Time we spent laughing away.
 
 
 
Chapter 1: I have so much to say. 
 
“Brian..?” Matt cercava di cacciare a forza quelle parole amare dalla sua bocca, come se volessero rimanere lì, rinchiuse nel buio, per non farsi vedere dagli altri. Le interferenze telefoniche riuscivano a celare ancora di più la sua tristezza, o rabbia, come si vuole.
“Hey Shadz, bello, dimmi tutto!” Haner, ignaro d’ogni cosa, spensierato come un bimbo, rispose sfoderando un bel sorriso, pur sapendo che l’amico, dall’altro capo telefonico, non l’avrebbe mai visto.
Ma era suo solito, risollevare la gente, farla sorridere.
O almeno, quel giorno gli fu assegnato questo compito.
Tuttavia Haner non era ancora alla conoscenza di questa ardua impresa infinita.
“Brian.. Senti.. Non so se gli altri ti hanno avvisato..” la voce di Sanders era interrotta dai singhiozzi, cercati di nascondere il più possibile: un uomo così forte non riusciva a farsi capace del fatto che stava piangendo.
In quel momento erano solo Sanders e Haner Jr. Non più Shadows e Synyster Gates, non allora. Brian se ne accorse solo dopo quelle parole spiccicate malamente.
“Matthew, amico, cos’hai? Non mi dire che Val ti ha lasciato, le vado a parlare io se è così!” il suo tono si fece un po’ più preoccupato, il sorriso si rovesciò in una smorfia.
“No.. no, con Valary tutto benone.. E’ solo che.. Jimmy.. Jimmy è mo..” Matt allontanò il telefono dal suo viso, per non far percepire le sue lacrime.
“Matt, hey Matt. Non ti sento! Sono in galleria, forse la linea è caduta! Matt?!”
D’altra parte la linea era caduta, o meglio era stata fatta cadere.
Il dolore di un uomo era insopportabile.
Brian, si preoccupò molto, sul suo viso scese un velo cupo di qualcosa simile al terrore; cercò di chiamare Zacky, Johnny. Jimmy. Il telefono, suo malgrado, suonò a vuoto per ben tre volte.
I pensieri affollarono la sua mente come i Deathbats affollavano i loro concerti. Mille voci urlavano, proponendo milioni di risposte. Voci che solo lui poteva sentire.
Si diresse velocemente verso la casa di Matt, quando ,a gran velocità, scorse la foto del suo migliore amico, Jimmy, sopra uno di quei muri ormai diventati oggetto d’arte per tutti gli amanti dei murales.
Incuriosito, fece marcia indietro, quasi andando a sbattere alle macchine dietro di lui: le bestemmie volarono come polline in primavera.
“Oggi, si è spento prematuramente, lasciando un vuoto nel cuore dei suoi cari, JAMES OWEN SULLIVAN 02/09/1981 – 12/28/2009”, accanto una foto di quel ragazzone, sorridente, come lo era stato fino a poco tempo prima.
Il cuore di Brian smise di battere per qualche secondo.
Il vuoto.
Non sentiva più nulla, non respirava.
Era immobile, fisso su quel manifesto.
I suoi occhi di un caldo nocciola, si illuminarono, il castano divenne ancora più caldo, le lacrime cominciarono a formarsi in prossimità di quella meraviglia. Si dice che rendono più bella una persona; Brian era qualcosa di stupendo già di suo, le lacrime lo rendevano un Dio.
Nel frattempo gli automobilisti incavolati cominciarono a suonare all’impazzata i clacson, a prenderlo ad insulti, cominciando ad ingigantire le bestemmie.
Sotto la pioggia fredda mista a neve di fine Dicembre, Brian uscì dalla macchina nera metallizzata, lasciandola incustodita. Si allontanò pian piano di lì, sempre con gli occhi rivolti a quel che segnò un passo importante della sua vita.
Come spaventato, indietreggiò, il terrore s’impossessò del suo viso. Inciampò varie volte, sotto lo sguardo incredulo della fila che si era formata in quei pochi minuti: lo credevano pazzo.
Si girò quando ormai la foto di Jimmy si era ridotta ad un puntino multicolore; cominciò a correre, sempre più forte, sotto il cielo grigio e assente di quella mattina, che mattina non si poteva definir proprio.
Il temporale, inaspritosi, cominciò a scagliare gocce pesanti contro quell’uomo, che finirono per far guerra con le migliaia di lacrime che Haner cacciava al minuto.
Correva, sempre più forte, non si sa dove andava, non lo sapeva nemmeno lui.
Tra scampati incidenti, arrivò in pochissimo tempo, quasi da far invidia agli atleti olimpionici, alla periferia, nella zona industriale di HBeach, e, con uno scatto improvviso, si fermò, sotto un ponte che puzzava di piscio misto ad altro, alcool, forse.
Si gettò all’ indietro, sbattendo fortemente la schiena contro il muro del ponte, quasi a rompere la spina dorsale; ma in quel momento poco gliene importava.
Affondò il suo roseo e morido viso in quelle mani, tatuate e sporche e con tanto di dita storte, che facevano invidia a tutte le ragazze che gli sbavavano dietro.
Le lacrime pure e cristalline, cominciarono a diventare di un grigio melange al contatto con le mani, impregnate di tabacco.
Ormai il suo pianto non si confondeva più con la pioggia, anzi risuonava in tutto quell’arco, i suoi singhiozzi si fecero sempre più acuti, quasi a somigliare ad un ululato.
Perché?
Perché a lui?
Perché al suo migliore amico?
Non potevano portargli via così gran parte della sua vita.
Non potevano.

Non avrebbero dovuto.








Vorrei dedicare questa Brimmy(se può essere definita tale?) alla mia ragazza, che non gradisce molto le Synacky quindi ecco qui LOL
Piangerete di nuovo? Io l'ho fatto HAHAHAH :c
Okay, vi chiederete di certo quante ff sforno, ebbene sì, ne ho scritte 2 in tre giorni (diciamo 3 che sto scrivendo il 4° capitolo di You've pulled the trigger;now our story's left behind).
CIAUAUAU A TUTTTTTTI! <3