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Autore: Densie Arya    17/05/2012    2 recensioni
Finnick Odair è un mentore da quattro anni. Nessuno dei suoi protetti è ancora riuscito a vincere.
Annie Cresta è una ragazza come tante altre, addestrata da suo padre per offrirsi volontaria. Ma non ha intenzione di farlo.
Eppure il suo nome è destinato ad essere estratto.
A quel punto, che ne sarà dell'amore di Finnick nei suoi confronti?
POTREBBE CONTENERE SPOILER MOCKINGJAY
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Finnick Odair
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 1 - La Mia Felicità

Era una normale mattina soleggiata, nel Distretto 4. 
Essendo tra i Distretti favoriti, non soffriva la fame come gli altri e i bambini godevano di una spensieratezza che poteva essere invidiata. 
Era estate e non avevo voluto metter piede a scuola, quella mattina. 
Il giorno dopo, si sarebbe svolta la mietitura e sentivo che qualcuno a cui tenevo sarebbe stato in pericolo. 
Forse il mio fratellino, di appena 13 anni. O qualche bambina ben vestita vista al mercato. 
Seduta in riva alla spiaggia, non potei far a meno di lasciarmi sfuggire un gemito sommesso. 
Era l'ultimo anno, per me.
L'ultimo anno in cui il mio nome compariva nell'urna. 
Non essendomi mai iscritta alle tessere, quante probabilità avevo di esser scelta? Ben poche. 
I miei genitori mi premevano perchè mi offrissi volontaria: ero stata addestrata. 
Ma la paura era troppa. Per me, non c'era gloria che poteva competere con l'angoscia di aver ucciso altre persone.
"Non dovresti pensare così tanto." riconobbi all'istante quella voce. Finnick. L'eco dei miei pensieri.
Lui era andato agli Hunger Games, aveva vinto e aveva riempito di gloria e onore il nostro Distretto.
Era l'esempio per tutti. Ma non per me. E forse era proprio il mio disprezzo ad incuriosirlo così tanto.
"E tu non dovresti interrompere i miei importanti pensieri per le tue scemenze, non hai nessun'altra da importunare?"
Lui sorrise, palesemente divertito al solo pensiero di recarmi un fastidio e si sedette accanto a me, stringendosi le gambe al petto.
"E' il mio ultimo giorno, qui. Dovrò andare a Capitol City subito dopo la mietitura, lo sai."
Mi voltai verso di lui. Era diventata la nostra routine da qualche mese. Incontrarci sulla spiaggia a battibeccare.
Probabilmente il mio disprezzo verso i suoi comportamenti facili era derivato solamente dalla gelosia.
L'idea di non vederlo, anche se per poco tempo, mi faceva quasi male.
"...E' terribile." mi limitai ad osservare io, indicando l'orizzonte. Una macchia scura stava intaccando il cielo. Una specie di grossa nuvola.
Era quel che Capitol City faceva ai Distretti.
"Non dirlo a me, Annie. Sono costretto ad affezionarmi a tutti quei ragazzi prima di portarli al macello da quattro anni."
Quello sarebbe stato il suo quinto anno come mentore. I 70esimi HungerGames.
"Potresti rifiutarti. Mags potrebbe cavarsela, da sola."
Lui sorrise di nuovo, lasciandomi un leggero bacio sulla fronte. "Forse."
Sapevamo entrambi che non sarebbe stato possibile: Capitol City pretendeva che i vincitori partecipassero alle attività successive.
Voleva che rimanessero al centro dell'attenzione.
Soprattutto Finnick. Lui era il fiore all'occhiello del Distretto 4. Bellissimo e micidiale.
Fece per alzarsi e, finalmente, mi voltai verso di lui con una domanda muta sulla bocca. Già vai via?
"Devo accogliere l'accompagnatrice di quest'anno."
Sbuffai. Accogliere. Si come no. Lui e le donne di Capitol City. E non solo donne.
"Annie..." disse lui, alzando un sopracciglio. Ops. Per la prima volta avevo mostrato la mia gelosia.
"Non è quel che intendevo." il modo in cui aveva pronunciato il mio nome mi rendeva distratta e fragile.
"Ah no?"
"No. E' solo che con questa storia sta ridicolizzando tutti noi. Siamo il distretto della prostituzione, a quanto pare."
Per un attimo, mi parve di vederlo con un'espressione ferita sul volto. Poi il suo solito sorriso beffardo.
"Questo corpo non può essere di una sola persona. Sarebbe un danno all'umanità."
"...Hai mai pensato alla tua felicità, invece di quella dell'umanità? Sei una scatola vuota, Odair. Una scatola bellissima, con un mucchio di fronzoli. Ma pur sempre vuota."
Le mie parole sembravano colpirlo ripetutamente. Era questo l'effetto che avevo sulle persone: soprattutto su di lui.
"E quale sarebbe la felicità, Annie? Vivere nel terrore che i tuoi figli divengano tributi? Nessuno dovrebbe fare quel che io ho fatto."
"E' solo una parte della medaglia, Finnick."
"L'altra parte è troppo nascosta per poterla considerare. Magari, in un mondo dove gli Hunger Games non esistono..."
E io sorrisi, senza saper bene cosa aggiungere. "...Ci vediamo domani alla mietitura"
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"ANNIE CRESTA"
Dopo quel nome pronunciato dalla bocca dell'accompagnatrice, i miei ricordi si fecero sempre più vaghi. 
Mi sembrò tutto confuso, almeno fino al mio arrivo al Palazzo di Giustizia, dove alcuni miei cari avrebbero avuto l'accesso alla stanza per dirmi addio.
Nessuno però arrivò. Forse, per mio padre e mio fratello, dirmi addio sarebbe stato troppo difficile.
Lasciarono che le telecamere riprendessero il mio arrivo in stazione, la mia salita sul treno... Nessuno avrebbe potuto avvicinarsi a me senza farmi rischiare un crollo nervoso, così tutti si mantennero a debita distanza.
Mi chiusi nel mio scompartimento, nella vana speranza di riuscire a svegliarmi da quell'incubo.
Dopo qualche ora, sentii bussare. Nemmeno mi voltai. Sapevo che era Finnick.
"Annie?"
"Vattene via!"
"Sai che dobbiamo parlare."
"Non voglio fare strategie! Salva il ragazzino, se puoi." e poi feci l'enorme sbaglio di voltarmi.
Mi accorsi subito che qualcosa non andava. Avevo visto Finnick piangere, una volta, durante una giornata in spiaggia. Mi aveva raccontato di un tributo dodicenne dell'anno prima.
Ma quell'espressione aveva qualcosa di diverso. Non era tristezza. Non proprio.
"Il ragazzino non ha chance. Non ha mai maneggiato nulla di simile ad un'arma. Si è già arreso. Tu... Tu puoi farcela."
"Posso farcela perchè sono più grande? Perchè sono addestrata? Preferisco morire che uccidere, lo sai." tutta la mia rabbia si riversò contro di lui, velocemente, senza esitazioni.
"Puoi farcela perchè hai qualcosa per cui lottare." sospirò.
"Mio fratello se la caverà benissimo senza di me." sentenziai. Non si era nemmeno degnato di venirmi a salutare.
"Potresti farlo per me."
Il mio cuore perse un paio di battiti, mentre le mie mani cercarono un coltello da un piatto.
Tale coltello, si ritrovò accanto alla gola di Finnick in pochi secondi. "Non ingannarmi, Finnick! Non sono una stupida cretina che pende dalle tue labbra!"
Lui, delicatamente, prese il coltello dalla mia mano. Nessuna paura nel suo sguardo. Troppa serietà, in realtà.
"Ascoltami bene. I vincitori hanno un prezzo da pagare. Se io non facessi quello che faccio, tutti i miei cari sarebbero uccisi. Se potessi scegliere tra questa vita e la vita di cui parlavamo ieri, sceglierei la mia felicità."
"Un motivo in più per non vincere."
"La mia felicità... dipenderebbe da te."
Buio. Tutta quella pressione non fece altro che farmi svenire. Ottimo lavoro, mentore.
 
 
  
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