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Autore: _Juliia_    02/06/2012    0 recensioni
"Hikari vuol dire luce, eppure sembra che nel tuo cuore ci sia solo un profondo buio".
Era sempre sola, tutti la evitavano e facevano di tutto per non incrociare il suo sguardo, ma non era cattiva.
Aveva deciso lei di stare sola, pensava che la gente potesse solo far male. Gli amori e le amicizie secondo lei prima o poi finiscono e quindi non c'è alcun motivo di conoscere persone che potrebbero diventare importanti per poi ferirti fino ad avere una ferita troppo grossa da rimarginare.
Lei era Hikari Atsuya.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un altro giorno di scuola finito, la ruota girava sempre uguale, niente curve, tutto dritto. Mi sveglio, vado a scuola, torno a casa, vado a letto e via dicendo. Che noia. Ma d'altronde l'avevo scelto io. Per me affezionarsi alle persone voleva solo dire farsi del male e non capivo perchè farlo allora, potevi benissimo evitarlo facendo come faccio io.
Tornando da scuola mi fermai al parco davanti casa mia. Vidi camminare sul marciapiede un ragazzo accompagnato da altri, si girò verso di me e mi fece un cenno con la testa. Io non ricambiai.
Dopo poco tornai a casa, trovai i miei genitori sul divano del salotto a guardare la televisione.

«Hikari hai fatto ritardo oggi, chi pensi di essere per intrattenerti fuori senza neanche avvertirci, èh? Ragazzina!» disse mia madre in un modo che mi irritava molto, ma non risposi e andai in cucina.

Trovai i miei due fratellini, Saito e Noah, a sgolarsi una bottiglia di coca-cola e a mangiarsi tutta la pizza che c'era come fossero non so' cosa, disgustoso. Non dissi niente.

«Hikari onee-san non hai più nulla da mangiare!» disse ridendo e prendendomi in giro Noah in un modo semplicemente insopportabile. Non dissi ancora niente.

«Ehi, Noah! Non risponde perchè è arrabbiata, uuuh, che paura!» aggiunse Saito. Non lo feci notare, ma ero incredibilmente irritata. Aprii il frigo, non c'era niente. Che pesti, si erano mangiati tutto, com'è possibile? Erano solo dei bambini, ma per dispetto sarebbero stati capaci di fare qualsiasi cosa! Tornai in camera senza neanche aver cenato e andai a letto. Il giorno seguente era domenica e quindi non c'era scuola, andai ancora al parco. Vidi di nuovamente quel ragazzo, stava giocando con dei bambini, poi si voltò ancora verso di me e mi fece un altro cenno con la testa, continuai a guardarlo senza ricambiarlo. I bambini alla fine se ne andarono e lui rimase solo, si alzò dalla piscina di sabbia e si sedette nella panchina accanto a me.

«Ciao!» mi disse con abbastanza vitalità aspettandosi una risposta pronta. «Puoi parlare?!» mi chiese insistente. Annuì con la testa.

«Come ti chiami?» disse sorridendomi.
«Hikari» risposi senza un minimo di emozioni, come se stessi rispondendo tanto perchè dovevo farlo.
«Hikari? Quindi ti chiami luce! Che bel nome! Vuoi sapere come mi chiamo io?» disse praticamente certo che la mia risposta sarebbe stata un .
«Non mi interessa» dissi nuovamente senza emozioni.
«Posso permettermi di dire una cosa? Hikari vuol dire luce, eppure sembra che nel tuo cuore ci sia solo un profondo buio» disse frenando un attimo la sua continua felicità.
«Perchè t'importa?» risposi veramente incuriosita.
«Perchè sei sempre sola e sembra che il tuo cuore sia fatto di pietra, ma secondo me è fatto allo stesso modo di un Lindor: duro fuori, ma estremamente morbido dentro! Comunque mi chiamo Toki, che vuol dire vento» disse con il sorriso sulla faccia.
  
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