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Autore: Ariel Winchester    18/05/2012    3 recensioni
[Dal capitolo 16° "The End Of The Affair"]
“Tu lo sai che per me sei solo tu la giustizia, no?” gli disse e tornò a guardarlo.
Gli occhi neri di Elle erano rimasti fissi sul volto di lei e lo stavano studiando a lungo e con attenzione. “Me lo hai detto spesso.” disse, stava per aggiungere dell'altro ma la ragazza glielo impedì.
“Beh la giustizia non muore mai e non viene certamente imprigionata in una cella. Alla fine di questa storia, sono certa che il destino di Kira terminerà in uno di questi due modi.” disse con voce ferma e sicura, ignorando quella parte di lei che le ricordava quanto avesse desiderato vedere morto il suo carnefice. Una parte che comunque Elle vedeva, ma che non voleva farle notare perché Alyssa stava in tutti i modi cercando di fronteggiarla. “Quindi...non parlarmi come se Kira fosse capace di confondermi su questo, perché io so qual'è la giustizia che vorrei.”
Calò un profondo silenzio, i due rimasero di nuovo a guardarsi nell'oscurità mentre sprazzi di luce giocavano sulle loro pelli.
Elle distolse lo sguardo per primo, avverti però ancora la pressione che quello di Alyssa esercitava su di lui. “Allora preparati.” le disse. “Perché spetta a me, a noi scrivere il finale di questa storia e lo faremo nel migliore dei modi.”
Alyssa ascoltò quelle ultime parole con attenzione, come sempre ne rimase colpita. Il detective era capace di mettere insieme parole semplici e far provare grandi emozioni a chi lo ascoltava.
Però uno strano senso di terrore la attanagliò, perché per la prima volta sentiva che quel caso avrebbe davvero cambiato tutto. Più pensava alla fine di esso, più non lo riusciva a disegnare.
Ma scacciò quel pensiero e abbozzò un sorriso: tutto sarebbe finito al più presto e nel migliore dei modi.
Perché Elle era la giustizia.
[Fic revisionata fino al 2° capitolo]
Genere: Drammatico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: L, Light/Raito, Mello, Misa Amane, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eh già, vi rompo ancor prima che leggiate il capitolo!

Volevo solo dirvi che ho apportato delle leggere modifiche caratteriali alla “nuova” Alyssa, lasciandola parecchio simile a com'era prima della morte di Elle. Molti di voi hanno letto il capitolo prima che lo modificassi settimane fa e quindi mi sembrava una mancanza di rispetto non avvisarvi al riguardo.

Non è necessario che riandate a rileggerlo, poiché i dialoghi sono gli stessi ma ho cambiato solo il modo di approcciarsi di Alyssa con Mello.

Ok, vi lascio in pace e ci “vediamo” dopo. Buona lettura :D

-Beyond Redemption-

Oh i see your scars i know where they're from

So sensually carved and bleeding until you're dead and gone

I've seen all before beauty and splendour torn

It's when heaven turns to black and hell to white

Right so wrong and wrong so right

(HIM- Beyond Redemption)

Non è possibile. Hai di certo barato.”

Alyssa non poteva credere di non aver mai conosciuto una vittoria in quella sfida con il detective.

Solo una volta si era avvicinata all'assaporare un ipotetico trionfo contro di lui, ma solo perché lui aveva deciso di regalarle una piccola soddisfazione e non farla sentire una completa fallita.

Ma si trattava di anni prima, quando Alyssa non avrebbe mai pensato che il genio di Elle potesse varcare certi limiti.

Spiegami perché dovrei barare, quando sono bravo a vincere correttamente?”

Elle si tenne il dito tra le labbra, osservando immobile la scacchiera che Alyssa aveva letteralmente buttato per aria dopo l'ennesima sconfitta subita dal ragazzo. Erano seduti su due poltrone l'uno di fronte all'altra nella penombra della sala monitor, avvolta finalmente nel silenzio dopo un'intera giornata di lavoro.

La ragazza lo aveva costretto a prendersi una pausa dopo che i poliziotti ebbero lasciato la stanza, coinvolgendolo in una partita a scacchi che si era rivelata una pessima idea, come al solito.

Elle era il migliore nei giochi di ingegno e sconfiggeva Alyssa con una facilità unica. In sedici anni che lo conosceva, la ragazza avrebbe tanto desiderato poterlo battere almeno una volta.

Ma i sogni impossibili restavano tali.

Sai in cosa sbagli? Muovi sempre le pedine seguendo la stessa logica...il tuo avversario potrebbe memorizzare le tue mosse con estrema facilità e prevederle. Non sei molto furba.”

Elle alzò lo sguardo su di lei, assaporando con celato divertimento l'espressione infastidita ed imbronciata che si disegnò sul volto della ragazza.

Lei lo scimmiottò, tirandosi più indietro sulla poltrona e stringendosi le braccia al petto.”O forse è colpa tua, che non dai gusto nemmeno nel gioco?” disse, quasi per discolparsi.

Elle non rispose, facendo leva sui piedi ai bordi della poltrona, si protese in avanti e raccolse le pedine sparse in disordine sulla scacchiera, riponendole al loro giusto posto di gioco. “Vuoi fare un'altra partita?”

Te lo scordi.” rispose lei, già abbastanza umiliata dalle numerose sconfitte precedenti.

Poi, come una bambina che aveva appena elaborato un nuovo gioco, si rizzò sulla schiena e un sorriso furbo si delineò sulle sue labbra. “Idea! Giochiamo a dama?”

Sono più bravo a dama che a scacchi, Alyssa.” le ricordò il ragazzo, concentrato nel riporre ai loro posti di battaglia le pedine bianche che aveva usato lei.

La ragazza mise nuovamente il broncio e si tirò di più indietro con la schiena, provocando un tonfo sulla poltrona.

Batterti a scacchi almeno una volta rimarrà un sogno irrealizzabile, eh?” disse, abbassando gli occhi e storcendo ancora di più verso il basso le labbra.

Sogno.

Elle si soffermò maggiormente su quella parola.

Non era la prima volta che la sentiva pronunciare dalle labbra di Alyssa; per una persona che aveva sofferto come lei, la parola sogno era fondamentale per sfuggire al dolore regalatole da una vita intera, ma si rese conto solo in quel momento, che non le aveva mai chiesto quale fosse il suo vero sogno.

A dire la verità, sapeva quale era, glielo si leggeva negli occhi molto spesso, ma lei non lo aveva mai confessato.

Qual'è il tuo sogno, Aly?”

La ragazza alzò rapidamente lo sguardo su di lui. Quella domanda la colse impreparata, come se per un quesito del genere, apparentemente semplice ma difficile in realtà, doveva essere preparata.

Il mio sogno? Beh...sposarmi, avere quattro figli, comprarmi una casa alle Hawaii...” parlò con un sorriso, tenendo il conto di quei suoi desideri sulle dita.

Alyssa, parlo sul serio.” Elle la interruppe, anche se quel sorriso infantile che lei aveva sul volto non avrebbe mi voluto spegnerlo. Sorvolò anche sul fatto che, in futuro, Alyssa volesse avere quattro marmocchi che le ronzavano attorno, pur di arrivare a fondo di quella questione.

La ragazza posò lo sguardo su di lui; i suoi occhi verdi si ridussero a due fessure, mentre studiava il volto pallido del detective alla ricerca del motivo per cui le ponesse quella domanda. “Sono sicura che, se te lo dicessi, mi prenderesti per stupida. E non voglio che tu mi dia della stupida dopo aver perso per la millesima volta a scacchi con te.” disse seria, concedendosi un po' di ironia solo riguardo l'ultima frase.

Elle scosse la testa. “Nessuno ti ha mai definita stupida qui, se non te stessa.” disse e notò il lieve rossore che salì sulle guance della ragazza. Lei era così abituata a sentirsi “stupida” in confronto a lui, che oramai credeva pure che lui la considerasse tale. Ma non era mai stato così.

Oh Ryuzaki, ma perché adesso te ne esci fuori con questa storia?” gli chiese, abbassando imbarazzata lo sguardo e battendo le mani sulle sue ginocchia, come una bambina che non aveva più voglia di giocare.

Perché, finita la faccenda Kira, la prima cosa che lui avrebbe fatto sarebbe stato realizzare il suo sogno.

Elle sentiva di doverglielo; a quella ragazza che per un'intera vita lo aveva accompagnato, senza mai abbandonarlo. Lei lo meritava.

Ma rivelarglielo apertamente sarebbe stato troppo per entrambi.

Non puoi rispondere alla domanda e basta?” Elle la provocò, usando la stessa carta dell'ironia che lei amava tanto giocare. Anche se, in quello, lei era molto più brava.

La ragazza alzò nuovamente gli occhi su di lui, ancora leggermente sorpresa da quella strana richiesta. “Va bene.” Alzò le spalle e si grattò la nuca. “A patto che tu non mi prenda in giro e che mi riveli qual'è il tuo sogno. Patti chiari, amicizia lunga.” Gli puntò il dito contro, come se lo stesse minacciando di non sfuggire a quella promessa che voleva lui mantenesse.

Elle la guardò senza batter ciglio. “Non mi vergogno di dirti qual'è il mio vero sogno, Aly.” ammise, cogliendola di sorpresa.

Perché lei era certa che il ragazzo aveva dei sogni, ma sentiva di non conoscerli davvero: Elle era bravo a celare tutto di sé, emozioni, dolori e anche i suoi stessi sogni.

Tu? Me lo diresti con questa facilità?”

Perché non dovrei?”

Alyssa restò un attimo in silenzio. “Perché dovresti più che altro..”

Elle sorrise, un sorriso che lei non aveva mai visto prima. “Perché il mio sogno si è già realizzato.”

* * * *

Come scusa?”

Alyssa restò a bocca aperta, guardando fisso lo schermo del televisore di fronte a sé e spalancando le braccia in preda all'incredulità. Matt si voltò lentamente verso di lei, restandole seduto accanto con la sigaretta accesa tra le labbra. “Game over.” le disse, indicando con un dito la scritta rossa in grassetto che ballava in mezzo allo schermo del televisore, dove il cadavere di una donna giaceva in una pozza di sangue.

La ragazza strinse irritata la console del videogioco, lanciando poi una veloce occhiata verso Matt che le sorrideva beffardo. “Non è possibile che tu mi abbia uccisa...ci deve essere un trucco!” esclamò lei, con voce stridula.

Matt non disse nulla, volse lo sguardo verso il televisore e alzò le spalle, sancendo così l'epilogo della sua vittoria. “Il trucco c'è, ma non si dice.” si giustificò, pronunciando più parole di quante ne avesse voglia di dire. Mello sedeva sul divano alle loro spalle, davanti ad un monitor sul tavolino in legno e le cuffie alle orecchie. Lanciò un'occhiata infastidita ai due, ancora nel mezzo di un'aperta discussione sul perché il personaggio di Alyssa fosse morto nel videogioco, e prese un lungo respiro. Evitò di domandarsi anche perché solo lui fosse quello dedito al lavoro in quel sabato pomeriggio.

Ah stanno così le cose?” Alyssa lasciò la console sulla sedia, si alzò in piedi e strappò la sigaretta dalle labbra del ragazzo, che la guardò indispettito sotto le lenti verdi degli occhiali. “Allora sappi che il fumo passivo uccide più di quello attivo! Vai a fumare fuori le tue centinaia di sigarette!”

Il che implica che devo alzarmi di qua?” replicò Matt, inarcando un sopracciglio e guardandola con sfida.

La ragazza si trattenne dal rifilargli un pugno sul muso, spense la sigaretta nel posacenere stracolmo sul tavolino e si portò le mani sui fianchi. “Quando la storia di Kira sarà finita, ti farò dimenticare videogiochi e sigarette.” gli disse puntandogli il dito contro e allontanandosi verso il divano ad isola alle loro spalle.

Per tutta risposta, Matt si accese un'altra sigaretta e riprese a giocare al videogame, puntando lo sguardo attento sullo schermo e chinandosi maggiormente verso esso.

La ragazza lanciò un'occhiata verso Mello, concentrato sul monitor davanti a sé con un'espressione seria in volto. Poi fece scorrere lo sguardo lungo la stanza d'albergo in cui si trovavano.

Non era il massimo: era piccola, dalle pareti spoglie e in alcuni punti priva d'intonaco. Il pavimento in legno era scheggiato in diverse zone e cigolava ad ogni minimo passo. L'unica finestra presente era quella nel salone in cui si trovavano in quel momento, adiacente al cucinino minuscolo ed umido alle spalle del divano ad isola.

La vista rispecchiava la mediocrità di quel posto; affacciava su un grande tabellone pubblicitario, i cui pezzi di carta avevano ceduto e si muovevano mossi nel vento freddo di quella mattina.

La ragazza non disse nulla riguardo al ribrezzo che provava per quella camera, perché sapeva che Mello le avrebbe risposto in malo modo e le avrebbe anche detto che poteva andarsene a casa, invece che seccare loro.

Che stai facendo, Mello?” chiese poi la ragazza, mentre raggiungeva il computer acceso sul tavolo, di fronte al monitor su cui stava lavorando il ragazzo.

Mello alzò gli occhi su di lei, i capelli biondi gli ricadevano sul viso senza però nascondere la vistosa cicatrice che segnava la sua pelle. “Quello che non fai tu: lavoro.” rispose, inarcando le sopracciglia e trasformando il suo sguardo in qualcosa di aggressivo che Alyssa ignorò.

Non puoi rispondere senza fare la zitella acida almeno per una volta?” lo prese in giro la ragazza, affilando lo sguardo e puntandolo su di lui.

Mello lo guardò poco divertito, mentre lei assumeva una finta espressione innocente. “Matt ha installato delle cimici nell'appartamento di Light Yagami.” le spiegò allora, dopo essersi lasciato andare ad un lungo sospiro. Alyssa lanciò un'occhiata verso Matt e lo vide alzare il pugno vittorioso, come se sapesse che lei lo stava guardando in quel preciso istante.

Ma davvero pensate che questa gallina sia il secondo Kira?” Mello indicò lo schermo con la mano e Alyssa gli si avvicinò per osservare la scena, in cui Misa era seduta da sola in salotto, ciondolando con le gambe e distendendo le braccia lungo lo schienale. Teneva la testa all'indietro, i capelli biondi ricadevano verso il basso come cascate d'oro e il viso era distorto in una smorfia da bambina quale era rimasta.

Alyssa scosse la testa con un sorrisetto, quella ragazza non era cambiata di una virgola. “Non sai che l'apparenza inganna?” gli chiese e si allontanò, dirigendosi verso l'altro lato del divano per sedersi davanti al computer.

Pronunciando quella domanda, ripensò inevitabilmente a Light, il miglior attore che aveva mai incontrato in vita sua. Strinse i pugni con forza, posandoli sulla tastiera del computer prendendo un lungo respiro: nessuno poteva credere che lui fosse Kira, nessuno poteva sapere che dietro quell'espressione angelica si nascondeva in realtà la vera faccia del demonio. Un mostro.

Ma è ben provato che con un'aria devota e un azione pia inzuccheriamo lo stesso diavolo.

L'apparenza poteva davvero ingannare.

Che hai adesso?” Mello non si era lasciato sfuggire il modo in cui il viso di Alyssa si era indurito, con gli occhi verdi che trapassavano lo schermo del computer davanti a sè e i pugni che tremavano visibilmente sulla tastiera. Lo guardò a lungo prima di dargli una risposta, stupita dal modo in cui la stava studiando con attenzione. La dedizione e la cura nel rilevare i dettagli erano una cosa che Mello ma anche Near avevano appreso dalla figura Elle, anche se tutti e tre in forma ben distinta. Elle restava sempre l'ineguagliabile.

Niente. Stavo pensando agli scarafaggi che ci sono nel bagno di questo disgustosa stanza che hai scelto.” disse, cercando di sviare il discorso. Posò poi lo sguardo sul computer, digitando velocemente sui tasti e ignorando lo sguardo che Mello teneva rivolto verso lei.

La ragazza cercò informazioni sull'SPK, l'agenzia di cui Near era a capo e che giorni prima era stata assaltata dai fanatici di Kira. Era certa che il ragazzo stesse bene e che fosse riuscito a fuggire, insieme ai pochi colleghi che gli erano rimasti, ma avrebbe tanto voluto averne una certezza.

Scosse la testa, quando si rese conto che stava preoccupandosi per lui come avrebbe fatto la vecchia Alyssa. Cosa che si era ripromessa di non fare più in vita sua.

Perché non te lo levi?” gli chiese ancora Mello e la ragazza si rese conto che lei, in qualche modo, lo stava distraendo. Dopo quello che gli aveva rivelato su Jack Nelson e su quello che avevano fatto, Mello la teneva ancora di più sotto osservazione. Non si fidava di lei ma, anche se non le aveva detto come la pensava riguardo a quella cosa, lei sapeva che reputava quella sua azione avventata quanto eccitante. Una vera sfida.

Per certi versi, non si poteva negare che la loro impulsività viaggiava sulla stessa lunghezza d'onda.

Cos'è? Una proposta indecente?” Alyssa gli lanciò un'occhiata confusa, a cui Mello rispose con un sospiro poco divertito.

Il tatuaggio.” si spiegò, indicandole il braccio scoperto, dove le piccole gocce di pioggia tatuate spiccavano sulla pelle diafana.

La ragazza vi lanciò un'occhiata, lasciando scorrere gli occhi lungo quei segni che mai l'avrebbero abbandonata.

Te lo sei fatta quando eri una schifosa tossica. Ora che non lo sei più, perché non te lo fai rimuovere?” Mello distese le braccia lungo lo schienale del divano e la guardò in attesa di una risposta.

Alyssa restò più sorpresa dal fatto che lui le ponesse una questione futile alle indagini, piuttosto che le rivolgesse una domanda così personale. Lo osservò con le sopracciglia alzate, rimanendo protesa verso il computer.

Ma fatti gli affari tuoi, no?” gli disse. “Se sei così impiccione, morirai giovane.”

E calò di nuovo il silenzio, anche se lo sguardo duro di Mello valeva il fastidio di mille rumori. La musichetta del videogioco di Matt sembrava lontana anni luce, mentre lei fissava lo schermo fermo sulla stessa pagina da diversi minuti. Con la coda dell'occhio guardò nuovamente il tatuaggio e mille ricordi riaffiorarono alla sua mente: ricordi del perché si era fatta fare quel tatuaggio e del periodo in cui se lo era fatto. Non seppe se provare malinconia o avversione verso sé stessa di fronte a quelle memorie ormai troppo lontane.

Certi errori vanno ricordati per non ricaderci.” la sua risposta giunse con estremo ritardo, ma Mello la colse lo stesso, alzando lo sguardo verso di lei.

I due si guardarono a lungo ed entrambi sembrarono rivangare i momenti che li avevano fatti avvicinare anni prima e che li avevano portati ad essere complici e avversari al tempo stesso.

Più che altro non ho mai capito perché tu venivi sempre a recuperarmi...potevi lasciarmi morire affogata in una pozza di birra conoscendoti, eppure non lo hai fatto...perché, marshmello?”

Perché eri patetica.” Quella fu la risposta secca di Mello, dura e tagliente come solo lui riusciva a renderla.

In un'altra occasione, Alyssa gli avrebbe risposto per le rime, ma il ragazzo non aveva tutti i torti in quel momento. Era stata così patetica a rifugiarsi nell'alcool e nelle droghe anni prima, per sfuggire ad una realtà che non le apparteneva più, per scappare da un dolore che la divorava dentro, svuotandola della sua anima, che non sentiva nemmeno più sua.

Era solo troppo stanca di perdere sempre tutto, ma si vergognò nel pensare a quelle parole quasi fossero una giustificazione al suo atteggiamento stupido ed irrequieto. Calò di nuovo un silenzio profondo, che sovrastò parole e frasi che dovevano seguire l'affermazione di Mello.

Ma contraddirlo nel pieno della ragione era una cosa a cui non voleva abbassarsi.

Alyssa posò di nuovo lo sguardo sullo schermo e sbatté più volte le palpebre cercando di mettere a tacere il rimbombare dell'emicrania che stava incombendo su di lei.

So che ero patetica, Mello. Non c'è bisogno che me lo ricordi sempre.” gli disse, quasi con aria di rimprovero.

Il ragazzo la ignorò, riprese a fissare il monitor di fronte a sé, annoiato dai movimenti sciocchi che Misa compiva su quel divano. “L'uomo che hai fatto uccidere a Nelson era legato a Bretovic, non ho ragione?” le chiese poi, continuando poi a fissare lo schermo dove si trovava Misa.

A quel nome, Alyssa non poté trattenere un brivido.

Lo sentì scorrerle lungo la pelle, immobilizzandole la schiena che divenne rigida.

Alzò lo sguardo su Mello e lui fece lo stesso con lei. Non doveva stupirsi che lui avesse scoperto una cosa simile, ma la sorpresa era più che altro dovuta allo sguardo che il ragazzo stava lanciandole.

Come sempre, non gli interessava la risposta in sé, ma appurarne unicamente la sincerità.

Alyssa piegò la testa da un lato. “Sai già la risposta.” gli disse, preferendo apparire il più scontata possibile.

Mello distese le braccia lungo lo schienale del divano, gioendo del fatto che lei non riuscisse nemmeno a guardarlo negli occhi. Lui, infatti, sapeva la verità riguardo quella menzogna che davvero ben poco aveva tollerato, ma era curioso di vedere come gli occhi di Alyssa avrebbero reagito ad una domanda diretta come quella. Malgrado l'ostentata freddezza che da qualche anno a quella parte lei mostrava, i suoi occhi parlavano sempre troppo.

Ora capisco tutto. Allora sei davvero così ridicola da recitare la parte della dura quando non lo sei...” le disse, con tono duro e forte che attirò lo sguardo della ragazza. “La maschera prima o poi cade e rivela ciò che nasconde sotto. Vale per Kira, ma vale anche per te.”

Alyssa rimase colpita da quelle parole. Mello parlava sempre con fastidiosa durezza nei toni, accentuati poi anche da quell'espressione fredda e dallo sguardo di ghiaccio nascosto sotto i suoi ciuffi biondi, ma in quel caso sembrava quasi volesse darle un consiglio. Che lei, però, non volle ascoltare.

Marshmello? Non pretendo che tu mi faccia dei complimenti, ma almeno risparmiati i continui insulti. Sei prevedibile. lo prese in giro, abbozzando un sorrisetto furbo e piegando la testa da un lato.

Mello non rispose e preferì chiudere in quella maniera la discussione.

Calò un profondo silenzio, che venne poi rotto dal rumore dell'accendino di Matt che dava fuoco alla centesima sigaretta in quella mattina e alle parole che Mello pronunciò, quando si accostò maggiormente al monitor per fissarlo con attenzione. “Sta succedendo qualcosa...” disse.

Alyssa, stupita, si mosse rapidamente verso di lui, mentre Matt volse loro un'occhiata curiosa, decidendo poi di alzarsi con lentezza dal divano e andare a vedere cosa stava succedendo.

La ragazza si sedette vicino a Mello e osservò Misa, ancora seduta in una contorta posizione sul suo sofà, mentre discuteva con Mogi ed Aizawa. Le loro voci erano leggermente distorte dai microfoni del monitor, assumendo un suono metallico e delle volte incomprensibile.

Non è che si accorgono delle cimici?” domandò Alyssa a bassa voce, per non perdere nemmeno una parola che quei due stavano pronunciando.

Matt le rispose con un semplice “no”, come se in quelle due lettere si nascondesse tutta la spiegazione di cui lei aveva bisogno. I tre si zittirono e tesero l'orecchio ascoltando ciò che Misa e i due poliziotti si stavano dicendo; sembrava che stessero ispezionando l'appartamento alla ricerca di qualcosa.

Il quaderno.

Sospettano anche loro del tuo finto vecchio amico.” disse Mello, fissando attentamente i movimenti dei due uomini, lungo la stanza.

Misa li osservava annoiata, bofonchiando parole contro il nuovo taglio di capelli di Aizawa.

Alyssa trattenne un attimo il fiato. Aveva intuito che Light aveva rinunciato al possesso del suo quaderno, altrimenti Soichiro si sarebbe accorto che suo figlio era sempre stato Kira e avrebbe scoperto la macchia che il suo adorato figlio portava su di sé, prima di raggiungere la morte.

Il ricordo dell'uomo le provocò un tuffo al cuore, a cui decise di non dare troppo credito in quel momento.

Aizawa sopratutto sospetta di lui...” precisò la ragazza, osservando il poliziotto che stava guardando nella cassaforte dell'appartamento di Light e Misa. Riconosceva quegli occhi scuri, quell'espressione tirata e la mascella serrata, perché tempo prima aveva visto quell'espressione di sospetto sul volto del poliziotto. Quasi la fece sorridere l'idea che, quella volta, fosse tutta per Light Yagami, il vero ed unico bastardo di un Kira.

Non troveranno il quaderno..”

...deve averlo passato a qualcuno.”

Mello iniziò la frase, Alyssa la terminò.

I due si lanciarono un'occhiata tra lo sbalordito e l'infastidito, quando si accorsero che, per la prima vera volta, i loro pensieri correvano lungo la stessa linea d'onda. Matt inspirò fumo, restando in piedi dietro il divano.

Sì, ma a chi?” disse Alyssa, guardando Misa e convincendosi che la memoria della bionda fosse stata, di nuovo, azzerata. Light abusava continuamente del suo amore e lei continuava sempre a lasciarlo fare.

Non sapeva se odiarla o provare compassione per quella sua evidente debolezza.

A qualcuno che segue follemente la sua folle impresa...” sussurrò Mello pensieroso, portandosi il pugno sotto il mento e fissando lo schermo con disinteresse. La sua mente era già rivolta all'ipotetica persona che poteva essere in possesso del quaderno di Kira.

Alyssa gli lanciò un'occhiata, poi tornò ad osservare il monitor: pochi minuti dopo, Aizawa e Mogi terminarono le ricerche senza trovar nulla e si scusarono con Misa per il tempo che le avevano fatto perdere.

La ragazza rispose con voce da bambina, storcendo le labbra in un broncio e dicendo qualcosa contro la pesantezza del loro lavoro.

Cretina...” sussurrò Mello, ancora incredulo di fronte alla possibile idea che quella bionda avesse indossato i panni del secondo Kira. Alyssa, per un attimo, ne sorrise.

Poi i pensieri di entrambi tornarono a concentrarsi su chi potesse avere il quaderno di Kira in quel momento, chi potesse essere così folle da essere scelto da Light per portare avanti il suo assurdo piano di ripulire il mondo.

La ragazza ebbe un'altra idea. Posò le mani sulle ginocchia e fissò la figura di Misa che si era alzata in piedi e stava saltellando sul posto. “È ora che io e Misa ci rincontriamo.” disse, osservando il volto della bionda con aria seria.

Mello si voltò verso di lei, senza capire. “E perché dovresti?” le domandò, leggermente seccato nel non trovare un motivo plausibile a quella decisione. Alyssa rispose con una scrollata di spalle. “Fatti miei, ma non è nulla con cui io stia cercando di fregarti. Non ti agitare.” gli disse, quasi con aria di rimprovero, che lo spinsero ad alzare gli occhi al cielo.

Matt, ormai soddisfatta la sua breve curiosità, si allontanò, deciso a tornare ad occuparsi del suo videogame, mentre Alyssa abbassava lo sguardo pensierosa. Sperò che quella sua folle idea, non le procurasse solo altri guai.

* * * *

Come stai?”

Alyssa sbatté più volte le palpebre.

Si rese conto di essere seduta su quell'altalena da un'intera mattina, a fissare la gente che passava oltre il cancello della Wammy's house e la neve che cadeva a grandi fiocchi sulle loro teste.

Volse lo sguardo verso il ragazzino seduto sull'altalena accanto alla sua, teneva un piede sopra il sedile e con l'altro con una mano giocherellava a tirarsi e attorcigliarsi un ciuffo dei suoi capelli chiarissimi.

Gli occhi scuri sembravano disinteressati al mondo che lo circondavano, oppure erano così attenti a coglierne ogni singolo elemento che gli apparteneva da risultare tali.

La presenza di Near era un qualcosa di difficile da descrivere per Alyssa: si sentiva, ma molto spesso se ne dimenticava. Proprio come le capitò in quel momento; il ragazzo era stato talmente silenzioso per tutto quel tempo, che Alyssa si era dimenticata di averlo avuto sempre affianco.

Gli lanciò una lunga occhiata, poi tornò ad osservare il cielo bianco sopra le loro teste. “Bene.” disse, senza sforzarsi nemmeno di mascherare quella menzogna, perché Near sarebbe stato capace di scoprirla lo stesso.

Lui lasciò un ciuffo che teneva stretto tra le dita, per giocherellare con un altro. “Il tuo viso cereo prova il contrario.” disse solo e Alyssa abbozzò un sorriso. Chiuse gli occhi e per un solo misero istante le parve di udire la voce di Elle, nascosta tra quelle parole così fastidiosamente veritiere.

Sono russa, l'abbronzatura non mi è amica.” rispose, buttandola sullo scherzo.

Smisero nuovamente di parlare e Near piegò la testa verso la sua direzione senza però guardarla, almeno non direttamente. Scorse il volto della ragazza nascosto sotto il cappuccio, i suoi occhi fissi in un punto davanti a sé, le labbra rosse che stonavano con il bianco di quella pelle che sembrava di porcellana.

Alcuni ciuffi dei suoi capelli si liberavano, solleticandole la fronte e le guance.

Non credevo ci saresti riuscita. Sei stata brava.”

Alyssa non poté credere al suono di quelle parole; Near non era un ragazzo che si lasciava andare a parole di stima con quella facilità. Anzi, raramente pronunciava frasi con sentimento, celava ogni parole dietro la sua pacata freddezza senza sbilanciarsi più di tanto, come se non volesse mettere in piano alcuna emozione. Si voltò verso di lui, il ragazzino era ancora freddo e fissava impassibile un punto davanti a loro.

Brava?” ripeté lei confusa,ma vagamente divertita. “A fare cosa scusa?”

Near non rispose subito, abbassò gli occhi scuri sulla neve ai loro piedi e continuò ad attorcigliare un ciuffo intorno alle sue dita. A prima vista sembrava un bambino,ma aveva una logica e una padronanza di pensiero e linguaggio che sembrava davvero un adulto. Più di lei, sicuramente.

Quando qualcuno si perde con quella facilità, è difficile ritrovare la strada giusta.” disse solo.

Alyssa corrugò la fronte; capì che Near doveva riferirsi al periodo in cui la bottiglia e la siringa erano state le sue migliori, pazze e sbagliate amiche. Per un attimo pensò che una persona così giovane non doveva essere a conoscenza di certe realtà e di certi esempi come lei.

Poi ricordò che si stava parlando di Near e, anche se era molto giovane, conosceva già i mali del mondo.

Mello mi ha aiutata a dire il vero, anche se mi costa ammetterlo. A suon di brutte parole, ma lo ha fatto.” rispose, tornando a guardare un punto davanti a sé, oltre l'inferriata di quel cancello.

Si pentì di essersi lasciata andare a quella confessione, poiché aveva ripromesso di chiudere sé stessa in un guscio. Ma con Near al suo fianco le parve impossibile.

Poi successe una cosa che la destabilizzò.

Near volse lo sguardo verso di lei; sentiva i suoi occhi indagatori sopra la pelle del viso e si sentì pietrificare. Il ragazzo si concesse un lungo attimo di silenzio prima di parlare, secondi in cui la ragazza avrebbe tanto voluto sapere cosa aveva in mente di dirle.

Un puzzle non si lascia mai incompleto.” disse lui, con voce fredda e impassibile. Alyssa si voltò a guardarlo. “Ma deve essere completato da qualcuno che possiede la stessa mano di chi lo ha iniziato e abbandonato.”

La ragazza comprese subito dove voleva arrivare Near. Non ci voleva un genio per intuire il messaggio nascosto dietro quelle parole. Lui sapeva che lei sarebbe subito arrivata al vero significato di quelle parole, così non disse nient'altro che potesse fungere da spiegazione.

L'erede di Elle.

Quattro parole che Alyssa odiava a morte. Perché trovare un suo erede, era praticamente impossibile.

E quasi ingiusto, perché Elle doveva essere ancora in vita in quel momento. Strinse i pugni sulle catene dell'altalena e si morse il labbro. Near e Mello vantavano di ingegno, intelligenza e spirito di giustizia, ma non erano al livello che possedeva il detective.

Elle pensò a te o Mello come suoi possibili successori...ma è morto prima di poter davvero scegliere.” La ragazza inarcò le sopracciglia, Near la fissò con attenzione sapendo già cosa lei stesse per chiedergli, ancor prima che il pensiero si tramutasse in parole. “Io sapevo questa storia dell'”erede”, mi aveva detto di voi una volta. Quindi perché me lo stai ricordando?”

Near rimase un attimo in silenzio, piegò la testa da un lato e puntò gli occhi verso il cielo, sentendo di averli avvicinati per troppo tempo al volto pallido di Alyssa. “Perché Kira spetta trovarlo a me o Mello. Tu hai vissuto il tuo tempo accanto ad Elle e non puoi più cercarlo ormai.”

Ho rinunciato a trovare Kira, Near. Gliel'ho promesso.”

Sappiamo entrambi che la promessa non verrà mantenuta.” Near parlò prontamente, tanto che la ragazza non ebbe nemmeno il tempo di riprendere respiro. “Hai già dimostrato di essere vittima del dolore, delle tue emozioni e dei tuoi ricordi, così come la maggior parte degli esseri umani. Quindi è ovvio che cercherai di nuovo Kira, in preda alla vendetta.”

Calò il silenzio, nello stesso momento in cui i fiocchi di neve quasi smisero di scendere sulla terra.

Alyssa non distolse mai lo sguardo da Near, dal suo volto freddo e dai suoi occhi che erano fissi in un punto davanti a loro. “E anche se fosse? Che t'importa? Non penso tu ti stia preoccupando per me.” gli disse.

No, infatti.” rispose prontamente Near. “Ma le sue ultime volontà furono quelle di tenerti lontana dal caso e se io voglio essere il suo erede, voglio rispettare il suo volere. Ed è ciò che farò.”

La ragazza non seppe cosa dire. Ricordò un episodio, poco dopo la morte di Elle, in cui aveva sentito il ragazzino dare dell'incompetente ad Elle per non essere riuscito a completare il puzzle e le mancò davvero poco per andare in bestia. Ma, allora, comprese che Near nutriva una profonda stima nei confronti del detective, solo che non lo dava a vedere.

Alyssa?”

L'attenzione della ragazza venne strappata via da Near; guardò Roger alle loro spalle che stava procedendo verso loro, la porta della Wammy's house leggermente schiusa e che lasciava intravedere l'oscurità all'interno. L'uomo aveva lo sguardo serio rivolto verso di lei, sotto le spessi lenti degli occhiali e in mano teneva una lettera aperta, che tese prontamente verso di lei. “È per te.”

La ragazza lanciò un'occhiata a Near, che rimase impassibile ad osservare un punto di fronte a sé e si alzò in piedi, avvicinandosi all'uomo. Dopo un attimo di titubanza e confusione, prese la lettera tra le mani e la lesse.

Un indirizzo.

Anche nella morte, Elle aveva realizzato il suo sogno.

* * * *

Alyssa sapeva che doveva essere tra loro.

Aveva osservato per tutto il primo pomeriggio programmi e programmi in favore di Kira, tutti diretti da idioti che si credevano ministri del suo regno, un regno che doveva finire. Abbassò lo sguardo sul marciapiede, mentre continuava a camminare in direzione della sua auto, posteggiata a pochi metri di distanza.

Doveva essere così.

Light aveva passato il quaderno a qualcuno che sostenesse la sua causa con forza e determinazione, qualcuno che fosse così perso in quegli ideali distorti di giustizia che lui aveva portato nel mondo, da macchiarsi le mani di sangue in suo nome. Nella maggior parte dei programmi in favore di Kira aveva sempre preso parola un uomo, un pubblico ministero, di nome Teru Mikami. La ragazza era rimasta più volte ad osservarlo nello schermo, a guardare quegli occhi scuri che si illuminavano ogni volta che le labbra pronunciavano il nome di Kira, quella luce oscura e spaventosa che rasentava la folle credenza in quei valori di morte e sangue che lo stesso Kira aveva portato nel mondo.

Pensare che, anni prima, a causa del suo trauma con William lei poteva davvero pensarla come quell'uomo le fece venire i brividi.

Tutti i pensieri vennero annullati all'istante, quando vide due ombre avvicinarsi a lei.

All'inizio era così concentrata a guardare i bordi rovinati del marciapiede, che credette fossero solo due persone che camminavano con lei lungo la strada. Alzando lo sguardo però, si rese conto che quelle due sagome le conosceva e che stavano muovendosi di proposito verso lei.

Si fermò di colpo e loro fecero lo stesso.

La folla continuò a disperdersi attorno ai loro corpi immobili, incurante degli sguardi che i tre si stavano lanciando. Alyssa ebbe un tuffo al cuore; se loro erano lì, voleva dire che lui si era davvero tirato fuori dalla brutta situazione in cui Kira lo aveva gettato. Sbatté più volte le palpebre, prendendo un lungo respiro.

Voi? Che ci fate qui?” domandò, guardando prima la donna poi il suo collega.

Halle Lidner la guardava più severamente rispetto a Stephen Gevanni; i suoi occhi chiari erano fissi sul volto della ragazza e le labbra rosse erano talmente strette da sembrare un'unica linea retta. Gevanni fece scorrere lo sguardo attorno a sé con fare circospetto, come per assicurarsi che nessuno li stesse guardando. “Devi venire con noi, Alyssa.” disse, facendo un passo verso lei e parlando con un tono di voce più basso.

Perché dovrei?” chiese lei di rimando, lanciando un'occhiataccia a Lidner che non la smetteva di osservarla con fare inquisitorio.

Quest'ultima affilò di più lo sguardo. “Perché altrimenti ti spariamo qui all'istante.” le disse, a suon di provocazione.

Alyssa non le rispose e per un attimo le balenò alla mente il motivo per cui quella donna la trovasse poco simpatica; forse lo scherzetto di Mello della doccia non era stato di suo gradimento. Tornò a guardare Gevanni, che sembrava più pacato e tranquillo nei suoi confronti. “Lui ti vuole brevemente parlare.” disse solo, per spiegarle in poche parole il perché loro erano là.

Alyssa lo guardò in silenzio, trattenendo quasi il respiro. Non doveva importargliene nulla di Near, eppure era stata giorni in trepidante attesa di sapere come stesse e, allora che ne aveva avuto la certezza, si sentiva quasi sollevata. Voleva chiedere se stava bene, come una mamma che voleva avere mille e mille certezze sul proprio figlio, ma poi decise di tacere, sentendosi ridicola. “Ok, ma ho poco tempo.” disse freddamente.

Nel giro di una mezz'ora, la macchina guidata da Gevanni giunse in una zona centrale di Tokyo, una specie di hotel che faceva invidia a quello in cui risiedevano Mello e Matt. I due la condussero verso l'ultimo piano dell'edificio e Alyssa provò uno strano senso di familiarità nell'avanzare lungo quel corridoio, come se stesse rivivendo un deja vu di sé stessa anni prima. Peccato che il soggetto in questione era cambiato.

Lidner non le lasciò mai il braccio, cingendolo fortemente con una mano, e la ragazza non disse nulla al riguardo per non entrare in discussione con lei. Uno strano senso di ansia la pervadeva, al pensiero che stava per incontrare Near dopo anni e non sapeva ben spiegarsi il motivo.

Giunsero di fronte ad una porta scorrevole, che si aprì rapidamente al loro passaggio, e giunsero in una piccola e buia stanza. I monitor sulla parete frontale propagavano la loro pallida luce sul pavimento e sui muri, mentre un uomo, che Alyssa riconobbe con il nome di Rester, se ne stava in piedi accanto ad essi, immobile quasi come una statua. La stanza non era ricca di molti arredamenti, eccetto un tavolo centrale in legno su cui era posta una costruzione in lego e una sedia girevole sopra cui era seduta una minuta figura che dava loro le spalle.

Nonostante la poca luce, Alyssa riconobbe subito Near: era seduto in una posizione scomposta, lontanamente simile a quella che assumeva sempre Elle, e stava attorcigliandosi un ciuffo di capelli attorno alle dita. Quel gesto abituale aveva un che di irritante ma allo stesso tempo ipnotico; anche se non lo si voleva guardare, si era costretti a farlo.

Buonasera Alyssa.” Near ruppe il silenzio, con la sua voce fredda.

Alyssa giurò di non aver mai sentito una qualche emozione colorarla. Tutte le parole che avevano lasciato quelle labbra erano state pronunciate con lo stesso tono distaccato che lui era solito avere.

Se ne uscì con un banale “Ciao” e lasciò scorrere lo sguardo lungo il pavimento, dove si trovavano diversi giocattoli e pupazzi. Le sfuggì un sorriso; tra dolci, sigarette, tavolette di cioccolato e giocattoli, ogni genio aveva la sua folle ossessione.

Caspita, questa sarei io?” Alyssa si avvicinò a Near, ignorando la mano di Lidner che prese a stritolarla appena lei si mosse. Fortunatamente Gevanni le fece segno di lasciarla andare e Alyssa poté muoversi verso un punto accanto al ragazzo. Near non la guardò nemmeno, ma con la coda dell'occhio la vide chinarsi su uno dei suoi pupazzi e prenderlo tra le mani.

Alyssa guardò la sua versione in miniatura e storse il naso. Era priva di braccia e gambe come gli altri pupazzi, i capelli erano lunghi e neri, la faccia era tutt'occhi, di un colore verde intenso e le labbra spalancate in una specie di ghigno. “Sono così brutta? Pure quello di Mello non scherza però.” Alyssa abbassò lo sguardo sul pupazzo che rappresentava Mello, caratterizzato da due spessi incisivi bianchi che protendevano dalle sue labbra.

Tu sai perché ti ho fatta chiamare qui, vero?” le chiese Near, continuando a guardare un punto di fronte a sé, perso nei tasselli delle costruzioni.

Alyssa si voltò verso di lui, tornando improvvisamente seria; guardò gli occhi scuri e disinteressati del ragazzo e sbatté più volte le palpebre. Sì, sapeva perché era lì.

Hai scoperto il giochetto che ho fatto con Nelson.” disse, portandosi le mani sui fianchi e restando accanto al tavolo. “Mello però non l'ha presa male.”

Il ragazzo non si stupì di quell'ultima frase; se Mello e Alyssa avevano una cosa in comune, era l'impulsività.

Near non rispose subito, lasciò scendere il silenzio tra le pareti di quella stanza e continuò ad attorcigliarsi un ciuffo di capelli attorno all'indice. “Veramente, sappiamo tutti e due che il secondo Elle, ossia Kira, sospetta che tu sia tornata per vendetta e non per altro.” iniziò a dire. Alyssa non si stupì di sentire quelle parole, anche lei sapeva che Light non era stupido e aveva capito che c'era qualcosa sotto, riguardo il suo ritorno. Ma la guerra è più divertente, quando il nemico sa che deve guardarsi le spalle.“Quindi, ciò che hai fatto scrivere a quell'uomo prima di uccidersi, gli darà solo un'ulteriore conferma che sei coinvolta nella lotta contro di lui. La cosa non mi tange”

Questo nuovo mondo sta per finire.

Erano quelle le parole che Alyssa aveva trovato il modo di far scrivere a quel pregiudicato, sparatosi in un vicolo. Come Light lanciò tempo prima un messaggio ad Elle in cui diceva che gli shinigami mangiavano solo mele, lei fece lo stesso. Semplicemente per fargli capire, che il suo tempo era ormai giunto.

Allora, perché mi hai fatto venire qui?” gli chiese.

La cosa che mi fa pensare, è che l'uomo che hai chiesto a Nelson di uccidere, lanciando poi quella dichiarazione di guerra a Kira, è legato a quello che Mello uccise per crearsi il suo gruppo.” continuò Near, fissando ancora un punto fermo davanti a sé.

Alyssa non si provò sorpresa nemmeno nel sentire quelle parole.

Era arrivato Mello a quella conclusione, Near non era da meno. Abbassò lo sguardo imbarazzata e si morse con forza le labbra. “Erano due mafiosi che hanno rovinato un mucchio di vite. Sarebbero comunque morti in qualche faida o in galera, non mi sento in colpa per questo...”

Ma qualcosa dentro di lei dissentì. Lei si sentiva comunque sporca nell'aver fatto uccidere quei due uomini, così come si sentiva in colpa per aver ordinato il rapimento di Sayu Yagami e causato la morte di Soichiro Yagami. Non aveva previsto quell'ultimo avvenimento e mai e poi mai lo aveva preso in considerazione.

Si accorse di aver perso la sua maschera di freddezza e la indossò nuovamente.

Fece per dire qualcosa, ma Near la interruppe. “Chi stai proteggendo?”

Calò un glaciale silenzio. Alyssa osservò con attenzione il volto pallido di Near, su cui i monitor di fronte a lui giocavano uno strano ballo di luci e ombre. Si era persino dimenticata di non essere sola con lui e lanciò un'occhiata imbarazzata ai tre agenti che la osservavano con un'attenzione che trovò quasi pressante.

Abbassò lo sguardo, ignorando il rossore che le stava salendo alle gote e lanciò un'occhiata verso Near.

Nessuno. Sto solo facendo ciò che è giusto per combattere Kira, tutto qui.”

Non mentire, puoi farlo a te stessa, ma non con me.” Near la interruppe di nuovo, quasi come farebbe un maestro che sottolinea un'imperfezione nell'interrogazione in un alunno. Alyssa tacette diversi istanti, sentendosi quasi una stolta nel farsi scoprire con quella stessa facilità da Near.

Anche se non si trattava di un normale ragazzino, bensì di un genio.

Alyssa spalancò le braccia, lasciandosi andare ad un impeto di irritazione. “Andiamo, che ti importa? Sappiamo tutti e due che il vero motivo per cui sono qui è perché mi consideri un intralcio alle tue indagini.”

Near non rispose subito, non era da lui affermare un'ipotesi scontata oppure negarla per far sentire meglio Alyssa. La ragazza non seppe come sentirsi di fronte a quel silenzio, una strana sensazione di vuoto la pervase ma non seppe definire se riguardo a ciò che Near e Mello avevano sottolineato nei riguardi di Bretovic oppure perché entrambi la facevano sentire come una palla al piede.

Optò per la prima considerazione, alla seconda era talmente abituata che nemmeno ci fece più caso.

Come ti dissi anni fa, io sarò il vero successore di Elle ed è mio dovere rispettare le sue ultime volontà.” Near volse lo sguardo verso di lei e per la prima volta in quella giornata la ragazza si ritrovò ad osservare le sue iridi scurissime e penetranti. Spesso non si rendeva nemmeno conto di trovarsi di fronte un ragazzino e non un adulto. “Diciamo che è anche questo uno dei motivi per cui ti chiederei di stare fuori da questa storia. Anche perché spetta a me o a Mello concludere l'operato di Elle.”

Calò di nuovo il silenzio e Near distolse lo sguardo dal volto della ragazza che si sentì sempre più infervorata.

Si morse il labbro e volse lo sguardo verso un punto sui monitor, sperando di non lasciarsi andare ad uno scatto d'ira.

Prese un lungo respiro e sentì di nuovo la calma affluire in lei. “Non ti parlo di sentimenti Near, perché so che non ti piace comprenderli eccetera eccetera....” disse, decidendo anche di non parlare di ciò che ancora provava per Elle dopo anni e anni dalla sua morte perché faceva male persino a lei. “Ma io non mi tiro fuori da questa storia, mi dispiace. Il puzzle l'ho iniziato in parte anche io e tu non hai alcun diritto di dirmi di farmi da parte. Quindi, hai perso minuti del tuo tempo con una persona testarda che non cambierà idea e che continuerà a perseguire la vendetta. Scusami.”

Calò il silenzio, talmente pesante in quelle strette pareti che quasi Alyssa lo sentì pesare sul suo respiro. Near non disse nulla, lasciò un ciuffo di capelli e prese a giocarne con un altro.

Come vuoi, il mio era solo un consiglio.” disse.

Consiglio? Alyssa lo trovò azzardato come termine per definire le parole di Near. Lui non era tipo che dispensava consigli, ma che elaborava teorie ed ipotesi su idee fondate.

Se voleva farla desistere dal vendicarsi di Kira, lo avrebbe fatto. Eppure lui sembrava non voler aggiungere altro. “Posso...andare ora?” chiese lei, spalancando le braccia.

Sì, puoi andare.”

Ledner si avvicinò alla ragazza insieme a Gevanni, appena Near pronunciò quelle tre semplici parole. La condussero lentamente verso la porta scorrevole, ma Alyssa si fermò di colpo quando sentì la voce di Near.

Giocare questo folle gioco della donna priva di sentimento non funzionerà, Alyssa.” disse. “Le maschere cadono sempre e tu lo sai molto bene.”

Alyssa fissò un punto in fondo al corridoio, non disse nulla riguardo quella frase di Near ma si limitò a chiudere un attimo le palpebre pensierosa. “Sono contenta che tu stia bene, Near.” disse solo, ponendo un punto a quella discussione.

E, mentre si allontanava, aspettò quasi una risposta dal ragazzo che, però, non arrivò mai.

* * * *

Aveva proprio bisogno di farsi una bella doccia.

Lasciò scorrere l'acqua tiepida sulla pelle, sentendola rilassarsi sempre di più sotto quelle gocce bollenti che cadevano su di essa. Tenne la fronte posata sul muro in mattonelle, mentre il getto della doccia spruzzava con forza sopra la sua testa, massaggiandola però quasi con dolcezza. Lasciò gli occhi chiusi, un modo per non pensare a nulla di quello che era successo in quella giornata ma il ricordo della parole di Near tornava prepotentemente a farsi sentire dentro la sua testa.

E non poté fare a meno di sentire nuovamente la presenza di Elle.

Anche se lui non era più, almeno fisicamente, con lei, la ragazza sembrava avvertirlo in ogni singola parola, in ogni singolo gesto, in ogni singolo angolo di quel mondo che la circondava e che aveva imparato ad odiare e disprezzare, come mai aveva fatto prima.

Odiava ammetterlo, ma vedeva molto di lui anche in Mello e Near.

Non li considerava certo capaci di eguagliarlo, ma lottavano in nome di una causa che lui aveva iniziato, che lui avrebbe dovuto portare a termine se qualcuno non gli avesse strappato via la vita con codardia.

E lei sentiva di stare per rovinare tutto.

Perché il senso di colpa di essersi affidata alla vendetta stava iniziando a logorarla, malgrado avesse deciso di relegare tutte le sue emozioni in un angolo della sua mente, impedendo loro di vivere e di farla stare male.

Soichiro Yagami. Goran Bretovic.

Riusciva a comprendere il ribrezzo che provava per sé stessa quando pensava al prima, ma non capiva il perché provasse una cosa simile anche per il secondo. Lui aveva meritato la morte, aveva rovinato talmente tante vite che non era degno di vivere la sua.

Ma la discussione con Near aveva fatto scattare qualcosa anche a quel proposito.

Si sforzò di non pensarci e di riprendere controllo di quegli uragani dentro di sé, per impedir loro di non farla ragionare come doveva.

Chiuse l'acqua e si preparò ad uscire, indossando un lungo asciugamano bianco e lasciandosi cadere pesantemente i capelli sulla spalla sinistra. Si diresse verso la porta, aprendola lentamente e lasciando che la fioca luce rossa che illuminava il bagno si propagasse sul pavimento del corridoio scuro.

Appena ne varcò la soglia, sussultò e si portò una mano sul petto, sotto cui il cuore batteva impazzito.

Fissò Mello, nascosto nel buio del corridoio con la schiena appoggiata sulla parete accanto allo stipite della porta. La fissava freddo, impassibile e i suoi occhi chiari erano l'unica cosa che Alyssa riuscì a scorgere nel buio, grazie alle luci che brillavano nel panorama notturno, fuori dalla finestra del salone alla loro destra.

Senti, Pshyco, togliti questa tua mania di rompere le scatole a chi si fa la doccia!” lo rimproverò a denti stretti, cercando di riprendere controllo del proprio respiro.

Hai incontrato Near?” Mello non diede adito alla battuta della ragazza e scrutò con attenzione il volto pallido della giovane, mentre assumeva un aspetto quasi umano.

Lei serrò le labbra, riducendole ad una linea retta e annuì lentamente. “Sei sempre informato sui miei movimenti, vedo...” gli disse.

Beh dovresti sapere che dopo il tuo giochetto di qualche giorno fa, mi fido di te molto meno di quanto già non facessi prima.” rispose lui, pungente come al solito. In quel momento, la ragazza si accorse che lui aveva in mano una tavoletta di cioccolato fondente ancora completamente intatta. Ne tirò rumorosamente un morso, causando un suono fastidioso che si scontrò con il silenzio di quel corridoio. “Cosa voleva l'omino bianco?”

Alyssa accese le luci del corridoio e finalmente lo guardò in viso, la cicatrice che il ragazzo aveva in volto ancora le risultava quasi irreale. “La storia della promessa che ho fatto ad Elle...vuole che io molli per questo motivo, ma sappiamo tutti che, più che altro, si tratta di una sua comodità. Mi considera fastidiosa quasi quanto mi consideri tu.”

Mello non rispose, ma non si lasciò sfuggire il modo in cui la ragazza non sosteneva il suo sguardo. Le sue iridi verdi erano fisse sul pavimento, scrutandone meticolosamente ogni angolo, come se in quel vuoto volesse trovare la forza necessaria per trattenere qualcosa che si portava dentro.

Aveva sempre pensato che la sua maschera fredda sarebbe caduta subito, sopratutto dopo ciò che aveva scoperto con Bretovic, ma lo infastidiva e non poco il fatto che fosse stato Near a causarle quell'effetto.

Cos'è? Hai delle emozioni adesso, K.?” le chiese, affilando lo sguardo e parandosi davanti a lei.

Alyssa alzò lo sguardo su di lui, come se quelle parole fossero un'offesa.

Scosse rapidamente la testa. “No, voglio solo catturare Kira al più presto.” rispose, come se quel suo desiderio di vendetta non implicasse alcuna emozione. Anche se in viso se ne vedevano troppe unite insieme.

Ti ha detto altro?” chiese poi Mello, cercando di non pensare a come il volto di Alyssa sembrasse più umano in quel momento.

Lei sospirò e scosse la testa. “Se vuoi sapere se è qualche passo davanti a te, non lo è.” disse, spalancando le braccia e scuotendo la testa. “Eccetto il fatto che è in diretto contatto con Kira, non ha nulla più di te. E il contatto con quel bastardo, per te, sono io perciò...la battaglia non è sbilanciata.”

Mello non disse nulla. Non mostrò alcun stupore nel sentire la risposta di Alyssa, lei aveva subito compreso cosa si nascondeva dietro le vere parole di Mello e gli aveva risposto direttamente.

Si voltò verso la finestra e tirò un altro morso alla tavoletta di cioccolata.

Alyssa abbassò lo sguardo, ascoltando nuovamente l'eco delle parole di Near rimbombare nella sua mente. Non seppe perché, ma ingenuamente si chiese se lui,e anche Mello, non avessero solo intenzioni professionali nel rapportarsi con lei.

In fondo, lei era l'ultimo tramite legato direttamente ad Elle rimasto in vita e loro lavoravano per una sua causa. Senza contare il fatto, che erano tutti e tre cresciuti nello stesso luogo, anche se in tempi diversi. “Dimmi la verità, Mello. Tu mi hai...aiutata, solo perché mi consideravi patetica o perché siamo legati?” gli chiese, rendendosi poi conto che quella domanda era in evidente contrasto con i discorsi di poco prima.

Mello corrugò la fronte e si voltò verso di lei, Alyssa abbassò quasi timidamente lo sguardo, resasi conto che aveva di nuovo dato spago alle proprie sensazioni, cosa che si era ripromessa di non fare più. “Mi stai chiedendo una cosa tipo...se ti voglio bene?” le chiese, con fastidioso sarcasmo.

Senti, marshmello, non mi interessa se ti sto simpatica o meno e non mi importa nemmeno di violare la tua virilità....dico solo che anche tu e Near avete dei sentimenti che nascondete. Proprio come faceva Elle...proprio come sto cercando inutilmente di fare io. E delle volte mi pare quasi che mi trattiate come una specie di vedova nera da compatire, ma non è così.”

Mello la guardò confuso, per la prima volta non riusciva a capire cosa volesse dire la ragazza.

Lei abbassò gli occhi sulle proprie dita intrecciate. “Se fossi davvero fredda, non mi sentirei in colpa per Soichiro Yagami, non mi sentirei uno schifo per essermi drogata in passato...e non proverei nemmeno ribrezzo per averti fatto uccidere Bretovic. Il problema è che sono così stupida da voler essere come voi per potermi vendicare di Kira...ma non ci sono mai riuscita e forse è per questo che Elle è morto e io sono costretta a mandare avanti una lotta che vorrei tanto esser forte abbastanza da combattere da sola.”

Alyssa socchiuse le palpebre, osservando la sua ombra e quella di Mello che si allungavano lungo la parte alla sua sinistra. Mello rimase scioccato da quella confessione, sembrava quasi che Alyssa si stesse sfogando, ma lo stava facendo con la persona sbagliata.

Il tuo vero problema è che ti sei sempre pentita di non essere morta con Elle. Ma così facendo mandi all'aria tutto.” la rimproverò duramente Mello, in modo che potesse scuotere quel lieve flusso di emozioni che la stava attraversando. “Perciò smettila, oppure puoi anche occupartene da sola di dare la caccia a Kira. Io non ci sto a farmi mettere i bastoni tra le ruote da te.”

Alyssa serrò la mascella e lo fissò con sfida. “Questa tua ostilità nei miei confronti mi ha seriamente rotto le scatole, sai?” gli disse dopo alcuni secondi di silenzio, anche se doveva ammettere che la sua rudezza, la sua totale diffidenza nei confronti degli stati d'animi umani, era proprio qualcosa di cui aveva bisogno per schiodarsi dalla testa le parole che Near le aveva detto.

Non sapeva se essergliene grata o se odiarlo per questo.

Il ragazzo fece per rispondere, ma la sua voce venne soffocata dal lieve bussare di qualcuno alla porta d'ingresso dell'appartamento. I due si voltarono di scatto a guardare il legno bianco alle sue spalle, dietro cui una mano doveva essersi adagiata.

Non mi dire che devi fare salotto con la tua amichetta oca, ora?” disse Mello a denti stretti, ma Alyssa scosse la testa prontamente, mostrando evidente confusione. “Non aspettavo nessuno..” disse.

Qualcuno bussò di nuovo e allora Mello decise di nascondersi nel buio salotto, in modo che l'ospite non lo vedesse, mentre la ragazza si avviava verso la porta.

Ma quando la sua mano si avvicinò al pomello, provò uno strano senso di ansia.

Come se sentisse che la persona dietro quella porta l'avrebbe profondamente turbata...o sollevata.

Era una sensazione strana e difficile da definire, ma la scacciò scuotendo lentamente la testa.

Quando aprì la porta però, tutte le sue ansie presero forma.

I suoi occhi si posarono sull'esile figura davanti a sé, mentre il cuore prese a batterle ritmicamente nel petto. Osservò quegli occhi verdi che sembravano rispecchiare i suoi, quei capelli a caschetto neri e lucenti come le piume di un corvo e che circondavano dolcemente il volto pallido e marmoreo. Le labbra rosse e carnose erano allargate in un sorriso quasi timido, che bloccò per un attimo il cuore della ragazza.

La donna indossava un cappotto nero che metteva in risalto la sua forma longilinea, la mani si muovevano nervosamente dentro le tasche.

Coraline...” sussurrò Alyssa, ancora in balia della sorpresa.

La donna sorrise più largamente e gli occhi si ridussero quasi a due fessure. “Ciao Alyssa.” disse.

* * * *

Odiava quel freddo.

Malgrado dovesse essere nella sua natura, viste le sue origini legate a quella neve e a quel clima così rigido, Alyssa non riusciva proprio ad amarlo. San Pietroburgo era una città bellissima, che affascinava e allo stesso tempo tormentava il suo sguardo intento a sfuggire da tutta quella maestosità, ma vivere con quel freddo glaciale le parve un'ipotesi impossibile.

Si fermò in una stretta stradina ricoperta di neve; diverse case a schiera e dalle pareti semi rovinate si susseguivano lungo quella salita, che sembrava portare verso il cielo bianco latte.

Tremò sotto i pesanti abiti e infilò una mano nella tasca, alla ricerca del biglietto che le era stato recapitato giorni prima.

Lesse l'indirizzo scritto su di esso e lo cercò tra le pareti che la circondavano; fortunatamente sapeva leggere il cirillico, quindi non si fece molti problemi ad individuare la strada che doveva prendere.

Si mosse rapida lungo la strada, malgrado il ghiaccio e la neve sotto le suole dei suoi scarponi non le garantissero nessuna agilità, e finalmente raggiunse la casa che stava cercando.

Si assicurò nuovamente che l'indirizzo fosse quello giusto, ma non per aver un'ulteriore certezza, bensì perché voleva avere davvero il coraggio di salire quegli scalini che l'avrebbero accompagnata alla porta e suonare quel maledetto campanello.

Pensò di essere stanca di fuggire, di trovare scappatoie come aveva fatto con l'alcool e la droga e si decise ad affrontare a muso duro la vita che l'attendeva. E di rendere grazie ad Elle, visto che quel dono dall'aldilà era la prova che lui le fosse ancora vicino, più di quanto avesse mai pensato.

Salì gli scalini, rischiando più volte di scivolare, e raggiunse il campanello, completamente bagnato dalla neve che incessantemente continuava a cadere.

Suonò due volte, osservando le pareti della casa con aria curiosa: non era una dimora maestosa, ma nemmeno umilissima. Probabilmente Coraline apparteneva comunque ad una classe abbiente.

Visto lo scenario che c'era dietro la sua famiglia, Alyssa non lo avrebbe mai detto.

La porta venne aperta pochi istanti dopo e sulla soglia apparve una donna sulla cinquantina, con indosso una pesante vestaglia scura e gli occhi verdi affilati, rivolti verso l'esile e piccola figura che aveva di fronte a sé.

Non parlò, i suoi occhi ormai avevano riconosciuto quei lineamenti, quello sguardo, quel portamento davvero troppo simili a quelli che possedeva lei.

Alyssa non seppe se sorridere, piangere, scappare...non fece nulla e restò a fissare immobile e inerte quello che sembrava essere il riflesso di sé stessa in un lontano futuro.

La donna sbatté più volte le palpebre, la sorpresa e la malinconia mascherarono il suo pallido volto. “Tu....” disse in russo.

Alyssa serrò le labbra, voleva bloccare quelle parole che stavano per uscirle spontaneamente, senza che lei potesse fermarle.

Ciao mamma.”

Ri-ciao a tutti! :D

Spero che il capitolo vi sia piaciuto, che non vi abbia deluso e che non sia troppo pesante. Scriverlo è stato davvero un parto gemellare. -.-''

Scusate anche l'immane ritardo con cui aggiorno...lo so, sono da prendere a spangate.

Ci tenevo a fare un'altra precisazione (colpa di una mia mancanza, avrei dovuto scriverlo nelle note d'autrice dello scorso capitolo): come si è ben capito, il periodo di droga e alcool di Alyssa è finito (lo era anche prima che lo modificassi) e il tatuaggio è legato ad una delle tante cavolate che la ragazza ha fatto in quel periodo. Mi scuso ancora per le modifiche apportate, ma il parere di alcuni lettori nello scorso capitolo mi hanno particolarmente colpita (in maniera positiva ovviamente) e la mia paura che voi poteste “odiare” la nuova Alyssa (o comunque rimpiangere quella vecchia) mi sarebbe molto dispiaciuto. Quindi, ho deciso di renderla più simile a prima, anche se un pò più fredda.

Ora, passo alla vera nota dolente di questo capitolo: Near.

Non è un personaggio per cui vado pazza a dir la verità e l'ho trovato molto difficile da gestire, spero che non sia comunque risultato OOC (ormai 'ste tre lettere sono diventate il mio incubo xD) e che abbia quindi mantenuto il suo carattere così com'è. Nel prossimo capitolo verrà spiegata meglio la faccenda di Coraline e di Bretovic che, ovviamente, non è stata ben chiara in questo capitolo.

La frase “Ma è ben provato che con un'aria devota e un azione pia inzuccheriamo lo stesso diavolo.” è sempre presa dal film “V per vendetta” e appartiene a William Shakespeare-Amleto.

Ora passo ai ringraziamenti: grazie a chi legge questa storia, sia in silenzio e sia chi recensisce. Ne approfitto anche per ringraziare di nuovo e di cuore la sincerità dei lettori che hanno espresso la loro opinione nello scorso capitolo e il cui parere mi è stato di molto aiuto davvero (tanto sapete che parlo di voi u.u poi vi ringrazierò anche personalmente)

Grazie anche a chi ha inserito questa storia tra le preferite/seguite e ricordate.

Alla prossima, buona serata! :D


  
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