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Autore: ARiEL_    22/05/2012    0 recensioni
Finalmente partivo. Fuggivo da quella vita che mi stava andando stretta....
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Jessie si rigirava tra le coperte del letto, incapace di dormire. L’ansia saliva, così come la voglia di andare via, di scappare da quella vita soffocata che aveva avuto fin ora. Stava per trasferirsi in una cittadina lontana dalla sua, le avevano accettato la richiesta di trasferimento da poco.
Aveva sempre sognato di trasferirsi dal quel paese che non faceva altro che incatenarla alla sedia della sua camera. All’inizio non le era sembrato così una vita male: aveva 17 anni, studiava tanto,  i suoi erano orgogliosi di lei, aveva degli amici che molti potevano solo sognare, cose così piccole che tuttavia la rendevano felice. Studiava danza da 10 anni, e collezionava successi anche in quel campo. Molte persone la invidiavano, aveva una vita perfetta.
La felicità però, non dura per sempre.
Jessie si alzò dal letto, prese la vestaglia e si affacciò alla finestra della sua camera, in quella notte molto calda di fine maggio. La notte si estendeva alta sopra di lei, le stelle erano visibili, nonostante l’illuminazione della sua città, l’aria era calda e profumava di pane fresco, questo fece capire a Jessie che il forno a cinquanta metri da casa stava sfornando le prime pietanze della giornata. D’improvviso le fu tutto così surreale: la calma, la quiete che la città aveva improvvisamente assunto di notte la sgomentava.
Prese una sedia, si mise a sedere sul balcone e nel frattempo pensava. Nella sua vita perfetta si celava un’insicurezza. Peccato che questa fosse uscita fuori in lei solo dopo una serie di avvenimenti.
Ricordava perfettamente il giorno in cui lei entrò in casa, scontrandosi con il padre, che le sorrise fugacemente mentre usciva di casa. Jessie lo rincorse con lo sguardo, fino a riconoscere che in mano aveva una valigia. Colta dal panico, Jessie si tolse le cuffiette, strillò ad alta voce e ripetutamente chiamando il padre, pregandolo di tornare. Erano giorni che le cose con la mamma non funzionavano, e aveva trovato il coraggio di lasciare tutto e tutti. Anche Jessie. Quella fu l’ultima volta che lo vide. Si sentivano raramente al telefono, solo quando lui trovava il tempo di chiamarla o per rispondere a quelle sue chiamate. Dopo una settimana dalla sua partenza potè capire cosa fu a scatenare la sua fugacità: la madre si presentò a casa con un uomo sulla quarantina. Evidentemente la loro storia andava avanti da molto, dato che avevano deciso di sposarsi appena la mamma avesse avuto il divorzio. Jessie, una volta aveva trovato il coraggio di affrontare l’argomento con il padre. Lui rispose che di tutta quella storia non ne voleva sapere niente, ma sarebbe stato felice se, una volta in tribunale la figlia avesse scelto di sostenere il padre. Jessie declinò l’argomento, voleva pensarci.
Da quel momento la sua vita aveva preso una piega negativa. La scuola procedeva bene, e forse era l’unica cosa che ancora lei reggeva. Aveva conosciuto un ragazzo,  Alden. Appena si conobbero Jessie se ne innamorò perdutamente: moro, alto e con due occhi scuri che ti potevano far volare.
Ebbero una storia, breve ma bella. Alla fine si lasciarono perché lui era troppo impegnato e, tra sucola e calcio, non potevano avere tempo per stare insieme. Il mondo intorno a lei si strinse, come se non avesse più niente da dare. Incatenata al suo mondo, tra quelle cose prima importanti ora però banali. Poi la lettera.
Si era quasi scordata di averla inviata. Quella scuola distante un centinaio di chilometri da casa. Non molto, ma era quello che a lei basta.
Era una scuola “speciale”. Venivano ammesse persone “speciali”. Persone che oltre ad andare bene a scuola sapevano recitare, ballare, cantare o dipingere. Liceo Scientifico indirizzo Arte e Spettacolo. Più o meno era chiamato così.
Quella lettera fu la sua salvezza. Senza pensarci due volte ne approfittò per fare i bagagli e prenotare uno stage di tre settimane, per vedere quella scuola, quella salvezza che lei aveva. La madre non si era opposta, come non si opponeva in nessuna sua scelta. Era troppo intenta a organizzare il suo matrimonio. Suo padre, in una delle loro poche telefonate aveva espresso il proprio parere come “un’opportunità da non buttare via”. E il padre aveva ragione. Jessie adorava il padre, fin da piccola era stato un suo idolo. Preferiva molto di più il padre che la madre. Quel padre che nonostante il lavoro la portava sempre a danza, al parco, al cinema, mentre sua madre era intenta a leggere riviste stesa sul divano, o ad uscire con le sue amiche la sera. Tuttora il padre si era preoccupato sul come far raggiungere la scuola a Jessie, proponendole di accompagnarla e di venirla a riprendere. Jessie era emozionata anche per questo. Dopo mesi che non si vedevano, potevano finalmente riabbracciarsi.
Senza pensarci si alzò, erano le 5 e tra un’ora il padre sarebbe passato a prenderla. Si preparò, lasciò un post-it alla mamma, dove la salutava e si incamminò in strada.
Poi una persona sotto il portone. Alden. Le sorrise, e Jessie si sentì sciogliere. Si salutarono, si abbracciarono.
“Ho saputo che stai per partire” disse lui, dopo un minuto senza parlarsi
“Le voci corrono in fretta vedo” ammise Jessie, sorridendo. In realtà era felice che lui fosse venuto.
“Volevo salutarti. Sarà brutto a scuola senza te” ammise Alden.
“Sopravviverete”.
“Gli altri forse, ma io no… sono tornato anche per questo… per dirti che sarebbe più facile continuare così, senza vederci, ma non posso fare a meno di vederti” e la baciò.
Il loro bacio era così appassionato che Jessie ci mise parecchio per riprendersi. Una volta che ebbe realizzato, strinse la vita di Alden, abbracciandolo. Un ultimo e bacio e poi disse: “Devo andare…”
“Immaginavo. Tieni questo, ma non aprirlo ora” e le consegno un foglietto piccolo ripiegato in due.
 
Jessie era in macchina da un’ora. Dopo una chiacchierata con il papà decise di riposarsi un po’. Mentre prendeva l’Ipod aprì il foglietto. Con una piccola e spigolosa grafia era scritto un messaggio di poche righe:
“…Scusami di tutto, prometto di farmi sentire. Già mi manchi. Alden”
 
Jessie prese l’Ipod e sorridendo si rimise il fogliettino in tasca. 

  
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