Nel sogno ci torni spesso, e dalle profondità oscure di uno scantinato emergi verso quelle stanze bianco albume.
Sì, ti ricordano un po' un uovo. Al centro della cavità calcarea di quelle pareti arrotondate ritrovi sempre qualcosa di fragile: Masada-sensei, nero e sgraziato (deforme) come i pulcini appena nati.
Sta sempre accanto al suo pianoforte, mentre davanti a lui l'oblò della navicella mostra uno scorrere continuo di stelle, a cascata, grandine al rallentatore.
È una vista familiare, ma straniante.
Ti ricorda un po' le casalinghe che hanno la finestra sopra il lavandino, così possono guardare fuori mentre lavano i piatti.
Approfitto di questo spazio per dire che amo visceralmente Seccom Masada-sensei!