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Autore: Dorothy257    02/06/2012    1 recensioni
Dietro ogni grande lettore c’è sempre un piccolo scrittore. Sta a lui però decidere se e quando prendere in mano la penna e scrivere per rendere la propria vita il prossimo capolavoro. E se hai paura, calmati, lo faremo assieme e ne uscirà fuori il più bel libro mai scritto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ed è nella pagina che stai leggendo adesso che comparirà il mio nome.


Eccola, nemmeno oggi si è dimenticata del nostro piccolo “appuntamento” mattutino. Sono ancora abbastanza distante ma riesco già a distinguere la sua esile figura e più mi avvicino più constato di avere ancora un’ottima vista.
Lei è già lì, seduta sulla stessa sedia dello stesso tavolo dello stesso bar di Largo Zecca; una tazzina da caffè solitaria, spostata leggermente verso sinistra, attende inesorabile che qualcuno si accorga di essa. La ragazza non c’è già più, è nel suo mondo, o meglio, nel mondo dell’autore. Sì perché questa ragazza, tutte le mattine di tutti i giorni di ogni settimana, fino alle sette e cinquantacinque, siede sulla stessa sedia dello stesso tavolo dello stesso bar di Largo Zecca, e nella stessa posizione, a schiena retta e gambe incrociate, sostiene con entrambe le mani il libro che, una volta accuratamente scelto, ha cominciato a leggere.
Io invece, ogni mattina da due mesi a questa parte, resto immobile dall’altra parte della strada, fino alle sette e cinquantacinque, circondato dallo smog delle auto e dall’umidità mattutina ad osservare la stessa ragazza assorta nel suo libro e seduta sulla stessa sedia dello stesso tavolo esterno dello stesso bar di Largo Zecca. E sono ben poche le volte in cui dimentico di chiedermi perché preferisca sempre quel locale logoro e poco frequentato a quello a pochi passi di distanza decisamente più moderno e pulito.
Ma oggi è un giorno diverso, ho deciso di sbloccare la situazione, di aggiungere un po’ di azione a questa storia fino ad ora troppo piatta. Ho deciso di farmi avanti.
Mentre aspetto che l’omino verde si illumini, permettendomi di attraversare la strada e raggiungerla, mi smarrisco nel guardare le tenere rughe di espressione che si sono formate sulla sua fronte concentrata, gli occhi che scorrono voraci riga su riga, le mani tremolanti in trepida attesa di voltare pagina per scoprire cosa essa contenga e rimango affascinato dalla sua bocca leggermente dischiusa che mima ciascuna parola incontrata nella lettura.
Mi avvicino a passo incerto scontrandomi con qualche passante essendo troppo concentrato su di lei. Mi fermo a pochi passi dal suo tavolo in preda ad una visione estatica.
Vista da vicino è ancora più bella, è normale e bizzarra allo stesso tempo. Non veste in modo eccentrico ma porta appuntata al petto una spilla. Un timone di media grandezza riempito di pietre preziose e luccicanti. Un cimelio di famiglia probabilmente.
Ciò che più mi colpisce è che, a differenza di quello che da lontano mi era apparso, lei pronuncia a bassa voce, ma allo stesso tempo udibile, ogni singola parola che sta leggendo. E come se stesse recitando davanti ad una platea gremita di persone nel più importante teatro del mondo mette enfasi in ogni singola sillaba che fuoriesce dalla sua rosea bocca. La sua voce assume mille sfumature ed è per me una musica divina.

Sembra che non si sia ancora accorta della mia presenza, cosa difficile visto che le sono letteralmente fermo davanti da cinque minuti. Lei continua, persa nel suo mondo, a leggere riga dopo riga.
«Mi voltai e vidi Flora, che dieci minuti prima avevo sistemato in classe con un foglio di carta bianca, una matita e il compito di ricopiarvi delle belle ‘o’ rotonde, affacciarsi ora sulla soglia della porta aperta. Nel suo modo infantile esprimeva», e con la bocca aperta gira velocemente pagina in preda all’ansia per poi proseguire, «una straordinaria distanza da compiti che non le riuscivano gradevoli…»
James. Ipotizzo nella mia mente.
Lancio un’occhiata all’orologio da polso. Le sette e trentacinque, meglio muoversi.
Mi schiarisco la voce molto rumorosamente per attirare la sua attenzione.
Non batte ciglio e continua  nella sua interpretazione alzando di qualche tono la voce, come per farmi notare che la stessi disturbando.
« … lo prendo come una dichiarazione che a lei non risulta che sia mai stato cattivo?»
Sorrido a me stesso e alla mia bravura per aver indovinato il libro avendone ascoltato solo una frase.
«Di nuovo fui sconvolta. – Allora lei ha saputo…»
La interrompo sul più bello afferrando con decisione la sedia accanto a lei e accomodandomici sopra. Sono perfettamente di fronte al suo viso, la fisso e la osservo insistentemente. Non ha più scuse ora. Infatti abbassa il libro e se lo tiene in grembo, come un bambino, lasciandoci un dito dentro per tenere il segno e mi guarda, mi guarda con aria interrogativa e scocciata. Sta aspettando che io parli e che le fornisca una giustificazione abbastanza valida per averla interrotta.
Solo dopo qualche secondo riesco finalmente a spiccicare parola.
«Buongiorno signorina, mi scusi per averla interrotta», e a queste parole la sua bocca si muove impercettibilmente, come per concordare sul fatto di averla disturbata, «di solito non sono così diretto e maleducato ma le vorrei chiedere se il libro che sta leggendo  parla della nostra storia.»
«Come scusi?» mi domanda esterrefatta.
«Ha capito benissimo, non me lo faccia ripetere.» le rispondo irremovibile.
Ha inteso subito il “gioco” e recupera velocemente il distacco che le avevo dato. «E lei come fa a sapere se questo libro parli proprio di un amore e non invece di guerra o di un delitto? Potrei dirle che in questo libro lei non compare nemmeno.»
«Non può saperlo, non lo ha ancora finito. I prossimi capitoli sono tutti da leggere, e potrei comparire anche solo nelle ultime pagine.» le ammicco.
«Mi dica, che cosa vuole?» sentenzia lei.
«Un appuntamento.»
Una risatina riesce a farsi strada e scappare dalla sua gola. Comincia a ridere, tranquilla, e a scuotere la testa divertita.
«Non credo che lei abbia capito ma io non sono come le altre ragazze.», dice poi seria muovendo leggermente, ed indicandolo, il libro che teneva ancora in grembo.
«Lo so.»
«Come primo appuntamento mi farei portare in una biblioteca quasi abbandonata in cerca di antichi manoscritti. E poi, molto probabilmente, la costringerei a leggerli insieme a me.»
«Non mi viene in mente nulla di più fantastico.» le rispondo con tono da perfetto adulatore.
«Non mi prenda in giro, la prego.»
«Non lo sto facendo. Scommetto che il suo armadio non si chiuda facilmente a causa dei troppi libri che lei vi ripone al posto dei vestiti e delle scarpe.»
«Ma lei come…», ma non la lascio finire. Mi sistemo meglio sulla sedia, protendendomi in avanti verso il suo viso per guardarla meglio negli occhi.
«E scommetto anche che lei abbia passato tutta la notte a leggere, fino alle prime luci dell’alba, il libro in cui da troppi giorni si era tuffata. Sono anche certo che lei abbia pianto alla fine, ha ancora gli occhi leggermente gonfi e non ha usato correttore per le occhiaie.»
Mi appoggio allo schienale soddisfatto. Un leggero stupore si dipinge sul suo volto.
«Lei è un buon osservatore, ma non è l’unico qui, crede che non la abbia mai notata all’angolo in tutti questi mesi?» mi rivolge appoggiando delicatamente il libro sul tavolino.
Solo ora mi accorgo che la tazzina è ancora piena. Senza ragionarci sopra la afferro e ne bevo con un unico sorso il contenuto, per poi gridare con aria schifata: «Ma questo caffè è ghiacciato!»
Lei ride ed io mi guardo attorno in cerca del barista.
«Cameriere! Per favore ci porti due caffè.»
«No Gianni, non ascoltarlo. Il signore se ne stava giusto per andare.» dice lei ad alta voce, improvvisamente seria.
«Sa quale è il mio nome?»
«No.» ed avrebbe voluto aggiungere un “non mi interessa”.
«Florentino.»
«Florentino?» mi chiede incredula.
«Sì, esatto. Florentino. E sa perché mi chiamo così?»
Lei scuote la testa, incitandomi a proseguire nella narrazione.
«Mia madre stava leggendo “L’amore ai tempi del colera” mentre era in attesa. E decise di chiamarmi così. Perché mia madre è esattamente come lei, una donna da libro nella borsa consumata, una donna da tessera della biblioteca, da parole, musica e poesie.»
«E cos’altro le ha detto sua madre?»
«Di trovare una donna che legge e di tenermela stretta nel caso io volessi una vita variopinta, fuori dagli schemi. E credo di averla trovata. Mi dica, quale è il suo nome?»
«Marina.»
«Dimmi, credi nell’amore a prima vista, Marina?»
Lei distoglie lo sguardo e lo lascia vagare lontano. Si prende qualche secondo prima di rispondere e puntare i suoi occhi severi su di me. «Dai miei libri ho imparato che sì, l’amore a prima vista esiste eccome. Ma dalla vita ho imparato come questo sia in realtà spesso effimero ed ingannatore. Soprattutto quando colui che in realtà si pensava fosse il miglior eroe mai inventato si rivela come il carattere più monotono che possa esistere. Dai libri ho imparato che il concetto di eternità esiste. Dalla vita ho imparato che tutto ha una fine.»
«So benissimo – le dico - che il libro che stai leggendo non parla di amore e fidanzamenti ma di misteri e fantasmi. E lo so non perché ho letto il titolo poco fa’ quando lo hai appoggiato sul tavolino ma perché la vita di Flora e quella di Miles hanno fatto, per un certo periodo, parte della mia. E non li ho certo dimenticati.
Non avrò sempre un libro nella tasca interna della giacca, pronto per essere letto nei momenti di attesa, non sarò uno che piange ogni volta che finisce un libro anche se sì, lo ammetto, ho pianto spesso. E sì, hai ragione, tutto è destinato a finire. Ma so che chi legge, come me e come te, ha questa grande dote di poter scrivere sempre un seguito a tutto. E quindi io ti chiedo di comprare un quaderno vuoto e di scrivere insieme a me i prossimi capitoli della nostra vita. Esploreremo mondi sconosciuti, ogni giorno non sarà uguale al precedente. Potremmo prendere un the con Candido o con Adriano e domandargli se lui è alla fine il fu Mattia Pascal. Credimi, non ti deluderà.»
«Ma ho paura di non essere all’altezza.»
«Dietro ogni grande lettore c’è sempre un piccolo scrittore. Sta a lui però decidere se e quando prendere in mano la penna e scrivere per rendere la propria vita il prossimo capolavoro. E se hai paura, calmati, lo faremo assieme e ne uscirà fuori il più bel libro mai scritto.»
Mi osserva senza alcun stupore negli occhi, mi analizza fin nella parte più profonda e nascosta della mia anima, ed io la lascio fare. So benissimo di aver detto ciò che lei voleva e che sperava, prima o poi, di sentire. Ma sono consapevole anche del fatto che lei sapeva già che alla fine avrei pronunciato quelle stesse esatte parole tanto agognate.
Distoglie lo sguardo dal mio volto per farlo vagare nelle immediate vicinanze, i suoi occhi si illuminano appena si posano su ciò che stavano cercando. Cerca buffamente di allungarsi verso l’alto, alza un braccio e schiocca due dita in cerca di attenzione, ed una volta trovata soffia in un sorriso: «Gianni, due caffè per favore.»

 


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Questa One-Shot riprende la riflessione di Rosemarie Urquico che potete trovare qui.
E sì, è un altro contest.
Di solito non mi piace chiedere fino allo sfinimento di recensire un mio scritto ma davvero, visto che non sto ricevendo recensioni, vorrei sapere perché ciò che scrivo non piace o non piace abbastanza da invogliare a mandare un commento anche di poche parole.
Quindi vi prego, ditemi dove sbaglio perché vorrei veramente migliorare. Un grazie a chi ha letto fino a qui e a chi mi scriverà qualcosa.
  
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