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Autore: Vals Fanwriter    24/05/2012    4 recensioni
La sua vita da liceale non poteva iniziare in maniera più consona, se non che, nel bel mezzo della terza settimana, gli cascò il cielo addosso, nel vero senso del termine.
Kurtofsky | Big Damn Table: 001. Inizio | OS
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Best Damn Thing'
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Premessa: Prima che iniziate a leggere, voglio mettervi al corrente della mia pazzia. Dunque, dopo giorni passati a riflettere (e a rompere le balls alla mia twin), ho deciso di iniziare una Big Damn Table Kurtofsky. Se c’è qualcuno che ignora cosa sia una BDT, qui di seguito spiegherò brevemente il perché mi sono autodiagnosticata pazza. La BDT è un dannato – appunto – elenco, che contiene la bellezza di 100 prompt, di cui 95 fissati e 5 a scelta. Io, con tutto il mio amore verso Kurt e Dave, mi sono appena condannata a scrivere 100 OS – oppure flash – per tenermi impegnata durante il periodo estivo (ed anche oltre, mi sa). Raccoglierò tutte le fic in una serie, come mio solito, e non userò i prompt in ordine, ma come mi suggerirà l’ispirazione.

Non voglio dirvi altro – vi annoierei –, spero solo di perseverare in questa folle sfida. Io amo troppo questo pairing per lasciar perdere questo mio pallino.

Ringrazio già chiunque mi sosterrà (anche solo leggendo) e naturalmente la mia Robs, che già mi ha fatto la paternale per l’infinità di pippe mentali che mi sono fatta.

Vi mando un grosso abbraccio e vi auguro buona lettura.

Vals

~

Big Damn Table

001. Inizio.

 

But at last came a knock

 

 

 

Da che mondo è mondo, i sogni di qualsiasi liceale esistente convergono tutti in un unico punto: la fama. Quale ragazzo ha mai desiderato essere oggetto di palesi prese per il culo? Essere popolare è il primo passo quando si vuole avere una vita scolastica divertente e agiata. Dall’alto del piedistallo, puoi decidere di fulminare con lo sguardo chi ti pare, o di mandare a quel paese un qualsiasi bigotto che sappia chi sei e che, nel pieno della sua codardia, ti teme. Avvolto da una semplicissima divisa rossa, puoi essere il dio di quel piccolo mondo, indurre gli altri a farti spazio nei corridoi con la tua sola presenza, costringere i secchioni a farti i compiti, far abbassare la cresta a quelli della squadra di football, gonfiare il petto e lanciare granite agli sfigati.

Era una gran vita… Ed era questo il motivo per cui, appena giunto al McKinley High, David Karofsky – primo anno – fece domanda per entrare a far parte della squadra di hockey. Aveva da poco vinto il campionato studentesco e ciò l’aveva fatta slittare dritta dritta in cima; dunque risultava un’occasione troppo ghiotta per poter essere ignorata.

Naturalmente, data la sua altezza e la sua corporatura massiccia, i membri della squadra avevano accettato di buon grado la sua proposta e lui si era ritrovato ad indossare una di quelle giacche fiche, prima ancora del suo ufficiale debutto come giocatore effettivo.

In un paio di settimane, aveva già fatto appiattire contro gli armadietti, per la fifa, un numero discreto di studenti. La sua vita da liceale non poteva iniziare in maniera più consona, se non che, nel bel mezzo della terza settimana, gli cascò il cielo addosso, nel vero senso del termine.

Come al solito, camminava baldanzoso e fiero della sua posizione sociale, agguantando sguardi melliflui da parte di alcune studentesse del primo e del secondo anno – altro piccolo bonus della sua nuova vita –, quando un ragazzino gli andò a finire addosso, rovesciando a terra tutti i libri e i quaderni che portava con sé, stretti tra le sue braccia esili.

‹‹Che diamine…›› imprecò David, con gli occhi puntati sul pavimento su cui giacevano i tomi di quel pirata della strada.

Anche il ragazzino fissò, per un secondo, il disastro appena avvenuto e poi entrambi alzarono lo sguardo simultaneamente per accertarsi dell’identità dell’altro.

Fu un attimo. Un’occhiata alle iridi di quella pulce e tutto il resto perse colore. La divisa della squadra di hockey era sbiadita, a confronto con quegli occhi. Erano proprio come il cielo e a David non era mai capitato di vederne uno così, contornato da distese di porcellana e guarnito da soffici e rosse labbra. Cavolo, dire che si era ritrovato inspiegabilmente senza fiato era veramente poco.

‹‹Scusami! Ti sei fatto male?›› gli chiese il più piccolo, con una certa preoccupazione nella voce vellutata e le mani strette al petto.

David batté le palpebre un paio di volte, riscuotendosi da quella sorta di incanto, ed aggrottò le sopracciglia nel prendere coscienza di un rilevante dettaglio: era un ragazzo, porca miseria! Chissà perché, per un attimo, aveva creduto che fosse una ragazza… Ah, sì, perché era raro vedere un uomo con dei cazzo di jeans attillati, degli stivaletti bassi e un pullover talmente lungo da coprire il cavallo!

Storse la bocca nell’esaminare quell’accostamento, ma ci mise comunque un’infinità di tempo a spostare l’attenzione dai suoi polpacci e a concentrarsi per dargli la risposta che stava aspettando.

‹‹No›› mugugnò.

Il ragazzino sorrise sollevato e qualcosa dentro il petto di David si mosse. Tuttavia fu un guizzo così rapido che riuscì ad ignorarlo e a tener alto il suo ego.

‹‹Meno mal…››.

‹‹Ma potevi guardare avanti, lady!›› lo interruppe, assumendo un tono di voce arrogante, in particolar modo nel sottolineare quell’assurdo soprannome.

Stavolta fu il ragazzino ad indignarsi, mentre le gote gli si facevano rosse per il nervoso. Strinse i pugni, raddrizzò le spalle ed alzò il mento, pronto a tenergli testa.

‹‹Mi ero semplicemente distratto, decerebrato!›› ribatté.

David strinse le labbra, quando recepì l’insulto, e gli si avvicinò di più, assumendo un’espressione minacciosa.

‹‹Ripetilo›› borbottò tra i denti.

Il più piccolo inarcò le sopracciglia, facendosi anche lui più vicino e sollevando ancora il capo.

‹‹Vuoi che ti faccia lo spelling?›› gli chiese, con una forte nota di sarcasmo nella voce.

‹‹Vuoi che te ne mostri le conseguenze?›› fece l’altro, con la medesima ironia ed una mano stretta a pugno.

‹‹Perché no?›› soffiò il ragazzino, a una spanna da lui.

Si fermarono lì, con le frecciatine, e rimasero a fissarsi. Erano così vicini che il ragazzino poteva scorgere lo sprazzo di verde negli occhi del giocatore di hockey, il quale, stranamente, più che adirato pareva allettato da quello scambio di insulti e provocazioni. Sentiva l’adrenalina scorrergli nelle vene, quella dannata voglia di continuare a fronteggiare quel microbo tutto pepe, che magari sarebbe stato l’unico, in tutta la scuola, ad avere la caparbietà di mettergli i bastoni tra le ruote. Glielo leggeva in quello sguardo fiammeggiante e orgoglioso, un semplice concetto che si perdeva da qualche parte tra le sue ciglia lunghe e le sue labbra dischiuse e che lo confondeva in maniera tremenda, costringendolo ad abbassare leggermente le palpebre e a dimenticarsi di tutto il resto. I loro respiri si sfiorarono a vicenda e, proprio allora, David si accorse di quell’insensata situazione.

Gli studenti in corridoio si erano zittiti, ma non sembravano aver afferrato completamente il significato di quella tregua, e forse nemmeno il ragazzino – ponderò David – anche se la sua espressione pareva essersi ammorbidita. Semplicemente si erano tutti immobilizzati, in attesa del famigerato pugno del neo componente della squadra di hockey. Tuttavia David abbassò le spalle, rimaste rigide per tutto quel tempo, ed allontanò il viso da quello del più piccolo.

‹‹Per stavolta la passi liscia, fancy›› sbottò, fingendo indifferenza.

Attese la risposta dell’altro, ma quella non giunse e così David diede un lieve calcio ai libri e ai quaderni che gli stavano ostruendo il passaggio, spostandoli di una manciata di centimetri, e sorpassò il ragazzino. Quest’ultimo boccheggiò un paio di volte, con fare stizzito, ma non riuscì a ribattere in maniera adeguata. David si era allontanato ormai e aveva uno strano peso che gli gravava sul petto.

Quel ragazzino lo aveva investito nel bel mezzo di un corridoio ricolmo di studenti e lui ora pareva tramortito da quella svolta imprevista e stranamente bella. Quasi quasi aveva voglia di tornare indietro e di rivivere quello scambio di battute e di… sospiri.

Ma era soltanto la terza settimana di scuola, era soltanto l’inizio. Sperava – e dentro di sé lo sapeva per certo – che lo avrebbe rivisto e che sarebbe stato la sua spina nel fianco.

Kurt Hummel gli era già entrato in testa irrimediabilmente.

 

Fine.

 

~

 

BIG DAMN TABLE

001. Inizio.

002. Intermezzo.

003. Fine.

004. Interiorità.

005. Esteriorità.

006. Ore.

007. Giorni.

008. Settimane.

009. Mesi.

010. Anni.

011. Rosso.

012. Arancione.

013. Giallo.

014. Verde.

015. Blu.

016. Porpora.

017. Marrone.

018. Nero.

019. Bianco.

020. Senza colori.

021. Amici.

022. Nemici.

023. Amanti.

024. Famiglia.

025. Estranei.

026. Compagni di squadra.

027. Genitori.

028. Figli.

029. Nascita.

030. Morte.

031. Alba.

032. Tramonto.

033. Troppo.

034. Troppo poco.

035. Sesto Senso.

036. Olfatto.

037. Udito.

038. Tatto.

039. Gusto.

040. Vista.

041. Forme.

042. Triangolo.

043. Diamante.

044. Cerchio.

045. Luna.

046. Stelle.

047. Cuori.

048. Quadri.

049. Fiori.

050. Picche.

051. Acqua.

052. Fuoco.

053. Terra.

054. Aria.

055. Spirito.

056. Colazione.

057. Pranzo.

058. Cena.

059. Cibo.

060. Bibite.

061. Inverno.

062. Primavera.

063. Estate.

064. Autunno.

065. Mezze stagioni.

066. Pioggia.

067. Neve.

068. Lampo.

069. Tuono.

070. Tempesta.

071. Rotto.

072. Riparato.

073. Luce.

074. Oscurità.

075. Ombra.

076. Chi?

077. Cosa?

078. Dove?

079. Quando?

080. Perché?

081. Come?

082. Se.

083. E.

084. Lui.

085. Lei.

086. Scelte.

087. Vita.

088. Scuola.

089. Lavoro.

090. Casa.

091. Compleanno.

092. Natale.

093. Ringraziamento.

094. Indipendenza.

095. Capodanno.

096. Scelta libera.

097. Scelta libera.

098. Scelta libera.

099. Scelta libera.

100. Scelta libera.

 

   
 
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