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Autore: DarknessIBecame    27/05/2012    6 recensioni
Prendiamo una Rachel Berry rinnovata, un Noah Puckerman alle prese con tanti ragazzacci che le corrono dietro, un Finn Hudson sempre più impacciato e mescoliamo con qualche nuovo e vecchio personaggio. Aggiungiamo un paio di Dive e cerchiamo di capire cosa ne viene fuori.
Dal primo capitolo: "La sua decisione sembrava essere presa. Stava chiaramente dicendo che si sarebbe lasciata il ragazzo alle spalle, non voleva più tornare indietro. Non sarebbe più tornata indietro. Neanche il tempo di assimilare il pensiero che la canzone era finita, lasciandola spossata. Ed era cominciato l’applauso."
[Puck&Rachel/Puckleberry]
Genere: Romantico, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Finn Hudson, Noah Puckerman/Puck, Rachel Berry, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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Deep it low

L’ispanica batteva insistentemente il piede sul pavimento. Aveva seguito con orrore ogni scena della riunione Puckelberry, quel giorno, e non poteva esserne più nauseata. Come osava la nasona mettere le mani sul suo amico di letto? Puck era l’ultima speranza a cui poteva aggrapparsi. L’ultima parvenza di normalità che le permetteva di mantenere il suo status sociale al McKinley. Non che gliene rimanesse tanto, ma…doveva assolutamente riprendersi il suo bamboccio! Aveva sentito quella dichiarazione sdolcinata e disgustata aveva deciso di seguire fuori le tre dive da musical della scuola. Aveva occhi dappertutto e si era fatta tenere al corrente di quello che succedeva nei corridoi e sui campi da gioco, ovunque fossero andati quelli del Glee, tramite messaggi delle altre Cheerios, che al momento erano sotto il suo comando. Nasona, Aretha e Procellana (anche lei ormai utilizzava i nomignoli della Sylvester) erano fuori dall’edificio, alle prese con quel biondino della band di sfigati messa su da Puckerman. E sembrava che lui fosse in netta minoranza. Chissà se poteva dargli una mano, magari trovando un alleato per allontanare la Berry dall’altro ebreo? Finn era stato trascinato via da Schue a leccarsi le ferite per una lotta persa in partenza. Ma di lui non le fregava tanto. Sembrava invece che Sam, il suo ex cagnolino da compagnia, avesse scoperto di avere una cotta per Rachel e che Puck avesse messo le cose in chiaro. Ed ora era tornato St. James. Ma quella nanetta era una calamità per disastri personali o cosa? Scosse il capo, la chioma scura ormai libera dalla coda alta, finite le lezioni, che oscillava sulle spalle in onde perfette. Accanto a lei, David la guardava annoiato e pentito di averla accompagnata in quella sua missione di spionaggio. – Ah! Si quieres irte, vete! * - sbuffò, infastidita, vedendolo andarsene e borbottare una qualche specie di insulto sulla razza ispanica. Gliel’avrebbe fatta pagare, magari il giorno dopo, rasandogli parti del corpo che voleva fossero sempre ben coperte. Con disgusto, si incamminò verso l’auditorium, dove sapeva essersi diretta la vecchia St. Berry. Rimase dietro l’angolo, ad aspettare pazientemente che uno dei due uscisse, perché qualcuno l’aveva preceduta. Puck era piazzato fuori dalla porta, le spalle al muro piegate verso il basso, il piede che batteva nervoso a terra e le mani ficcate nelle tasche dei jeans, probabilmente per impedirsi di dare pugni a qualcosa. Lo conosceva troppo bene. Si morse un labbro. Poteva davvero continuare così? Ad usare tutti per i suoi porci comodi? Per nascondere le tracce di un amore che tanto le stava a cuore, ma che la faceva vergognare di se stessa? Si riscosse dalla spirale di lugubri pensieri nella quale non voleva ricadere, non lì, quando Jesse cominciò a cantare qualcosa di estremamente sdolcinato (e perfettamente intonato, doveva ammetterlo). Di lì a poco, mentre le note ancora riempivano l’aria, vide la moretta uscire dall’auditorium, sorpresa e quasi sollevata nel vedere Puckerman lì ad aspettarla. Lui aveva uno sguardo truce, ma quando lei si buttò tra le sue braccia, sospirando pesantemente, si sciolse ed il sollievo gli restituì una postura più tranquilla, mentre le accarezzava i capelli e rimaneva in silenzio.
-E’ andata. Non…non credo che tornerà da me. Non…non l’ho visto troppo bene…- sussurrò la ragazza, la voce ancora più bassa a causa delle parole pronunciate a ridosso del petto di Noah. –Shhh. Va tutto bene. Ci sono qui io. Voglio solo…voglio solo sapere se provi ancora qualcosa per lui. Se hai cambiato idea.-
Non poteva più stare ad origliare. Le faceva male vedere quella complicità che con lei il ragazzo non aveva mai avuto e che solo una persona le aveva saputo dare. Scappò via cercando di fare il meno rumore possibile, allontanandosi da quel quadretto troppo smielato e doloroso per i suoi gusti.

***

Altra giornata da affrontare al McKinley. L’ispanica entrò come di consueto in elegante ritardo, a braccetto con Karofsky. Lui era diventato più bravo a nascondere la sua goffagine di fianco a lei, e lei aveva imparato a non insultarlo davanti agli altri. Che poi in privato si sbizzarrisse, invece di farci sesso come pensavano tutti, era affar loro. Si fece lasciare davanti all’aula e come sempre si scambiarono qualche effusione di facciata, baciandosi con tanto di lingua giusto per venire ripresi dal professore ed attirare di più l’attenzione. Quando Dave partì per la sua, di lezione, lei entrò in classe con quelle falcate lunghe e sculettanti che facevano voltare tutti gli sguardi nella sua direzione. Era il modo in cui si sedeva, però, che cozzava con l’immagine di seduttrice. Perdeva tutta la grazia e si afflosciava sulla sedia come se il peso del mondo gravasse sulle sue spalle. E nessuno sapeva che per lei, in buona parte era così. Dover stare tutti i giorni a sedere accanto a Brittany, le costava sempre più sforzo. Mentre tempo prima agognava il momento in cui si sarebbe seduta lì, ora le diventava sempre più difficile. Perché le sue mani bramavano di incontrare quelle della biondina, di accarezzare la pelle morbida e liscia della coscia e risalire poi pian piano sotto la gonna, cercando di non destare troppi sospetti quando discretamente faceva scivolare le dita sotto le mutandine della compagna e le dava piacere davanti a quel branco di imbecilli, che non si accorgevano di quello che stava capitando sotto il loro nasi. Aveva escogitato tutto alla perfezione ed in ogni classe che frequentavano insieme aveva scelto di persona i loro posti e chi doveva essere davanti ed intorno a loro. Solitamente erano i più grossi, per coprirle meglio, oppure quegli sfigati che avevano troppa paura per voltarsi a controllare come mai Britt facesse quei versetti paradisiaci che loro solo lì potevano sognare di sentire. Adesso però, non poteva più. Da quando si era messa con il giocatore omofobo della scuola, l’altra si era allontanata, stupita ed offesa da quel cambiamento di rotta. Offesa perché non aveva voluto indossare la sua maglietta per il compito su Lady Gaga e Born This Way. Ma non poteva ammetterlo, non davanti agli altri. Non voleva ammettere neanche a se stessa di essere lesbica e non bicuriosa, come l’altra soleva definire il loro orientamento sessuale. Aspettò che passassero le ore, sempre più nervosa, e quando finalmente arrivò l’ora dell’intervallo, fuggì veloce verso i bagni, dove si rifugiò, facendo scappare tutte le sciacquette che stavano facendo i loro comodi, ridacchiando e divertendosi mentre lei aveva cose ben più serie  a cui pensare. Poggiò entrambe le mani sul lavandino, facendo respiri profondi e cercando di calmarsi. –Non devi pensarci, Lopez. Non è più affar tuo, non ti vuole. Ormai sta bene così.- Quello che non poteva aspettarsi, mentre ripeteva le stesse parole a mo’ di cantilena, per convincersi che fossero vere, era che proprio la Berry uscisse da uno dei cubicoli alla sua destra. Qualcosa in Santana scattò, d’improvviso. Quando gli occhioni di Rachel incontrarono i suoi, timidi ma pieni di compassione, fu come non vederci più. Fu il fatidico mantello rosso davanti allo sguardo di un toro. Le si avventò contro, urlando inferocita e prendendola per la maglia rossa, legata su un lato del fianco per lasciare scoperta parte della pancia, i jeans bianchi a fasciarle le curve in modo fin troppo provocante. – Che vuoi tu, eh? Ladra, ecco cosa sei. Devi stare lontana da Puckerman, lui è mio. Hai capito bene, mio!- e senza sapere cosa le fosse preso, tirò uno schiaffo alla piccola moretta, i capelli di lei che uscirono a ciocche dalla crocchia morbida alla base della nuca, in ricci scomposti per la violenza dell’impatto. Entrambe si immobilizzarono per diversi secondi, senza trovare altro da dire. Santana improvvisamente tirò un pugno alla porta del bagno dalla quale Rachel sembrava essere uscita ore prima, imprecando in spagnolo dal dolore. L’altra balzò, sorpresa e spaventata. Negli occhi sembrava esserci totale confusione, e la pena per quella povera ragazza, colpevole soltanto di trovarsi vicino a lei nel momento sbagliato, la colpì più che se avesse ricevuto uno schiaffo dall’altra. Dio, ora sì che si stava odiando. – Berry. Rachel, dimmi qualcosa. Parla, ti…ti prego. Io non…- non poté terminare la frase. La piccola dalla personalità ingombrante del Glee, l’aveva delicatamente presa per un polso e l’aveva riportata al lavandino, dove aprì l’acqua fredda e le ficcò la mano sotto il getto. Per un attimo dovette trattenere il respiro. Nella concitazione del momento non si era resa conto di quanto male si fosse fatta, non finché non aveva provato il sollievo freddo che quel piccolo gesto le dava. Sospirando, si allungò in avanti fino a poggiare la fronte contro lo specchio pulito. –Ora mi devi qualcosa, Santana. Mi devi una spiegazione. Mi devi dire perché allontani la povera Brittany e ti nascondi dentro ai pantaloni dei maschi. Me lo devi.- la voce di Rachel era dura, ma tremava terribilmente. La guancia le era diventata rossa, ma sembrava non preoccuparsene. Non stava piangendo, lei non piangeva mai. O almeno, non si faceva mai vedere. Scappava prima che gli altri potessero vedere una sua debolezza. Si stupì di non aver mai pensato prima a quel tratto che l’accomunava all’altra. Se ci pensava a fondo, non era neanche l’unica cosa in cui si assomigliavano, ma non l’avrebbe detto, neanche tra un milione di anni. La guardò, cupa in volto ed annuì un paio di volte. –Andiamo da me, oggi pomeriggio. Fatti trovare pronta alle 14, finite le lezioni, in palestra. Mi cambierò e ti aspetterò lì una volta che le altre saranno andate. Anche se hai cambiato look, non voglio farmi vedere con una sf…strana come te.- sospirando, chiuse gli occhi e rimise la mano sotto l’acqua, fingendo di non sentire l’altra che le accarezzava la spalla sopra la divisa ed usciva discreta dal bagno.

***

Quel pomeriggio si era rivelato decente, se non piacevole, a tratti. Si era sfogata, come mai aveva fatto prima. Le chiacchierate con Quinn solitamente vertevano su ragazzi, trucco, ragazzi, cheerleading, ragazzi, scuola e, come argomento più serio e delicato, i genitori. Entrambe le api regine della scuola avevano in comune dei genitori assenti e poco inclini a supportare le loro decisioni. Le viziavano fino all’inverosimile, ma non dedicavano le giuste attenzioni alle due, che alla fine si ritrovavano ubriache ad inveire contro chi le aveva messe al mondo. Rachel invece aveva un modo fastidioso e tutto suo per andare dritta al punto, quasi dolorosamente diretta.
“Da quanto sei innamorata di Brittany?” le aveva chiesto, così, quasi con leggerezza. E per un momento l’aveva odiata più di quanto potesse pensare possibile. Ma quello sguardo ricolmo di comprensione l’aveva bloccata, impedendole di tirar fuori la piccola pistola che il padre le faceva tenere nel cassettino del comò, accanto al letto. Lei era una perdente, un’emarginata, ed anche con tutte le cattiverie che le aveva riversato addosso in quegli anni, non aveva mai usato una cattiva parola contro di lei, non intenzionalmente almeno. E allora si era aperta. Rachel aveva esperienza, con i suoi papà gay, e sembrava quasi che con le sue parole volesse psicanalizzarla per farle trovare un po’ di quella pace che ancora non riusciva a trovare. Ed effettivamente, così era stato. A metà pomeriggio, aveva acceso lo stereo ed una vecchia canzone di Christina Milian era la prima nella sua playlist. Le aveva spiegato come quella canzone potesse eccitare un maschio all’inverosimile, e la piccola Berry si era dimostrata fin troppo interessata. Ecco come era stato ideato il primo duetto Pezberry.

***

Insicure su come muoversi, Santana voleva andare dritta da Schuester, lanciargli qualche insulto poco velato e confonderlo, così che avessero modo di esibirsi davanti al Glee e ai due che nel gruppo avevano catturato i loro cuori, senza che lui facesse troppe storie. Rachel invece, sempre così precisa in tutto, sempre convinta che avere un piano ben congeniato fosse la migliore mossa, le aveva dato istruzioni diverse.
Dopo aver profumatamente pagato uno dei giocatori di football, famoso per i suoi gilet, ed averlo convinto a fare una piccola svendita fuori dalla scuola, furono sicure che Mr Schue non sarebbe stato un problema. Che fosse per controllare che non ci fossero vendite illegali fuori dall’istituto, o per la sua passione per quell’orrendo capo di abbigliamento, fu immediatamente fuori dall’aula non appena venne avvertito del fatto. San e Rachel si guardarono complici, alzandosi contemporaneamente dalle loro sedie ai lati opposti dell’aula e dirigendosi verso la porta.
-Fareste meglio a muovere quei sederi pigri e dirigervi verso l’auditorium. C’è una sorpresa per voi.- detto questo, la mora uscì con un colpo di coda, senza attendere l’altra che rispondeva tacitamente allo sguardo preoccupato di Puck. Non voleva che avesse troppo a che fare con Santana, era strana negli ultimi tempi e se se la fosse presa con la sua principessina non avrebbe esitato a toccare una donna, pur di difenderla. Ma lo sguardo di Rachel lo rassicurò e lui si mise accanto a Kurt e Mercedes, che sembravano volere la sua opinione (o qualche pettegolezzo) su quello che stava per succedere. Britt li seguiva a ruota, e poi tutti gli altri, ma la ragazza era quella che più cercava di ascoltare le parole di Puckerman. Le sembrava strano che Santana facesse comunella con Rachel, soprattutto perché l’unica con cui era stata, ultimamente, era lei. Si sentiva quasi ferita, ma non poteva dirlo a nessuno, i suoi segreti dovevano rimanere ancorati al piccolo diario sotto al letto, oppure lui si sarebbe arrabbiato e le avrebbe fatto perdere la chiave che vi teneva sempre attaccata per aprirlo.

Una volta che le New Directions furono arrivate in auditorium, trovarono un quadrato nero, leggermente rialzato al centro del palco, e delle Cheerios in vestaglia con stivali dal tacco medio che si riscaldavano ai lati di questo. Tutti leggermente stupiti, presero posto al centro della platea, tranne Noah e Britt, che sembravano più che curiosi di scoprire cosa le due more avessero architettato. La base di una canzone li riportò all’attenzione, così che smettessero di fantasticare e fissassero il palco, illuminato fiocamente, le 4 ragazze disposte due per lato rispetto a quel quadrato scuro, piegate in avanti a toccare la punta dello stivale, una gamba leggermente piegata e l’altra lasciata scivolare verso l’esterno. Santana e Rachel fecero il loro ingresso proprio mentre le ballerine cominciavano a rialzarsi, buttando all’indietro la chioma. La vestaglia in raso di San, era di un porpora scuro, attraversata da complicati ricami che richiamavano un kimono giapponese, identici a quelli di Rachel. Il suo però era di un rosa tenue, delicato, che ne metteva in risalto il cioccolato di occhi e capelli. Entrambe stavano fissando la prima fila della platea, come se volessero mandare un messaggio.

Says he wants you
He says he needs you
It's real talking 
Why not make him wait for you
If he really wants you
If he really needs you
Really got to have you


Rachel finì la sua strofa, lasciando posto a San, ad un passo da quel palco rialzato. L’atmosfera ed I movimenti lenti avevano un che di orientale, ed il palate secco di Noah gli faceva prevedere che sotto quelle vestagliette, lo aspettasse l’inferno. Con una mano tesa verso Santana, l’ebrea fece l’occhiolino alla sala, dalla quale si alzarono fischi di apprezzamento.

Take your time and feel him out
When it's a good boy
I mean a really really good boy
Why not let him lay with you
That's when you give it to him good


Anche San, ora rispecchiava la posizione dell’altra, un braccio teso in avanti, pronta a salire sul quadrato. La musica si era fatta più ritmata, quando salirono finalmente sul palchetto e tolsero in un solo gesto le vestaglie, tutte insieme, così che una miriade di riflessi e colori volassero in aria e cadessero con grazia sul pavimento. Quella coreografia sensuale avrebbe mandato al creatore un’intera folla, ma ciò che più attirava erano le mise di tutte le ragazze. Rigorosamente in nero, stivali al ginocchio, erano per lo più tutte in culottes di seta o calzoncini molto corti. Magliettine nere, legate dietro al collo, lasciavano bene in vista una porzione di scollatura, spalle e braccia nude si muovevano quasi ad imitare una danza spagnola, a partire dalle dita che ondeggiavano sopra le teste.

Dip it low
Pick it up slow
Roll it all around
Poke it out like your back broke
Pop pop pop that thing
I'ma show you how to make your man say "Ooo" 


Dopo quel verso, Noah era letteralmente a bocca aperta. La sua piccola stava cercando di dirgli qualcosa? Qualcosa che gli sarebbe piaciuto molto? Doveva aspettarsi che la vicinanza di Santana potesse fare quest’effetto, ed ora era molto più tranquillo. Si accorse però che Britt si stava quasi contorcendo al suo fianco, stringendo le gambe e torturando l’orlo della gonnellina, gli occhi fissi sull’ispanica e la bava alla bocca quasi quanto lui. Ecco cosa stavano cercando di fare. Era un messaggio per loro, un messaggio che avevano recepito fin troppo bene.

You getting bold
He growin' cold
It's just the symptoms of young love
Growin' old
You think it's time
And your thinking of leaving
But give it time

It's late at night
He's coming home
Meet him at the door with nothin' on
Take him by the hair
Let him know what's on
If you understand me
Y'all come on


All my ladies wind it up
If you know just how to move (move)
All my fellas jump behind
And show her what you want to do (show her what you got daddy)

All my ladies wind it up 
If you know just how to move 
All my fellas jump behind 
And show her what you want to do (oh, whoa oh)


Se avessero mantenuto la parola, quel giorno aspettavano ad entrambi nuove e piccanti sorprese, e l’idea teneva entrambi incollati alle sedie, mentre il Glee club si alzava ancora stupito e quasi senza parole. Le due scesero dal palco, sempre con quegli abiti quasi assenti, scuotendo le chiome morbide e ricce dopo aver salutato e ringraziato le altre ragazze per l’aiuto.
-Puckerman, copriti i pantaloni, siamo ancora in fascia protetta amico!- la voce di Santana lo riscosse dallo stato di torpore che l’aveva preso, mentre guardava Rachel tornare la sua timida ragazza, eccitandolo ancora di più.
-Finiscila, Lopez, non vorrei diventare volgare davanti alla mia principessa Ebreo – Americana. Altrimenti di cose da dirne ne avrei anche troppe, che farebbero drizzare i peli anche alla tua bisnonna.- bisticciare così per loro era normale abitudine, e uno sapeva qual’era il punto massimo al quale potevano arrivare. Diede una pacca sulla spalla a Brittany, così che lo facesse passare e si muovesse ad andare dalla sua “non ancora” ragazza e lui potesse raggiungere la sua. Con poche falcate le fu addosso, sovrastandola anche se portava quei tacchi decisamente provocanti. La afferrò con un braccio e se la portò in un angolino, lontano dal brusio degli altri compagni. La fissò per qualche secondo e poi portò una mano sotto al suo mento, incontrandosi a metà strada per un bacio carico di aspettative. Si abbassò di poco, passandole l’altro braccio sotto al sedere e tirandola su così che fossero alla stessa altezza. Lei teneva le gambe penzoloni, per non dare troppo spettacolo dopo il teatrino messo su con la Lopez, ma si concesse di passargli le braccia nude attorno alle spalle, guardandolo con un sorriso furbo e soddisfatto.
-Piaciuta la sorpresa, Noah?- gli soffiò contro le labbra, mandandolo ai pazzi per quella vicinanza proibitiva che voleva fargli chiedere di più.
-Se ti porto a casa e ti faccio vedere QUANTO mi è piaciuta, la accetti come risposta?- ci scherzò su lui. Sapeva che Rachel non era ancora pronta a niente, non molto di più di qualche palpatina e sempre di lui sul suo corpo. La vide annuire, timida, e poi lanciare un’occhiata alle loro spalle.
-In effetti, era quello che speravo. E sembra che anche loro due potrebbero fare un giretto a casa di San. Non sai quello che le ha preparato…-  ridacchiando, Rachel si fece lasciare a terra, prendendogli la mano e tirandolo verso l’uscita dell’auditorium.
-Magari potresti raccontarmelo a casa mia, potrebbe essere divertente!- con un sorrisetto beffardo, le camminò accanto, rallentando il passo per non farla faticare troppo su quei tacchi.
Sì, decisamente quella era la miglior esibizione a cui avesse mai assistito, e ringraziò ancora una volta la buona stella che lo aveva fatto entrare nel Glee Club, l’anno precedente, anche se gli aveva portato tanti guai. Ma ora aveva lei, e per il momento poteva bastargli.
 
Oooook. Ci sto riprovando. Non so quanti ancora potranno seguire questa storia, soprattutto visto che è ancora sulla seconda stagione e le cose sono un po’ cambiate, da allora. Ma la mia fede nei Puckelberry non diminuisce. L’ho scritto come capitolo di…ritorno, tranquillo, per ricollegare un po’ le idee, essendo molto lontano dall’ultimo scritto. Non vi assicuro, ancora una volta, che ne scriverò un altro in fretta, ma intanto ci ho provato.
Lo dedico alla mia splendida sis Ainwen, splendida ragazza che si sta cimentando in una FF molto originale al momento, datele supporto!

Chiedo perdono per errori di ortografia e cavolate varie.
Vostra
Vevve
*”Se vuoi andartene, vattene!”
   
 
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