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Autore: Kokky    22/05/2012    3 recensioni
SPOILER SECONDA STAGIONE.
Era molto stanco, pensò – era davvero accaduto così, tutto in un lampo? L’uomo migliore che avesse mai conosciuto; no, l’uomo più geniale di Londra, aveva realmente lasciato il mondo in quel modo? Aveva lasciato John indietro, ma senza più aspettare che lo raggiungesse?
Piccola riflessione di John dopo il finale della seconda stagione.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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«nothing happens to me»


C’era quiete, a Londra. Stranamente, nessun rumore turbava la calma di Baker Street, né tantomeno l’ombra di un passante si profilava all’orizzonte. John non udiva niente, a parte il proprio respiro affannato.
La notte aveva preso possesso di quelle vie della City e aveva spazzato via ogni accenno di vita; solo un lampione illuminava il salotto del numero 221 b, rischiarando un po’ l’oscurità altrimenti assoluta. John non vedeva niente, se non le proprie mani strette sulle pieghe dei pantaloni. Non percepiva più la consistenza del tessuto – sapeva soltanto che, qualche tempo prima, la rabbia e l’ansia l’avevano costretto ad afferrarlo.
Era lì da molto tempo.
Aveva sentito Mrs Hundson entrare nella stanza e lasciare qualcosa sul tavolino di fronte a lui. Biscotti e tè, forse? Era tutto freddo, oramai, l’aroma era troppo intenso e amaro, non vi era più piacere nell’allungarsi a prenderlo e berlo.
Doveva essere passata la mezzanotte, abbozzò un pensiero.
Era molto stanco, pensò – era davvero accaduto così, tutto in un lampo? L’uomo migliore che avesse mai conosciuto; no, l’uomo più geniale di Londra, aveva realmente lasciato il mondo in quel modo? Aveva lasciato John indietro, ma senza più aspettare che lo raggiungesse?
Un sospiro interruppe quelle domande dolorose. Sentiva che c’era qualcosa che non andava, qualcosa di sbagliato in tutta quella faccenda: com’era possibile che Sherlock Holmes non avesse risolto il caso della sua vita? – John trattenne un grido di sofferenza. Qualche parte del suo corpo stava dolendo.
Sherlock aveva detto – una bugia, era tutta una grandissima menzogna che si prolungava sin dal loro primo incontro. Neanche per un attimo gli aveva creduto, ma ora, nel buio di quella stanza che ricordava Sherlock in ogni più piccolo dettaglio, gli era sorto il dubbio sul perché avesse detto quelle parole.
Sherlock voleva liberarlo da ogni peso, da ogni possibile sofferenza, tramutando la sua lealtà nell’odio che può provare solo chi è stato ingannato – un moto d’astio solcò il volto di John, ingiallito dalla luce esterna.
Sherlock Holmes era un bugiardo. Gli aveva fatto credere di essere invincibile, ma alla fine era pur sempre umano come chiunque altro; e John lo sapeva bene, ricordava ogni puerile gesto di umanità che aveva scalfito ogni sua difesa.
Non aveva percepito nessun presagio di caduta, allora, quando Sherlock si era scusato con Molly per la propria mancanza di tatto; o quando aveva protetto Mrs Hudson e l’aveva vendicata. Né aveva provato un senso di vertigine – non più del normale, almeno – quando Sherlock aveva raggiunto la popolarità nazionale, ricevendo lodi e incarichi importanti. John aveva dimenticato che più si è in alto, più cadere fa male. In tutti i sensi, si ritrovò a ridacchiare; anche lui aveva perso il senso della comune decenza.
Aveva mentito per non ferirlo, si ripeté. John fu costretto ad afferrarsi la gamba: uno spasmo lo aveva colto, improvviso, e non riusciva più a trattenere il dolore. Piegò la schiena e appoggiò la fronte sul ginocchio – stava cadendo anche lui, a pezzi.
Dopotutto, Sherlock era il suo migliore amico. Era stata colpa sua, di John, se era dovuto morire da solo, senza neanche un’ultima parola di conforto – John era troppo sconvolto per potergli dire ancora quanto fosse brillante, quanto fosse grande, quanto fosse importante – almeno per lui, anche se tutta la sua vita con Sherlock fosse stata una bugia, almeno per John Watson.
Tese la mano verso il tavolino, voleva afferrare il cellulare e chiamare Lestrade; lui l’avrebbe portato di sicuro dalla sua terapista, la gamba gli faceva un male cane e – sentì muoversi qualcosa dietro di lui e si voltò di scatto.
Mrs Hudson lo guardava addolorata dallo stipite della porta. «Caro, ho pensato che dovresti andare a dormire... domani c’è il funerale – avevo la sensazione che fossi ancora sveglio e infatti – non vorrai addormentarti alla funzione», un sospiro dolce che in quel momento non gli dava alcun sollievo.
«Non lo farò. Non dormirò, intendo. Non domani, ma neanche ora», mosse la mano alla cieca e prese la tazza di tè. Un’altra fitta attraversò la gamba e con stizza John colpì il tavolo, mandando in frantumi la ceramica. «La mia dannata gamba».
«Corro a prendere la scopa e la paletta», borbottò Mrs Hudson, senza aggiungere che quella sarebbe stata un’eccezione ai suoi doveri da proprietaria.
Tornò poco dopo. «Domani mattina vorrei prendere dei fiori... vuoi che li compra anche per te?»
«Non so se avrebbe apprezzato – forse dovrei portargli un giornale pieno di omicidi irrisolti», accennò un sorriso tirato e si distese sulla poltrona, chiudendo gli occhi e lasciando che Mrs Hudson si occupasse di lui.
Nonostante John desiderasse che niente di tutto quello fosse accaduto, l’indomani doveva davvero dirgli addio. Forse avrebbe dovuto usare di nuovo il bastone, ma almeno per quel giorno voleva resistere ad ogni sofferenza: era stato Sherlock a fargli conoscere nuovamente il campo di battaglia e a salvarlo dai ricordi. Per lui John aveva smesso di zoppicare e, davanti a lui, avrebbe continuato ad essere quello che Sherlock lo aveva reso.
E poi... poi probabilmente non gli sarebbe servito lo stesso, il bastone. Non aveva più dove andare, pensò. Non gli sarebbe accaduto più nulla, d’ora in avanti.
















So much angst ♪
Salve! Non so cosa ci faccio in questo fandom, di nuovo, a sproloquiare senza alcuna trama... è che stanotte le parole di John mi hanno assillato: “nothing happens to me”, battuta dei primi minuti del primo episodio, che è la risposta perfetta alla terapista che vuole fargli scrivere un blog – poi per lui tutto cambia, appena arriva Sherlock a lui capitano un casino di cose e il blog si riempie di storie e aneddoti. La sua vita è di nuovo sensata.
Ho avuto la forte tentazione di lasciare “my bloody leg”, ma ho preferito tradurlo... anche quella è una citazione =w= so il primo episodio a memoria, per inciso.
Comunque, la storia è ambientata nel breve lasso di tempo fra la caduta (letterale) di Sherlock al funerale. Se avete bene in mente il finale della seconda stagione, potrete apprezzare meglio questa flash fic.
Spero vi piaccia. Torno alla mia chimica organica ;_;
Kokky
   
 
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