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Autore: Riflessi_di_Viola    05/06/2012    4 recensioni
Tra il cielo e il mare, sopra il mondo, i sogni si scontrano e si infrangono, precipitando negli abissi di un mare, che come una tomba li custodisce. I sogni di chi ha osato desiderare il Sole...
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sopra il Mondo

Ispiro a fondo, sento l’aria salmastra sulla mia lingua, perfino lì tra le mura della prigione infinita, dove l’unica cosa che ricorda il mondo esterno è il cielo. Limite crudele imposto dagli dei agli uomini, da sempre simbolo di libertà, è per noi l’ultimo dei limiti da abbattere per abbandonare questo posto maledetto.

Alzo gli occhi al cielo, nero infinito, un pozzo all’incontrario, in cui, se qualcuno avesse gettato un sasso, non ne avrebbe mai sentito toccare il fondo. Questa notte non sono presenti nemmeno le stelle. Forse anche loro hanno deciso di sparire per permetterci una fuga più agevole, ma io non posso far a meno di provare una punta di inquietudine, di pensare che non sia un buon segno.

Sento dei passi risuonare per i corridoi desolatamente vuoti, mi volto e vedo mio padre, il volto stanco, porgermi in silenzio le grandi ali. Gli faccio un sorriso cercando di mostrarmi entusiasta, lui è così orgoglioso di questo suo lavoro… lui si sfrega gli occhi e ride.

“Muoviti” dice “ tra poco lasceremo questo posto maledetto dagli dei”

Io sorrido e annuisco, le ali strette tra le braccia. Le accarezzo distrattamente, setose e dure, un lieve profumo di cera mi stuzzica le narici. Osservo minuziosamente i dettagli di quell’opera. Le piume sono unite le une alle altre dalla cera, che attraversa tutta la l’ala come le grandi nervature di una foglia.

L’alba si avvicina, il sole già colora di rosa la sottile striscia di mare che riesco a vedere. Si avvicina a me e mi aiuta ad assicurarmi le ali alle spalle. Il loro peso mi lascia per un attimo senza fiato. Le mani di mio padre tremano di eccitazione mentre mi lega il braccio ad un supporto. Mi accarezza lieve la schiena e mi sorride, io leggo nei suoi occhi tutta la sua trepidazione per quell’impresa.

Finiamo in fretta i preparativi e siamo pronti per partire. Per spiccare un balzo e conquistare il vuoto e freddo cielo. Saliamo sulle mura. Due figure che si stagliano con le loro ali sul cielo scuro, come due aquile. O due avvoltoi.

A malapena sento le raccomandazioni di mio padre. Non volare troppo basso, né troppo alto. Stai lontano dal sole. Resta dietro di me. Non distrarti. Fai attenzione. Non incrociare le correnti. Soprattutto: stai lontano dal sole… dal Sole!

Io rispondo meccanicamente, senza nemmeno rendermi conto di ciò che effettivamente dice. Il mio cuore batte troppo forte, le sue parole non sono che sussurri lontani a confronto con questo martellare incessante.

D’altronde, cosa può succedermi? Non mi servono tutte queste raccomandazioni, saprò cosa fare, non sono mica uno sciocco…

Trasalgo, non mi sono accorto di essere rimasto solo qua sopra. Lui mi ha già preceduto ed è in alto che plana e cerca confidenza con quegli arti innaturali. Alzo la testa e guardo il manto azzurro, qua e là offuscato da nuvole grigie e tristi, sopra di me. Sospiro e mi slanciò in avanti, spalancando le ali di colpo, il mio corpo teso come una corda d’arco. La punta del mio piede destro è l’ultima cosa a staccarsi dai lastroni ciclopici.

Per un attimo rimango sospeso tra il cielo e la terra. Poi do un colpo poderoso con le braccia e mi sollevo dolcemente. L’aria si insinua tra i miei vestiti, mentre il sole si alza e subito, timido, va a nascondersi tra le tende grigie delle nubi.

Ci allontaniamo dall’isola, sempre più veloci. Quando ormai siamo sul mare aperto mi volto e osservo Creta. Mi volto, per l’ultima volta. Le città, le case, i palazzi, le strade, le fontane, i templi, le piazze. Tutta l’isola è un immenso labirinto, intricante e sfibrante, in confronto alla maestosità semplice del cielo. Le mura del palazzo occupano gran parte della mia visuale, mentre lontano i monti verdi si stagliano verso l’alto e provo un’ incomprensibile stretta al cuore. Ma davanti a me il mare, la libertà. Così lascio perdere e seguo mio padre tra i venti freddo e il cielo grigio.

L’acqua è di un blu scuro, piatto, uno specchio lucente, la cui statica immobilità è turbata solo dall’improvvisa apparizione di un’ isola.

Voliamo tra stormi di uccelli che al nostro passaggio stridono e scappano spaventati e ogni volta, di fronte a quelle scene, mi viene da ridere. Ma fanno bene a fuggire, perché oggi noi siamo i padroni incontrastati di questo sogno degli dei.

Voliamo e voliamo, non so più da quanto. Sicuramente sono trascorse ore, è probabile che sia già passato mezzogiorno, ma non ne ho la minima idea. Il tempo non esiste a decine di metri dal suolo.

Mio padre è davanti a me, spesso si volta per esortarmi a seguirlo, a raccomandarsi, ma le sue parole riescono solo a infastidirmi.

Mi accorgo che, all’improvviso, le nubi si sono ritirate per lasciare scoperto il sole. Il mio sguardo è attratto inesorabilmente da quel disco giallo, accecante, che regna dall’alto il mondo intero. È quella l’unica immagine che ormai riempie i miei occhi.

Così grande, così luminoso …

Senza quasi rendermene conto salgo e salgo, avvicinandomi sempre di più al sole. Al Sole…

Stai lontano dal Sole…

Ma non ha importanza, le parole di Dedalo sono solo un’ eco lontana, e oggi io volo, come un uccello, come un dio. E toccare il Sole è mio diritto.

Così grande, così luminoso… così caldo…

Sento le mie braccia diventare sempre più pesanti, appiccicose e umide. Il profumo di cera sempre più intenso. Ed a un certo punto le cose si sovvertono. Non riesco più ad avvicinarmi, a salire. Per un attimo, un secondo solo, rimango sospeso sopra il mondo.

Sopra il mondo...

Di colpo mi sento precipitare, l'aria fischiarmi tra le braccia. Vedo il cielo allontanarsi da me a una velocità folle, spaventosa. E finalmente urlo, urlo così forte da farmi male alla gola. Il mio grido si diffonde nell'aria, unico suono in un cielo impietoso, riempito da un sole di rame. Con la coda dell'occhio vedo in basso una distesa d'acqua plumbea. L’amarezza mi assale, cancellando persino la paura. Sono arrivato a un palmo dal sole, e ora sto per precipitare in fondo agli abissi. Invoco ancora il nome di mio padre, ma ormai la gola mi fa così male. e le mie braccia sono così stanche e pesanti, e il mare così vicino…. un secondo dopo l'impatto con l’acqua mi mozza il fiato e mi spezza la schiena. Un sepolcro d’acqua si richiude sopra di me.

Sopra di me, oltre le onde, c’è ancora il sole.

   
 
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