chiedermi informazioni del tipo “come ti chiami?” “dove vivi?” e così via. Non riuscivo a capire il perché. Anche questa volta avrei scommesso che c’erano di mezzo i suoi amichetti. Però mi sbagliavo, e di grosso.
 
Entrai in cucina e accesi la macchinetta del caffè. Ne avevo bisogno, soprattutto dopo la nottata appena passata. Presi il mio iPod e lo misi sulle casse scegliendo una canzone: Breakeven dei The Script. Era una delle mie preferite!
 
Nick Jonas. Nicholas Jerry Jonas. Ecco la persona che quella mattina mi aveva chiamata perché mi ero dimenticata uno stupido libro di filosofia. Il problema era che c’ero rimasta cotta. Continuava a farmi delle avances e io continuavo ad illudermi. Mi chiamava “piccola” ogni volta che mi vedeva e mi stampava un bacio sulla guancia.
«Ascoltami un attimo, fammi capire quali sono le tue intenzioni.»gli avevo detto un giorno. Ormai era da un po’ che ci “frequentavamo” ma non gli avevo mai fatto questa domanda. Lui si era avvicinato, piano, cercando di rendere il momento molto romantico. Aveva preso la mia mano e poi si era incantato a guardarmi. Anzi, ero io che mi ero completamente tuffata in quegli occhi color nocciola. Mi sfiorò le labbra, poi ci andò un po’ più pesante finché le nostre lingue si incontrarono. Quel bacio non era come quelli che davo a quei ragazzi nelle serate occasionali in discoteca o in qualche locale da cui uscivo quasi sempre ubriaca fradicia. Era un sapore e un sentimento che non assaggiavo da un po’ e solo in quel momento mi accorsi di quanto mi era mancato. «Okay, okay. Però sai qual è la mia filosofia di vita?» gli chiesi staccandomi dalle sulle labbra. Lui fece di “no” con la testa e io mi avvicinai al suo orecchio: «Niente storie serie, impegnative e bla bla bla» dissi con un po’ di insicurezza. Forse non era più così. O forse no. Non lo sapevo.
 
Presi la tazza bollente e bevvi un sorso di caffè. Mi accorsi che mancava lo zucchero così aprii l’armadietto della cucina e cercai invano di prendere la zuccheriera che, non so come, era finita sull’ultimo ripiano. Mi misi sulle punte e sentii cingermi i fianchi.
 
La nostra storia stava andando troppo bene e andava tutto così veloce. Avevo dovuto raccontare a mamma tutto, perché non sapevo con chi parlarne. Le mie amiche, se si potevano chiamare così, mi avevano abbandonato perché gli avevo fregato il ragazzo dei sogni. Come se fosse stata colpa mia! Era stata colpa sua. Era stato lui a farmi innamorare, di nuovo.
 
«Chiamarmi no, eh?» mi chiese baciandomi dolcemente il collo. Mi girai e gli stampai un bacio in bocca. «Rovini sempre le sorprese. Avevo deciso di portarti la colazione a letto!» feci il muso e lui mi prese in braccio. «Lo sai che ti amo?» chiese. «E tu sai cheio amo te?» domandai a mia volta.
 
Ed ecco come ci ero ricaduta. Lui era stata la mia unica speranza, la mia ultima speranza. 



Spero di non avervi annoiato, e spero vi piaccia. Non vedo l'ora di leggere le vostre recensioni :D 

  
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