Sugar
From The Future
“Ehy mamma!
Che stai facendo lì sotto?”
Sugar scese a fatica le scale dello scantinato tenendo in
braccio Lord Tubbington Junior, l’enorme palla di pelo intenta a darsi una
ripulita con la lunga lingua ruvida.
“Che hai detto cara?!” le urlò la madre spegnendo il
saldatore e rimuovendo gli enormi occhiali protettivi, che le occupavano quasi
tre quarti del viso.
“Ho detto.. – si schiarì la voce.
.. Ho detto: che cosa
stai facendo mamma?”
“Oh ciao tesoro.”
Brittany abbandonò il saldatore sulla mensola e si avvicinò
alla figlia per stamparle un bacio in fronte.
“E ciao anche a te Tubby Jr. Proprio te cercavo.”
Prese il gatto dalle braccia della figlia e strofinò il naso
contro il suo morbido pelo.
L’enorme palla di pelo, interrotta mentre faceva un po’ di
pulizia generale, guardò la bionda quasi offeso.
“Mamma che combini? Perché cercavi Tubby?”
“Sugar…” Sussurrò lei avvicinandosi all’orecchio della
figlia.
“Sto lavorando alla macchina del tempo. Ssh, non dirlo a
mami però, mi raccomando!”
“Credo che mami già lo sappia.” ridacchiò Sugar.
“Ne sei sicura? Cioè insomma.. come fai ad esserne certa?” continuò
a sussurrare la bionda.
“Con tutto il rumore che fai qui sotto, non credi si sia
fatta qualche domanda?”
“Beh ma questo non significa che sappia, giusto? Cioè,
potrebbe solamente credere che stia lavorando a qualche progetto.. non per
niente mi sono laureata in ingegneria elettronica.”
“Giusto.” affermò la ragazza.
“Giusto.” ripeté la bionda appoggiando il gatto a terra.
Gli diede un’ultima grattatina sotto il mento, prima di
rivolgersi di nuovo alla figlia.
“Senti zuccherino.. ti andrebbe di aiutarmi per caso?”
“Certo che mi va!” rispose lei come se non aspettasse altro
che quella domanda.
“Cosa devo fare?! E questo a cosa serve? Oh, mi piace il
colore di quest’altro!” esclamò, trotterellando verso un paio di attrezzi da
lavoro.
“Quanta fretta, quanta fretta! - rise la bionda, spettinando
i lunghi capelli della figlia.
Prima ci sono un paio di regole da stabilire.”
Le diede un buffetto sul naso.
“Primo, assolutamente non avvicinarsi a quel saldatore quando
non sono presente anch’io. Potrebbe essere pericoloso e non voglio correre
rischi. Promettimelo.”
“Ok mamma, promesso.” sbuffò Sugar.
“Bene, procediamo. Secondo: mami non deve sapere che mi stai
aiutando, ok?”
“E.. e che succede se inizia a fare domande? Se per caso si
insospettisce e chiede cosa combiniamo qua sotto? Sai che mami inizia a fare un
sacco di domande quando è preoccupata.”
“Lo so bene. - ridacchiò Brittany.
Ma non ti preoccupare, a questo ci penso io. Se mami ti
chiede qualcosa, mi stai solo aiutando a montare un paio di sceneggiature per
il saggio di danza di fine anno.”
“Ok.” annuì Sugar.
“Benissimo. Se è tutto chiaro, possiamo anche iniziare.”
“Sissignora tutto chiaro!” esclamò la ragazza, portandosi
una mano alla fronte e imitando il saluto militare.
“Vieni qui allora, ti mostro come funziona!”
Fece segno alla figlia, che non esitò a seguirla fino alla
parete sul fondo della stanza.
Ad essa era stata fissata un cabina telefonica che la madre
aveva comprato in un negozio di antiquariato parecchi anni prima, quando lei e
Santana erano ancora delle giovani sposine.
Sugar ammirava sbalordita come era stata ridipinta di un bel
rosa sgargiante, il suo colore preferito. Sulla facciata erano sparsi qua e là
dei piccoli fiorellini disegnati e, poco più in alto, un’anatra e i suoi
piccoli anatroccoli osservavano un grosso arcobaleno.
“L’hai fatto tu mamma?!” domandò entusiasta la ragazza.
“No tesoro, questo l’ha fatto mami. Bellissimo vero?”
“Non sapevo che mami sapesse disegnare così bene... non
sapevo che mami sapesse disegnare!”
“Oh sì tesoro altroché! Devi sapere che prima del tuo arrivo,
mami dipingeva praticamente sempre. Spesso ci svegliavamo all’alba e andavamo
al lago, lei si sedeva sulla riva insieme alle sue tempere e iniziava a dipingere.
Adoravo osservarla alle prese con i colori, quelle poche volte che non le
facevo da modella. Assumeva quella sua espressione attenta e concentrata, proprio
come quella che ora assume quando cerca di capire se menti.”
“E perché ha smesso?” domandò la ragazza, guardando la madre
con un’espressione leggermente corrucciata.
“Mami ha trovato un altro hobby tesoro.”
“Sarebbe?”
“Fare la mamma.” disse la bionda strizzandole l’occhio e
dandole un altro buffetto sul naso.
Sugar però sembrò rimanere presa dai suoi pensieri.
“Mi dispiace che abbia smesso per causa mia.”
“Oh non ti preoccupare anatroccolo... Ti assicuro che la
mamma trova ancora il tempo di disegnare e dipingere.”
“E perché io non l’ho mai vista prendere in mano neanche una matita da disegno?”
Sugar inclinò leggermente la testa di lato, inarcando un
sopracciglio.
“Beh.. perché ecco.. mami ama particolarmente farlo in momenti.. diciamo..‘privati’?”
“Mamma! Questa potevi evitarmela, che orrore!”
Tirò fuori la lingua disgustata, ma non riuscì a trattenere
una risatina.
“Che c’è? Tu hai chiesto, tesoro.” rise la bionda divertita.
“Va bene, va bene. Giuro che non chiederò mai più nulla.”
Il gatto rimase impassibile alle parole della bionda,
sdraiato sul pavimento della cabina telefonica, gli occhi socchiusi e il pelo
arruffato.
“Bene Sugar, ecco come funziona. Primo, innesti i circuiti del tempo. Questo ti dice dove stai
andando.” disse, indicando un piccolo schermo che era stato aggiunto sulla
facciata interna, accanto alla cornetta.
“Questo ti dice dove sei e questo ti
dice dov'eri. Registri il tempo di destinazione su questa tastiera.” continuò,
indicando un’altra serie di aggeggi elettronici inseriti all’interno della
cabina.
“Tutto questo rende possibile
viaggiare nel tempo: il flusso canalizzatore!”
“Flusso canalizzatore?” la guardò
confusa la figlia.
“Mi ci sono voluti anni e anni di
raccolte fondi alla scuola di danza per mettere su un bel gruzzoletto e potermi
permettere questa roba!”
“E’ fantastico mamma! Tutto questo è
davvero fantastico! Ma funziona con dollari normali?”
“Sfortunatamente no. Ha bisogno di un
qualcosa di un po’ più vivace. Plutonio.”
“Ah, plutonio...Come plutonio?! Vuoi-
vuoi dire che questo aggeggio è nucleare?”
“No no, questo aggeggio è elettrico,
ma ci vuole una reazione nucleare per generare 1.21 Gigowatt di elettricità che
ci serve.”
“Non ci capisco molto se mi parli
nella tua lingua. Ma so di certo che non si può entrare in un negozio e
comprare plutonio. L'hai fregato a qualcuno?”
“Shhh! Certo, ma non dirlo a tua
madre! A un gruppo di scienziati. Mi avevano chiesto se ero interessata a
lavorare ad un loro progetto, avevano bisogno di un ingegnere capace nella loro
squadra. A quanto pare progettavano una qualche centrale nucleare. Io ho preso
il loro plutonio e gli ho rifilato un luccicante involucro pieno di pezzi di
vecchi flipper. Ora mettiti una tuta antiradiazioni, prepariamoci a
ricaricare.”
Porse poi una piccola telecamera alla
figlia, che intanto la guardava sbalordita.
Sugar intanto riprendeva attenta ogni
singola mossa.
“Oh, oh... dimenticavo i cerotti
antifumo! Chissà se li hanno nel futuro, Tubby Jr. ha preso tutto da suo padre...”
“Futuro? E’ lì che vuoi andare?”
“Certo. Ho sempre sognato di andare
nel futuro, di vedere il progresso dell’umanità!”
“Mamma?”
“Sì tesoro?”
“Promettimi che ci verrai a trovare quando
arrivi. E ricordati di farmi sapere quando rilasciano Sex And The City 9!”
“Lo farò zuccherino, anzi, farò molto
più di questo. Se l’esperimento con Tubby Jr. funziona, troverò il modo di
convincere mami a lasciarvi venire con me. Ovviamente non potrei resistere un
attimo senza di voi, tesoro. E poi chissà.. potremmo andare tutte insieme a
vedere questo Sex And The City 9…” sorrise Brittany.
“Oh sì! Mi piacerebbe tanto!” saltellò
la ragazza, per poi andare ad abbracciare forte la madre.
Questa a sua volta ricambio
stringendola a sé, ridendo e accarezzando i capelli della figlia.
"Ok, ci siamo.”
Sugar afferrò pronta la telecamera,
riprendendo prima la madre e poi Lord Tubbington Junior, che stava ancora
sonnecchiando nella cabina.
“Ok, sta riprendendo?”
La ragazza annuì.
“Fantastico. Mh mh.. - si schiarì la
voce.
Io, Brittany Susan Pierce, farò
partire Lord Tubbington Jr. per un viaggio di valore storico, che potrebbe
rivoluzionare l’intera scienza.”
La figlia la filmava attenta, gli
occhi puntati sullo schermo, la bocca spalancata per l’emozione.
“Lord Tubbington Junior, in partenza
tra: 10… 9… 8 … 7..”
Un rumore di chiavi girate nella
serratura interruppe i movimenti svelti della bionda nell’azionare le varie
leve e cliccare i diversi tasti.
“SONO A CASA PAPERELLE!”
Sugar e Brittany si guardarono dritte
negli occhi in un attimo di panico, prese alla sprovvista dal ritorno inaspettato
della latina.
Poi la bionda decise di prendere in
mano la situazione, spense gli schermi e ritirò giù le diverse leve. In fretta
e furia prese in braccio il gatto e lo posò su una sedia poco distante, spense
l’ultimo schermo e richiuse la cabina. Ripose infine le tute e gli occhiali
protettivi dentro ad un armadietto, mentre la figlia spegneva la telecamera e saliva velocemente le scale
che portavano alla porta dello scantinato, evitando la preoccupazione della
madre appena entrata in casa.
Arrivata in cima, nell’istante in cui
fu sulla soglia della porta, la ragazza si ritrovò faccia a faccia con Santana,
che la guardava perplessa con le sopracciglia così alzate che quasi toccavano il
soffitto.
“Che state facendo signorine?”
“N-niente di niente mami!”
Cercò di sembrare naturale, mentre
con il corpo copriva la visuale di quello che avveniva poco più sotto.
“Quello non mi sembra niente di
niente.” replicò la latina, indicando un paio di occhialoni protettivi che la
figlia aveva dimenticato sul capo.
Con un movimento repentino, Sugar si
tolse gli occhiali e li gettò dietro di sé.
“Che cosa intendi?” disse convinta,
facendo sfuggire un risolino alla madre che la fissava ancora, aspettandosi le
sue spiegazioni.
“Mh. Ora voi due venite di sopra, mi
spiegherete ogni singola cosa a tavola. E non guardarmi con quello sguardo
innocente, ragazzina. Ti conosco fin troppo bene per capire che stai
complottando qualcosa di losco con quella paperella che cerca inutilmente di
nascondersi dietro il gatto.”
Brittany, accucciata dietro la sedia,
si alzò lentamente, le guance leggermente rosse per l’imbarazzo di essere stata
sorpresa con le mani nel sacco.
Sì avvicinò pian piano alle scale,
gli occhi sul pavimento per non lasciar trasparire neanche un singolo pensiero.
La latina riusciva a capirla fin troppo bene, non poteva lasciare che
incontrasse i suoi occhi.
Salì le scale fino ad arrivare
accanto alla figlia. Ma poi non ce la fece, non resistette ad arrendersi a quei
suoi occhi castani che la scrutavano in cerca di risposte.
“Ehi paperella.”
La latina le lasciò un lieve bacio
sulle labbra.
“Sappiate che voi due non mi
scappate. Ora metto in tavola la cena e spiattellate tutto, intesi?!” disse
ancora, guardandole entrambe.
“Sì mami.” risposero le due
all’unisono.
“Bene. Ora su, finite di nascondere
quello che dovete nascondere e venite in cucina. Ho portato la pizza.”
“Pizzaaaaa!” gridò Sugar alzando le
braccia al soffitto, entusiasta.
“Pizzaaaaa!” le fece eco la bionda,
prendendo la figlia per la vita e mettendosela sulle spalle come un sacco di
patate.
Sorpassò la latina e, afferrandola
per un braccio, si portò dietro entrambe fino alla cucina.
---
La ragazza scambiò una veloce
occhiata con la madre, che annuì dolcemente.
“Io- io credo di aver dimenticato una
cosa in camera mia.. ”
Si alzò dalla sedia e si voltò
un’ultima volta verso la latina, prima di dirigersi verso la sua camera.
“Ah! Non toccare la mia pizza che
torno subito! Ti conosco mami.”
“Io?” ghignò la latina.
“Tu..” rise la bionda, pulendole con
le dita una macchia di pomodoro che le era finita sotto al mento.
Aveva lasciato le due mamme a parlare della
questione ‘viaggio nel futuro’ tranquillamente, per modo di dire…
“Meow.”
Si voltò di scatto, cercando di
capire da dove provenisse il miagolio.
Sentì poi il rumore delle zampe di
Lord Tubbington Jr. che grattavano sulla porta e ripercorse il corridoio fino
allo scantinato.
Aprì la porta, ma il gatto era già
tornato a sdraiarsi ai piedi delle scale, stanco per la ‘fatica’ di aver miagolato
così a lungo.
La ragazza scese le scale e fece per
prendere in braccio l’enorme gatto, quando si accorse di aver lasciato i suoi
occhiali rossi a forma di cuore all’interno della cabina, vicino alla
videocamera nascosta lì in fretta e furia.
Si diresse velocemente all’interno,
facendo attenzione ai contenitori di plutonio. Afferrò gli occhiali e si sbrigò
ad uscire dalla cabina.
Click.
“Che cosa è stato?!” sussurrò fra sé
e sé.
Si voltò poi, accorgendosi che la
manica destra della maglietta si era incastrata in una delle leve.
Sbuffò, alzando gli occhi al cielo.
E poi rientrò nella cabina,
strattonando furiosamente la manica per cercare di liberarsi.
Click.
Di nuovo.
Alzò lo sguardo e rimase pietrificata,
osservando gli schermi illuminati che segnavano numeri e date, luoghi e orari.
Sgranò gli occhi.
La leva era stata azionata.
“MAM-
Troppo tardi.
Prima di riuscire a completare la
frase, una scarica elettrica circondò la cabina telefonica, provocando
scintille e rumori assordanti.
---
“Signorina? Signorina, si sente
bene?”
Sugar strizzò gli occhi cercando di
mettere a fuoco l’uomo che le stava davanti.
“L-lei chi è?! Che cosa è successo?!”
Balzò in piedi.
“Deve essere svenuta mentre stava per
chiamare qualcuno, signorina. Ho lasciato il cellulare a casa e avevo bisogno
di fare una telefonata. E poi l’ho trovata qui distesa e priva di sensi, nella
cabina telefonica. Strano a dirsi ma è andata proprio così.”
Sugar si guardò intorno confusa,
sbattendo le palpebre ripetutamente e dandosi piccoli pizzicotti sulle braccia,
assicurandosi che non stesse sognando.
“M-mi scusi che giorno è?”
“Lunedì signorina.”
“Lunedì. E.. e di quale anno
esattamente?”
“ Duemila e undici signorina.”
“Duemila e.. cosa?!”
Dovette sorreggersi al braccio dello
sconosciuto per evitare di perdere nuovamente i sensi.
“S- si sente bene?! Ha bisogno di
aiuto, vuole che chiami un’ambulanza?”
“No, no! Ma.. ma che è quella?! Che cos’ha
indosso.. una.. tuta da ginnastica?!”
“Sì?”
“Ommioddio. Ditemi che tutto questo è
solo un incubo.” disse sottovoce.
“Scusi, è sicura di stare bene?” chiese
confuso l’uomo.
“Sì Sì! Grazie mille e scusi per
tutto! Mi dispiace,è l'Asperger.” affermò convinta, per
poi abbracciare frettolosamente l’uomo e fuggire via senza sapere che altro
fare.
William McKinley High School è?
Si disse,
leggendo la targhetta affissa sulla.. scuola, a quanto pare.
McKinley High School...
Ripeté tra sé
e sé.
Questo nome non mi è nuovo...
Ma certo! Questa è la scuola di mamma! E anche la
scuola di mami! Il Glee, le Cheerios, Schuester! Qui si sono conosciute e si
sono innamorate certo! Come ho fatto a dimenticarmelo, insomma, mami l’avrà
nominata almeno un migliaio di volte nei suoi racconti!
Osservò ancora
una volta l’edificio.
Sì, potrebbe essere decisamente interessante.
“Sugar Pierce-Lopez,
McKinley. Diamo ufficialmente inizio alle ricerche.”
Si portò una mano tra i capelli, cercando di ragionare.
Pierce-Lopez? Naah, non posso presentarmi così, no di
certo. Pensa se poi le incontrò. “Ehi mami, mamma! Sono io, Sugar Lopez-Pierce!
Sai com’è, sono io, vostra figlia!”
Scosse la
testa in segno di disappunto.
No, decisamente poco carino da parte mia.
Sì guardò
intorno in cerca di ispirazione, aspettandosi un segno divino.
Proprio in
quel momento, una lenta musichetta segnò l’arrivo di un carretto di gelati.
‘MOTTA’.
Diceva l’insegna.
Motta.
Sì illuminò la
ragazza.
Sembra perfetto! Motta. Sugar Motta. Sì, suona
decisamente bene.
“Sugar Motta,
diamo ufficialmente inizio alle ricerche.”
Attraversò il
lungo giardino che contornava l’ingresso e spinse forte le porte, incamminandosi
verso l’atrio.