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Autore: Gre_Leddy    07/06/2012    1 recensioni
Profumo di carbone e fiori e spezie. E lui?
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Dai! Veloci, ho visto il proprietario che faceva una foto ad Andre, spero non ci segnali-.
Ginevra bestemmia e si rivolge al suo migliore amico. –Sei proprio un coglione, un coglione fatto e finito! Dimmi che bisogno c’era di rubare quella maglia!-.
-Era bella! E poi la foto me l’ha scattata da dietro il vetro, ed è anche buio… non stare a farti paranoie- replica lui con un tono calmo che va a premere pesantemente sui nervi della ragazza.
-Paranoie un cazzo! Ora mi tocca correre per mezza Londra e sperare che il tipo non ci venga dietro!- sbraita, incazzata come una iena. Poi si ferma in un portone, si appoggia al muro e respira profondamente. –Ti avverto, Andrea: se all’aeroporto mi fermano quelli della sicurezza, io ci metto poco a lasciarti a Scotland Yard. Vaffanculo te, la tua cleptomania e la tua fissa per i vestiti, checca che non sei altro-.
Ginevra riprende a camminare, seguita a breve distanza da Andrea e  Lucrezia. Li odia entrambi: lui per quella cazzo di mania di fottere nei negozi; lei per quell’aria tranquilla, come se non fosse successo niente.
Continua ad avanzare a passo di marcia, ignorando i richiami dei suoi amici. Quando arriva davanti a casa, s’attacca al citofono ed entra prima che i due la possano raggiungere.
Ilenia l’accoglie sorridente, i lunghi capelli castani ancora bagnati, con il pigiama e le pantofole.
-Gli altri?- chiede.
-Stanno arrivando- risponde Ginevra, buttandosi a peso morto sul divano rosso. –Tuo fratello ha di nuovo rubato e il proprietario del negozio gli ha anche fatto una foto. Menomale che se n’è accorto quando eravamo sull’uscio, così siamo scappati-.
-E’ veramente un cretino- sospira Ilenia, accendendosi un joint. –Spero che lo mettano dentro, questa volta-.
-Sai che ridere? Io ce lo lascio, non vado certo a recuperarlo-.
La porta d’ingresso si apre e Andrea e Lucrezia entrano in casa.
-Bonjour mon amour!- cinguetta il ragazzo, salutando la sua gemella.
-Sei un povero mentecatto-.
Andrea sbuffa. –La smettete di giudicarmi? Sono affari miei-.
-No, Cristo santo, non sono affari tuoi!- ringhia Ginevra, scattando in piedi. –C’eravamo io ed Ezia con te, potresti averci messe nella merda!-.
Il ragazzo si toglie le scarpe e, con un sorriso e un movimento svolazzante della mano, appoggia i sacchetti in salotto e si dirige in cucina.
-Prima o poi lo uccido, giuro-.

***

Il locale in cui si trovano questa sera è davvero particolare: sembra quasi una libreria dismessa, o forse una sartoria? Fatto sta che dietro al bancone del bar ci sono scaffali pieni di tomi antichi e macchine da cucire. Ginevra ordina una tequila sale e limone e si appoggia all’isola bianca, guardandosi intorno. Il pub non è pienissimo ed è occupato prevalentemente da giovani che chiacchierano e muovono la testa a ritmo di musica. Alla sua destra riesce a vedere i suoi amici seduti sulle poltroncine intorno al tavolino tondo colmo di bicchieri.
-Ehi-.
La mora sussulta, sorpresa, e quando volta la testa a sinistra incontra gli occhi blu di Josh.
-Ehi- risponde.
-Ti piace questo posto?-.
Ginevra annuisce. –Decisamente. A parte queste luci blu che mi faranno venire un attacco di epilessia!-.
L’inglese sorride e ordina una coca al barman. Josh è il migliore amico di Alan, il suo collega al negozio di musica. A luglio, appena arrivata a Londra per lavorare tutta l’estate e racimolare qualche soldo, Ginevra non pensava di poter conoscere qualcuno così velocemente: invece ha incontrato un sacco di persone con cui ha allacciato un’amicizia fatta di cene, concerti e serate alcoliche.
-Come mai la coca?-.
-Devo guidare- spiega il ragazzo, -e portare quelli lì fino a Camden sani e salvi. Ci penseranno loro a vomitare nella mia macchina, per una sera posso fare a meno di bere-.
Ginevra ride di gusto, poi si accorge che la tequila è arrivata. Mette il sale sul dorso della mano, tra pollice ed indice, lo lecca, butta giù tutto d’un fiato il liquido trasparente e s’infila in bocca una sottile fetta di limone. La sua espressione dev’essere piuttosto divertente, perché Josh ha un attacco di risate che si spenge solo quando i due raggiungono gli altri al tavolo.
-Vado a prendere da bere!- esclama Alan, alzandosi dalla sua postazione. –Volete qualcosa?-.
Ilenia e Kailee scuotono la testa. Andrea, già ubriaco dopo due shottini di vodka alla fragola –così gay, pensa Ginevra-, rifiuta. Peter invece gli ordina una birra.
-Gin, il solito?-.
-Ma no, Al, questa sera non voglio devastarmi e sento già la tequila e il rum fare effetto- risponde la ragazza, che in effetti inizia ad avere caldo.
-Ma sta’ zitta. Caipirinha per la signorina!- afferma Alan, sparendo in mezzo ad un gruppo di ragazzi.
Così, dopo due ore e innumerevoli bicchieri –Ginevra ricorda di aver bevuto ancora uno spritz, un caipiroska e un mohjito-, il tasso alcolico della compagnia è piuttosto alto, eccezion fatta per Josh, che non ha toccato altro che coca cola, e Ilenia, la quale non beve perché pensa che la cosa possa fare male, in qualche modo, al suo ragazzo –che è in Italia… valla a capire, pensa Ginevra- .
-Secondo me- blatera Peter, -è il caso che andiamo tutti al Ministry of Sound!-.
-Neanche per sogno- replica Josh. –E’ lontano, la metro è chiusa e in macchina non ci stiamo tutti. Meglio se vi porto a letto, no?-.
-Nonononono!-.
-Allora andiamo al Walkabout?- propone Ginevra, che è bella ubriaca ma ancora sa quello che dice. –Non voglio andare a casa, è solo l’una-.
-E Walkabout sia!-.

***

La strada dal locale al Walk non è lunghissima, sarà un chilometro verso il Tamigi, ma quando sei brillo e intorno a te c’è gente devastata, il compito non è proprio facilissimo.
Ginevra e Josh –lui completamente sobrio, lei ancora capace di intendere e di volere- sono rimasti indietro per controllare che nessuno dei loro amici si perda.
Oxford Street è tranquilla, eccezion fatta per le traverse piene di pub e di ubriachi, e i lampioni illuminano il marciapiede chiaro a intervalli regolari. L’aria di inizio settembre è fresca ma piacevole e la luna non si vede, nascosta dietro alle nuvole. Ginevra si sente bene, serena, in compagnia di Josh, con i cori e le risate dei suoi amici che echeggiano davanti a lei.
-Quando torni in Italia?- chiede improvvisamente il ragazzo, spezzando quel silenzio confortevole.
La mora, che non ci stava pensando, sente una stretta allo stomaco e una certa malinconia s’impossessa di lei. –Lunedì- risponde, -ho un esame all’università tra due settimane e mi è scaduto il contratto di lavoro-.
-Capisco-.
Ginevra non ci vuole tornare, in Italia, proprio no. Ormai si è ambientata e l’idea di lasciarsi alle spalle la sua casetta, i suoi amici, il suo lavoro… Londra, la rende decisamente nervosa. Osserva Josh di sottecchi: gli occhi blu, i capelli castani, l’altezza nella media. Non è niente di speciale quel ragazzo, davvero, però in un mese e mezzo ha imparato a conoscerlo e a volergli bene. E la stessa cosa vale per Alan, per Kailee, per Peter e per tutti gli altri che stasera non sono presenti.
-Domani faccio una cena a casa mia- continua lei, guardando a terra. –Per salutarvi prima di partire, sai. Vieni?-.
Josh si ferma, una mano intorno al mento e l’espressione pensierosa. Poi la guarda con aria di scuse. –Domani non posso, Gin. E’ l’anniversario di nozze dei miei e…-.
-Non ti preoccupare. Magari riusciamo a vederci prima di lunedì… oppure ci salutiamo questa sera-.
Il silenzio cala nuovamente tra i due, questa volta però carico di tensione nostalgica.
No, Ginevra decisamente non ci vuole tornare, in Italia.

***

Domenica Ginevra si alza alle undici e mezza per colpa del sole che filtra dalle tende rosse di camera sua.
La consapevolezza che questo è l’ultimo giorno che passa a Londra le piomba addosso come un macigno.
Ieri sera ha salutato tutti –quasi tutti- con una bella cena italiana. Sono rimasti fino alle due a fare chiacchiere e bere vino sul balcone, guardando le stelle cullati dalla musica degli Arctic Monkeys in sottofondo. Ginevra è anche riuscita a non piangere, mentre abbracciava ad uno ad uno i suoi amici. E’ esplosa solo quando, andati tutti a casa, ha visto Ilenia e Lucrezia piegare alcuni vestiti.
Domani me ne vado.
-Domani me ne vado- dice, rendendo udibili i suoi pensieri. Non riesce a crederci. Nemmeno si ricorda più come sia fatta casa sua perché ora questa è casa sua. Si alza dal letto come un automa, va a farsi una doccia e raggiunge i suoi amici in cucina.
-Non vedo l’ora di mangiare un piatto di lasagne, non ne posso più di fish&chips- sta dicendo Andrea.
-Anche io-.
-Ma se siete stati qui solo una settimana- esclama Ginevra, versando del tè in una tazza senza nemmeno scaldarlo.
-Infatti non riesco a capire come tu sia sopravvissuta un mese e mezzo- replica Lucrezia con la bocca piena e sporca della glassa di un cupcake.
La mora alza le spalle. –Vestitevi. Andiamo a pranzo da Nando’s-.

***

-L’ultimo fish&chips- mormora Ginevra, seduta con le gambe accavallate su uno sgabello ad un tavolino esterno del White Horse. Si guarda intorno: tante persone, Carnaby Street illuminata da mille luci. Si stringe nella giacca di pelle e prende un altro lungo tiro dalla sua Winston.
-La smetti? Non stai andando al patibolo, Gin- sbuffa Ilenia, -stai semplicemente per tornare a casa tua. Ma conoscendoti, ti passerai il capodanno a Londra, e l’estate prossima, e poi ci verrai anche a vivere appena finita l’università. Piantala, che con quella faccia fai prender male anche me-.
La mora sorride nel sentire le parole della sua amica. Ma Ilenia non può capire, né può capire Andrea e nemmeno Lucrezia.
-Dai- s’intromette il ragazzo, -finite di bere e andiamo a casa. Domani dobbiamo svegliarci alle cinque-.
Ginevra butta giù la birra, posa il bicchiere e si alza. –Possiamo fare la strada a piedi?-.
I suoi amici annuiscono e insieme, a braccetto, s’incamminano.
-E’ stato carino il tuo capo a venirti a salutare, oggi- afferma Lucrezia. Ginevra annuisce e sorride al ricordo dell’abbraccio di Marvin. “Il prossimo anno mi aspetto di averti di nuovo come dipendente”.
Mentre passeggiano in silenzio in Oxford Circus, la mora ripensa al venerdì prima, quando era lì, un po’ brilla, che camminava al fianco di Josh.
Josh.
Non è riuscito a venire alla cena e non s’è più fatto sentire. Ginevra, dall’alto del suo orgoglio, di certo non gli ha chiesto di vedersi, quel pomeriggio. E ora se ne pente. Perché è così amareggiata all’idea di non salutare Josh come si deve?
Scaccia quei pensieri e tira fuori l’iphone.
-Facciamo una foto- dice perentoria ai suoi amici.
Tutti e quattro si mettono in posa e scattano. Ginevra guarda l’immagine.
-L’ultima foto in una notte stellata a Londra-.

***

Nel piccolo salotto trilla una sveglia. Viene spenta quasi subito e pochi minuti più tardi Ginevra sente dei passi incerti e pesanti avvicinarsi alla porta di camera sua. Andrea entra delicatamente, si siede ai piedi del letto e comincia a scrollarla.
-Amore, svegliati-.
La ragazza non se lo lascia ripetere due volte. Non ha chiuso occhio e pensa che se deve tornare a casa, tanto vale farlo in fretta. Non ha senso prolungare questa agonia. Via il dente, via il dolore, giusto?
In quattro e quattr’otto, i ragazzi sono pronti per uscire.
-Aspettatemi fuori dal portone- dice loro Ginevra. Poi fa un ultimo tour di quel piccolo e accogliente appartamento, scattando foto in ogni stanza. Le mancherà tutto: il divano, la cassapanca, la piccola cucina, il bagno blu senza il bidet, la sua camera dalle tende rosse, la libreria di legno antico che le aveva tolto il fiato la prima volta in cui l’aveva vista. Ma più di ogni altra cosa le mancherà il balconcino, quella piccola oasi piena di vasi fioriti in cui ha passato alcune delle serate più belle della sua vita con alcune delle persone a cui –non ha paura di dirlo- vuole più bene al mondo.
Con gli occhi colmi di lacrime, si chiude la porta alle spalle, dà due giri alla serratura e lascia le chiavi nella cassetta della posta della sua vicina, con un bigliettino di ringraziamento: “Thank you for everything. I’ll surely miss you loads, I miss you already. You know where to find me. See you soon. Gin*”.
Nel tragitto da casa all’aeroporto non fa altro che scattare foto: al suo palazzo; alla città vuota; al cielo appena rischiarato dal sole; alla metropolitana; alla campagna inglese; all’autostrada. Vorrebbe che qualcuno inventasse un metodo per portare sempre con sé l’odore di un posto, vorrebbe imbottigliare il profumo di carbone e fiori e spezie dell’Inghilterra.
Non voglio andarmene, ripete per l’ennesima volta la vocina nella sua testa.
E poi c’è sempre la questione di Josh. Perché non l’ha chiamata? Perché non è passato a salutarla? Perché non…
Gin, basta. Ha avuto sicuramente da fare.
Il pullman rallenta fino a fermarsi del tutto davanti a Stansted. I passeggeri scendono, salutando cordialmente l’autista –un uomo indiano con la mania della velocità-.
Ginevra recupera le sue due valigie e s’incammina verso la hall, pronta per fare colazione.
-Andate avanti- dice ai suoi amici, un’idea malsana che le ronza in mente. Loro fanno come richiesto e la ragazza, trascinandosi dietro i bagagli, si dirige verso la zona fumatori. Si siede, godendosi una sigaretta che riesce a finire in due minuti d’orologio –il nervosismo-. Poi, dopo essersi guardata un po’ intorno, si accuccia e posa le labbra sul cemento.
Ti amo, terreno inglese.

***

Da “Pret à manger” Ginevra ordina un porridge, che giunge al tavolo accolto dal disgusto dei suoi amici.
-Come fai a mangiare quella roba?-.
-E’ sbobba!-.
-Ma non potevi prenderti una di queste belle brioche al cioccolato?-.
Lei nemmeno li ascolta. Questo è il suo ultimo porridge in patria inglese e se lo vuole godere per bene.
Appena finita la colazione, i quattro escono dall’aeroporto per l’ultima sigaretta prima del volo.
-Bhe, a presto, Inghilterra- mormora solenne Andrea per poi rientrare, seguito a ruota da Lucrezia.
Ilenia si avvicina a Ginevra. –Ti lascio qua da sola per cinque minuti, così puoi piangere, disperarti e strapparti i capelli senza sentirti in imbarazzo-. E, con un ultimo sorriso incoraggiante, torna dentro.
La mora accende un’altra Winston e comincia a sentire sapore di sale sulle labbra.
Prevedibile.
E’ un pianto silenzioso, il suo, disturbato ogni tanto da un singhiozzo o uno sbuffo. Una volta ricomposta, butta la sigaretta fumata a metà, afferra le valigie e si avvia.
Non può credere a quello che vede davanti a lei, una volta arrivata alla porta girevole.
Josh.
Lui le regala un sorriso a trentadue denti, allargando le braccia come a dire “eh, sì, son qui, che ci vuoi fare…”.
-Pensavi di andartene senza avermi salutato?- dice il ragazzo, rompendo quell’imbarazzante silenzio.
-Che ci fai qui?-.
-Non ti fa piacere?-.
-No… cioè, sì! Ma da Camden a Stansted la strada è lunga e sono solo le otto del mattino e…-.
-Ci stai zitta e vieni ad abbracciarmi, per favore?-.
Ginevra non se lo fa ripetere due volte. Corre incontro a Josh e gli circonda la vita con le braccia, inebriandosi del profumo della sua felpa bordeaux. Le è sempre piaciuto, il suo profumo: vorrebbe imbottigliare anche quello.
La mora si lascia cullare per un po’ e, quando si stacca, si accorge di essere accaldata e probabilmente anche rossa.
-Quindi te ne vai- sospira l’inglese, un po’ titubante.
Lei annuisce.
-Quando torni?-.
-Non ne ho idea. Presto. Magari potreste venirmi a trovare, qualche volta- risponde.
-Volentieri-.
I due restano a fissare l’una le scarpe dell’altro per un periodo di tempo indefinito, fino a quando Lucrezia fa capolino e richiama l’attenzione della sua amica. –Dobbiamo andare al check-in, Gin. Sbrigati- soffia, prima di sparire nuovamente nella hall.
Ginevra alza lo sguardo. –Bhe, è ora. Devo proprio andare-.
Josh le sorride. –Promettimi che ci vediamo presto- mormora.
-Ci vediamo presto-.
Si abbracciano di nuovo e la ragazza lotta contro le lacrime che vogliono uscire a tutti i costi dai suoi occhi scuri. Poi, in un secondo equivalente ad un battito d’ali, Josh scioglie l’abbraccio, si avvicina al suo viso e le posa un leggero bacio sull’angolo della bocca.
-Fai buon viaggio- dice. Quindi le sorride un’ultima volta e s’incammina velocemente verso i parcheggi.
E mentre Ginevra si avvia al banco del check-in con le sue pesantissime valigie e un boccolo che sfugge dalla coda di cavallo, sorride e inspira profondamente per sentire ancora l’odore del ragazzo. Forse non c’è bisogno di imbottigliare i profumi, no? Perché questo, ne è sicura, le rimarrà nel naso per un bel po’ di tempo. Sì, lei e Josh si vedranno presto, decisamente.
Prometto.

 
 




*”Grazie di tutto. Sicuramente mi mancherai un sacco, mi manchi già. Sai dove trovarmi. A presto. Gin”

Buon pomeriggio! Dovrei studiare, dato che ho una quantità esagerata di esami all’università. Ma questa mattina mi sono svegliata dopo un sogno che ho dovuto mettere per iscritto. E’ una one shot un po’ lunghetta, diciamo, ma davvero non mi andava di dividerla in due capitoli.
 Diciamo che è tratta dalle mie vicende; chiamiamola “realtà onirica”.
Ne sono molto orgogliosa. Non è perfetta, ovviamente. Non trovo l’accento circonflesso sulla tastiera e quindi ho dovuto scrivere “pret” in modo sbagliato (da buona linguista… conosco i miei polli, ecco). Ma per me significa molto: ha riportato in vita emozioni e sensazioni e profumi a cui tengo particolarmente. Spero vi piaccia, fatemi sapere che ne pensate.
Cheers.
Gre.
 
  
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