Premette forte il palmo sul suo stomaco coperto dall’ampia maglia. Sora sembrava sempre perdersi nei vestiti, inspiegabilmente, come se non ne facessero mai della sua misura; gli veniva voglia di toglierli, strapparglieli via con tutta la forza che aveva, ma non aveva intenzione di spaventarlo, nonostante tutto: era Sora, il suo Sora, e per quanto infinitamente avesse voglia di farlo soffrire, non poteva lasciargli il lusso di farglielo capire.
L’avrebbe graffiato, l’avrebbe morso ed umiliato e poi si sarebbe preso il disturbo di leccargli le ferite, così lui gli avrebbe sorriso, l’avrebbe capito, l’avrebbe perdonato e sarebbe stato tutto disgustosamente come prima, e lui avrebbe potuto graffiarlo, morderlo ed umiliarlo ancora, all’infinito.