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Autore: Padmini    30/05/2012    2 recensioni
John Watson osservava il pacco che gli era stato recapitato con sospetto. Non c’era mittente. Non c’era timbro postale (lo avevano recapitato a mano). Solo il suo nome: DR JOHN H. WATSON.
Da quando Sherlock era morto aveva continuato lui la sua attività di consulente detective. Certo, magari non era bravo quanto lui nel risolvere i crimini, ma era pur sempre un valido aiuto, più valido di gente come Anderson.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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John Watson osservava il pacco che gli era stato recapitato con sospetto. Non c’era mittente. Non c’era timbro postale (lo avevano recapitato a mano). Solo il suo nome: DR JOHN H. WATSON.
Da quando Sherlock era morto aveva continuato lui la sua attività di consulente detective. Certo, magari non era bravo quanto lui nel risolvere i crimini, ma era pur sempre un valido aiuto, più valido di gente come Anderson.
Non viveva più a Baker street, visto che aveva trovato un appartamento più vicino allo studio medico. Inoltre proprio non ce la faceva a tornare in quella casa. Erano passati quasi tre anni, ma il dolore per lui era sempre presente. Andare lì sarebbe stato come riaprire vecchie ferite.
Aveva anche cominciato a capire che con un lavoro come il suo era facile farsi tanti nemici, sempre pronti in agguato per farti fuori. Come quel Moriarty. Ci voleva un genio come lui per riuscire a uccidere Sherlock.
Proprio per questo, John aveva cominciato a guardarsi attorno con sospetto. Situazioni strane, strani inviti, pacchi o lettere da mittenti sconosciuti.
Per questo, quando gli arrivò quel pacco rosso, era andato subito al Barth’s per esaminarlo. Non conteneva bombe, di quello era sicuro. Molly lo aveva rassicurato. “Sembra un libro dal rumore” gli aveva detto scuotendolo vicino all’orecchio “Non dovrebbe esserci pericolo”
Eppure, nonostante le rassicurazioni, non riusciva ad aprirlo. Guardò il teschio.
“Cosa faccio?” gli chiese “Lo apro?”
Il teschio lo guardò con i suoi occhi vuoti.
“Bene” si disse il dottore sfregandosi le mani “Chi tace, acconsente!”
Aprì delicatamente la spessa carta rossa e in effetti davanti a lui apparve un libro. Non era un libro molto spesso, un semplice volumetto da neanche 150 pagine. Il titolo, però, lo fece sobbalzare.
“Qualche fan del mio blog che vuole farmi la parodia?” si chiese, leggendolo.
Uno studio in rosso di un certo Arthur Conan Doyle. Guardando la copertina, si avvicinò alla poltrona e si mise comodo.
Aprì alla prima pagina. Dai ricordi del dottor John H. Watson…
Com’era possibile? No, quello era uno scherzo che rasentava il ridicolo. Perché uno sconosciuto avrebbe dovuto mettere il proprio nome in copertina e poi cominciare a scrivere rubandogli il suo? Guardò il telefono. La tentazione di chiamare Mycroft e scoprire chi fosse questo Doyle era fortissima, ma più forte era la curiosità di continuare a leggere.
Si immerse totalmente nella lettura sempre più stupito. Pagina dopo pagina, la vita che aveva vissuto con Sherlock gli appariva magicamente sotto gli occhi. Certo, c’era qualche differenza. Il racconto in questione era ambientato alla fine del 1800 e quindi Sherlock non aveva a disposizione un cellulare per comunicare con il mondo, solo i telegrammi. Ogni cosa sembrava trasportata indietro nel tempo, ma tutto era perfettamente collegato a quello che avevano vissuto loro due. O era perfettamente identico, come il loro primo incontro al Bart’s; o era diametralmente opposto, come la scritta ‘rache’/’rachel’ del caso dello studio in rosa. In effetti sembrava proprio che quel libro parlasse di quel caso.
Rimase in piedi tutta la notte leggendo quel libro. Alla mattina, si risvegliò seduto in poltrona con il libro in mano. C’era qualcosa che non andava, però. Il libro non era più lo stesso. Ora quello che teneva in mano si intitolava ‘Manuale dell’apicoltore’ . “Un sogno?” pensò turbato. Eppure non ricordava di aver cominciato a leggere quel libro.  Arrivò miracolosamente al suo studio medico. La carriera di consulente detective per come la praticava lui non bastava per mantenerlo, così aveva continuato anche a esercitare la professione di medico. Per tutto il giorno, però, continuava a ripensare al libro. Visitava i pazienti con la solita precisione e dedizione, ma la sua testa era altrove. Certo, aveva pubblicato tutti i dettagli di quel caso sul suo blog, ma per essere uno scherzo era piuttosto elaborato.
Quando tornò a casa si sistemò sulla poltrona, quando un altro pacco attirò la sua attenzione. Era più piccolo del precedente, ma sempre avvolto in spessa carta rossa. Dentro c’era libricino ancora più piccolo. Uno scandalo in Boemia, recitava la copertina, sempre di questo Doyle. Lo lesse avidamente. Esattamente come il giorno prima. Sembrava che qualcuno avesse trasportato nella Londra di fine ‘800 le sue avventure con Sherlock. Si chiese se anche il giorno dopo quel libricino sarebbe scomparso come il primo. Infatti, quando si svegliò il giorno dopo, al posto di quello che aveva lasciato sul tavolo c’era un giornale che parlava di arte. “Sempre più strano” pensò.
Ne parlò con la sua terapista. Lei gli disse che probabilmente erano solo sogni, che la sua mente proiettava quei ricordi per fargli credere che non gli appartenessero, che fossero solo delle cose lette per caso in un libro giallo.
Nei giorni seguenti arrivarono altri fascicoli: *
L’avventura dei cinque semi d’aranciaLa fascia maculataL’interprete greco… erano solo alcuni dei titoli che lesse nei giorni successivi.
Era domenica, quando gli arrivò l’ultimo. Il problema finale. Non riuscì a trattenere le lacrime, leggendolo.
“Questo sarà l’ultimo” disse ad alta voce, guardando il teschio come se potesse sentirlo “Non so perché, ma leggere questi racconti mi ha fatto bene. Ora sono sicuro che Sherlock non mi ha mentito. Non che avessi mai avuto dubbi” si affrettò a dire, come se avesse percepito dagli occhi del suo amico scheletrico uno sguardo di rimprovero “ma almeno adesso non avrò più incubi… spero”
 
 
Il giorno dopo era una bella mattinata assolata. Lavorò tranquillamente. Anche i suoi colleghi e i pazienti notarono che era molto sollevato, come se un peso che gravava sulla sua anima fosse scomparso, lasciandolo respirare. Si fermò a fare la spesa, canticchiando. Era così distratto che, uscendo dal supermercato, urtò un signore anziano, facendogli cadere alcuni libri che teneva in mano. Il signore imprecò e lui si affrettò a scusarsi, ma l’uomo si allontanò offeso. Tornò a casa e, dopo aver sistemato tutto in frigo, si mise tranquillamente in poltrona. Stava per chiudere gli occhi e lasciarsi andare totalmente al rilassamento, quando un pacchetto attirò la sua attenzione. Era un altro pacchetto con la solita carta spessa rossa. Lo prese e lo esaminò con cura poi, con mani tremanti, lo aprì. Davanti a lui c’era un altro fascicoletto.
L’avventura della casa vuota
Restò paralizzato dalla sorpresa. Fece per girare la pagina e cominciare a leggere ma fu interrotto dal campanello.
Quando aprì la porta, riconobbe l’uomo del supermercato
 “Mi scusi, l’ho vista entrare in questa casa e ho pensato di venire a chiederle scusa per come mi sono comportato, poco fa…”
 
 
 
 
Vi è piaciuta? Spero di si! Come al solito, una storia delirante. Ma che ci volete fare, son fatta così? Mi piacciono queste storie assurde!
 
*Ho inserito solo i titoli dei libri nei quali ho visto un riferimento nel telefilm. Probabilmente ce ne sono ancora, ma al momento mi vengono in mente solo questi. Una piccola sfida: sapete quali sono i riferimenti per questi titoli nel telefilm? Ne avete trovati altri? (Non oltre “Il problema finale”)

   
 
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