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Autore: Kim NaNa    24/05/2012    6 recensioni
Cosa accadde a Mamoru dopo essere stato privato del suo seme di stella? Dov’era stato durante la battaglia contro la temibile Galaxia? Come riesce la tenera Chibi-Chibi a ricondurlo da Sailor Moon?
Un viaggio all’interno della mente di Mamoru Chiba. Questo viaggio vi mostrerà quel silenzio che non è mai stato narrato.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta serie
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Vedo ciò che le porte, aperte o chiuse, consentono di vedere.
{Jack Kerouac}

 
Il mio Eden.
 
Dove sono?
Cos’è questo assordante silenzio che sento rimbombare nella mia testa?
Cos’è questo buio senza confine nel quale sono sprofondato?
Mi sento leggero, mi sembra di fluttuare come sospeso a mezz’aria. Vago, senza meta, in questa oscurità agghiacciante.
Cosa mi è accaduto? Non ricordo niente…
Usako… dove sei?
Galaxia.
Ora rammento: le lacrime della mia testolina buffa, la mia partenza per l’America, quella luce accecante che ha investito l’aereo… e poi lei.
Quella donna dallo sguardo senz’anima, quella donna che, senza troppi sforzi si è impossessato del mio seme di stella, confinandomi in questo luogo senza tempo, sottraendomi alla vita, sottraendomi a te, Usako.
Le guerriere Sailor hanno un nuovo nemico da combattere, un nemico più forte e determinato di quelli già vinti ed io non potrò essere al loro fianco, non potrò lottare per difendere il mio pianeta, non potrò proteggerti Usagi.
Questo senso di impotenza mi dilania. Mi sento inutile.
Questo dolore che si allarga dentro di me, mi uccide. Mi rende un tutt’uno con questo luogo troppo infimo e remoto.
No, no!
Io non posso restare qui, non posso precipitare in questo quieto oblio.
Io lo sento. Io ti sento Usako, tu hai bisogno di me.
Ho freddo.
Dov’è la calda luce del cuore puro della mia Odango Atama?
Una lenta e dolce melodia invade il muto silenzio di questo mondo tetro e cupo.
Le conosce, il mio cuore, queste rincuoranti note. È una melodia che viene dagli angoli più remoti del tempo, ritorna dagli albori di una vita passata.
È la melodia del carillon che la principessa Serenity donò al suo principe Endymion come pegno del loro amore.
È la colonna sonora del nostro amore, Usako.
Lo vedi, amore mio?
Neanche il tempo ci può separare e questa Eternità, alla quale sono stato costretto, non mi impedirà di continuare ad amarti.
Sarai tu, per sempre, la mia Essenza e questa poetica musica sarà, per me, il sottile legame con quella vita che troppo presto ho dovuto abbandonare.
Barcollo nell’oscurità e cerco di camminare in questo baratro solitario.
Qualcosa luccica tra il nero opprimente che mi circonda.
Un fascio di luce mi sembra.
Un tenue bagliore rosa che mi indica una porta.
No, non può essere. Non c’è nulla in questo abisso senza tempo; sarà uno scherzo insano della mia mente offuscata.
Eppure è ancora là e sembra farsi sempre più vicina, sempre più reale.
D’oro e d’argento riluce, proiettando bagliori dagli accecanti riflessi.
Per un attimo s’illumina il vuoto intorno a me.
La osservo meravigliato e mi accorgo di non aver mai visto una porta più maestosa di quella che si erge davanti ai miei occhi.
Come una calamita ne sono attratto e, quasi senza rendermene conto, mi ritrovo dinanzi ad essa.
Scintillanti pietre e sofisticati intarsi la impreziosiscono, ma, con gli occhi pieni di stupore, avverto un indicibile dolore trapassarmi quello che credo debba essere ancora il mio corpo.
C’è la mia vita raffigurata su quella porta.
C’è la vita di Mamoru Chiba, c’è la vita di Tuxedo Kamen e in fondo, in basso a questo imponente valico, c’è anche la vita dello stesso Endymion.
Cosa cela questa porta ?
Dovrebbe potrebbe portarmi se io la varcassi?
Afferro la grande maniglia incastonata di rubini rossi e cerco di aprirla, ma una potente corrente di potere nero mi scaraventa lontano, lasciandomi fluttuare in questa prigione nera e silente.
Sento un puzzo nauseabondo, come se questa oscurità, nella quale sono relegato, si ribellasse al mio gesto di fuga.
C’è qualcosa di putrido tra le mie mani, sento l’olezzo penetrarmi nel naso e trattengo il respiro per non lasciarmi vincere da questa disgustosa reazione.
Il nulla non vuole lasciarmi andare.
Volgo il mio sguardo lontano e, nel nero più accecante, la vedo.
È ancora lì quel debole fascio di luce.
Sgomito tra la melma putrefatta e striscio su liquami fetidi e oscuri.
Sento sostanze calde riempirmi la bocca, gli occhi, le orecchie. Non vi è un angolo del mio corpo risparmiato da tale scempio.
Sto male. Mi fermo, tossisco.
Mi infilo due dita in gola cercando di ripulirmi da quello schifo che mi ostruisce il cavo orale, ma sono sporco, ovunque…
E tossisco, ancora e poi di nuovo. Sono scosso da mille fremiti ma non arresto la mia corsa.
Devo raggiungere la porta. Io devo!
Qualcosa o qualcuno afferra la mia caviglia e cerca di tirarmi sempre più in basso, sempre più in fondo, in quel vuoto dal quale non potrei più risalire.
Mi colpisce. Mangio polvere e cenere.
Sputo e tossisco.
Non mi avrai! Orrenda cosa della quale ignoro le fattezze, non mi avrai.
E di nuovo riprendo i miei passi, pesanti, lenti, talvolta rovinosi.
La vedo. La luce si fa sempre più vivida.
Ora lo so che aspetta me.
Quella porta è stata messa lì per me, attende solo la mia mano.
Aspetta che io mi faccia coraggio e la apra.
Aspetta che in me rinasca la luce della mia anima.
A fatica riesco a liberarmi di questa sostanza gelatinosa e nauseante che mi ricopre, ma…
Che succede?
Cos’è questo caldo bagliore?
Un piacevole tepore invade la mia mente.
Una tenera bambina dagli occhi grandi e un radioso sorriso compare avvolta da questa luce misteriosa.
Porta gli odango, proprio come la mia Usako…
Il Raggio della Speranza.
Qualcuno sussurra.
Qualcuno mi chiama.
Io non so chi stia parlando, ma è piacevole ascoltarlo.
È dolce la sensazione che percepisco.
Una soave voce risuona nelle mie orecchie, calmando l’inquietudine dei miei pensieri, sovrastando l’insistente cattivo odore che assale questa dimensione tetra.
È la Speranza.
La Speranza… quella forza che non ha mai abbandonato la mia Usagi.
La Speranza che da sempre alberga nell’animo coraggioso e forte di Sailor Moon.
Chi sei, piccola?
La guardo, cercando di non spaventarla. Sono certo di avere un aspetto orribile, ma la bimba non risponde. Sorride, con l’ingenuità che appartiene solo ai bambini.
Con grazia e lentezza si avvicina a me, tendendomi la sua bianca manina.
No, sta’ ferma. Sta’ lontana da questo orrore che mi circonda.
Resta fuori da questo oblio, varca quella porta e va’…
Va’! Ovunque essa ti condurrà…
Continua a sorridere questo tenero angelo dagli occhietti azzurri e per la prima volta sento la sua piccola vocina.
Chibi-Chibi.
È questo il tuo nome bambina?
Che strano… mi ricordi persino la mia adorata Chibiusa…
La tua manina è sempre qui, protesa verso di me e con quegli occhi pieni di Speranza mi indichi, con lo sguardo, quella misteriosa porta che splende, muta, alle tue spalle.
E allora lo faccio. Con fiducia, mi spingo verso di te e afferro la tua bianca mano, imbrattandola con la mia sudicia.
È un lampo quel che accade all’improvviso.
Immagini si susseguono frettolosamente, con violenza, senza sosta. Una dopo l’altra.
Scene di battaglia.
Immagini di chi ha lottato per difendere ciò che aveva sempre amato.
Vedo le guerriere Sailor.
Vedo delle sconosciute combattenti.
Vedo te, Usako.
Piangi.
Sei triste e sola.
Qualcosa di caldo bagna le mie guance.
Sono lacrime, Usagi.
Piango di dolore, per non aver potuto essere al tuo fianco a combattere questo potente nemico, che mi ha spedito all’inferno.
Piango di gioia, perché hai vinto, amore mio.
Ce l’hai fatta.
Hai sconfitto Caos con la sola forza della Speranza, con l’immenso amore che nutri per la tua Terra e per coloro che ami profondamente.
Hai vinto, Usako.
Hai lottato con la sola forza delle parole, perché essere una guerriera Sailor non significa, necessariamente, dover ricorrere alla violenza…
C’è un’arma molto più potente della violenza stessa: si chiama Amore, Perdono.
E tu ne sei l’emblema, amore mio.
Chibi-Chibi mi raggiunge e si stringe, piano, al mio petto.
Profuma di fragola e vaniglia, proprio come la mia testolina buffa.
Adesso non ho più paura di soccombere in questo orrore. Devo raggiungere quella porta a tutti i costi.
Devo scoprire cosa mi attende dall’altra parte.
Voglio abbandonare questo abisso per trovare un luogo che risplende di luce e amore.
Mi acceca il candore di questa porta.
Sono immobile davanti ad essa. Questa piccola bambina mi guarda con gli occhi speranzosi.
Sento il cuore martellarmi nel petto.
Allungo la mia mano, tremante, verso la maniglia e chiudo gli occhi per un momento.
Qualunque cosa ci sia al di là di questa porta, io ti amerò per sempre, mia dolce Usako.
Un lieve cigolio mi spinge a riaprire gli occhi e un fascio di luce m’investe. Una luce così accecante da costringermi a proteggermi il viso con una mano.
Come una densa coltre di nebbia la luce sembra irradiarsi e, lento, un varco si fa su di essa.
È tutto troppo sbiadito ancora, ma è calore quel che sento in questo nuovo confine.
Finalmente varco quel misterioso ingresso e solo allora, tutto intorno a me, si fa nitido e chiaro.
L’emozione mi stringe un nodo in gola, mentre il cuore pulsa freneticamente i suoi battiti impazziti.
Va’ Mamoru, va’ da lei.
Chibi-Chibi mi sorride, puntando il suo dito indice in mezzo a quella calda luce.
Ti vedo!
Usako… sei tu.
Oltre questa porta, che mi relegava in questo spazio senza tempo ne confine, ci sei proprio tu.
Due immacolate ali bianchi primeggiano sulla tua schiena, le ali di chi ha imparato a volare con la forza del proprio amore, con la luce della sempre verde Speranza.
Candida ed eterea come le piume che porti sulla schiena, tu sei, perché sei tu che mi aspetti al confine con questa nuova vita che mi attende.
Sei tu, Usako, che hai posto questa porta in questo oblio. È stata la tua luce, la tua purezza, la tua speranza e il tuo stesso amore che ha segnato questa nuova via.
Questa graziosa bambina vegliava l’ingresso di questa maestosa porta. Mi ha teso la sua mano per ricondurmi a te, Usako.
E sai perché?
Perché sei tu il mio Paradiso.
Dietro questa porta c’è il sentiero che conduce al mio giardino.
Sì, Odango Atama: il mio Eden sei tu.

  
NdA: anche questa è una mia vecchia shot. Forse qualcuno di voi la ricorda anche, ma la ripropongo nuovamente solo perchè ogni scritto è parte di me, qualunque esso sia, e credo debbano ritornare lì dov'erano...
Grazie per avermi concesso del tempo leggendo.
  

Kim Na Nà
   
 
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