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Autore: TheRedFox    30/05/2012    0 recensioni
Una storia nata quasi per caso.
Quando capita che due menti divaghino, può accadere che ne nasca la trama di un racconto, di quelli che sanno di vecchio, che a sentirle diremmo che potevano essere quei fantastici racconti che le nonne raccontavano alle nostre madri in tempi assai remoti, di una storia che ormai a pochi importa e a nessuno interessa leggere…
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Che succede? Perché è tutto così buio? Sento la testa che mi scoppia-

Sherry cercò di muovere il corpo, ma lo sentiva ancora intorpidito. L’ultima cosa che si ricordava era che un’improvvisa tempesta aveva scosso la casa sino alle fondamenta e che ad un certo punto aveva perso l’equilibrio ed era andata a sbattere la testa contro il muro.

Lentamente riaprì gli occhi. Prima fu buio, poi lentamente delle immagini sfocate offuscavano la sua mente, ed infine si rese conto di essere ancora nella sua camera. Mosse la testa lentamente, sentiva tendere il collo ad ogni suo movimento, ma non aveva il tempo di rimanere sdraiata a terra.

Con l’aiuto delle mani tirò su il busto e si guardò intorno.

La tempesta aveva scompigliato tutta la sua stanza: i mobili si erano spostati, tutto quello che si trovava sul tavolo era stato rovesciato a terra, quaderni, penne, libri, erano tutti sparsi a terra, ed i quadri erano tutti storti.

-Che macello, mi toccherà passare tutta la giornata a pulire-

Sentiva ancora la zona in cui era andata a sbattere pulsare, si tastò per controllare che non ci fosse sangue, e poi cercò di rimettersi in piedi.

Un tentativo fallito, secondo anche, al terzo riuscì a reggersi in piedi, nonostante vacillasse un po’.

Andò verso lo specchio, che ormai mostrava un crepa che lo attraversava per tutta la sua lunghezza.

Si vide riflessa, anche se l’immagine era tagliata all’altezza della crepa.

I suoi capelli castani erano tutti arruffati, solitamente li lisciava e li teneva all’altezza delle spalle, ma essendosi arricciati tutti aveva come un nido in testa. Il suo viso era leggermente più pallido del solito, gli occhi leggermente spenti ed un espressione vacua faceva capire che ancora non era tornata completamente in sé.

I vestiti erano leggermente spiegazzati. La maglietta color blu aveva un alone di sudore sotto il collo ed i jeans erano sporchi di polvere.

Decise che era il caso di cambiarsi d’abito.

Pochi minuti dopo scese le scale che portavano al piano terra.

Intorno a lei sembrava che fosse successo il finimondo. Le piante erano tutte rovesciate a terra ed avevano versato il terriccio sul parquet, l’argenteria era finita tutta ammaccata a terra e le sedie erano tutte ribaltate.

-Altro che giornata, mi ci vorrò anche un mese per sistemare tutto questo macello-

Sherry viveva da sola in quella casa. Aveva deciso di allontanarsi dai suoi genitori appena ne aveva avuto la possibilità, ma ora si chiedeva se non fosse stato il caso che in quell’istante ci potesse essere anche sua madre per risistemare tutto. “E’ una cosa che posso tranquillamente gestirmela da sola” pensò fra sé e sé, mentre cominciava a sistemare le cose.

Guardò per un attimo fuori dalle finestre, per un attimo credette di sognare ancora, poi lentamente l’idea che quello che vedeva fuori dalla finestra non era il solito paesaggio si concretizzò e corse fuori per appurarlo con i propri occhi.

Appena varcò la soglia di casa un enorme fascio di luce la investì in pieno, tanto che dovette coprirsi gli occhi con le mani. La luce era troppo forte, ma riscaldava come quella del sole, ed il tepore che pervadeva il suo corpo mentre ne veniva inondata era piacevole.

Lentamente i suoi occhi si abituarono a tutta quella luce e poi cominciarono a delinearsi i contorni del paesaggio che si trovava di fronte.

-Dove diavolo mi trovo?-

Era come se improvvisamente fosse stata presa e gettata in mezzo ad una prateria, nel nulla.

Solitamente quando si affacciava dalla finestra vedeva i contorni della altre case.

Abitava in periferia, lontana dal caos e dal viavai quotidiano che ogni giorno saturava la vita dei cittadini, aveva preferito rifugiarsi per conto suo in quella graziosa casa ereditata dalla sua famiglia, trascorrendo le sue giornate a contemplare il canto degli uccelli e le meraviglie della natura.

Invece ora intorno a lei l’ambiente era cambiato. Più si guardava intorno e più credeva ad una sorta di allucinazione dovuta al trauma cranico. Eppure sembrava che fosse tutto reale.

Non c’era niente che le facesse tornare in mente il vecchio paesaggio di campagna che amava tanto ammirare, eppure anche quel posto aveva il suo fascino.

Di fronte a lei un’immensa distesa verde faceva pensare che se avesse proseguito oltre avrebbe trovato solo altra distesa di erba. Sembrava che non avesse un fine.

Guardò la sua casa, buttata lì in mezzo al nulla, aveva qualche crepa sui muri, sembrava come se l’avessero alzata su di peso e l’avessero appoggiata lì senza fare troppe cerimonie.

Dietro casa sua, o per meglio dire in direzione opposta della prateria, si estendeva un bosco rigoglioso, con gli alberi dalle grosse foglie verdi e la luce che filtrava dalle folti chioma sembravano un invito rivolto a Sherry di addentrarsi dentro di esso.

Sin da piccola era rimasta affascinata dalla flora, da come madre natura aveva saputo rendere meravigliose certe piante e di come nonostante l’avanzare della tecnologia e del progresso scientifico, si potesse ancora rimanere affascinati dalla semplicità della natura, di come esse fossero così indispensabili per la nostra vita, di come i mille colori, come una tavolozza di un pittore, riuscissero a risollevare anche l’animo più cupo e rude.

Sentiva come se una voce nella sua mente le dicesse di addentrarsi dentro il bosco, le gambe si mossero da sole e lentamente la sua figura sparì dentro la vegetazione.

Era già da un po’ di tempo che camminava sempre di più verso l’interno, eppure non se ne rendeva conto. Ogni volta si soffermava ad ammirare la luce che filtrava dal “soffitto di foglie” o ad ammirare i fiori e la loro bellezza.

Non si rese neanche conto del grosso ostacolo che era nel suo cammino finché non ci inciampò sopra.

-Ahi!- Emise con dolore.

Eppure Sherry non aveva detto nulla. La voce proveniva da quella grossa figura scura che l’aveva fatta cadere.

-Chi è là?- Chiese Sherry cercando di mantenere la calma.

Vide qualcosa muoversi, un  fruscìo di foglie che si muovevano e poi vide ergersi un’ombra.

Sherry si spaventò così tanto che sentiva il corpo paralizzato, non riusciva a muoversi, gli occhi erano sgranati e la bocca aveva assunto una smorfia di terrore. Sentì che dalle sue corde vocali aveva cacciato fuori un urlo.

Continuò a fissare quella strana ombra, non riusciva a distinguerne i contorni, vide che si agitava come se si stesse contorcendo dal dolore, e poi sentì distintamente una voce:

-Ehi, tu? Ma non guardi mai dove metti i piedi?-

Lentamente la paura fece spazio prima allo stupore, poi alla sorpresa ed infine si chiese che cosa fosse quella cosa che aveva calpestato.

Cioè, sapeva che cosa era, ma di solito non erano così grandi, e oltretutto non parlavano. A dire il vero non avevano neanche braccia e gambe. Quello su cui era caduto pochi attimi prima era un fungo, ma non un fungo normale, era come un uomo travestito da fungo.

-Scusami… Cioè, ma tu chi sei?- Chiese Sherry stupefatta.

-Ma come? Prima mi pesti per benino e poi non ti presenti per prima?- L’uomo fungo sembrava abbastanza scocciato.

-Ah, mi scusi, io mi chiamo…-

-No, aspetta, ormai non importa più- Sherry lo fissò con aria interrogativa –Lascia che mi presenti io per primo, io sono Fungo, il Signor Uomo Fungo-

Silenzio di tomba. Uomo Fungo si aspettava qualche tipo di reazione da parte di Sherry, ed invece nulla. D’altro canto Sherry si aspettava un nome più figo, si immaginava nomi arcaici e mistici quali Cycherus, Masrunt o in lingue sconosciute, ed invece quello strano essere era un uomo fungo e si chiamava semplicemente Uomo Fungo.

-Capisco- Riuscì semplicemente a dire Sherry con un tono di delusione.

-Invece te chi saresti?- Chiese Uomo Fungo ignorando la sua ultima frase.

-Io sono Sherry, e non ho la minima idea di dove mi trovi- Sherry gli raccontò della tempesta, del fatto che aveva perso i sensi e di come si era ritrovata in un posto che non riconosceva.

-Quindi non sai nulla di questo posto?- Chiese Uomo Fungo quando Sherry terminò il suo racconto.

-Cosa dovrei sapere?-

-Questa è la foresta di Malitus. Un tempo qui vivevano tantissime creature, ma poi un giorno arrivò un terribile mago che cominciò a seminare panico e distruzione. Molte creature sono state catturate o ridotte in schiavitù. Quei pochi che sono riusciti a fuggire si nascondo o hanno cercato la fuga. Io ho paura della luce e quindi mi sono nascosto qui nel sottobosco, al riparo da tutti-

-Hai paura della luce?- Chiese Sherry sorpresa.

-Se rimanessi troppo sotto il sole finirebbe che mi seccherei e morirei. Preferisco stare nell’ombra, al riparo da tutto-

-Vivi qui da solo? Non c’è nessun altro qui con te?-

-C’è un altro essere che ha scelto di vivere insieme a me. Ma è un tipo solitario, non ama parlare ed è molto schivo, aspetta che provo a chiamarlo- Uomo Fungo batté con la mano sulla cappella, e sorrise –Sta arrivando-

Sherry rimase un po’ perplessa, chiedendosi da dove sarebbe arrivato, quando notò che si era formato una sorta di bozzolo sul capo dell’Uomo Fungo. Alla fine il bozzolo si ruppe e vide che dal foro stava uscendo un verme.

Sherry aveva sempre provato una repulsione verso i vermi, creature viscide che strisciavano da tutte le parti. Sentì un brivido percorrerle la schiena.

-Ho sentito tutto. Ma non è affar mio e per cui non mi interessa- Il verme rientrò nella testa di Uomo Fungo.

-Scusalo, ma è un tipo asociale, non ama molto parlare, ma è l’unico che mi fa compagnia, a me va bene così- Quando si dice avere la testa bacata.

-Non fa nulla, non me la sono presa-

Sherry non capiva più nulla. Si era persa in chissà quale luogo, aveva incontrato strane creature che non aveva mai visto, e si chiedeva se sarebbe mai riuscita a tornare a casa. Presa dallo sconforto, sentì che il suo viso era rigato dalle lacrime.

-Cosa c’è che non va? Per caso ci sei rimasta male per il mio compagno?- Chiese Uomo Fungo.

-No, non è quello. Mi chiedo solo se riuscirò mai a tornare a casa e rivedere la mia famiglia- Conscia del fatto che era sola, sentiva la mancanza dei suoi genitori. Se mai fosse riuscita a tornare indietro, la prima cosa che avrebbe fatto sarebbe stato quello di andare da loro e riabbracciarli.

-Forse c’è una persona che potrebbe aiutarti. Ma non so se possiamo fidarci di lui- Disse perplesso l’uomo fungo.

-Farei di tutto pur di tornare a casa- Rispose singhiozzando Sherry.

-Allora seguimi. Andremo da lui-

 

Ormai stavano camminando da ore. Man mano che avanzavano, il paesaggio intorno a lei mutava. Gli alberi divenivano sempre più radi, più spogli, come se la morte avanzasse sulla vita.

Non avevano incontrato nessun altro durante il loro cammino, come aveva detto Uomo Fungo le creature o erano state catturate o erano fuggite via.

Quando la luce del sole aveva cominciato a filtrare sempre di più attraverso gli alberi, Uomo Fungo aveva chiesto di prendere una pausa e di aspettare che calasse la notte.

Mentre cercava di riprendere fiato, Sherry si sedette su una pietra liscia e levigata. Aveva una forma strana, leggermente tondeggiante, ma dai contorni morbidi. Se ne era subito innamorata e l’aveva infilato in tasca quasi istintivamente.

C’era una bellissima luna piena, che illuminava tutta l’area circostante. Era come se un enorme lampione illuminasse la loro strada, era tutto così nitido e visibile che era impossibile non notare nulla.

Durante il viaggio avevano parlato poco. Sherry aveva chiesto più volte all’Uomo Fungo dove stessero andando, ma lui aveva sempre risposto dicendo che doveva semplicemente seguirla.

Stavano percorrendo una salita, quando arrivati in cima apparve a lei un’imponente castello illuminato da torce. Il castello era situato in mezzo ad una radura, ed intorno ad esso solo qualche albero scheletrico dava un accenno di vita. Non c’era nessuno, niente guardie, niente segni di vita, se non ci fossero state le torce accese poteva sembrare un castello disabitato.

-Siamo quasi arrivati. Lì c’è la persona che potrebbe aiutarti. Seguimi-

Eppure Sherry aveva un brutto presentimento.

Erano entrati attraverso un passaggio segreto che Uomo Fungo aveva rivelato premendo un mattone su un lato delle mura, facendo così spostare una serie di mattoni che avevano lasciato spazio ad un cunicolo buio.

Uomo fungo prese una torcia e si diresse dentro il cunicolo. Sherry non poté fare altro che seguirlo.

Il cunicolo era stretto ed angusto, e sembrava non finisse mai. Eppure dall’esterno non le era sembrato che il castello fosse così enorme.

Avevano camminato per così tanto tempo che aveva perso la percezione del tempo. Chissà se era già sorto l’alba fuori.

Arrivati di fronte ad un vicolo cieco, Uomo Fungo spinse la parete che aveva di fronte, rivelando all’inizio uno spiraglio di luce e poi l’uscita.

Sherry credette inizialmente di trovarsi all’aperto, ma poi si rese conto che era ancora all’interno del castello. Per l’esattezza si trovava in un’enorme sala rotonda. Da una parte poteva vedere dei gradini che portavano su un piano rialzato in cui vi era situato una specie di trono. E seduto sul trono vi era qualcuno.

La tunica lo ricopriva completamente, anche la testa era coperta e non poteva vedere il suo volto. Eppure era convinta che si trattasse di una figura umana.

-Le ho portato quello che aveva chiesto, Malitus- Disse Uomo Fungo inginocchiandosi di fronte a lui.

Sherry sentì che il nome aveva un suono familiare, poi si ricordò. Non era il mago che aveva soggiogato la foresta?

-Ben fatto, mio caro suddito- La voce di Malitus era tagliente come il sibilìo di un serpente, ma allo stesso tempo sembrava dolce come il miele che attira le api.

-La ringrazio per il compito a me assegnatomi, ora però le chiedo che come pattuito liberi la mia famiglia-

Sherry non sapeva che cosa fare. L’unica cosa che aveva capito era che era stata ingannata, che era finita in una trappola, ma l’ultima cosa che disse l’uomo fungo fece capire che lui in fondo era stata costretta a compiere quel gesto.

-Uomo Fungo…-Disse Sherry con compassione.

Uomo Fungo evitò di incrociare il suo sguardo.

-Mi spiace tanto. Non avrei mai voluto ingannarti, ma c’è in gioco la vita della mia famiglia, non sapevo cosa fare. Scusami. Ed ora Malitus, le chiedo di liberare la mia famiglia-

-Non ricordo di averti mai fatto una promessa simile. Per caso abbiamo firmato un contratto?- Rispose senza alcuna alterazione della voce Malitus.

-Come? Vuol dire che mi ha ingannato? Rivoglio indietro la mia famiglia! Maledetto mago!- Uomo Fungo cercò di scagliarsi contro il mago, ma non riuscì neanche a percorrere un gradino che si accasciò a terra e si contorse in preda al dolore premendo le mani contro la testa –La mia testa! Che cosa succede! Sentò come…-

Improvvisamente smise di agitarsi. La sua cappella si afflosciò, sembrava come se si fosse svuotata, poi si rese conto di ciò che era successo. Vide l’involucro vuoto agitarsi e poi facendosi spazio in superficie uscì il verme.

-Un giochetto da ragazzi, che tipo ingenuo- Disse il verme mentre si faceva spazio verso l’uscita.

Sherry rimase sconvolta. Nonostante il gesto, Uomo Fungo non chiedeva altro che la liberazione della sua famiglia. Aveva compiuto un gesto immorale solo per potersi riunire con essa, ed era stato pagato con il tradimento.

-Tu! Maledetta bestia! Come hai potuto!- Accecata dall’ira, si scagliò dapprima contro il verme, che non ebbe il tempo di girarsi che la sua testa venne schiacciata dalla pietra che Sherry aveva conservato.

Vide il corpo del verme agitarsi per qualche istante, poi divenne rigido e si bloccò.

Sherry si girò poi verso il trono, ma non c’era più traccia di Malitus. Si guardò intorno e con grande sorpresa e terrore vide che era dietro di lei. Cercò di colpirlo con la pietra ma il mago svanì come se fosse fatto d’aria.

-Tu, come hai avuto quella pietra?- Il tono di Malitus era cambiato, sembrava che fosse sorpreso e terrorizzato.

-Non avrai neanche il tempo di capirlo-

 

Il suono della sveglia l’aveva riportata nella realtà. Sentì fuori dalle finestre il cinguettio degli uccelli che cantavano le odi del primo mattino. La luce attraverso la finestra pervadeva tutta la sua stanza e sentì un piacevole tepore mentre lentamente di risvegliava.

Aveva sognato, non c’era altra spiegazione. Eppure sembrava così tanto reale. Si chiese se non era uno di quei sogni in cui ci si sentiva talmente coinvolti da credere di vivere davvero quelle situazioni.

Eppure ora si trovava nel suo letto, fuori dalla finestra sentiva i soliti uccellini cantare e le solite case che decoravano il paesaggio.

Rimase ancora un po’ a letto, cercando di riaddormentarsi, sperando di poter vedere come andava a finire.

Lei un’eroina? Era il suo sogno, ed in quel momento l’aveva in un certo senso realizzato, era un’eroina in sogno.

Mentre cercava di riaddormentarsi mise la mano sotto il cuscino, e sentì qualcosa di duro e freddo al tatto. Lo tirò fuori, lo vide per un istante e sorrise. Probabilmente non era stato semplicemente un sogno.

  
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