Premessa: Prima
che iniziate a leggere, voglio mettervi al corrente della mia pazzia. Dunque,
dopo giorni passati a riflettere (e a rompere le balls
alla mia twin), ho deciso di iniziare una Big
Damn Table Kurtofsky. Se c’è qualcuno che ignora cosa sia una BDT, qui
di seguito spiegherò brevemente il perché mi sono autodiagnosticata pazza. La
BDT è un dannato – appunto – elenco,
che contiene la bellezza di 100 prompt, di cui 95
fissati e 5 a scelta. Io, con tutto il mio amore verso Kurt e Dave, mi sono appena condannata a scrivere 100 OS – oppure
flash – per tenermi impegnata durante il periodo estivo (ed anche oltre, mi
sa). Raccoglierò tutte le fic in una serie, come mio
solito, e non userò i prompt in ordine, ma come mi
suggerirà l’ispirazione.
Non
voglio dirvi altro – vi annoierei –, spero solo di perseverare in questa folle
sfida. Io amo troppo questo pairing per lasciar
perdere questo mio pallino.
Ringrazio
già chiunque mi sosterrà (anche solo leggendo) e naturalmente la mia Robs, che già mi
ha fatto la paternale per l’infinità di pippe mentali che mi sono fatta.
Vi
mando un grosso abbraccio e vi auguro buona lettura.
Vals
~
Big Damn Table
001. Inizio.
But at last came a knock
Da che
mondo è mondo, i sogni di qualsiasi liceale esistente convergono tutti in un
unico punto: la fama. Quale ragazzo ha mai desiderato essere oggetto di palesi
prese per il culo? Essere popolare è il primo passo quando si vuole avere una
vita scolastica divertente e agiata. Dall’alto del piedistallo, puoi decidere
di fulminare con lo sguardo chi ti pare, o di mandare a quel paese un qualsiasi
bigotto che sappia chi sei e che, nel pieno della sua codardia, ti teme.
Avvolto da una semplicissima divisa rossa, puoi essere il dio di quel piccolo
mondo, indurre gli altri a farti spazio nei corridoi con la tua sola presenza,
costringere i secchioni a farti i compiti, far abbassare la cresta a quelli della
squadra di football, gonfiare il petto e lanciare granite agli sfigati.
Era
una gran vita… Ed era questo il motivo per cui, appena giunto al McKinley High,
David Karofsky – primo anno – fece domanda per
entrare a far parte della squadra di hockey. Aveva da poco vinto il campionato
studentesco e ciò l’aveva fatta slittare dritta dritta
in cima; dunque risultava un’occasione troppo ghiotta per poter essere
ignorata.
Naturalmente,
data la sua altezza e la sua corporatura massiccia, i membri della squadra avevano
accettato di buon grado la sua proposta e lui si era ritrovato ad indossare una
di quelle giacche fiche, prima ancora del suo ufficiale debutto come giocatore
effettivo.
In
un paio di settimane, aveva già fatto appiattire contro gli armadietti, per la
fifa, un numero discreto di studenti. La sua vita da liceale non poteva
iniziare in maniera più consona, se non che, nel bel mezzo della terza
settimana, gli cascò il cielo addosso, nel vero senso del termine.
Come
al solito, camminava baldanzoso e fiero della sua posizione sociale,
agguantando sguardi melliflui da parte di alcune studentesse del primo e del
secondo anno – altro piccolo bonus della sua nuova vita –, quando un ragazzino
gli andò a finire addosso, rovesciando a terra tutti i libri e i quaderni che
portava con sé, stretti tra le sue braccia esili.
‹‹Che
diamine…›› imprecò David, con gli occhi puntati sul pavimento su cui giacevano
i tomi di quel pirata della strada.
Anche
il ragazzino fissò, per un secondo, il disastro appena avvenuto e poi entrambi
alzarono lo sguardo simultaneamente per accertarsi dell’identità dell’altro.
Fu
un attimo. Un’occhiata alle iridi di quella pulce e tutto il resto perse
colore. La divisa della squadra di hockey era sbiadita, a confronto con quegli
occhi. Erano proprio come il cielo e a David non era mai capitato di vederne
uno così, contornato da distese di porcellana e guarnito da soffici e rosse
labbra. Cavolo, dire che si era ritrovato inspiegabilmente senza fiato era
veramente poco.
‹‹Scusami!
Ti sei fatto male?›› gli chiese il più piccolo, con una certa preoccupazione
nella voce vellutata e le mani strette al petto.
David
batté le palpebre un paio di volte, riscuotendosi da quella sorta di incanto,
ed aggrottò le sopracciglia nel prendere coscienza di un rilevante dettaglio:
era un ragazzo, porca miseria! Chissà perché, per un attimo, aveva creduto che
fosse una ragazza… Ah, sì, perché era raro vedere un uomo con dei cazzo di
jeans attillati, degli stivaletti bassi e un pullover talmente lungo da coprire
il cavallo!
Storse
la bocca nell’esaminare quell’accostamento, ma ci mise comunque un’infinità di
tempo a spostare l’attenzione dai suoi polpacci e a concentrarsi per dargli la
risposta che stava aspettando.
‹‹No››
mugugnò.
Il
ragazzino sorrise sollevato e qualcosa dentro il petto di David si mosse.
Tuttavia fu un guizzo così rapido che riuscì ad ignorarlo e a tener alto il suo
ego.
‹‹Meno
mal…››.
‹‹Ma
potevi guardare avanti, lady!›› lo
interruppe, assumendo un tono di voce arrogante, in particolar modo nel
sottolineare quell’assurdo soprannome.
Stavolta
fu il ragazzino ad indignarsi, mentre le gote gli si facevano rosse per il
nervoso. Strinse i pugni, raddrizzò le spalle ed alzò il mento, pronto a
tenergli testa.
‹‹Mi
ero semplicemente distratto, decerebrato!››
ribatté.
David
strinse le labbra, quando recepì l’insulto, e gli si avvicinò di più, assumendo
un’espressione minacciosa.
‹‹Ripetilo››
borbottò tra i denti.
Il
più piccolo inarcò le sopracciglia, facendosi anche lui più vicino e sollevando
ancora il capo.
‹‹Vuoi
che ti faccia lo spelling?›› gli chiese, con una forte nota di sarcasmo nella
voce.
‹‹Vuoi
che te ne mostri le conseguenze?›› fece l’altro, con la medesima ironia ed una
mano stretta a pugno.
‹‹Perché
no?›› soffiò il ragazzino, a una spanna da lui.
Si
fermarono lì, con le frecciatine, e rimasero a fissarsi. Erano così vicini che
il ragazzino poteva scorgere lo sprazzo di verde negli occhi del giocatore di
hockey, il quale, stranamente, più che adirato pareva allettato da quello
scambio di insulti e provocazioni. Sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene,
quella dannata voglia di continuare a fronteggiare quel microbo tutto pepe, che
magari sarebbe stato l’unico, in tutta la scuola, ad avere la caparbietà di
mettergli i bastoni tra le ruote. Glielo leggeva in quello sguardo
fiammeggiante e orgoglioso, un semplice concetto che si perdeva da qualche
parte tra le sue ciglia lunghe e le sue labbra dischiuse e che lo confondeva in
maniera tremenda, costringendolo ad abbassare leggermente le palpebre e a
dimenticarsi di tutto il resto. I loro respiri si sfiorarono a vicenda e,
proprio allora, David si accorse di quell’insensata situazione.
Gli
studenti in corridoio si erano zittiti, ma non sembravano aver afferrato
completamente il significato di quella tregua, e forse nemmeno il ragazzino –
ponderò David – anche se la sua espressione pareva essersi ammorbidita.
Semplicemente si erano tutti immobilizzati, in attesa del famigerato pugno del
neo componente della squadra di hockey. Tuttavia David abbassò le spalle,
rimaste rigide per tutto quel tempo, ed allontanò il viso da quello del più
piccolo.
‹‹Per
stavolta la passi liscia, fancy›› sbottò, fingendo indifferenza.
Attese
la risposta dell’altro, ma quella non giunse e così David diede un lieve calcio
ai libri e ai quaderni che gli stavano ostruendo il passaggio, spostandoli di
una manciata di centimetri, e sorpassò il ragazzino. Quest’ultimo boccheggiò un
paio di volte, con fare stizzito, ma non riuscì a ribattere in maniera
adeguata. David si era allontanato ormai e aveva uno strano peso che gli
gravava sul petto.
Quel
ragazzino lo aveva investito nel bel mezzo di un corridoio ricolmo di studenti
e lui ora pareva tramortito da quella svolta imprevista e stranamente bella. Quasi quasi aveva voglia di
tornare indietro e di rivivere quello scambio di battute e di… sospiri.
Ma
era soltanto la terza settimana di scuola, era soltanto l’inizio. Sperava – e
dentro di sé lo sapeva per certo – che lo avrebbe rivisto e che sarebbe stato
la sua spina nel fianco.
Kurt
Hummel gli era già entrato in testa irrimediabilmente.
Fine.
~
BIG DAMN TABLE |
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001.
Inizio. |
002. Intermezzo. |
003. Fine. |
004. Interiorità. |
005. Esteriorità. |
006. Ore. |
007. Giorni. |
008. Settimane. |
009. Mesi. |
010. Anni. |
011. Rosso. |
012. Arancione. |
013. Giallo. |
014. Verde. |
015. Blu. |
016. Porpora. |
017. Marrone. |
018. Nero. |
019. Bianco. |
020. Senza colori. |
021. Amici. |
022. Nemici. |
023. Amanti. |
024. Famiglia. |
025. Estranei. |
026. Compagni di squadra. |
027. Genitori. |
028. Figli. |
029. Nascita. |
030. Morte. |
031. Alba. |
032. Tramonto. |
033. Troppo. |
034. Troppo poco. |
035. Sesto Senso. |
036. Olfatto. |
037. Udito. |
038. Tatto. |
039. Gusto. |
040. Vista. |
041. Forme. |
042. Triangolo. |
043. Diamante. |
044. Cerchio. |
045. Luna. |
046. Stelle. |
047. Cuori. |
048. Quadri. |
049. Fiori. |
050. Picche. |
051. Acqua. |
052. Fuoco. |
053. Terra. |
054. Aria. |
055. Spirito. |
056. Colazione. |
057. Pranzo. |
058. Cena. |
059. Cibo. |
060. Bibite. |
061. Inverno. |
062. Primavera. |
063. Estate. |
064. Autunno. |
065. Mezze stagioni. |
066. Pioggia. |
067. Neve. |
068. Lampo. |
069. Tuono. |
070. Tempesta. |
071. Rotto. |
072. Riparato. |
073. Luce. |
074. Oscurità. |
075. Ombra. |
076. Chi? |
077. Cosa? |
078. Dove? |
079. Quando? |
080. Perché? |
081. Come? |
082. Se. |
083. E. |
084. Lui. |
085. Lei. |
086. Scelte. |
087. Vita. |
088. Scuola. |
089. Lavoro. |
090. Casa. |
091. Compleanno. |
092. Natale. |
093. Ringraziamento. |
094. Indipendenza. |
095. Capodanno. |
096. Scelta libera. |
097. Scelta libera. |
098. Scelta libera. |
099. Scelta libera. |
100. Scelta libera. |