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Autore: _res_    21/05/2012    1 recensioni
"Vuoto, ansia, terrore… La mente che non può pensare ad altro, se non al fatto che tu sei così infinitamente debole e piccolo da non avere certezze, che non conti nulla e che la natura può annientarti quando meno te l’aspetti. Durò pochi attimi, ma bastarono a seppellire tutto l’autocontrollo che entrambi era erano riusciti a racimolare."
One-shot dove Brian viverà una situazione che non auguro a nessuno: il terremoto. Scusatemi, ma dopo gli eventi di questi giorni non ho potuto farne a meno!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Synyster Gates
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Brian ho paura! –
Alice piangeva tra le sue braccia, continuando a ripetere come un’ossessa quelle poche parole da quasi cinque minuti, mentre lui continuava a stringerla forte.  Aveva avuto paura di perderla e di perdere tutto ciò che aveva a causa della scossa che si era sentita nitidamente in tutta la zona di Los Angeles e dintorni e pure ad Huntington Beach.
 - Stai tranquilla, è passato, è passato tutto…-
Lui le sussurrava queste poche parole tenendola stretta sempre più forte per farle capire di non essere sola, mentre cercava di non scoppiare a piangere, per far vedere di essere forte. In realtà si sentiva distrutto.
Era stato forte, più forte di quelli che da piccolo gli era capitato di sentire. Era durato tutto una manciata di secondi. La terra aveva tremato e tutto aveva iniziato a muoversi: il letto, il lampadario, gli scaffali, la libreria nella loro stanza, i vetri.
Era stata Alice la prima a svegliarsi, ma pochi attimi dopo anche lui aveva aperto gli occhi. Tutto si muoveva attorno ai due, mentre Brian ancora non aveva realizzato cosa davvero stesse succedendo.
Come se dieci camion stessero passando a tutta velocità accanto a casa, come se un gigante  avesse deciso di dare una scrollatina.
Poi in un lampo aveva capito tutto. Aveva preso una maglia dalla sedia accanto al letto, il cellulare sul comodino e poi aveva afferrato la mano di sua moglie ed era corso fuori. Le scosse erano durate ancora un paio di secondi e poi era finito tutto.
Disordine, sorpresa, paura, ansia, terrore. Tutto insieme in un mix letale, che aveva mandato su di giri tutti quanti.
Accanto ai due i vicini erano tutti fuori casa, con i pigiami e le vestaglie addosso, aspettando il via libera per poter rientrare quei pochi minuti per poter prendere gli oggetti più importanti e fare la conta dei danni.
Brian guardò l’orologio al polso senza mollare sua moglie, che ancora tremava. Erano le quattro e un quarto di domenica mattina.
Sospirò e poi si abbassò leggermente per poter guardare in viso la ragazza.
- Ehi, piccola va meglio?-
Cercò di sorriderle, ma tutto ciò che ne venne fuori fu una smorfia tirata. Si ripeteva di essere forte. Ma era difficile non cedere alla tentazione di abbandonarsi, sperando che fosse qualcun altro a sollevarlo da ogni dovere.
- Non so Bry, ho paura e… boh… pensa a cosa sarebbe potuto accadere! Le case qui sono tutte su, ma dentro?-
I suoi occhi castani correvano veloci in ogni direzione, più scuri del solito e scuriti da un velo di terrore e lacrime.
- Alice… Ci penseremo poi, ma adesso l’importante è che tu, il bambino ed io stiamo tutti bene, d’accordo?-
Era in cinta di soli quattro mesi e per fortuna questo non le aveva impedito di correre veloce giù dalle scale. Bry la vide annuire, mentre con le mani cercava di asciugarsi gli occhi. Le diede un bacio sulla fronte e poi comincio a guardarsi in giro. Era buio e i lampioni in strada e davanti agli edifici erano l’unica fonte di luce. In effetti le case non sembravano aver subito danni troppo gravi, però alcuni vetri si erano rotti, qualche comignolo era crollato e chi aveva statue in giardino le aveva perse tutte.
Nei volti di tutti, però, la disperazione e la paura la facevano da padrona. C’era chi ancora piangeva o chi, come lui, cercava di consolare qualcun altro, soprattutto bambini, e gli animali si muovevano agitati.
L’arrivo di una macchina della polizia sembrò portare un po’ di sollievo fra i presenti e uno degli agenti si avvicinò a loro per assicurarsi che stessero bene.
- Siete tutti fuori?-
- Noi sì, grazie –
Brian annuì e vide il sollievo accendersi nello sguardo del poliziotto. Non doveva essere stato facile per lui dover abbandonare la famiglia, per correre in soccorso di altri che nemmeno conosceva. Tutto questo suscitò un moto di ammirazione in Brian, che invece non sarebbe riuscito a fare lo stesso.
- Per fortuna. Ci sono state altre aree che non sono state così fortune. Più a sud, vicino al molo qualche casa ha subito dei danni abbastanza gravi! Per favore restate fuori per il momento, perché potrebbero esserci nuove scosse –
- Certamente –
Detto ciò l’uomo lì lasciò per passare ad avvisare gli altri. Ma la mente non poté fare a meno di correre ad amici e parenti. Matt e Valary, per esempio, abitavano poco distanti dal molo e i genitori di Brain pure.
- Chiamali –
La voce di Alice lo riscosse e riportò il suo sguardo sul viso della moglie. Aveva ragione, pensò, perciò prese velocemente il cellulare dalla tasca dei pantaloni e chiamò suo padre, senza staccare però il braccio rimanente da Alice.
- Pronto? Papà? Papà, tutto a posto? Ti sento male!... ok, sì, così va meglio. Tutto a posto? Per fortuna! Perché un agente ci ha appena detto che lì da voi qualche casa… I genitori di Melany? E come stanno? Ok, grazie… Sì, noi tutto bene, Alice è un po’ scossa, ma la casa non dovrebbe aver subito danni gravi… fuori per quel che si può vedere è tutto a posto. Sì, saluta tutti, ci sentiamo dopo, ciao -
Le bastarono quelle parole e uno sguardo per capire che tutti per fortuna erano salvi, ma Alice volle lo stesso sentire quelle parole uscire dalla bocca di suo marito. Sapeva che se le avesse sentite, sarebbero diventate reali. Perciò alzò un sopracciglio interrogativa.
-  Tranquilla. A loro non è successo nulla. Mckenna e mia madre sono un po’ spaventate, ma tutto a posto, anche la casa. Brent sta bene, ha chiamato prima mio padre. Però, non si può dire lo stesso anche per i loro vicini di casa. Ne è crollata una parte –
- Mi dispiace –
Era vero, non poteva che esserlo dato il macigno che sentiva gravare sul cuore. E proprio per questo non riuscì a non trattenere ancora più a lungo quelle lacrime che aveva cercato di chiudere dentro di sé, per non preoccupare oltre Brian.
-Ehi, non provare a piangere ancora, d’accordo?-
L’alito caldo le accarezzava il volto, mentre le sue mani forti e callose le asciugavano le guance, per poi stringerla ancora a sé.
- Prova a sentire dagli altri per favore, non vorrei che gli fosse successo qualcosa…-
La voce, ancora un sussurro attenuato dai vestiti davanti alla bocca.
Brian riprese in mano il cellulare e chiamò l’amico pregando che fosse tutto a posto. Ad ogni squillo la sua ansia cresceva, temendo il peggio, poi, per fortuna sentì la voce del suo cantante.
- Matt? Per fortuna, tutto a posto voi?... Sì, certo… no, i miei sono a posto, la casa di fianco a loro però è crollata parzialmente e… sì, noi tutto a posto, anche la casa… va bene, sai qualcosa degli altri? Ok, grazie, ci vediamo domani. Ciao-
Era durata poco, giusto il tempo di assicurarsi che tutto fosse ancora in piedi e avere eventuali notizie degli altri della band.
Riportò lo sguardo su quello della moglie, che intanto si era calmata e aveva preso a fissarlo.
- Stanno bene, è venuta giù solo la casetta dei giochi delle bambine in giardino. Gli altri stanno bene, ma per sicurezza li chiamo anche io… –
All’improvviso un altro boato e la terra riprese a tremare. Un’altra scossa, non forte come quella precedente, ma abbastanza per fare tornare la paura.
Vuoto, ansia, terrore… La mente che non può pensare ad altro, se non al fatto che tu sei così infinitamente debole e piccolo da non avere certezze, che non conti nulla e che la natura può annientarti quando meno te l’aspetti. Durò pochi attimi, ma bastarono a seppellire tutto l’autocontrollo che entrambi era erano riusciti a racimolare.
Alice si aggrappò al marito, mentre le scosse li facevano oscillare, le lacrime le risalivano agli occhi e la gola bruciava per il grido di disperazione che stava lanciando. Poi, come era arrivato, tutto finì all’improvviso, di nuovo.
Devastati, svuotati, scossi, distrutti, insicuri, demoliti fin nel più profondo. Ecco come si sentivano.
Quello che era certo era che non avrebbero più dormito tranquilli. 


Scusatemi tutti per l'argomento di questo breve racconto, e per aver messo proprio loro a dover vivere una situazione del genere, ma la paura di questi giorni la dovevo pur sfogare in un qualche modo! Ieri ero un fascio di nervi pronta a scattare per qualsiasi cosa, ora, dopo un po' di sonno va meglio, ma la paura rimane sempre tanta.
Ero stata a L'Aquila un anno dopo il terremoto, ma non avevo capito nulla di quello che avevano davvero provato le persone coinvolte se non domenica mattina. E dire che a me è anche andata bene e non ho perso nulla! Ho comunque potuto provare la bontà di molte persone che preoccupate per noi si sono offerte di aiutarci. Non chiedo nulla, solo che il ricordo di eventi del genere non svanisca in fretta. 
Un bacio

 
  
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