Anime & Manga > Kuroko no Basket
Ricorda la storia  |      
Autore: Shichan    01/06/2012    7 recensioni
«Ripetilo, Taiga…» Taiga, non “Kagami” «ripetilo.»
[50 frasi Kagami/Kuroko][Riferimenti al manga almeno fino al capitolo 145]
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer: i personaggi non appartengono a me, ma sono copyright di Fujimaki Tadatoshi.
Info utili: 50 frasi scritte con il set epsilon per la community 1frase.
Il progetto inizialmente prevedeva di scrivere gruppi da tre in sequenza per una stessa scena; poi l’ispirazione ha fatto i suoi beneamati cavoli come sempre. Ho cercato di dare un ordine cronologico (da quando Kagami e Kuroko si sono appena conosciuti in poi), e diversi temi sono collegati fra di loro. Non dovrebbe essere difficile individuarli, essendo uno di seguito all’altro, e spero che non vi creino confusione <3
Note per lo più inutili: stavolta mi sono mossa in anticipo, olè. Tantissimi auguri Lita <3 (a ben vedere forse sarebbe stato più azzeccato scriverti una AomineKise, ma quando ho iniziato a farti questo non sapevo ancora di non essere l’unica anima della terra a shipparmeli XD).
Aggiungiamo un angolino pubblicità, giacché queste 50 frasi hanno visto la luce anche per merito di Ohbirds che, dato il suo immenso amore nei miei confronti (?), mi ha intrippato il cervello con un fanmix Kagami/Kuroko che ha fatto da colonna sonora durante la stesura e che con somma gioia potete trovare qui.
Il titolo, su sua gentile concessione, riprende quello del fanmix in questione.

 

 

Libro
Quello che ha tra le mani è un libro come un altro – beh, effettivamente è il noiosissimo libro di storia del Giappone, ma tant’è – niente che un qualsiasi studente non potrebbe avere, alle otto e un quarto del mattino, di fronte al cancello della scuola; Kagami non ha mai capito perché sa che saprebbe riconoscere Kuroko anche solo da quel libro: sarà come lo tiene, sarà come gli copre il viso alla vista altrui, saranno le sue mani, sarà che lo riconoscerebbe a prescindere da tutto, e basta.

Penna
Nel suo silenzio, che insieme a tutto il resto contribuisce a far sì che nessuno lo noti, Kuroko osserva dalla sua privilegiata postazione in fondo all’aula Kagami, specialmente durante le lezioni: ha notato che ogni qualvolta l’altro si annoia o si irrita, a farne le spese è sempre una povera penna innocente, sempre la stessa – la posa sulle labbra o raramente la mordicchia, e Kuroko quando si riscopre a trattenere appena il respiro si dice che, dopotutto, la penna forse non soffre tanto quanto sembra.

Cane
Quella dannata bestia lui lì dentro non ce la vuole, e se ne frega di tutte le buone motivazioni per tenerla che la sua squadra potrebbe rifilargli da qui ai prossimi cento anni: gli bastano già un paio di occhi azzurri che lo guardano a quel modo senza che siano abbinati ad un batuffolo di pelo e senza bisogno di chiamarlo con lo stesso nome di Kuroko – lo vede da solo quanto si somigliano, va bene?!

Melodia
Non è mai stato appassionato di musica, e meno che mai ne ha suonata, eppure ha la sensazione che potrebbe essere così, che una melodia dovrebbe essere proprio così, che le sensazioni dovrebbero essere quelle – armonia, perfezione, ritmo incalzante e stimolo, una specie di completo e totale incastro di un sacco di cose – e che se così fosse significherebbe che giocare a basket con Kuroko è un po’ come suonare uno strumento, dopotutto.

Pallone
La palla da basket era sempre stata il mezzo tramite cui comunicare in qualsiasi momento; laddove parlare non era cosa per lui c’era sempre stata un pallone, passato di mano in mano, che rappresentava tutto di lui: sentimenti, speranze, dichiarazioni, obiettivi – era tra loro, quella palla, passata senza nemmeno guardarsi, perché sapevano entrambi che l’altro sarebbe stato lì dove doveva essere, sempre.

Sabbia
Correre chilometri e non averne abbastanza, correre sulla sabbia che è come dire di correre nell’argilla e cercare di uscirne senza inciampare mille volte e altrettante avere la sensazione di essere sempre fermi nello stesso punto: Kagami è cosciente di avere dietro di sé Kuroko – che chissà perché ha voglia di una corsetta notturna anche lui – di averlo dietro proprio come un’ombra, ma stavolta non rallenterà il passo per affiancarlo, stavolta ha bisogno che la sabbia intrappoli anche tutto ciò che di negativo lo agita, insieme ai suoi piedi, e ha bisogno che succeda senza che Kuroko lo guardi con la coda dell’occhio come fa sempre, convinto che Kagami non se ne accorga.

Sete
Kagami odia agitarsi per le stronzate, perché si conosce e sa che l’irritazione non se la scrolla più di dosso fino a che in qualche modo non si distrugge lui stesso rendendosi incapace di rimuginare – il che solitamente avviene spompandosi fino alla morte in allenamenti solitari – quindi capisce da subito che il resto di quel match programmato dal coach andrà a puttane: inutile che stia lì a ripetersi che aveva solo sete e che ha sbagliato borraccia e che è colpa di Izuki-senpai quel gran demente, quel “ormai sono una coppia, eh?” non se lo toglie più dalla testa, fanculo.

Ossessione
Che il basket fosse stato il perno della sua esistenza da quando aveva imparato a giocarci non era una novità per Kagami, né lo era il fatto che odiasse perdere, ma l’ossessione di sconfiggere qualcuno come in quel momento non l’aveva avuta mai, nemmeno nel suo costante obiettivo di superare Tatsuya: era bastata una sconfitta, un momento in cui sperduti come bambini lui e i suoi compagni si erano cercati, con gli occhi e con le voci, a dirsi che avevano fatto tutto quel che potevano – se lo sognava la notte, il boato degli spalti che si riduceva ad un silenzio ovattato, Kuroko che non lo guardava, fissava le sue mani come a dire “l’abbiamo lasciata andare via”.

Computer
Kuroko non poteva vantare una predisposizione all’informatica, ma scoprire che Kagami era persino meno portato di lui era stata una rivelazione di quelle che supponeva ne capitassero poche nella vita: capiva che forse alcuni programmi non erano esattamente intuitivi, ma a dirla tutta skype non gli sembrava uno di questi se persino lui ci si raccapezzava, eppure non c’era altra spiegazione oltre l’essere l’anti-tecnologia se qualcuno non capiva nemmeno come chiudere un programma, pagandone il prezzo con imbarazzanti ammissioni come quella di sentire la mancanza di qualcuno – «Acceso? E che diamine aspettavi a dirmelo, Alex?!»

Polvere
Se Kagami se ne era tornato in America perché credeva che fosse l’unico luogo dove potesse diventare più forte o se lo avesse fatto perché una sorta di ritorno alle origini gli avrebbe dato l’impressione di poter uscire dal tunnel di quella sconfitta e rimettersi in piedi, Kuroko non lo sapeva; non parlavano, loro, non così tanto – eppure era sicuro che a prescindere dal motivo o dal posto in cui cercavano il modo di rialzarsi, il pensiero fosse lo stesso, che una volta tornati insieme sul campo non sarebbe più stato importante chi gli si fosse parato davanti: gli avrebbero fatto mangiare la polvere, e ne sarebbero usciti così, a testa alta.

Bosco
Giocano a guardie e ladri per allenarsi, ore a correre in mezzo al nulla totale che un bosco può offrirti – tanti nascondigli quanti potrebbero essere i luoghi di appostamento delle “guardie” – dopodiché ancora si allenano, individualmente o tutti insieme, con la sensazione di stare diventando più forti; in quel momento Kuroko non lo capisce neanche bene, perché le chiacchiere e le lamentele di solito tanto familiari lo facciano sentire quasi in ansia, un’ansia stupida per dire le cose come stanno, come la sensazione che manchi qualcosa, che manchi qualcuno che in quel bosco sicuramente si farebbe scoprire subito, come un bambino.

Alba
Non è più un mistero per nessuno che, prima di un match importante, Kagami sia incapace di prendere sonno fino all’alba, e sì che stavolta Riko ci è andata vicina ad ucciderli con l’allenamento pre-partita, tanto che sono crollati per la maggior parte in palestra; nonostante tutti si aspettassero di svegliarsi e trovare Kagami con gli occhi arrossati e l’espressione terrificante, però, quel che hanno visto è stata una scena insospettabile – i due novellini addormentati contro la parete, uno vicino all’altro, e Riko che faceva cenno loro di fare silenzio con l’indice portato vicino alle labbra: «Svegliamoli tra un po’, sono andati a dormire che era appena l’alba.»

Lacrime
Di fronte ad un avversario così forte potrebbe facilmente farsi perdonare se si arrendesse, potrebbe dire semplicemente che non può farcela e che ha raggiunto il suo limite e nessuno glielo riproverebbe, perché Aomine è mostruoso e su questo nemmeno chi non capisce il basket ha dubbi; il suo problema però è che è un testardo, che perdere non gli è mai piaciuto, che col cavolo che gliela dà vinta a quello lì – lui non potrebbe perdonarsi dopo aver visto versare lacrime persino a uno come Kuroko, che non sembra mostrare mai nulla di quello che prova, ed essersi arreso senza nemmeno combattere finché non gli si saranno rotte entrambe le gambe e dovrà strisciare a terra.

Biancheria
Il dramma di avere Alex in casa non era tanto il fatto che non le entrasse in testa che dovesse piantarla di girare nuda per le varie stanze, che lui era comunque un uomo e non più il moccioso a cui aveva insegnato il basket – non che avesse alcuna intenzione nei suoi confronti in quel senso – ma il suo disordine cronico che trovava la sua massima espressione proprio nei capi d’abbigliamento: non ci trovava nulla da ridere nel calcio volante che il coach gli aveva rifilato quando aveva trovato delle mutandine da donna nella borsa di Kagami, né negli sguardi d’odio tipico dell’invidia maschile in certi contesti, e meno che mai l’aura maligna che sembrava aver inglobato Kuroko mentre lo guardava come se fosse meno dei bisognini di Tetsuya #2.

Gelo
A quel punto sfidava chiunque a non sentirsi inquietato, perché Kuroko poteva pure essere un nano quanto volevi e l’inverno in Giappone poteva essere più rigido che ai poli, ma lo sguardo che lo aveva trapassato da parte a parte era stato già un duro colpo; questo senza contare il tono che aveva usato, e che se accompagnato a tutto il resto avrebbe fatto passare un brivido di autentico gelo per la spina dorsale di chiunque – «Kagami-kun, dovresti controllare la borsa prima di uscire e—» e che non avesse specificato “da casa” gli suggeriva la presenza di un orribile malinteso.

Rossetto
Sinceramente dalla prima volta che aveva conosciuto Midorima e aveva avuto a che fare con quella sua fissazione assurda per gli oroscopi, la fortuna e quel che Kagami minimizzava nella categoria di “quelle cazzate lì”, l’unica cosa che aveva pensato era quanto fosse tutto assurdo – eppure iniziava a credere che gli ultimi giorni fossero un periodo misticamente negativo o che, in alternativa, fossero la prova evidente che il suo karma non comprendeva l’esistenza di Alex nella sua vita: ci mancava solo che gli sbavasse l’asciugamano di rossetto mentre si lavava la faccia, tanto per accumulare i malintesi insomma!

Gelosia
E giustamente non lo aveva capito finché i ruoli non erano stati invertiti, non aveva nemmeno vagamente pensato che le occhiate di Kuroko non fossero dovute a nessuna stupida morale della cultura giapponese ma alla semplice gelosia: non l’aveva capito finché non si era ritrovato a digrignare i denti e incazzarsi lui stesso per il medesimo sentimento – se quel biondo non la piantava di stargli intorno come un cane scodinzolante (o un lupo che gira intorno all’agnello in attesa del momento propizio) giurava che l’avrebbe chiuso in uno sgabuzzino, e non certo per fare due chiacchiere e prendere una coca-cola.

Interrogatorio
Kagami si faceva poche domande esistenziali nella sua vita, specialmente sulle cose che non lo interessavano, come poteva sembrare ovvio; in quel momento, mentre Alex sta dimostrando quello che chiama “intuito femminile” facendogli un interrogatorio degno dell’FBI avendo a suo dire notato “l’occhiata di fuoco lanciata al biondino del Kaijou per il suo semplice parlare con Kuroko”, si chiede perché il Signore o chi per lui abbia dovuto dare di tante qualità possibili una cosa così scomoda proprio alle donne, visto quanto sanno essere invadenti e curiose – magari qualcuno dovrebbe prendersi la briga di spiegargli che reagire sbraitando «E quello lo chiami semplice parlare?!» non aiuta a sviare i sospetti.

Lingua
Non ci voleva nemmeno pensare di essersi fatto fregare in quel modo tanto meschino; certo, avrebbe dovuto sentire puzza di imbroglio quando alla luce della sua media scolastica avevano chiesto a lui di spiegare qualcosa a Kuroko: a fregarlo era stato che il “qualcosa” in questione fosse l’inglese, e che almeno a parlarlo riusciva più che bene, ma nessuno si era preso la briga di dirgli che ci sarebbero stati momenti allucinanti come avere Kuroko Tetsuya che lo provocava inconsciamente – seriamente, perché il “th” inglese pretendeva quella benedetta lingua tra i denti, perché?!

Salato
Il primo bacio era stato “da ragazzo”, a volergli affibbiare una categoria: dato un po’ per stupido orgoglio, dato senza pensare al dopo e alle conseguenze, dato con il rischio di beccarsi un pugno in faccia, dato per rabbia e per gelosia, dato perché a parole i maschi raramente sono granché, dato con foga perché tra ragazzi non c’è sempre e solo bisogno di romanticismo – era stato salato, forse perché nella foga è passato dal baciargli le labbra a baciargli il mento, perché era dopo un allenamento, perché quello spogliatoio era vuoto, perché la sua pelle era ancora sudata e quando era tornato a baciarlo sulle labbra il sapore di sale era rimasto sulle proprie.

Occhiali
Il secondo bacio era stato più calmo, ma in qualche modo ugualmente strano e diversamente dalla prima volta Kuroko aveva avuto qualcosa da dire – quando tra le sue labbra e quelle di Kagami c’era stata una distanza quasi imbarazzante che permetteva sì e no di parlare senza sfiorarsi, l’aveva guardato dritto negli occhi come solo lui avrebbe potuto fare in un momento imbarazzante come quello e aveva allungato la mano fino a togliergli gli occhiali da riposo con cui non lo aveva mai visto prima; il tutto solo per lamentarsi un po’: «Baciarti con gli occhiali è scomodo, Kagami-kun.»

Manette
C’era una cosa che non aveva mai capito, ossia perché mai Kuroko dovesse necessariamente mettersi dalla parte dell’incaricato a sfotterlo di turno, specie considerando che in quel momento non era certo l’unico diretto interessato: eppure, mentre il coach senza un minimo di pudore gli piazza in mano delle manette pelose, dandogli una pacca sulla spalla e raccomandandogli con un ghigno di farne buon uso, non ha seriamente la forza di ribattere al «Sii gentile, Kagami-kun» di quel pezzo di cretino, e si limita a borbottare qualcosa sparendo negli spogliatoi.

Orologio
Al silenzio di casa sua Kagami è abituato, ed è per questo che da quando vive in Giappone da solo ha preso qualche vizio istintivo – accendere la tv appena rientra in casa dagli allenamenti a prescindere da cosa stia facendo – tipico delle persone che vivono da sole; il ticchettare dell’orologio a muro non è mai stato un problema, a parte quando si fa distrarre pur di studiare, eppure adesso rimbomba come se fosse il conto alla rovescia per lo scoppio di una bomba, esplosione che si tradurrà in niente più di un campanello che suona e in lui che apre la porta lasciando entrare Kuroko in casa sua, Kuroko e nessun altro.

Taglio
Cosa gli sarà mai venuto in mente di farsi aiutare a cucinare da Kuroko, considerando che è anche un ospite, Kagami davvero non lo sa; l’unica cosa di cui è davvero certo è che in un modo o nell’altro si sia rivelata una scelta fatale: non solo perché nel momento stesso in cui ha provato a rendersi utile l’altro è riuscito subito a rischiare di mutilarsi praticamente, ma soprattutto perché ha la sensazione che non gli faccia bene al cuore né vedere che comunque un taglio se l’è procurato, né che l’altro sembri convinto che basti leccare via il sangue per disinfettarlo – lo manderà al manicomio, se lo sente mentre gli strattona il braccio per fargli mettere la mano sotto il getto d’acqua fredda.

Sfumature
Kuroko doveva ammettere di aver messo in conto, quando si erano conosciuti e anche man mano che si comprendevano l’un l’altro, che Kagami Taiga potesse avere lati del carattere insospettabili, mille sfumature che lo rendessero nell’insieme la persona che era – riusciva quasi ad immaginare un colore per ogni cosa, come in un gioco da bambini: giallo come il sole per l’entusiasmo, azzurro come il cielo per la sincerità (o sfacciataggine), rosso come il fuoco per la passione per il basket e la facilità con cui si arrabbiava – ma doveva anche ammettere, a guardarlo ora, che la sfumatura di un Kagami-kun che cucinava con il grembiule con i girasoli non l’aveva proprio considerata.

Sguardo
Forse era intuibile e se lo sarebbero dovuti aspettare ma, davvero, avrebbe potuto giurare sul suo onore che l’invito non era stato rivolto con quell’intenzione – eppure era apparso inevitabile ed era successo di punto in bianco: era solo che mentre guardavano la tv, con un disagio di fondo da parte di entrambi probabilmente, era successo di guardarsi nello stesso momento, era successo come capitava anche sul campo di basket, che si erano guardati e basta, davvero niente di più di uno sguardo come ce n’erano sempre stati tanti, tutti diversi e allo stesso tempo tutti uguali.

Istante
E dopo quello sguardo non lo sa, ad un certo punto è semplicemente andato in totale black out come quando in partita perde la testa perché, tanto per cambiare, si incazza con un nonnulla: in quell’istante in cui si sono guardati e si sono notati a vicenda, non lo sa – non è che si siano detti nulla, non è che si siano toccati in chissà quale maniera, si sono solo sfiorati spalla contro spalla e niente di più davvero – si è solo trovato a pensare al suo nome, e l’istante dopo lo stava baciando di nuovo, senza foga e senza occhiali di mezzo stavolta, solo come se fosse la cosa più naturale da fare.

Pelle
Gli era capitato di pensare a come fossero certe cose, da adolescente sano quale era, ma più del pensiero in sé non ti potevi fare un’idea, e lui era uomo di fatti più che di ragionamenti; ma ad ogni modo, mentre tutto quello che sente sotto di sé – sotto le mani, contro il bacino, contro il torace, ogni tanto con le gambe – non è che la pelle calda del corpo di Tetsuya che sfrega, si muove con la stessa incertezza, curiosità e desiderio che ha lui e contro di lui, in un barlume di lucidità pensa che se anche se lo fosse immaginato non sarebbe mai stato così.

Sesso
Sarà che essere un giapponese cresciuto in America ti apre la mente un po’ a tutto, argomenti come il sesso compreso, oppure sarà che è cresciuto con Alex e questo da solo basterebbe; potrebbe essere che sia il fatto di non aver mai avuto pregiudizi, di aver creduto che ci potesse essere sesso senza sentimento e che per questo non fosse una gran cosa di cui preoccuparsi alla fin fine, e che nessuno si sia mai preso la briga di correggerlo su tutto questo – ma allora vorrebbe sapere perché, se in fondo il sesso è fine a se stesso tutto sommato, ha questo istinto di rivolgere all’altro ragazzo ogni premura possibile, e gli trema il cuore se si ferma a guardarlo.

Ripetere
Tra i sospiri che riempiono la stanza, il fruscio del letto, i gemiti che sfuggono tra le labbra di entrambi quando queste non sono le une sulle altre o contro la pelle del compagno, a Taiga scappa detta una sola parola, un nome più che altro; lo chiama, quando ci ripenserà lo troverà anche imbarazzante, ma gli viene naturale usare il suo nome – Tetsuya, non “Kuroko”, e lo sente trattenere il respiro e chiedergli di ripeterlo, capriccioso come un bambino: lo accontenta una, due, tre, cinque volte e ancora finché l’altro con una voce che è appena udibile continua a dirgli «Ripetilo, Taiga…» Taiga, non “Kagami” «ripetilo.»

Oscurità
Nella stessa oscurità in cui Kuroko, in quanto “ombra”, aveva sempre creduto di essere completamente a suo agio, le uniche cose che in quel momento avverte chiaramente sono il disagio della consapevolezza di non essere solo e la pesantezza di un silenzio che lascia che il solo respiro sia fin troppo udibile: Kagami è lì sdraiato accanto a lui e tace, respiro ormai regolare e niente più, non dice nulla – il brutto di una stanza buia è che ti nasconde, ma di contro non sai mai cosa aspettarti, e in quel momento un abbraccio possessivo arriva senza il minimo preavviso, ma non è poi così male dopotutto.

Note
Kagami non era proprio tipo da appunti al lato del testo, e in generale non era proprio tipo da appunti in effetti – considerava già una sorta di miracolo il restare sveglio a lezioni, figurarsi – perciò era ovvio che una nota a piè pagina attirasse la sua attenzione, specialmente se scritta a mano e se la calligrafia non era la sua; leggerla, assumere un’espressione stranita classica di quando stava per sbraitare e poi schiaffarsi una mano in faccia furono azioni consequenziali l’una all’altra: seriamente, che problemi aveva quello lì a scrivere certe cose su un testo scolastico?!

Denti
Da persona estremamente matura quale era, alla vista di quel rimprovero che l’altro aveva trovato più divertente scrivere che dirgli a voce e guardandolo in faccia, aveva messo il muso per il resto della giornata senza rivolgergli la parola né alla pausa pranzo, né agli allenamenti – insomma, non vedeva dove fosse il problema se gli aveva lasciato il segno dei denti con un morso leggero la notte precedente: aveva solo marcato il territorio, ed era assolutamente legittimo e nei suoi diritti, visto che aveva gente come Kise che gli gironzolava intorno!

Lavoro
Era bastato un solo mese della loro relazione per capire che nascondere le cose a Kuroko era difficile e soprattutto sconsigliabile, il che si era rivelato un bel problema quando a distanza di un anno aveva avuto bisogno di cercarsi un lavoro part-time senza spiegare a Kuroko per cosa gli servisse: trovarne uno per poi scoprire che era nello stesso ristorante per famiglie in cui lavorava anche l’altro era sembrato una specie di scherzo, e una prova continua per la sua pazienza – perché mai le single andavano a flirtare nei locali per famiglie con il suo ragazzo e lui non poteva nemmeno sbraitare quanto gli pareva?!

Anniversario
Non era tipo da smancerie simili, Kagami, ma era stato inevitabile persino per uno come lui pensare che almeno l’anniversario, almeno il compimento di un anno dovesse essere festeggiato; ci si era impegnato, ed era soddisfatto nell’osservare il suo operato finalmente ultimato: aveva cucinato, aveva apparecchiato e il fatto di vivere da solo una volta tanto tornava piuttosto utile – era strano come, pur avendo cucinato la cena migliore di quelle che ricordava e mai con un impegno quasi esagerato come quella volta, sentisse che sarebbe stato soddisfatto solo nel momento in cui Tetsuya avesse varcato la soglia e che il resto avrebbe anche potuto non esserci in realtà.

Regalo
Una volta che si era convinto che fargli un regalo fosse una cosa assolutamente normale, automaticamente era sembrato scontato che darglielo di persona sarebbe stato uno scherzo da ragazzi: con suo disappunto stava notando quanto dargli quel benedetto pacchetto fosse più difficile che sopravvivere all’ira funesta del coach o alla sua fobia dei cani, nonché imbarazzante al punto da rivalutare le ragazze che si dichiaravano e dispensavano doni in ogni benedetta occasione – davvero, era solo uno stupido regalo eppure era quasi mezzanotte e nessuno dei due aveva minimamente accennato neanche al motivo per cui erano lì.

Bracciale
Una volta aperta la confezione, Kuroko gli sembra sorpreso di quel che ci trova dentro – un bracciale semplice, nulla che potrebbe far vergognare un ragazzo e un modello abbastanza standard che non porti a momenti di totale caos per la curiosità altrui – e porta lo sguardo prima sull’identico oggetto al polso di Kagami, poi al suo viso, come a chiedere tacitamente una specie di conferma; sembra ripensarci, limitandosi ad incurvare le labbra in uno dei rari sorrisi che con Kagami stanno diventando la normalità, ma lui lo stupisce per l’ennesima volta: «L’anello è nel passato» si riferisce ad Himuro, lo sa «ma un bracciale va bene, no?»

Caffè
Una cosa che Kuroko ha imparato ad amare delle volte in cui rimane a dormire da Kagami è la facilità e la naturalezza con cui scopre sempre più lati di lui, cose che possono sembrare banali ma che – proprio per questo – si possono notare solo vivendo a stretto contatto la quotidianità: gli piace il modo in cui di mattina, ancora intontito dal sonno, Kagami non si sveglia minimamente finché non sente almeno l’odore del caffè rigorosamente amaro che poi beve e gli piace il modo in cui, fino a quell’istante, dipende totalmente da lui, anche se per una cosa così piccola.

Latte
Kagami si è accorto che lui e Kuroko sono diversi in tantissime cose, a parte il basket forse, e fra queste c’è anche la colazione: non che fosse mai stato un mistero che l’altro non disdegnava affatto le bevande dolci visto che ogni volta lo trovava al fast food con un milkshake; era stato però particolarmente divertente osservare la sua reazione quando, a colazione, gli aveva fatto assaggiare il suo caffè amaro godendosi l’espressione assolutamente schifata e ridendo, scompigliandogli i capelli come fosse il gesto più naturale del mondo – «Ricevuto, signorina, a lei aggiungerò del latte.»

Massaggio
Era insospettabile se ci si basava solo su come si mostrava in palestra, ma Kuroko era più facile da prendere in giro di quanto si credesse; Kagami ci provava davvero a non stuzzicarlo, ma certe volte e specialmente quando erano a casa sua lontani da occhi indiscreti, davvero non resisteva – come il fatto di fregarlo sempre con scuse stupide e irreali come decidere di fargli un massaggio che puntualmente nemmeno iniziava, e che rimaneva solo una scusa per avvicinarlo alle spalle quando era seduto, piegarsi su di lui e baciarlo a tradimento per il puro gusto di vedere la sua reazione.

Aereo
Kagami aveva detto di dover tornare in America, un soggiorno breve solo per prendere alcune cose che aveva lasciato da Alex – non era stato preciso, ma Kuroko aveva intuito che si trattasse di cose che forse l’altro si era lasciato indietro finché non avesse avuto la maturità di prenderle di nuovo con sé – e così lui aveva deciso di accompagnarlo fino all’imbarco; certo non aveva immaginato che Kagami fosse così portato a rischiare di perdere l’aereo per motivi sciocchi come delle raccomandazioni: «Così perderai l’ae—» «Non uscire da solo con quella Momoi, ci siamo intesi?!»

Lenzuola
È tornato dall’America ad un orario indecente, sebbene sia colpa sua per aver anticipato il rientro anche se si parla di ore, quindi non si è stupito di non trovare nessuno ad aspettarlo all’aeroporto; è tornato a casa con un taxi, ma la cosa che l’ha stupito davvero è aver trovato Kuroko lì, a dormire nella sua stanza e nel suo letto, le lenzuola leggermente attorcigliate: ha sentito un movimento strano nello stomaco, poi, quando si è ricordato di una battuta nata per scherzo, ma che ora sembra suggerirgli il motivo della sua presenza lì - «Probabilmente #2 sente il tuo odore sulle lenzuola e si avvicina pensando che sia tu.»

Maglia
Il giorno dopo Kagami gli aveva mostrato cosa, fra i vari oggetti riportati indietro, fosse tornato a prendere in America: gli aveva fatto vedere una maglietta, palesemente consunta e che doveva aver usato finché era stato possibile, di quelle da allenamento sebbene quella sembrasse indubbiamente più curata, più tenuta con estrema attenzione – Kuroko non lo aveva chiesto, ma quando Kagami aveva sviato il discorso in maniera vaga prendendogli la mano, aveva capito che non sarebbe stato strano scoprire che era appartenuta ad Himuro.

Significati
Tra l’essere compagni di squadra e poi qualcosa di più Kuroko l’aveva capito, che c’erano gesti di Kagami che potevano sembrare senza senso ma che avevano sempre un significato – come quando ti prendeva la mano ma non per dire qualcosa di romantico, o quando blaterava insulti ma non era davvero arrabbiato con qualcuno, o come quando diceva che non gli importava di una stupida maglietta ma la presa sulla sua mano si faceva appena più stretta, e lui capiva che invece era importante eccome, e allora si limitava solo a stringergliela di rimando.

Viaggio
Non era più tanto una questione di gelosia, ma più di volerlo conoscere ancora di più, di non doverli più solo immaginare i luoghi in cui era cresciuto, i campi in cui aveva imparato a giocare; per questo quando Kagami aveva deciso di fare il primo viaggio insieme gli aveva chiesto di andare proprio in America, dicendosi che per una volta avrebbe potuto essere egoista e insistere, anche se per l’altro non sarebbe stato particolarmente interessante forse –  «Che c’entra la noia, se vuoi andarci ci andiamo» aveva sbottato, com’era tipico di lui «ci sono stato, ma con te mai, no?»

Tatuaggio
Era passato il tempo in cui un paio di mutandine di Alex finite nella borsa sbagliata scatenavano in lui un moto di gelosia e dopo quasi un anno e mezzo di relazione sarebbe stato strano, dopotutto: iniziava anzi a credere che fosse un’ottima cosa avere la donna come alleata, sensazione che non aveva fatto che acuirsi quando erano poi andati in America – «Sai Tecchan» gli si era avvicinata con fare cospiratorio per sussurrarglielo all’orecchio guardando un Taiga che sbraitava agitandosi e fiutando il pericolo «Taiga ha un tatuaggio proprio lì

Fotografia
Al ritorno da quel viaggio, la prima cosa che Kuroko aveva notando andando a casa di Kagami era stata la cornice sul mobile che aveva sempre visto rivolta verso il legno, come a nascondere qualcosa di doloroso da guardare: Kagami aveva sostituito la foto e l’aveva messa dritta, mostrando quasi con orgoglio quel ritratto che aveva definito di famiglia – «La mia mentore,» aveva indicato Alex «mio fratello» aveva puntato Tatsuya, per poi guardarlo con una faccia da schiaffi «e il mio ragazzo.»

Dolce
D’accordo che nel momento in cui aveva deciso di chiedere consiglio a Momoi Satsuki era disperato e che la scelta era stata dettata dal semplice fatto che lei conosceva Kuroko dalle medie – e che la sua unica alternativa fosse Riko, indubbiamente donna solo biologicamente – ma capì di aver fatto l’errore più grande della sua vita quando con occhi che le brillavano gli aveva suggerito di fare la proposta nascondendo non aveva capito cosa dentro un dolce fatto da lui: «Che cazzo hai capito, e perché mai dovrei nascondere una cosa in un dolce se tanto poi lo devo distruggere per dargliela?!»

Chiave
Alla fine, come si diceva, “chi fa da sé fa per tre” e al diavolo i consigli sdolcinati di quella maniaca dei film romantici o quelli fin troppo tendenti al porno di quella pazza di Alex; come ogni persona normale avrebbe fatto l’aveva aspettato fuori dalla palestra dopo gli allenamenti, si era assicurato che non ci fosse rimasto nessun altro, e gli aveva piazzato in mano una chiave: «Toh, non ti voglio sulla coscienza se vieni a casa mia e io non ci sono.»

Quadro
Più volte in quella casa aveva notato, tutte le volte che ci era andato, che le pareti erano spoglie di quadri o fotografie grandi incorniciate: per questo non può che stupirsi quando, dirigendosi in soggiorno – «Ohi, Tetsuya!» –, vede Taiga soddisfatto guardare di fronte a sé una foto incorniciata e appesa, la foto di quell’ultimo anno con i senpai, tutti a guardare l’obiettivo con sorrisi che non riescono ad esprimere appieno l’euforia di quel momento ma che ci provano, ci provano con tutti loro stessi così come hanno sempre fatto ogni cosa, anche l’allenamento più duro, anche la partita più difficile, anche superare il limite, anche conoscersi e capirsi e persino imparare ad essere indispensabili l’uno per l’altro.

   
 
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: Shichan