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Autore: TotalDrammina    31/05/2012    3 recensioni
Una volta immersa, sentì chiaramente il calore dell’acqua lasciarle un piacevole ricordo del suo letto, come quando la notte si metteva sotto le coperte che la proteggevano, mentre la brezza leggera che spirava le muoveva leggermente i capelli, dandole quel senso di libertà che desiderava.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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In quei giorni Kagome era riuscita a recuperare parte del programma scolastico, soprattutto grazie alle ripetizioni di Hojo e agli appunti di Yuka, Eri e Ayumi, anche se aveva ancora qualche grana con alcuni argomenti che proprio non capiva. Pazienza.
Pazienza, anche se avrebbe dovuto preouccuparsi con una cura maggiore di quello che, più o meno, si poteva definire “il suo futuro”.
E non la aiutavano certo i racconti maniacali del nonno sul Giappone antico, Sota che giocava allegramente per casa e Buyo che si accoccolava sulle sue gambe. Invece, la signora Higurashi, come al suo solito stava in cucina, a fare le pulizie o usciva per passeggiare, lasciando studiare la figlia tranquillamente. Ah, se comprendessero tutti la sua situazione come faceva sua madre! Invece chiunque si prendeva la briga di infastidirla.
E, a proposito di fastidio, da parecchi giorni non sentiva quell’aria pesante d’infantilità ostinata. E non si riferiva a Sota, lui per la sua età era maturo, bensì ad un certo mezzodemone che aveva il brutto vizio di trascinarla nel periodo Sengoku ogni volta che tardava a tornare.
Quella volta non era venuto. Non che lei fosse disperata, anzi, aveva più tempo per dedicarsi alla sua vita moderna e rilassarsi, però, doveva ammetterlo, non le dispiaceva che Inuyasha si preoccupasse di venirla a riprendere.
Arresasi con lo studio, decise che arrivato il momento di farsi una bella dormita.
La giornata sfiancante, lezioni di cui non capiva nulla e la famiglia che la disturbava: c’era di peggio? Per un’adolescente stressata come lei, la risposta era no.
Combattere i demoni è meno faticoso, pensava.
Fu tra questi pensieri, che si addormentò beatamente nel suo comodo letto. Ogni tanto l’odore inebriante di casa era sempre gradito, soprattutto se ci si ritrova catapultati indietro nel tempo di cinquecento anni.
Quando aprì gli occhi, ancora assopiti, e lesse l’orario sulla sveglia, si alzò in fretta e cominciò a inveire contro la “meridiana arrugginita”. Erano le 21.05. Quella cosa avrebbe dovuto suonare più di tre ore prima, ma non l’aveva fatto.
Ancora si chiedeva perché non ne aveva comprata una nuova.
Non c’era tempo, si giustificava. Buffo, che non ci fosse tempo per comprare un aggeggio che appunto, serviva per misurare il suo trascorrere.
Raccolse il suo enorme zaino giallo e lo riempì con tutto quello che le capitava a tiro.
Un saluto veloce ai familiari, che già si trovava al pozzo mangia ossa, pronta a tornare alla solita routine che prevedeva la ricerca dei frammenti di quella dannata sfera. Solita routine, che però le piaceva, nonostante tutte le sue speranze di rimettersi in pari con i suoi compagni fossero andate sfumate.
«Maledizione! Dovevo essere qui ore fa!»
Uscendo dal pozzo, lasciò da parte il rammarico e notò con meraviglia ciò che non era possibile guardare nella sua epoca: le stelle. Nella Tokyo moderna, c’era troppo inquinamento luminoso per poterle osservare bene.
Era tentata dal fare una passeggiata con lo sguardo volto al cielo notturno, sicura che se avrebbe ceduto, Inuyasha non avrebbe lasciato correre. Anche se non era tornato a prenderla, erano ugualmente passati molti più giorni di quanto aveva lasciato detto prima di tornare nel presente.
Sarà furioso.Oppure è diventato più comprensivo nei miei confronti.
Fece una smorfia pensando alla seconda ipotesi. E la scartò immediatamente, ritenendo che lui non era proprio il tipo. E comunque, se proprio gli premeva di continuare il viaggio sarebbe tornato, come sempre, e non venendo aveva dimostrato di volerla lasciare un po’ stare.
Anche se non del tutto convinta, Kagome cominciò quella camminata che le dava come un senso di sollievo. L’atmosfera aveva qualcosa di magico, ed era tutto così naturale: questo aspetto dell’epoca feudale l’attraeva particolarmente, forse perché dall’altra parte del pozzo regnava il caos più totale .
Ed infine, camminando, era giunta in un luogo dove gli occhi le erano brillati: Sorgenti termali.
Non sapeva nemmeno come c’era finita. Sapeva solo che le sue gambe conducevano e lei era assorta nei suoi pensieri. La scuola l’aveva presa talmente tanto, che da tempo non faceva uno di quei bagni caldi e rilassanti, e sarebbe stata una stupida se non avesse approfittato dell’occasione, ora che non c’era nessuno a pressarla per percorrere chilometri e chilometri dietro a Naraku.
Se da un lato voleva immergersi in quelle acque termali, dall’altro si sentiva in colpa perché i suoi amici l’aspettavano già da tanto.
 Con la scusa poco credibile che aveva trovato appena uscita dal pozzo, Kagome pensò di concedersi giusto dieci minuti. In fondo anche lei aveva bisogno di riposo! Non era un demone, instancabile, rimaneva pur sempre una quattordicenne umana.
Una volta immersa, sentì chiaramente il calore dell’acqua lasciarle un piacevole ricordo del suo letto, come quando la notte si metteva sotto le coperte che la proteggevano, mentre la brezza leggera che spirava le muoveva leggermente i capelli, dandole quel senso di libertà che desiderava.Chiuse gli occhi e si abbandonò a queste sensazioni armoniose. Libero il corpo, la mente, l’anima, lo spirito, libera lei da ogni preoccupazione e dolore, l’inganno di un’illusione durata appena pochi minuti.
Sembrava che fosse accaduto apposta, avrebbe giurato lei. Proprio quando era riuscita a trovare un attimo da dedicare a se stessa, riuscì ad udire distintamente un rumore di zoccoli. Dapprima fievolmente, e poi sempre più intenso. Chi passava di lì a quell’ora?
Se hanno dei cavalli, probabilmente sono semplici umani. I demoni non usano cavalli…O sì?
E mentre ragionava, quattro uomini erano giunti, a bordo dei loro destrieri, e come si capiva dalle loro spade affilate e dai loro sguardi, non avevano buone intenzioni.
«Dicci donna, dove nascondi i frammenti della sfera dei Quattro Spiriti?»parlò uno di loro.
Ci mancavano solo i briganti.
I frammenti della sfera erano rimasti nei suoi vestiti, quando lei li aveva lasciati incustoditi per entrare in acqua.
«Non possiedo alcun frammento»
Uno dei quattro le si avvicinò – lei era ancora nella sorgente- sfoderando l’arma che impugnava e facendola passare delicatamente sotto il suo collo ad una distanza di qualche centimetro.
«Non mentire. Sappiamo di un mezzodemone, una miko, una sterminatrice di demoni e un monaco, che viaggiano per raccogliere pezzi di sfera. Si dice che ne abbiate molti. Eppure a guardarti, non sembreresti una sacerdotessa»
La situazione non era delle migliori per lei. Sapeva che anche un essere umano poteva sporcare la sfera e portare scompiglio, e comunque non avrebbe mai dato via i frammenti che con tanta fatica si erano guadagnati.
«Non costringerci ad ucciderti, bellezza. Se ci darai quello che vogliamo senza fare storie, sarai risparmiata» continuò un secondo brigante.
Ma lei non cedeva, e rimaneva lì, in mezzo a quei quattro. Alle volte aveva un coraggio invidiabile, ma anche una caparbietà impressionante, caratteristiche che la rendevano matura e infantile allo stesso tempo.
«Vi ho detto che non ho quello che cercate!»
La distanza tra il proprio collo e la spada del brigante venne annullata, e quest’ultima sfiorava la sua morbida pelle.
Poco prima che il predone riuscisse ferirla, si ritrovò scaraventato a terra con una forza impressionante, da una figura a lei familiare.
I quattro briganti, impauriti dalla potenza della misteriosa figura, batterono in ritirata, non prima però di averle rubato i vestiti, e con essi i frammenti di sfera.
«Kagome!»
Era lui? Non l’aveva riconosciuto per l’eccessivo buio. Eppure, avrebbe dovuto notare almeno i suoi meravigliosi e luminosi occhi… Color pece?
Se c’era una cosa che guardando il cielo, non aveva scorto, quella cosa era l’assenza della luna.
«Inuyasha!»
Prima di dire qualsiasi cosa, lui la guardò con gli occhi fuori dalle orbite, letteralmente. In quel periodo lei aveva decisamente la memoria un po’ troppo corta. Perché? Se ne ricordò guardando la faccia sorpresa, e leggermente rossa, del ragazzo.
Era nuda, e lui la stava anche guardando! Si immerse immediatamente più imbarazzata che mai.
«A cuccia!>>
Sbang! Quel rumore risuonò cristallino nell’aria, mentre qualcuno si ritrovò involontariamente per terra, e qualcun altro stava uscendo dall’acqua.
«Sei pazza, dico?! Ti ho anche salvato e mi mostri così la tua riconoscenza? Sei un’ingrata!» Mentre parlava, seduto, si stava togliendo la sua veste Inezumi, e gliel’aveva lanciata.
Non curante di ciò che le era appena stato detto, osservava l’abito rosso vermiglio che teneva tra le mani. Lo indossò ringraziando il proprietario, e dimenticandosi del suo occhio lungo.
Quando lui si girò per domandarle se fosse tutto a posto, lei poté chiaramente intravedere una ferita sulla sua guancia.
«Che cosa ti è successo?» chiese indicandola.
«Prima dei demoni ci hanno attaccati per la sfera, niente di ché comunque»
Uhm… Speriamo…
I frammenti di sfera… Certo! Quei briganti se li erano intascati! Riusciva, però, ad avvertire molto bene la loro presenza. Erano ancora vicini quelli? Intimoriti com’erano, se l’erano data a gambe, non potevano essere ancora lì.
Infatti, come supponeva, a qualche metro dal suo zaino c’erano i frammenti, tra i fili d’erba che tentavano di nasconderli.
Li raccolse, e li mise al collo come una collana.
Unita in un unico frammento, era più difficile custodire la sfera: Qualche demone si sarebbe potuto trovare tra le mani un grande pezzo, il che poteva solo peggiorare la situazione. In questo modo però diveniva più percettibile nel caso qualche demone riuscisse sul serio a prenderne possesso.
Messa al sicuro la sfera, e messo in spalla anche il pesante compagno giallo, si avviò verso il villaggio della vecchia Kaede insieme a Inuyasha. Stranamente lui aveva solo accennato al suo ritardo, cosa che invece non mancava di accentuare sempre. Inoltre le sembrava che l’hanyo non gliela raccontasse giusta: suggestione o  verità? Verità.
Poco dopo lui cadde per terra, tuttavia senza perdere i sensi. Ancora una volta, lei si preoccupò della sua salute, domandandogli cosa avesse. E com’era naturale che rispondesse quel cocciuto d’un mezzo demone, le aveva detto che era giusto un lieve dolore.
Ma lei sapeva che era una bugia.
Niente di ché un corno, quei demoni dovevano essere forti…
«Non pensare di cavartela così! Adesso mi dici che cos’hai!»
Dopo circa minuto passato a lottare, finalmente lei riuscì a togliergli il kosode*.
Ed eccole lì, visibili ai suoi occhi nocciola, rosse come il sole al tramonto: cicatrici non ancora chiuse, sparse sul petto di un Inuyasha troppo orgoglioso perché venissero curate a dovere.
«Inuyasha! Perché non ti sei lasciato curare da Kaede?!»
«Perché non sono ferite gravi!»
Lui non ebbe il tempo di replicare come voleva. Intanto lei stava prendendo tutti i suoi medicinali che si era portata via, e cominciò a medicare Inuyasha, malgrado le sue continue lamentele e disapprovazioni.
«Per quale motivo non hai lasciato combattere Sango e Miroku?»
Lui non rispose, forse perché non aveva un motivo valido da darle, e non fece niente se non corrucciare la sua espressione esprimendo tutto il suo disappunto per quell’assurda situazione.
Che non era poi così assurda.
Kagome non sembrò prendersela più di tanto, probabilmente aveva intuito che lui preferiva non parlarne. Tanto si sarebbe fatta raccontare tutto da Shippo, Sango e Miroku.  
Invece continuava ad abbondare con pomate, creme, cerotti e medicazioni: Inuyasha da umano era molto più fragile di quanto si potesse pensare.
Finito il suo temporaneo lavoro da crocerossina, lo costrinse a sdraiarsi poggiando la testa sullo zaino. E di nuovo proteste da parte del mezzodemone. Quasi si stava abituando a quei piagnistei continui. Sembrava un bambino.
«Che hai intenzione di fare?» chiese lui.
«Come che ho intenzione di fare? Stare qui!»
La ragazza si domandava perché era così tardo. In effetti, se lo chiedevano anche gli altri: perché Inuyasha non si rendeva mai conto dei suoi sentimenti?
Era sempre stato così, o faceva finta di non capire?
«Torna al villaggio»
Tono di voce freddo, impassibile, raggelante, come lo sguardo che aveva preferito volgere altrove. Per non incrociare il suo.
Ogni volta che qualche cosa stava andando per il verso giusto, lui diceva sempre qualcosa di sbagliato al momento sbagliato rovinando tutto. Sempre.
Però lui non glielo stava ordinando, come a lei era sembrato, no: lui glielo stava dicendo per non farla rimanere tutta la notte a prendere freddo.
Al solito, come lui rovinava, lei fraintendeva. Ed era forse questa la causa dei loro litigi frequenti, anche se una parte di essi erano causati da “aiuti esterni”.
In risposta all’affermazione, lei non aprì bocca e ignorò le sue parole.
Si limitò a prendere altre garze e medicinali per potersi spostare sulla ferita che lui aveva in viso.
E lui intuì quello che lei gli avrebbe risposto, o almeno da quanto aveva capito seguendo le sue azioni, i suoi movimenti, il suo corpo.
Lei si avvicinò pericolosamente al volto sfregiato dell’hanyo, tanto da sentirne il respiro regolare, come del resto lui poteva sentire il suo.
Passò del disinfettante sul taglio: bruciava, ma non quanto il suo fuoco interiore. Da quando l’aveva incontrata, si sentiva… vivo, e non solo perché non era più sigillato a Goshinboku.
Era incredibile come ogni volta si preoccupava di curare ogni sua ferita, anche minuscola, sia sul corpo umano che su quello per metà demoniaco, senza distinzioni. Si preoccupava sempre, lei, non una volta che non gli domandasse come stesse, nemmeno da arrabbiata.
Intanto, aveva concluso l’opera con un cerotto.
Entrambi, non si sa come, si erano ritrovati a guardare l’uno negli occhi dell’altro, lei nel nero temporaneo di Inuyasha, e lui nel suo castano persuasivo.
Chissà, cosa pensavano.
Avrebbero tanto voluto saperlo anche loro.
La verità è che ogni cosa nella loro mente si era cancellata, come se fosse in stand-by.
Adesso c’erano solo loro due, ad un soffio di distanza.



Angolo Autrice.
*Kosode: è la maglia bianca che Inuyasha porta sotto la veste Inezumi.
Salve popolo! (:
I'm felicious :3
Questa è la mia prima storia su Inuyasha, nonchè prima di EFP.
Anche se non mi convince troppo :/ Che dite?

P.S.: Ho una domandina-ina-ina per voi: Riuscite a leggere, o devo fare un corso intensivo di html? (In caso di seconda ipotesi, c'è qualcuno che si offre per aiutare una povera autrice in erba? U.U)
  
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