“Ti prego!”
“No”
“Per favoreeee!”
“Ti ho detto di no!”
“Ma che ti costa?”
“Non voglio fare il mulo da
soma!”
“Al massimo il fattorino” precisò
lei.
“Comunque non lo faccio”
“Sei cattivo!” lo accusò. Si nascose sotto le coperte e fece
finta di piangere.
“Tu non mi ami” disse.
Rin
sospirò: quando faceva così era inutile, aveva già vinto.
“Lo sai che non è così e che ti
amo”
“Allora aiutami!
Devo portare via una marea di cose, senza di te non ci
riesco!” lo implorò.
Sbatté gli occhioni e fece il labbruccio.
“E va bene!
Ti aiuto a traslocare!”
concesse.
Lei gli
si buttò al collo, stringendolo forte.
“Lo sapevo che sei buono!
Sei un demone addomesticato, ormai!” disse.
“Addomesticato?” se la prese il ragazzo. Con un bacio,
Rea lo zittì.
“Sì, come un gatto, ma molto più sexy” confermò.
Lui
fece per ribattere ma un altro bacio lo tenne in silenzio.
“Io non… stai un po’ ferma!
Io non sono un micio”
protestò.
“Sì, sì, come ti pare”
“Mi stai dando il contentino?” domandò, sospettoso.
La
ragazza gli si mise sopra e lo baciò ancora.
“Ti dispiacerebbe così tanto?” rispose
maliziosa.
“No, se è sotto queste condizioni proprio no”
“Ciao Yukio!” lo
salutò.
“Oh, ciao Rea! Dove vai così di
fretta?”
“Sto andando a finire di prendere la roba per portarla giù in
paese.
Rin si è
offerto di darmi una mano”
rispose.
“Ah, è vero.
Ti sei diplomata, te ne vai! Mi mancheranno le cene con te e
mio fratello” sospirò.
“Vado via solo io, mica viene anche Rin” precisò lei.
Il
ragazzo esitò un secondo.
“Yukio?” lo chiamò, insospettendosi.
“Scusami, ma mi aveva cercato Shura e devo proprio andare.
Ci vediamo in giro, vienimi a trovare!” la salutò, scappando.
Basita,
Rea rimase ferma in corridoio per un po’ prima di ricordarsi che doveva
imballare le ultime cose. Corse via anche lei.
“Quindi è finita, vero?” domandò Rea. Le metteva
tristezza riporre i suoi oggetti e toglierli da quella
stanza.
“No che non lo è!
Non ci stiamo dicendo addio, ma solo arrivederci” le assicurò Laura. Dopo
tanti anni di amicizia e vita insieme erano tristi nel
separarsi.
Quando
ebbero finito si misero a guardare quella camera. Lì avevano pianto, litigato,
scherzato, riso. Lì avevano entrambe trovato l’amore.
“Mi mancherà così tanto questo posto” disse
Rea.
“Già, mette un po’ di tristezza vederla adesso, così
spoglia” annuì Laura.
All’altra
venne un nodo enorme alla gola: si era così abituata, negli anni, ad essere
sempre con l’amica che adesso non riusciva a concepire che potesse essere
davvero finita, la loro convivenza, il loro vedersi tutti i
giorni…
“Sai, quando siamo venute qui avevo una paura da
matti.
Mi mancava casa mia, i miei genitori, ma più di tutto temevo che non saremmo riuscite a rimanere insieme, stando tanto a
contatto, eppure, adesso, non faccio altro che chiedermi cosa sarebbe successo
se non fossimo entrate alla True Cross”
ammise la bionda.
Rea
cedette alle lacrime e iniziò a singhiozzare. Era sempre stata quella più
emotiva.
“Non voglio che ci separiamo” confessò. Laura
l’abbracciò forte.
“Io ci sarò sempre per te” le
promise.
“Lo so, ma non ci vedremo più ogni giorno, tu avrai i tuoi
corsi di esorcismo, io vivrò in città e sarò impegnata con il ristorante tutto
il tempo.
Come farò senza di te?”
chiese. Era
impossibile, non ci voleva credere. Cercò di calmarsi, ma le risultava
difficile.
“Forza, Rea, sapevi che doveva succedere prima o
poi.
Abbiamo ventuno anni, siamo entrambe fidanzate e felici, è il momento di
prendere le nostre strade. Ci saremo sempre l’una per l’altra, cadesse il mondo
sappiamo che se avremo bisogno ci potremo chiamare. Non ci
stiamo dicendo addio” le
assicurò.
Ci mise
altri venti minuti per smettere di piangere ed avere la forza per prendere gli
scatoloni.
“Lui ti sta aspettando?” chiese
Laura.
“Sì, è fuori all’entrata.
Porterà tutte le mie cose”
rispose.
Erano
rimaste d’accordo che si sarebbero salutate giù, al
cancello.
“Salutalo da parte mia” si raccomandò. Rea la fissò
senza capire. Chiuse la porta dietro di sé e poi si girò.
“Non mi accompagni?” domandò triste. L’altra scosse il
capo.
“Devo andare, Mephisto mi
aspetta” le spiegò. L’amica le sorrise e
l’abbracciò.
“Ti voglio bene, Laura” le
disse.
“Anche io” rispose lei.
Avevano
entrambe gli occhi lucidi quando si separarono, ma stavano
bene.