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Autore: Aika Morgan    19/05/2012    8 recensioni
E, come Mycroft aveva predetto, Sherlock non smise mai di mettersi nei guai a causa delle sue deduzioni. Ne somministrava a chiunque: ai bidelli, ai compagni di classe più grandi, alle cassiere del supermercato, al giardiniere, ai vicini di casa.
Chiunque dotato di cervello lo avrebbe messo a tacere con una ciabatta in bocca o gli avrebbe negato il diritto di parola.
John Watson non era fra questi.
E non perché non fosse dotato di cervello, anzi. Era uno degli studenti più brillanti della scuola, di quelli che vincono le borse di studio e che sono una gioia per gli insegnanti.
John Watson ammirava Sherlock Holmes.
Nonostante fosse due anni più piccolo di lui e nonostante i loro caratteri fossero evidentemente agli antipodi.
John avrebbe voluto essere come Sherlock, a conti fatti. Gli piaceva studiare e avere buoni voti, solo che avrebbe voluto essere meno timido e più spigliato. Ammirava l'eloquenza di Sherlock, la sua decantata capacità di leggere le persone senza che queste aprissero bocca.
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Sherlock BBC'
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Di scuola e di amicizie nate per caso.

 

 

Intelligenza selettiva.

Sherlock aveva dovuto imparare a fare i conti con quella definizione sin da quando aveva undici anni. I suoi insegnanti, ai colloqui con le famiglie – in realtà la maggior parte delle volte era Mycroft quello che era costretto a fare le veci dei genitori – sembravano adorare ripetere quella frase fatta, ribadendo però che si trattasse esattamente un pregio.

– È intelligente, ma non si applica! O meglio, si applica solo quando vuole lui, con le materie che vuole lui! – squittiva la professoressa di inglese, una zitella sulla cinquantina che ogni volta sembrava volerci provare con Mycroft, all'epoca diciottenne.

Sherlock, che ogni volta era costretto a sorbirsi quelle noiosissime lavate di capo, assumeva un'aria contrita e dispiaciuta, cercando però di nascondere un ghignetto che non sfuggiva allo sguardo severo e austero del fratello.

– Oscilla continuamente fra una A e una F e non capisco cosa ci sia che non vada in lui! – si lamentava il professore di storia.

La tirata su quanto l'intelligenza selettiva diminuisse di molto le sue potenzialità era sempre accompagnata dalle lagnanze sul suo essere fondamentalmente un ragazzino viziato, abituato a fare solo ciò che voleva e dunque ad arrogarsi il diritto di decidere cosa andasse studiato e cosa no.

Mycroft era ormai abituato alla piega che prendevano questi colloqui: non si stupiva più di tanto nel sentir ripetere il solito discorso, né perdeva mai la pazienza quando cercava di farsi spiegare da Sherlock per quale motivo si ostinasse a fare di testa sua.

– La scuola è noiosa. – era l'unica risposta che usciva dalla sua bocca e che Mycroft doveva farsi bastare come unica spiegazione.

 

***

 

Quando Sherlock iniziò a frequentare le scuole superiori, le cose non cambiarono affatto. Anzi, se possibile, continuarono persino a peggiorare. Sherlock prese l'odiosa abitudine di analizzare i fatti privati dei suoi professori e iniziò ad usarli per sviare le domande alle quali non sapeva come rispondere perché ”la mia intelligenza selettiva ritiene superflui questi argomenti”.

Forse nemmeno gli era chiaro cosa volesse dire, intelligenza selettiva, forse aveva trasformato in un pregio quello che i suoi professori nel corso degli anni avevano bollato come pigrizia e svogliatezza.

Fatto sta che divenne memorabile per tutta la scuola – anche per gli studenti più grandi – il giorno in cui, al secondo anno, Sherlock affrontò il professore di geografia astronomica.

L'argomento sarebbe stato semplice per chiunque avesse ritenuto opportuno aprire i libri e sfogliarli almeno per dieci minuti, ma Sherlock non era stato della stessa opinione.

Dunque, Sherlock. Vorrei che mi parlassi del movimento di rotazione e rivoluzione del sole.

Silenzio.

Per un interminabile minuto Sherlock fissò negli occhi il professore, senza dire una parola.

Sherlock? Ti senti bene.

Ha litigato con sua moglie che le ha messo le corna e stanotte è andato via di casa.

L'uomo prima avvampò, poi impallidì.

Sherlock! Come diavolo... parlami dei movimenti di rotazione e rivoluzione del sole!

Si chiede come faccia a saperlo. Beh, in realtà è molto semplice: lei ha le occhiaie. Segno che stanotte non ha dormito. Poi continua a muovere il busto come se avesse mal di schiena, probabilmente il letto del motel nel quale ha preso una stanza era molto scomodo e doveva essere un motel di terza categoria visto che non c'erano spazzolino e dentifricio. Il suo alito puzza, sa di stantio.

L'uomo alzò un dito in alto, di nuovo paonazzo per la rabbia.

Ha fumato più del dovuto, dita sporche di tabacco. E la camicia che indossa non è stata stirata, quindi sua moglie non sta più con lei. Ma non si preoccupi, professore, sono certo che la professoressa Murray, che lei frequenta già da qualche mese e, a proposito, ha il colletto sporco del suo rossetto, potrà essere un buon modo per consolarsi.

I suoi compagni di classe erano allibiti dalla sfrontatezza e dalla freddezza con cui Sherlock stava parlando. Sarebbe stato più logico e indolore ammettere che non aveva studiato, piuttosto che comportarsi in modo così dissennato.

Tu... Tu.... Tu.

Il professore non riusciva nemmeno a parlare, tanto era sconvolto dall'essere stato umiliato in pubblico da un ragazzino di nemmeno sedici anni.

L'increscioso episodio si concluse in presidenza, con Mycroft che – a testa bassa – chiedeva scusa al posto del fratello e giurava che simili episodi non si sarebbero mai più ripetuti, una sospensione e un rapporto disciplinare che recitava:

Lo studente Sherlock Holmes, durante una interrogazione di geografia astronomica, invece di rispondere alle domande che gli venivano poste, ha iniziato ad inventare congetture offensive e irrispettose nei confronti della figura del suo insegnante. Per questi motivi si dispone la sua sospensione da scuola per tre giorni.

Io non ho congetturato proprio nulla! – protestò Sherlock nel leggere la nota – Ho detto solo quello che ho dedotto.

In seguito a queste parole Mycroft gli diede un pizzicotto sul gomito, intimorito dal fatto che il fratello potesse peggiorare ancora le cose.

I suoi genitori, informati del suo comportamento insolente, gli proibirono l'uso del suo personale laboratorio di chimica, situato nella cantina di casa, per una settimana, senza sapere che Sherlock ne custodiva già uno sotto il letto – nel caso gli fosse venuta voglia di sperimentare durante la notte – e che quindi non avrebbe troppo sofferto per quella punizione.

Mycroft, a quell'ingiunzione, si era limitato a sospirare. Sapeva che suo fratello difficilmente avrebbe smesso di mettersi nei guai a causa della sua odiosa tendenza a parlare troppo.

 

***

 

E, come Mycroft aveva predetto, Sherlock non smise mai di mettersi nei guai a causa delle sue deduzioni. Ne somministrava a chiunque: ai bidelli, ai compagni di classe più grandi, alle cassiere del supermercato, al giardiniere, ai vicini di casa.

Chiunque dotato di cervello lo avrebbe messo a tacere con una ciabatta in bocca o gli avrebbe negato il diritto di parola.

John Watson non era fra questi.

E non perché non fosse dotato di cervello, anzi. Era uno degli studenti più brillanti della scuola, di quelli che vincono le borse di studio e che sono una gioia per gli insegnanti.

John Watson ammirava Sherlock Holmes.

Nonostante fosse due anni più piccolo di lui e nonostante i loro caratteri fossero evidentemente agli antipodi.

John avrebbe voluto essere come Sherlock, a conti fatti. Gli piaceva studiare e avere buoni voti, solo che avrebbe voluto essere meno timido e più spigliato. Ammirava l'eloquenza di Sherlock, la sua decantata capacità di leggere le persone senza che queste aprissero bocca.

Certo, magari avrebbe cercato di essere meno sgradevole e più cordiale, ma gli sarebbe piaciuto avere quella faccia di bronzo e quella sfrontatezza che permetteva a Sherlock di tenere tutti sotto scacco.

Il giorno in cui Sherlock aveva rivelato a tutta la classe e tresche del professore di geografia astronomica, nel giro di un quarto d'ora la notizia aveva già fatto il giro della scuola, espandendosi a macchia d'olio.

John, che solitamente non amava i pettegolezzi, aveva cercato disperatamente di non venire trascinato nel vortice delle chiacchiere dal capannello di compagni di classe che parlavano solo di una cosa, ma quando aveva appreso che a diffondere la notizia era stato Sherlock, non aveva potuto fare a meno di interessarsi alla cosa.

La logica ferrea di Sherlock aveva colpito ancora e John non poteva non ammirarlo un po' di più adesso. Lui non sarebbe mai riuscito ad essere così, e un po' rimpiangeva la cosa: sapeva di essere assolutamente ordinario e che non avrebbe mai avuto il coraggio di rivolgersi in quel modo ad un professore.

Incontrò Sherlock dopo un paio di giorni, nei bagni della scuola, alla fine della seconda ora. Il ragazzino stava fumando una sigaretta, infischiandone del fatto che fosse orario di lezione e che comunque nei locali della scuola fosse proibito fumare.

Ehi. – lo salutò John educatamente. Riteneva che averlo incrociato più volte durante il cambio di aule giornaliero e avere lo stesso turno alla mensa li avesse elevati al grado di conoscenza nonostante in realtà non si fossero mai parlati. Del resto Sherlock non attaccava mai bottone con nessuno.

Mh. – fu il poco incoraggiante grugnito che ricevette come risposta.

John continuò a guardarlo, pensando che in realtà Sherlock nemmeno si fosse reso conto di non essere solo. Tutti parlavano spesso del suo pessimo carattere, del fatto che non avesse amici e che forse sempre solo.

Un po' John si sentiva simile a Sherlock in questo. Nemmeno lui aveva molte amicizie, preferiva studiare e stare sulle sue, senza dare troppo peso alla solitudine. Però pensava che avere un amico non sarebbe stato poi così male.

Essere amico di Sherlock però doveva essere interessante.

Avrebbe potuto proporglielo, anche se le amicizie di solito non nascono a tavolino, non si progettano. Eppure...

Che c'è? – la voce di Sherlock gli arrivò lontana, come da un'altra stanza.

Scusa?

Perché continui a guardarmi così? Vuoi una sigaretta?

Soffiò via il fumo con un gesto impaziente, lasciando che la cenere cadesse a terra.

No, no, io... Mi chiedevo...

Se volessi diventare mio amico.

Vuoi sapere come ho fatto a capire tutte quelle cose? O semplicemente vuoi complimentarti per il mio genio? In questi giorni non si parla d'altro.

Ecco, le voci di corridoio sulla sua proverbiale presunzione avevano ragione, a conti fatti. Sbuffava come se l'essere popolare gli desse fastidio, ma in realtà si vedeva che il suo ego era appagato.

Io, veramente...

John non sapeva come andare avanti.

Vuoi che ti dia ripetizioni di chimica? Sei all'ultimo anno, no? – Sherlock sollevò un sopracciglio.

John avrebbe voluto spiegargli che non era possibile che uno studente due anni più piccolo di lui si proponesse di aiutarlo a studiare: sarebbe di certo stato plausibile il contrario, forse. Invece, ciò che uscì dalla sua bocca fu:

Non ci conosciamo e già mi inviti a casa tua?

Sherlock arricciò il naso, chiuse gli occhi e dopo due secondi iniziò a sparare a macchinetta.

– Ti chiami John o Josh Watson, sul maglione hai ricamate le tue iniziali, segno che te l'ha fatto tua madre o tua nonna. Frequenti l'ultimo anno e sei fra gli studenti migliori, infatti hai le occhiaie perché passi le notti a studiare. Sei ansioso e hai le unghie mangiucchiate e in questo momento sei arrossito perché mai nessuno ha saputo descriverti meglio di così in diciassette anni di vita. Solo io potevo farlo in modo così preciso.

Rimase a bocca aperta, senza riuscire a proferir parola.

Okay, allora è deciso, ci vediamo domani, no? – John avrebbe giurato che Sherlock stesse sorridendo un po'.

No, scusa, io non so nemmeno se capisci qualcosa di chimica. Io non ti conosco.

Il mio nome è Sherlock Holmes e l'indirizzo è 221Baker Street. Ci vediamo domani pomeriggio alle cinque e mezza.

E uscì dal bagno, senza lasciargli il tempo di replicare.

 

***

 

Forse era giusto così.

Forse tutte le amicizie – anche le più strane – nascono in modo del tutto casuale.

Forse non c'era bisogno che programmasse il modo di cui lui e Sherlock sarebbero diventati amici.

Sherlock aveva già deciso per entrambi. Cosa, non gli era dato di saperlo. Quello che importava era che adesso John si sentiva meno solo.


 

 

 

____________

 

Avete presente la frase "va dove ti portano i tuoi personaggi"?

Ecco, questa fanfiction è la sua diretta applicazione. Era partita in un altro modo, senza una trama ben congetturata ed è andata avanti così, finendo per mostrarci John che vuol fare amicizia con Sherlock. A me sembrano un po' OOC, sono sempre molto insicura quando scrivo di loro ;__;

Ho timore che questa idea sia stata già usata, quindi se in giro avete notato qualcosa di simile segnalatemelo - anche se GIURO, non ho intenzione di plagiare nessuno.

Questa fanfiction partecipa al secondo turno dello Sherloton con il prompt #8 "Chiunque dotato di cervello ti metterebbe a tacere con una ciabatta in bocca" ed è un regalo posticipato per elysenda che l'altro giorno aveva un esame e che si meriterebbe una storia un po' più decente come regalo per averlo passato! *la spuccia*

E basta, credo.

Al solito sono ben accetti consigli/pareri/recensioni/spargimenti di amore (si spera!).

Un bacio,

Aika.


 

   
 
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