Funny Christmas?
(ovvero… ‘Come far rivoltare Charles Dickens’)
Dedicated to Lady Numb
Casa
Armstrong, ore 16:15, vigilia di Natale…
“Billie?
Billie, puoi passarmi il pepe, per favore?” chiese Adrienne, asciugandosi le
mani al grande grembiule giallo legato alla vita.
“Il
pepe?” chiese conferma il cantante.
“Sì”
rispose la donna, mentre apriva il frigorifero, estraendovi alcune pietanze che
apparivano deliziose.
“Sicura?”
continuò il moro, cominciando a sorridere.
“Sì”
“Sicura
sicura?” tornò all’attacco Billie, seguendo Adrienne, che si affaccendava per
la cucina con aria trafelata.
“Sì”
sbuffò spazientita la donna.
“L’accendiamo?”
“Basta,
Billie, forza, passami quel pepe e fai meno storie!” intimò Adie, stancatasi di
sopportare il marito, che le stava facendo perdere del tempo inutilmente.
“Siamo
nervosi, eh? Su, tieni il pepe che tu brami d’avere…” ribattè Billie, porgendo
alla moglie il barattolo e assumendo nel frattempo un’espressione di
disappunto, che non sfuggì alla donna.
“Non
si tratta di nervoso, si tratta di fretta…e poi, se tu mi avessi dato una mano
in questi giorni, per preparare il pranzo di Natale, forse sarei meno scontrosa” si oppose Adrienne “ma visto che ciò
non si è verificato e come al solito,
mi è toccato fare tutto da sola, è
logico che sia intrattabile con tutti”
“Me
l’aspettavo questa risposta, è sempre colpa mia qua dentro…” protestò il moro,
sconfortato.
“Non
sempre” lo corresse Adie, facendogli tornare il sorriso, prima di aggiungere “Quasi sempre”.
Il
cantante riassunse l’espressione demoralizzata di prima, quell’espressione che
faceva sempre sorridere la moglie.
“Ehi,
non fare così, lo sai che mi piaci troppo quando interpreti il bambino offeso,
solo ed abbandonato…” sentenziò Adie, finendo di preparare sia il cibo che
sarebbe occorso l’indomani, sia quello per il giorno stesso.
“Lo
faccio apposta, per farmi perdonare…” rise maliziosamente il cantante,
passandosi una mando tra i capelli e avvicinandosi alla donna.
“E
chi non potrebbe perdonarti…” constatò, ironica, lei.
“Nessuno”
dichiarò lui, abbracciandola delicatamente e zittendola con un bacio
appassionato.
“Stai
attento, mio caro, che non sempre riuscirai a farti perdonare così” lo ammonì
la mora, i cui occhi brillavano di vitalità ed allegria.
“Ma
finchè funziona, non vedo perché non dovrei approfittarne” rispose Billie,
prima di essere interrotto dall’arrivo dei due terremoti ambulanti: i loro
figli, Joseph e Jakob.
Jakob:
“Mamma, non dobbiamo andare?”
Adrienne
volse il suo sguardo al grande orologio circolare appeso sopra il mobile della
cucina, per accorgersi con suo sommo orrore di essere tremendamente in ritardo.
Adrienne:
“Oddio! E’ tardissimo! Se non ci foste voi due!”
Joseph
terminò la frase: “Non sapresti come fare, lo sappiamo”
Il
moro guardò divertito il figlio maggiore, che, sebbene non avesse ereditato
niente da lui, da un punto di vista fisico, aveva tuttavia il suo solito
carattere solare, spensierato, con la battuta sempre pronta.
Billie:
“Io ho sempre sostenuto che questi due pargoli siano in realtà due angeli
discesi dal cielo…”
Adrienne:
“Per favore, Billie, non accrescere il loro ego, che mi sembra già piuttosto
elevato…”
Billie:
“Colpa della madre”
Adrienne:
“No, colpa del padre, perché se io non ti avessi conosciuto, non sarei
diventata così maledettamente poco modesta”
Billie:
“Il mio influsso negativo si ripercuote su chiunque”
Adrienne:
“Purtroppo”
Billie:
“Non sei contenta?”
Adrienne:
“Contentissima, non vedi? Sto facendo salti di gioia”
Billie:
“Colgo del sarcasmo nella tua voce”
“Bravo”
rispose Adie, dandogli un bacio in fronte “ora scusa, ma noi dobbiamo uscire”
La
donna si diresse nell’ingresso, trovando già i figli davanti alla porta di
casa, tutti vestiti e pronti per andare fuori.
“Visto
che sono tuo marito, e padre dei tuoi rampolli, potrei almeno avere l’onore di
sapere dove state per dirigervi?” chiese Billie, continuando ad assumere il
tono letterato e di falsa cortesia che aveva pervaso l’intero dialogo.
“Certamente,
mio amato consorte” si adeguò la donna “io ed i ragazzi abbiamo deciso che una
visita da mia madre non potrebbe fare altro che bene…”
“Da
tua madre?!” si stupì Billie, prima di ricomporsi “e, se posso, qual è l’oscuro
motivo di tale visita?”
“Ci
vuole un motivo per andare a trovare la propria madre?” lo squadrò torva
Adrienne.
“No,
ma…” balbettò Billie “siccome viene domani da noi, non vedo perché non potresti
aspettare”
“Non
mi piace l’idea di lasciarla da sola la vigilia di Natale, e lo sai…e poi, lei
vuole passare un po’ di tempo da sola con i nipotini che, per l’occasione resteranno
a dormire laggiù…”
“Okay,
okay, allora andate” acconsentì il moro, dando un bacio affettuoso a tutti e
tre “ma torna presto, perché la casa è triste senza di te…anche senza di loro,
ma visto che pernotteranno là, mi devo abituare all’idea…”
“Giusto,
comincia ad abituarti”
***
Adrienne
si diresse verso la sua macchina piuttosto pensierosa. Sperava che sua madre si
ricordasse di ciò che le aveva detto il giorno prima, ma ne dubitava. Da un po’
di tempo, infatti, la memoria ferrea della donna aveva mostrato i primi segni
di cedimento; niente di cui preoccuparsi, certo, ma comunque la situazione non
andava sottovalutata. Soprattutto in occasioni di emergenza come quella. Adie
aveva bisogno che sua madre si ricordasse dell’accordo preso, ne aveva un disperato bisogno.
Decise
di chiamarla, per ricordarglielo.
Mamma:
“Hallo?”
Adie:
“Mamma, sono io”
Mamma:
“Dimmi, tesoro”
Adie:
“Facciamo un veloce ripasso…dove siamo io, Jakob e Joseph, oggi?”
Mamma:
“Da me”
Adie:
“Perfetto. E se Billie dovesse, per un malaugurato caso, chiamare?”
Mamma:
“A parte che ciò non accadrà, visto che può rintracciarti sul cellulare, in
ogni caso io e te abbiamo deciso di andare a fare una passeggiata nel parco qua
sotto, per far prendere una boccata d’aria a Joey e Jakob e te sei già scesa…”
Adie:
“Benissimo, allora conto su di te”
Mamma:
“Di sicuro”
Adie:
“Mi raccomando, non tradirti e soprattutto, non far capire a Billie che in
realtà non sono mai stata da te”
***
Billie
si aggirava per la casa, senza un preciso scopo. Non aveva niente da fare, o
meglio, non voleva avere niente da
fare. Ci sarebbero state milioni di cose e progetti a cui avrebbe potuto
dedicarsi, tuttavia non lo faceva. Non controvoglia.
Era un periodo strano, quello. La fama dei Green Day aveva toccato il
culmine, dopo l’uscita dell’album ‘American Idiot’, il 21 Settembre del 2004,
ma non sembrava trarre alcun piacere da ciò. Ovviamente, in un primo periodo
l’euforia aveva preso il sopravvento su tutti i componenti della band, che
festeggiavano l’intero giorno per il gran successo e che subito si erano
buttati, anima e corpo, nella stesura di nuovi testi e nella composizione di
nuovi brani, da inserire nel successivo cd. Passato un anno però la gioia si
era già spenta e, da parte di Billie, il tutto andava avanti per pura e
semplice forza di inerzia. Forse perché erano anni che lavorava con Trè, Mike e
Jason, forse perché erano i suoi migliori amici, non era mai riuscito a
raccontare loro cosa stesse provando. Adesso sembrava tutto così…così diverso. Sì, quello era in termine
giusto. Diverso. Non c’era più la voglia di far bene, di realizzare il miglior
album possibile, non c’erano più i bei momenti del passato, non c’era più
quell’armonia che li teneva uniti. Billie voleva ancora molto bene ai suoi
compagni di una vita, ma sentiva che qualcosa stava andando storto. Troppo
storto, per chiudere un occhio. Così aveva espresso la sua idea ad Adrienne,
che non era rimasta molto soddisfatta. Aveva detto la solita cosa ai componenti
dei Green Day e la reazione avuta non era stata differente da quella della
moglie. Spesso pensava a questo problema, e si chiedeva un semplicissimo
“Perché?”
***
Adrienne
imboccò il familiare vialetto alberato che conduceva a casa di Mike, per poi
parcheggiare la macchina nera nello spiazzo davanti l’abitazione dell’amico.
Lei ed i figli uscirono dal veicolo e si fermarono un attimo a contemplare
l’imponenza quasi regale di quella che il bassista chiamava un ‘umile dimora’,
facendosi sfuggire un sospiro di sconforto. Ormai da giorni andava di soppiatto
a casa del bassista e il fatto di nascondere tutto questo a Billie la faceva
star male. I due, infatti, si erano sempre confessati tutto e la loro
relazione, fin dai primi giorni in cui stavano insieme, si era basata
esclusivamente su un rapporto di fiducia e sincerità reciproca, che mai si era
intaccato. Dire a Billie delle mezze verità, o, cosa assai peggiore, delle
bugie, causava dentro di lei un dolore inesprimibile, che non aveva ancora
sperimentato. Ammetteva la stupidità della situazione, ma per lei era come
‘infrangere’ una sorta di regola primaria che lei ed il moro avevano stabilito
fin dal principio. Non che fosse mai stata un’osservatrice rigorosa delle
regole, del resto con un marito che esclamava “Rules are made to be broken” non
ci si poteva aspettare più che tanto, ma sulle regole del cuore, o meglio, su
quelle che regolavano i rapporti sentimentali era intransigente.
E’ come se avessi mancato di parola a me
stessa, come se nel giro di una settimana avessi reso la mia vita una bugia…ma
del resto, cos’altro potevo fare? Billie, se ho agito così è solo per il tuo
bene, perché ti amo…e perché, perché in questo periodo sei troppo pazzo,
Billie, e dobbiamo in qualche modo riportarti alla normalità. Adie, ma lo senti
che pensieri ti passano per la mente? Sembri più maniacale tu che il tuo
adorato consorte…il che non mi stupirebbe, perché c’è davvero da diventare
matti ora come ora…fortunatamente, qualche giorno fa ci è venuta un’idea…
Adrienne
si mise a ripensare a quattro giorni fa, quando un barlume di speranza si era
presentato davanti a lei, Mike e Trè…
Quattro giorni prima, a casa di Mike…
“Ragazzi, dobbiamo
assolutamente trovare una soluzione” esordì Adrienne, mentre si portava la mano
sinistra alla testa, per sorreggerla, mostrando chiaramente il suo sconforto.
“Il punto è che non abbiamo
neppure la più pallida idea” ribattè Mike, dirigendosi verso la finestra del
suo salotto, quasi come se quest’ultima fosse la sua fonte di ispirazione.
“Né il minimo spunto da cui
partire” rincarò la dose Trè, riemergendo dalla cucina con una grossa mela
rossa fra le mani.
“Attento, capo, è
avvelenata” scherzò il bassista, che l’aveva visto rientrare con la coda
dell’occhio.
“Ah ah, miei cari compagni,
non ci crederò mai! Biancaneve è soltanto un cartone…” rispose con aria di
superiorità il batterista, sedendosi al tavolo ovale che occupava metà del
salotto.
“Vedrai come sfumeranno le
tue certezze, non appena avvertirai i primi sintomi dell’intossicazione causata
dal veleno…” colse la palla al balzo Adrienne, nonostante la voglia di
scherzare fosse poca. Trè squadrò
perplesso il frutto così lucido che quasi gli rimandava la sua immagine, come
se fosse incerto se prestare ascolto oppure no ai suoi amici, poi la fame ebbe
il sopravvento ed attaccò il primo morso.
Si portò le mani al petto,
all’altezza del cuore, incominciando a contorcersi e a fare finta di essere
dilaniato dal dolore.
“Amici, aiuto, sto morendo!”
dichiarò, accasciandosi sulla sedia “se solo vi avessi ascoltato…”
“Per favore, Trè, il momento
di scherzare è finito” lo rimproverò il biondo, riemergendo dalla
contemplazione estatica del paesaggio circostante.
“Okay, okay, riprendo il
contegno che mi contraddistingue…” promise solennemente il batterista.
La donna e Mike si
scambiarono un’occhiata perplessa e poco convinta, che sfuggì all’occhio
generalmente accorto del loro amico.
“Bene” li riportò alla
realtà la donna “vogliamo pensare a cosa fare oppure ci abbandoniamo al puro
sollazzo?”
“La seconda non sarebbe
male…” commentò il biondo, ridendo.
“Ma non possiamo
permettercelo” si fece d’un tratto gravoso Trè.
“Lo sappiamo, lo sappiamo”
sbuffarono tristemente sia la donna che il bassista.
“Quindi, forza, a lavoro!”
dichiarò Adrienne, cercando di prendere in mano la situazione.
“Okay, ripartiamo dall’inizio…il
problema mi sembra piuttosto semplice…” cominciò Trè, che fu subito interrotto
dall’amico: “Mah, insomma…a me non sembra poi così semplice”
“Concordo con Mike, perché
se lo fosse stato a quest’ora avremmo già trovato una soluzione” notò Adie, accavallando
le gambe.
“Acuta osservazione”
ironizzò Trè.
“Trè, per favore, smettila!”
si rigirò il biondo “dobbiamo essere seri, SERI, capito, S-E-R-I!”
“Non c’era bisogno dello
spelling” si indignò il batterista, voltandosi dall’altra parte.
“Non sembrerebbe” concluse
acido il bassista.
“Ehi, ragazzi, calma, così
non concludiamo nulla…” cercò di rabbonirli, la donna.
Mike e Trè acconsentirono, e
si unirono alla mora, che li scrutava in parte divertita attraverso quei suoi
occhi così intensi.
“Dunque, iniziamo dalle cose
più semplici…parlarci e cercare di farlo ragionare sarebbe poi così
impossibile?” propose il biondo.
“Mike, conosci a fondo
Billie e sai quanto sia impossibile cercare di fargli cambiare idea, quando ha
preso la sua decisione…” obiettò Adie, scuotendo vigorosamente la testa.
“Beh, non si sa mai…poteva
essersi redento, o magari potevi aver attenuato te questo suo difetto…” osservò
Trè, facendo spallucce.
“Non direi proprio, io non
sono da meno di lui, in quanto a cocciutaggine”ribattè Adie.
“Ok, allora cambiamo”
continuò Mike “ehi, Adie, che ne dici di tenerlo a stecchetto? In tutti i
sensi” ci tenne a precisare.
La donna fece un sorriso
malizioso: “Non funzionerebbe, dato che non riuscirei a mantenerlo, perché in
quel senso sarebbe controproducente anche per me…ci rimetterei…”
“A volte bisogna farli dei
sacrifici” proclamò imperioso Trè.
“Questo è chiedere troppo” si
oppose Adrienne, arrossendo come se fosse una ragazza al suo primo bacio.
“Allora vediamo se troviamo
qualcos’altro nel nostro vastissimo repertorio di opzioni” fece del sarcasmo
Mike, prima di beccarsi un’occhiata inceneritrice da parte dei due amici.
“E se lo torturassimo, sia
fisicamente che moralmente?” suggerì il bassista, con aria truce.
“Trè, non puoi fare certe
proposte, non almeno davanti a sua moglie, che di sicuro non vuole vedere il
marito ridotto in poltiglie” lo criticò il biondo.
“Hai ragione”
“Io ho sempre ragione”
“Ora non montarti la testa,
Mike” lo demoralizzò Adrienne.
“Sentite, la mia mente per
ora non riesce a trovare altre palpabili soluzioni” si scusò il bassista.
“Lo notiamo, visto che stai
tirando fuori le cose più assurde” commentò Trè.
“Almeno qualcosa propongo, io”
“Ehi, ve l’ho già detto!
Dovete smetterla…è possibile che qua dentro la mia unica funzione sia quella di
un paciere?” esclamò sull’orlo della disperazione la donna.
“E’ già tanto, in genere non
riesce a calmarci nemmeno Billie” cercò di confortarla Trè.
“Solo perché appartiene al
gentil sesso…” puntualizzò Mike.
“La considero quindi una
for…” la donna non fece in tempo a finire il discorso, che vide arrivare di
gran carriera la bella figlia di Mike, Estelle, accompagnata da Jakob e Joseph.
Mike: “Estelle, ti avevo
detto di lasciarci in pace, oggi…”
Estelle: “Scusa, babbo, ma
Brittany sta pulendo di là e ci ha spediti qua…”
Mike: “Ma se l’avevo detto
pure a lei!”
Trè: “Le solite
incomprensioni fra conviventi…”
Adie: “Già”
Estelle: “Comunque, babbo,
volevamo solo guardare la tv tutti insieme, non daremo noia…lo promettiamo…”
Joseph: “Esatto, siamo dei
bimbi silenziosi”
Jakob: “Quando vogliamo”
“E va bene” acconsentì
sfinito Mike, che era stato preso alla sprovvista ed era troppo malinconico per
potersi opporre “ma vedete di essere molto tranquilli e taciturni”
“D’accordo!” acconsentirono
i tre, all’unisono, sedendosi sul divano, mentre Estelle accendeva la
televisione. In onda c’era il “Canto di Natale”, tratto dalla celebre novella
di Charles Dickens.
Adie guardò distrattamente
il cartone che stavano osservando con crescente interesse i tre bambini ed
improvvisamente le venne l’idea.
“Fermi tutti! E se noi
facessimo come fanno nel canto di Natale?” domandò Adrienne, alla quale
incominciavano a brillare gli occhi.
“Il canto di Natale?!” ripeté
il bassista, poco convinto “con i fantasmi del passato, del presente e del
futuro?”
“Proprio così” asserì la
donna.
“Mi sembra
piuttosto…irreale, ecco” si strinse nelle spalle Mike.
“Ma non impossibile” Trè, a
cui l’idea cominciava a piacere, si schierò a favore dell’amica.
“Beh, non credo sia così
stupido da crederci” fece notare il biondo.
“Non se la sera prima ha un
po’ bevuto e se è colto nel bel mezzo della notte, tutto insonnolito…” rispose
Adie, che cominciava a confidare in quell’idea.
“Del resto, a lui deve
sembrare tutto un sogno” continuò imperterrito il batterista.
Mike sembrò pensarci un po’
su, poi esclamò: “In effetti…si può fare, dobbiamo solo sperare che lui sia un
po’ alticcio e moooolto rintronato dal sonno…però, è l’unica strada
percorribile!!”
“Esatto” acconsentirono gli
altri.
“Grazie Estelle, sei un
genio!” affermò solare Adrienne, dirigendosi verso la bambina e scoccandole un
bacio sulla guancia, mentre questa, dal suo canto, la guardava con aria
perplessa.
Casa Armstrong, vigilia di Natale, 17:00…
Billie era placidamente sdraiato sul letto, a contemplare con
sguardo vacuo il soffitto che, evidentemente, doveva apparirgli decisamente
interessante. Era fermo lì più o meno da quando Adrienne e i figli se ne erano
andati da casa, per andare a trovare la ‘presunta’ madre della moglie. Ma questo
lui non lo sapeva ed era meglio che non lo sapesse, altrimenti il loro piano
sarebbe fallito miseramente. Di sicuro Billie non poteva minimamente supporre
che i suoi amici più cari e sua moglie stessero complottando alle sue spalle
per farlo desistere dalla decisione che ormai aveva preso, ovvero quella di
abbandonare il gruppo. Si ricordava ancora quando l’aveva comunicato ad
Adrienne, era un bel pomeriggio, tranquillo e soleggiato…
“Ciao Adie!” esclamò Billie,
aprendo la porta di casa e trovandosi davanti la moglie che stava spolverando i
quadri appesi nel grande ingresso.
“Ciao caro” rispose lei, non
degnandolo neppure di uno sguardo: del resto, quando puliva, era troppo
impegnata per dedicarsi al marito.
“I bambini dove sono? Ho
voglia di strapazzarli un po’, dopo una dura giornata di lavoro” disse il moro,
attaccando il giacchetto di pelle nera che indossava, all’attaccapanni.
“Mi sa che non li
torturerai…entrambi sono a casa di un rispettivo amico”
“Ah, comprendo…peccato, oggi
che sono tornato presto…” si dispiacque il cantante.
“Vabbe’, tanto ci passi
sempre il fine settimana” commentò la donna.
“E’ uguale”
Calò un momento di silenzio.
Adrienne era assorta nelle pulizie e Billie si era diretto subito in camera per
cambiarsi con un vestito più comodo del precedente.
Quando il moro ritornò,
sentì stranamente raggelarsi il sangue nelle vene: sulla faccia di suo marito
c’era qualcosa che non andava, lo si poteva leggere chiaramente.
“Tutto bene?” si informò la
donna, preoccupata.
“Sì” la rassicurò lui, prima
di aggiungere “o meglio, no…non tutto”
“Che è successo, tesoro?”
chiese lei, dedicandogli finalmente l’attenzione.
“Ecco…è da un po’ che lo
penso” cominciò titubante il ragazzo “ma adesso ne sono più che certo…voglio
lasciare il gruppo”
Per Adrienne era come un
fulmine a ciel sereno: lasciare il gruppo? Ma stava scherzando? Eppure appariva
terribilmente serio.
“St-stai scherzando, voglio
sperare” cercò di auto-convincersi la donna.
“No, sono serio”
“Davvero?”
“Sì”
“Allora non sei sobrio”
riprese la donna, che non riusciva a credere alle sue orecchie.
“Adie, per favore! Ti
sembrano discorsi da persona ubriaca?” si offese il moro.
Adie:“Sì, visto che tu non
hai mai dato segno di voler lasciare i Green Day”
Billie: “Si cambia a volte”
Adie: “Smettila di fare
l’umorista”
Billie: “Non lo sto facendo”
Adie: “E, di grazia, si può
sapere il motivo di questa decisione sconsiderata?”
Billie: “E’ tanto che non mi
sento più in sintonia con loro, non siamo più quelli di una volta”
Adie: “No, infatti, mi
sembrate tutti quanti molto meno ragionevoli”
Billie: “Ehi, non
prendertela”
Adie: “Non prendertela?! Ma
ti accorgi di quello che dici? Lasciare il gruppo?! E cosa vorresti fare dopo?”
Billie: “Intraprendere una
carriera da solista, lo fanno tutti prima o poi”
Adie: “Ciò non vuol dire che
lo debba fare anche tu”
Billie: “E’ vero, ma sono
estremamente convinto e determinato a smettere di far parte dei Green Day. Che
sia con loro oppure no, il mio affetto per Mike, Jason e Trè non cambierà”
Adie: “Non credo si possa
dire la solita cosa per loro. Ci sarà sempre del risentimento”
Billie: “Si supera tutto”
Adie: “No. Non quando una
persona ti tradisce”
Già la situazione era difficile, poi ci si metteva anche Adie a
peggiorarla. Sperava in un aiuto da parte sua, un aiuto che però sembrava
deciso a non venire. Le aveva chiesto come poterlo comunicare ai diretti
interessati, ma questa aveva scrollato semplicemente le spalle, dicendo che lui
si era cacciato in quella situazione, e lui doveva risolverla. Non erano
mancate liti, incomprensioni, ma alla fine ne era uscito ugualmente
intenzionato ad andarsene. Così, aveva detto tutto ai ragazzi, che ovviamente
non l’avevano presa bene.
M: “Ehi, sono contento che
abbiamo terminato anche questa canzone! Se continuiamo così, entro il 2008
avremo pubblicato ben due album, invece di uno!”
T: “Puoi dirlo forte, sembra
un periodo buono e l’ispirazione non si fa pregare…”
Billie abbassò
vergognosamente gli occhi, rimanendo in uno strano mutismo.
J: “Beh, che hai, Billie?
Non sei felice?”
B: “Ragazzi…ecco…io…ehm…dovrei
dirvi una cosa…”
J: “Bella o brutta?”
B: “Credo brutta, per voi”
M: “Spara, siamo preparati a
tutto”
B: “Voglio lasciare il
gruppo”
Calò un silenzio tremendo e
oppressivo.
T: “A questo non eravamo
preparati”
M: “Vorrei sapere il perché”
B: “Non saprei spiegarlo di
preciso”
T: “Ah, no?! Sarà invece il
caso che tu ci fornisca delle motivazioni, e valide per di più!”
J: “ Ti abbiamo fatto
qualcosa che non dovevamo?”
B: “No, nulla ragazzi, voi
non c’entrate…è che è un periodo strano per me, non mi sento più in armonia con
voi, mi sembra di aver perso quella freschezza che avevamo all’inizio”
T: “Non mi sembra un motivo
valido”
J: “Non sta a te giudicarlo”
M: “Billie, lo sai che noi
siamo falliti senza te, non puoi farci questo, non ai tuoi compagni di una
vita”
B: “Dicendo così mi rendete
tutto più difficile, ma non cambierò idea. Voglio provare almeno per un po’ la
carriera di solista”
T: “Io ci ripenserei bene,
in fondo non sei un granché come solista”
J: “Trè, non servirebbe
offendere”
T: “Lo ripago della solita
moneta, perché quello che lui sta per fare è la più grande offesa che possa
recarci”.
Davanti casa di Mike, la vigilia, solita ora…
Adrienne si ricosse da quei tristi pensieri: loro ce la stavano
mettendo tutta per far cambiare idea a Billie, anche se avessero fallito,
almeno potevano vantare il fatto di aver tentato.
Una magra consolazione, lo
so, ma meglio di niente…
Era
sorprendente vedere con che spirito avessero preso la notizia i componenti dei
Green Day: Adrienne si era aspettata che non avrebbero più rivolto la parola a
suo marito, ma si sbagliava. Si sbagliava perché, quando c’è di mezzo una
grande amicizia tutti siamo più decisi a non mollare, a non perdere quella
persona che riveste una delle parti più importanti della nostra vita.
Prese
con sicurezza le mani dei figli e si diresse verso casa dell’amico, al cui
interno trovò già Trè, Jason e, ovviamente, il proprietario.
A:
“Ciao a tutti, ciao Jason, sono felice che tu sia venuto…”
J:
“Non potevo non aiutarvi, del resto faccio anche io parte del gruppo”
A:
“Infatti, un aiuto in più non ci sta certo male…bene, ti hanno già detto
tutto?”
J:
“Sì, poco prima che tu arrivassi mi hanno spiegato per bene la situazione,
nonostante mi avessero dato delle delucidazioni in precedenza…”
A:
“Bene, allora abbiamo tutto?”
T:
“Dovremmo”
M:
“Controlliamo”
A:
“Dunque…filmati?”
T:
“Sì”
A:
“Vestiti?”
M:
“Sì”
A:
“Trucchi?”
J:
“Quelli dovresti fornirceli tu…”
A:
“Ah, giusto, sì, eccoli qui, ci sono!”
A:
“Occorrente vario, tipo proiettore?”
M:
“Certo”
A:
“Bene, non credo che manchi altro”
J:
“No, infatti”
A:
“Allora, io opterei per fare altre due prove, tanto per essere sicuri, poi,
carichiamo tutta la roba dividendola nelle rispettive macchine, d’accordo?”
M:
“D’accordo…allora, andiamo!”
A:
“Ah, ti ricordo che Jakob e Joseph stasera sono a dormire da te, per non creare
ulteriore confusione…ricordati che domani mattina preso passerò a prenderli, va
bene?”
M:
“Perfetto, ma ora andiamo, perché dobbiamo assicurarci di sapere tutto”
T:
“E te, Adie, mi raccomando, fallo ubriacare per bene, stasera, tanto sai come
fare”
A:
“Non temere, rimarrete soddisfatti”
Casa
Armstrong, Notte di Natale, ore 0:25
Trè
rimase per un momento ad osservare l’amico che dormiva placidamente nel suo
letto, tutto raggomitolato su se stesso: quasi gli dispiaceva svegliarlo
brutalmente per portarlo a fare un bel viaggetto nel “passato”. Quasi.
Lo
afferrò per la spalla e cominciò a scuoterlo delicatamente, ma questa sua
dolcezza non sortiva alcun effetto, dato che il loro cantante, anzi, prossimo
ad essere ex, aveva un sonno di piombo.
“A
mali estremi, estremi rimedi” pensò, chinandosi fino a raggiungere l’orecchio
di Billie per poi urlare, con voce cavernosa: “William Joseph Armstrong,
svegliati!”
Nel sentire il suo nome
così vilmente storpiato, oltretutto nel modo in cui più odiava, il poveretto si
rizzò immediatamente a sedere. Rimase per un attimo immobile, a guardare con
occhi sbarrati e sconcertati quella figura pallida con una specie di camicia da
notte femminile bianca ed evanescente, poi si esibì in un perfetto urletto da
donna, tirandosi le coperte su fino al mento come se non volesse farsi vedere
in pigiama.
Il
batterista cercò di trattenersi dallo scoppiare in una grassa risata, riuscendo
ad ottenere solo un gemito strozzato, che contribuì a far impaurire ancora di
più Billie.
Dette
un altro paio di colpi di tosse, poi cominciò la sua sceneggiata: “William
Joseph Armstrong” Billie, dal suo angolino del letto, fece una smorfia, ma si
ricompose subito vedendo l’occhiataccia di quella strana figura “… Io sono il
fantasma dei Natali passati, e sono venuto per condurti verso la via che ti
aiuterà a non farti condannare verso la perdizione eterna: alzati, e vieni con
me!” concluse, in tono imperioso. Sorrise tra sé e sé, palesemente contento
della sua recitazione che, se anche era stata un po’ troppo enfatica, aveva
ottenuto l’effetto desiderato. Billie infatti si era subito alzato in piedi:
barcollava vistosamente, ma sembrava pronto a seguirlo nei vecchi Natali, che
guarda caso si trovavano proprio al piano di sotto, nel salotto.
Trè
sperò vivamente che Adie e Mike avessero fatto un buon lavoro.
“Seguimi”
pronunciò il fantasma, avviandosi verso la porta. Sempre più impaurito e
perplesso, Billie lo seguì, osservandolo attentamente. Prima non ci aveva fatto
caso, ma quella presenza spiritica somigliava in maniera impressionante a Trè.
“Scusi,
signor fantasma” cominciò, con una vocina piccola piccola “Sai che mi ricordi
molto un mio amico?”. Se fosse stato completamente lucido e sveglio, si sarebbe
senz’altro dato dell’idiota a vita: ma per fortuna era mezzo frastornato dal
sonno e anche piuttosto spaventato da quell’inaspettato ospite.
Il
batterista andò per un attimo nel panico: che cosa poteva dirgli, adesso? Che
assomigliava a Trè perché lui era Trè? Si fermò di scatto a metà dei
gradini e si girò lentamente verso l’amico che, convinto di averlo fatto
arrabbiare, si stava già preparando a subire una dolorosa punizione.
“Ho
assunto qualcosa che la tua mente potesse accettare, naturalmente” sparò Trè,
ricordando vagamente di aver sentito già da qualche parte quella frase “la mia
vera forma sarebbe stata così orribile che ti avrebbe gettato in stato
catatonico per tutto il resto della vita, quindi ho scelto l’aspetto di Frank Edwin
Wright III, che affascinante com’è mi si addice molto…”
Dal
piano di sotto, un forte colpo di tosse, molto probabilmente proveniente da
Mike, lo distolse dall’elencare tutte le infinite qualità di Trè Cool, ovvero
se stesso.
Ritornò
immediatamente serio: “Non farmi più domande, mortale, il passato ci attende”
ordinò riassumendo la sua voce profonda e ricominciando a scendere
maestosamente i gradini, con Billie che trotterellava al suo seguito,
visibilmente intontito.
Trè
si complimentò mentalmente con i suoi due amici, contemplando lo splendido
effetto che avevano creato: una specie di nebbiolina perlacea aleggiava su
tutto il piano terra, rendendo tutto piuttosto confuso ed etereo, e l’intero
pavimento era nascosto da una spessa cortina di fumo che più o meno gli
arrivava alle cosce: nell’aria si avvertiva un vago profumo di incenso. Se non
avesse saputo che tutto questo era stato creato dalle abili mani di Mike,
sarebbe caduto con tutte le scarpe nel tranello che tutti e tre avevano ordito.
Si avviò verso la sala, seguito da un Billie che si guardava nervosamente
intorno: la stanza era praticamente irriconoscibile, c’era fumo dappertutto, e
Adrienne aveva intelligentemente tolto tutti i quadri dai muri, lasciando le
pareti bianche spoglie da qualsiasi elemento di riconoscimento.
E,
proprio davanti a loro, c’era un enorme telo bianco, che occupava da solo quasi
tutto il muro e copriva anche la finestra.
“Questa
è la finestra dalla quale potrai osservare il tuo passato; guarda e rifletti,
William Joseph” tuonò Trè, compiendo un gesto ampio e teatrale con la mano: il
segnale.
Immediatamente
Adie fece partire il proiettore, che però proprio in quel momento aveva deciso
di fare i capricci. Sullo schermo, infatti, era apparsa una serie di puntini
bianchi e neri.
“Cosa
succede?” chiese il cantante, con un sopracciglio inarcato.
“Ehm…sai
com’è…a volte la linea è un po’ disturbata…E’ diventato di moda portare la
gente a dare un’occhiata al passato per rimediare gli errori presenti, e quindi
troppi utenti sovraccaricano il collegamento” spiegò febbrilmente il fantasma,
parlando del passato come se fosse una connessione ad Internet.
“Ah,
capisco” commentò Billie, senza minimamente insospettirsi. Trè tirò un sospiro
di sollievo, non credeva che il compare fosse così stupido da bersi una balla
del genere…ma forse dipendeva solo dal sonno e dalla sorpresa. Ma non ne era
poi così sicuro.
Adrienne,
intanto, stava facendo di tutto per avviare il filmato: stava quasi per gettare
la spugna, quando intervenne Mike che, con una botta bene assestata, sistemò il
proiettore che finalmente si decise a partire.
“Con
le buone maniere si ottiene tutto” sussurrò ironicamente il biondo
nell’orecchio dell’amica.
“Eh,
proprio le buone maniere” rispose lei con lo stesso tono, raddrizzando leggermente
l’oggetto.
Sullo
schermo, improvvisamente, apparve un primissimo piano di Mike, che si stava
inquadrando gli occhi azzurri con aria particolarmente concentrata.
Billie,
preso alla sprovvista dalla visione di due occhi enormi proprio davanti a lui,
fece un balzo all’indietro, mentre accanto a lui Trè imprecava, senza
preoccuparsi di tenere bassa la voce.
“Ma
cavolo, aveva detto di aver levato tutte le parti non importanti…”
“Cosa
succede?” chiese il moro, guardando il fantasma, che sembrava piuttosto fuori
di sé.
“Eh?!
Nulla…i soliti problemi con la connessione” continuò Trè, calmandosi e
riacquistando la sua consueta faccia tosta.
“Non
trovi che abbia dei bellissimi occhi, eh, Billie?” stava intanto dicendo il
Mike sullo schermo, spostando la camera da lui all’amico. Il Billie presente si
prese quasi un colpo, nel vedere quanto fosse giovane lì…ed era anche molto più
paffuto…ma come aveva fatto a non accorgersene prima?!?
Stava
appunto per esprimere questo suo pensiero, quando l’immagine cambiò di scatto,
facendogli fare un altro salto spaventato.
La videocamera stava inquadrando una
stanza, riccamente addobbata; in sé era
piuttosto spoglia e anche leggermente triste, ma poiché le decorazioni
natalizie davano un’aria molto più felice,
l’avevano letteralmente tappezzata di festoni, capelli d’angelo, per non
parlare poi dell’albero di natale, rachitico, ma completamente ricoperto di
palle colorate.
Un Trè molto più giovane fece capolino
nella stanza, guardandosi attorno con palese soddisfazione: “Però, ci è venuta
proprio bene, vero?”
“Certo…basta che la gente che viene a
trovarci non vada più in là del salotto, visto che abbiamo concentrato gli
addobbi qui, e nelle altre stanze non c’è nulla” sopraggiunse Billie, portando
con sé tre piatti di plastica dorati che posò sulla piccola tavola imbandita,
che normalmente stava in cucina.
“Dettagli…e poi, chi vuoi che ci venga a
trovare? I tuoi festeggiano per conto loro, i miei sono in montagna, i genitori
di Mike figuriamoci…Non siamo fidanzati…i nostri amici sono partiti…Non c’è
rimasto nessuno, qui a Berkeley!” obiettò il batterista, contando tutte le
persone sulle dita.
“Okay, Okay…ho capito! Era per dire!”
sbuffò Billie, affacciandosi alla finestra “Ma Mike si è perso, nel frattempo?
Doveva arrivare fino all’angolo della strada!”
“Magari l’hanno rapito” ipotizzò Trè “mi
complimenterei con i sequestratori, se lo facessero sul serio…almeno in casa ci
sarebbe più posto”
“Sono d’accordo con te…ma credo che
nessuno sano di mente lo rapirebbe” constatò Billie, uscendo dall’inquadratura
per poi riapparire qualche secondo dopo con una candela dorata in mano.
“Non ci resta che sperare in un gruppo
di pazzi, allora” sospirò Trè, girandosi e storcendo il naso nel vedere la
candela che troneggiava in mezzo alla tavola.
“Cos’è, non ti piace?” fece ferito
Billie, notando l’occhiata schifata dell’altro.
“No” fu la risposta “ mi sembra un po’
troppo romantico…un pranzo a lume di candela tra maschi…e per di più siamo
tre!”
“Se ci fosse Mike, direbbe che tre
andrebbero benissimo lo stesso”
“Ma Mike è scemo”
Come richiamato dalla loro
conversazione, si sentì il campanello suonare; Trè andò ad aprire, lasciando
Billie da solo nella stanza. Il moro si avvicinò alla telecamera e la sistemò
un po’, facendo così ballare l’immagine.
“Problemi
alla connessione anche questi?” domandò il Billie più vecchio al fantasma.
“Già”
rispose laconico questi, progettando mentalmente l’omicidio di Mike, che aveva
provveduto al montaggio del filmato. Se fosse continuato così, chissà fino a
quando Billie avrebbe creduto a quella balla del collegamento con il passato…
“Oh, sei ritornato…speravamo che ti
fossi disperso…” commentò Billie, spostandosi di lato, permettendo così la
visuale di un Mike, con i capelli lunghi fino alle spalle, che portava con sé
una grossa borsa.
“Dio
come stava male Mike con i capelli lunghi…” sussurrò Billie.
“Su
questo mi trovi proprio d’accordo” affermò Trè, annuendo lievemente. Fece per
aggiungere qualcos’altro, quando un oggetto contundente non identificato lo
colpì sulla testa. Si girò di scatto, incrociando lo sguardo falsamente
innocente del biondo, attraverso il buio e il fumo.
Il
batterista simulò il taglio della gola, come per avvertire il bassista della
sorte che lo aspettava appena avessero finito quella pagliacciata.
Intanto
sullo schermo, loro tre si erano seduti, e avevano cominciato a mangiare.
“Buono quest’arrosto!” stava dicendo
Trè, rivolto a Mike.
“Per forza, l’ho comprato con le mie
manine” fu la risposta del biondo, che si stava abbuffando, infilandosi in
bocca il più cibo possibile.
“Mike, sei disgustoso” osservò Billie
schifato.
“Io? E Trè, allora?” si difese il
bassista, continuando imperterrito a mangiare e indicando l’amico.
“Io mangio in una maniera perfettamente
compita!” biascicò indignato il ragazzo,
sputacchiando pezzetti di carne dappertutto.
Billie sospirò e si concentrò sul suo
piatto, evitando di fare commenti.
Il pranzo trascorse nel più assoluto
silenzio, non contando ovviamente il rumore delle forchette e gli sporadici
grugniti di approvazione da parte dei tre giovani.
“Mi sento parecchio pieno” fece sazio il
moro, appoggiandosi allo schienale e battendosi la mano sullo stomaco.
“Io no, avrei ancora un po’ fame…Dove
l’hai messo il pandoro, Mike?” domandò il batterista.
“Qui sotto!” rispose Mike, sparendo per
un attimo sotto il tavolo e tirando su la busta che aveva portato
precedentemente.
I tre si avventarono immediatamente sul
dolce, anche Billie, che proprio due minuti prima aveva dichiarato di essere
pieno, e lo finirono in tempo record. Dopo, il moro sparì per un attimo, e
comparve con in mano una grossa bottiglia di spumante.
Mike e Trè lo squadrarono sorpresi: “E
quella dove l’hai trovata?” chiesero all’unisono, con gli occhi fuori dalle
orbite.
“Piccola sorpresa!” sorrise Billie,
aprendola e versando l’alcolico nei bicchieri degli amici “Propongo un
brindisi!”
“Al Natale più bello di tutti i
precedenti, e anche dei successivi!” esclamò Trè, brandendo il bicchiere e
alzandosi in piedi.
“Alla nostra millenaria amicizia!” urlò
Mike, forando i timpani degli altri due, rizzandosi anche lui.
“Ai Green Day, che non si scioglieranno
mai!” concluse Billie, facendo cin-cin con gli altri due e tracannando con
gusto il suo spumante.
Lo
schermo divenne improvvisamente nero, gettando di nuovo la stanza
nell’oscurità.
Trè
si girò verso Billie, cercando di riottenere la sua aria da fantasma
intransigente, perché durante tutta la proiezione aveva riso come un pazzo.
Il
moro aveva la testa bassa, e si studiava apparentemente molto interessato i piedi
nudi. Sembrava piuttosto imbarazzato, e anche un po’ commosso.
“Andiamo,
William Joseph Armstrong, devi tornare al tuo giaciglio, perché stanotte altri
verranno a farti visita” tuonò il fantasma, risvegliando il cantante dai suoi
pensieri. Era solo una sua impressione, o Billie aveva gli occhi un po’ lucidi?
Decise
di non approfondire la cosa, tanto ci avrebbero pensato gli altri due ad
incrementare il senso di colpa del moro, e si avviò fuori dal salotto e su per
le scale, con Billie che lo seguiva come in trance.
“Adesso
cerca di dormire, ne avrai bisogno…i miei successori non saranno altrettanto
gentili con te” aggiunse, quando ebbe riaccompagnato l’uomo nella sua stanza.
Fece un inchino affettato e si dileguò; scese le scale di corsa e incontrò Mike,
che lo afferrò per il collo e lo strinse in un virile abbraccio, dicendogli
sottovoce: “E bravo il mio piccolo Shakespeare!”
“Caro
Mike, quando avremo finito, io e te dovremmo fare un paio di discorsi…intanto,
Adie, ti conviene prepararti” fece Trè, rivolgendosi alla donna, che era appena
comparsa al fianco del biondo.
“Sarò
splendida, non temere” lo rassicurò Adrienne, sorridendo.
“Non
ne dubitiamo” concluse Mike, galante.
Intanto,
al piano superiore, il moro si coricò nuovamente, stanchissimo, e cadde in un
sonno profondo appena ebbe toccato il cuscino.
Fortunatamente
non si era accorto che accanto a lui la moglie non c’era più.
Casa
Armstrong, ore 2:40
“William
Joseph…destati, su…”
Una
voce bellissima, sottile e celestiale lo stava chiamando insistentemente da
qualche parte; aprì gli occhi lentamente e inquadrò, anche se un po’ a fatica
un bellissimo viso femminile.
“Adrienne…?”
mugugnò, stropicciandosi gli occhi e mettendosi a sedere.
“No,
William Joseph, non sono quella santa donna di tua moglie, sono lo spirito del
Natale presente, colei che ti porterà a vedere le reazioni del tuo sconsiderato
gesto” disse quella, allontanandosi un po’ dal letto per farsi vedere meglio.
In
effetti, Adrienne faceva proprio la sua figura, così conciata: sembrava anche lei
mortalmente pallida, grazie al cerone che anche Trè aveva precedentemente
usato, e indossava un lungo vestito di pizzo bianco, che aveva ricavato da una
sua vecchia camicia da notte. I capelli, che aveva lavato proprio la sera
prima, le scendevano delicatamente sulle spalle e si raccoglievano intorno al
viso, incorniciandolo.
“Sei
bellissima…” mormorò intontito Billie alzandosi in piedi lentamente.
“Normalmente
sarei ancora più bella, ma per un comune mortale non mi sono voluta sprecare
troppo” fu la risposta dello spirito, che gli diede le spalle e cominciò ad
avanzare verso la porta con passo leggero. Grazie al vestito particolarmente
lungo che le ondeggiava attorno alle caviglie, sembrava che fluttuasse a pochi
centimetri da terreno.
“Somigli
molto a mia moglie…” azzardò Billie, guardando circospetto quella figura.
Adrienne
neanche si girò e continuò a scendere i gradini: “Lo so…ma il mio predecessore
ti ha già detto per quale motivo, quindi vedi di non indugiare in constatazioni
inutili”
Anche
lei, come Trè, si stava divertendo enormemente nel ‘maltrattare’ il povero
Billie, anche se il senso di colpa albergava lo stesso nel suo cuore…Le
dispiaceva fare quella sceneggiata, ma in fondo era a fin di bene.
Attraversarono
insieme l’ingresso ancora immerso nel fumo (incrementato proprio qualche minuto
prima da Mike) e si diressero stavolta verso la cucina, dove si fermarono
proprio sulla soglia.
La
stanza era completamente immersa nel buio, Billie non riusciva a scorgere
assolutamente niente.
“Spirito,
ma…” cominciò a protestare il moro, ma fu zittito da un imperioso gesto della
mano bianca e delicata di Adrienne.
“Zitto,
William Joseph. Fai silenzio e osserva…”
Un
piccola luce bianca si accese improvvisamente, illuminando tre figure
distinguibili a fatica attraverso il fumo ma comunque molto familiari, sedute
ad un tavolo terribilmente somigliante al suo.
Jason aveva la testa appoggiata contro
le braccia posate sul tavolo, e le sue spalle si scuotevano, come se fosse in
preda ai singhiozzi. Accanto a lui, Trè batteva una mano contro la sua schiena,
mentre con l’altra mano si sosteneva il capo e osservava l’altra figura davanti
a lui, Mike, come al solito seduto scompostamente, che aveva lo sguardo fisso
su un punto davanti a lui.
“Come facciamo, adesso?” stava dicendo
Jason, con la voce che faceva chiaramente intendere il dolore che aveva dentro.
“Non lo sappiamo, Jason…senza di lui, i
Green Day non hanno ragione di esistere” rispose Trè, distogliendo lo sguardo
dall’amico.
In
realtà, Trè stava quasi morendo dal ridere; Jason, accanto a lui, stava ridendo
a crepapelle, ma riusciva a mascherarlo perfettamente con il finto pianto. Solo
Mike si manteneva serio, ma ormai si riuscivano a scorgere gli angoli della
bocca che tremavano vistosamente.
“Stanno
parlando di me?” chiese il moro, rivolgendosi alla sua accompagnatrice.
“Naturalmente,
mio car…ehm, mortale…” rispose Adie, correggendosi appena in tempo, prima di
fare una gaffe tremenda e che avrebbe compromesso tutto il piano.
Inarcò
un sopracciglio nel vedere che però gli altri tre non ci stavano mettendo
altrettanto impegno, visto che ormai Jason era partito con le risate, Trè
faceva di tutto per non andargli dietro e intanto si era girato per non farsi
vedere, e Mike non aveva più resistito e adesso sogghignava senza ritegno.
Si
schiarì discretamente la voce, con la speranza di riportarli alla realtà: i tre
si ricomposero immediatamente, anche se un po’ a fatica.
“Dobbiamo fare assolutamente qualcosa”
aggiunse il batterista, battendo un pugno sul tavolo.
“Io suggerirei di torturarlo” propose
cupo Mike.
Da sotto le braccia, Jason raddoppiò i
singhiozzi.
“Mike, per favore…” lo redarguì Trè, con
un occhiataccia.
“Ma sì…io sarei propenso per la ruota”
continuò imperterrito il biondo, ignorandolo del tutto.
“E perché non lo schiacciapollici?” fece
il batterista, mostrandosi d’un tratto interessato.
“A questo punto, strappiamogli le
unghie, e facciamola finita”
Trè
fece per controbattere, ma fu interrotto da un altro colpo di tosse, molto più
minaccioso del precedente. Erano andati decisamente fuori dal copione…Si
calarono subito nei loro consueti ruoli.
“Facciamo le persone serie” affermò
Mike, ignorando lo sbuffo incredulo di Trè “Dobbiamo prendere una decisione: o
ci sciogliamo, o ci troviamo un altro cantante”
“E’ impossibile trovare un altro
cantante come lui” sussurrò Jason, senza alzare la testa.
“Oh, guarda che ce ne sono eccome
migliori di lui…basta solo andarli a trovare” commentò noncurante il biondo “E
poi, dopo quello che ci ha fatto, se lo merita!”
Billie,
dalla sua postazione, ebbe un moto di stizza nel sentire le parole dell’amico.
“Ah,
è così, che la pensa?” fece, per un attimo lucido.
“Il
tuo compare ha la mente annebbiata dalla rabbia e dalla delusione, William
Joseph…Le sue parole sono vuote, senza significato…non vedi che sono
distrutti?” lo calmò Adrienne, assumendo un tono di voce il più cantilenante
possibile, per evitare che Billie uscisse da quello stato di torpore.
Sperò
vivamente che il marito non si accorgesse che quei tre, più che distrutti, si
stavano divertendo tremendamente.
“Hai
ragione, spirito…” rispose lui, prestando di nuovo la sua attenzione alla scena
che, durante il loro dialogo, si era inspiegabilmente fermata.
“In effetti, tutti i torti non li hai…”
si dichiarò d’accordo Trè, annuendo. “Ma non hai considerato i nostri fan…come
la prenderebbero, sapendo che non abbiamo più il nostro frontman?”
“Ci abbandonerebbero di sicuro”
sentenziò mesto il chitarrista.
“Sempre allegro, tu, eh?” bofonchiò
Mike, torvo.
“Ragazzi, voi non capite, io sono
disperato!” esclamò lui, alzando la testa di scatto e facendo prendere un
grandissimo spavento a Trè, che quasi cascò dalla sedia.
“Anche noi siamo dispiaciuti quanto te,
Jas” fece il batterista con voce seria, risistemandosi sulla sedia.
“E ancora di più, se possibile…lui era
il nostro più caro amico da una vita, come credi che ci sentiamo, nel sapere
che lui ha deciso di abbandonarci al nostro destino perché vuole provare delle
nuove esperienze?!?” strepitò Mike, infervorato; poi anche lui si accasciò sul
tavolo, sconfortato.
“Forse potremmo anche prendere in
considerazione l’idea di mollare tutto” sussurrò Trè, con fare pensieroso.
La frase del batterista sembrò aleggiare
nell’aria ancora un po’, mentre il silenzio si era fatto tangibile attorno a
loro. Tutti e tre dovevano far fronte alla mostruosità dell’idea.
“Forse sarebbe la cosa migliore” sospirò
stancamente Jason, guardando attentamente il biondo.
Mike guardò nel vuoto per qualche
istante, poi si decise ad esprimere la sua opinione: “Sì, sono d’accordo...”
fece, alzandosi dalla sedia e sgranchendosi le braccia. “Maledetto Billie,
proprio lui che aveva detto che i Green Day non si sarebbero mai sciolti!”
“Già…gli auguro l’impotenza a vita” fu
l’ultima parola di Trè, prima che luce si spengesse definitivamente.
Adrienne
sbuffò, sentendo quell’uscita finale di Trè che decisamente non era prevista
dal copione che tutti insieme avevano deciso: poi si decise ad allontanarsi
dalla porta della cucina, mentre Billie la osservava con un espressione triste
negli occhi verdi. Alla donna si strinse il cuore, nel vedere quelle iridi
solitamente allegre e piene di vita così malinconiche, ma dovette soffocare
l’impulso di andare ad abbracciarlo e consolarlo. Un bel po’ di senso di colpa
non poteva fargli che bene, forse stavano davvero riuscendo nel loro intento.
“Spirito…è
proprio tutto vero quello che mi hai mostrato?” chiese il moro, inclinando la
testa da una parte.
“Naturalmente,
mortale. Non potrei mai mostrarti qualcosa di non autentico” rispose lei, in
tono dolce.
“E
adesso cosa posso fare?”
“Non
sta a me deciderlo, William Joseph…ti ho solo portato a vedere in quale
situazione hai messo i tuoi amici con il tuo sconsiderato gesto…Un altro
spirito verrà dopo di me, e lui ti farà vedere tutte le conseguenze della tua
decisione” sussurrò il fantasma, cominciando ad allontanarsi lentamente.
“E
ora torna a dormire…” ordinò poi, con voce sempre più debole, rintanandosi
velocemente dietro una tenda, per dare l’impressione di essere svanita nel
nulla.
Billie
rimase a guardare sconcertato il punto dove fino a qualche secondo prima c’era
quel bellissimo spirito, poi, come un automa, si diresse verso la sua camera,
per la seconda volta in quella notte.
Il
senso di colpa lo attanagliava sempre di più, e a fargli compagnia era giunto
anche un mal di testa da record. Sospirò di sollievo quando finalmente si
accasciò sul letto; si distese sotto le coperte e cominciò a massaggiarsi le
tempie. Dopo qualche minuto cadde nel sonno, un sonno popolato da spiriti,
amici che brindavano intorno ad un tavolo e gli mandavano ogni tipo di
accidenti, e un se stesso molto più vecchio, solo, con una chitarra in mano e
l’aria mortalmente triste.
Casa Armstrong, ore 5:10
Mike
lisciò soddisfatto la stoffa del suo saio nero e si guardò nello specchio,
sistemando gli ultimi piccoli dettagli del travestimento.
“Bisogna
dire che però mi dona, non trovate?” gongolò in direzione di Adrienne e Trè,
che intanto si erano tolti i vestiti da fantasmi e il cerone e avevano
riacquistato una parvenza di normalità.
“Sembri
uno appena uscito da una cerimonia satanica” sentenziò il batterista,
osservando con occhio critico l’amico “si può sapere cosa ci facevi con un
affare del genere nell’armadio?”
“Mah,
sinceramente non lo so…è da secoli che è lì dentro…magari era del precedente
proprietario della casa: ho sempre pensato che fosse un tipo parecchio
sospetto” ipotizzò Mike, assumendo un’aria pensierosa.
“Comunque,
sicuramente incuti terrore” aggiunse Adrienne mentre l’amico si tirava su il
cappuccio e lo sistemava in maniera che gli adombrasse il viso.
Effettivamente,
nell’insieme non era una visione molto rassicurante: l’unica cosa che stonava
leggermente era la cintura che stringeva il saio, rossa, proveniente in realtà
dall’accappatoio di Mike.
“A
parte la cintura, chiaro” rincarò il batterista, trattenendo una risata.
“D’altra
parte era l’unica che avevo…e in qualche modo dovevo chiuderlo, questo
maledetto saio…mi sta grandissimo!” protestò il biondo, sollevando le braccia
per evidenziare il suo discorso. In effetti, le maniche larghe gli ricoprivano
tutte le mani.
“Non
è il caso che tu vada, Mike, invece di fare tutti questi discorsi?” chiese
Jason con voce assonnata, soffocando uno sbadiglio. “A proposito…non è che
intanto io potrei andarmene? Ho un certo sonno” aggiunse, alzandosi in piedi.
“Certo,
Jason…tanto se andrà tutto bene, domani ti arriverà un’inaspettata
telefonata da Billie, che si scuserà tantissimo per il suo errore e tornerà
strisciando nei Green Day” decretò Trè, abbracciando l’amico.
Anche
Mike e Adrienne lo salutarono, poi il biondo si decise finalmente ad andare a
svegliare il cantante, per portarlo a visitare la parte più bella del loro
piano…quella decisiva.
Billie
era ancora completamente nel mondo dei sogni, che a giudicare dall’espressione
non dovevano essere molto piacevoli: il bassista non riuscì a trattenere un
ghigno, nel pensare che dopo la sua visita, quei sogni sarebbero stati molto
probabilmente molto peggio. D’altronde, se lo meritava!
Con
la mano sollevò un piccolo gong comprato apposta per l’occasione: lo avvicinò
all’orecchio di Billie e batté con forza sul piatto, che produsse un rintocco
lugubre che risuonò in tutta la stanza.
Il
moro aprì gli occhi di scatto, terrorizzato: si rigirò violentemente nel letto
e cadde a terra con un tonfo sordo ai piedi del fantasma. Intontito, alzò lo
sguardo e vide una figura alta, completamente vestita di nero e con il capo
incappucciato: impaurito, si rannicchiò ai piedi del letto.
“Salve,
William Joseph” lo salutò il fantasma, sperando intensamente che dalla sua voce
non trasparisse tutto il suo divertimento.
“T-tu
s-s-sei… il fantasma dei Natali futuri?” balbettò Billie, osservandolo di
sottecchi.
“Esatto,
William Joseph…forse non sei tanto stolto come sembri!” constatò la figura, incrociando
le mani sul petto.
“Ehi…”
protestò leggermente ringalluzzito il moro, per poi ritirarsi impaurito nel
vedere che lo spirito gli si avvicinava con aria minacciosa.
“No,
forse la prima impressione che ho avuto su di te era quella giusta” scosse la
testa quello, raddrizzandosi e cominciando ad incamminarsi verso la porta
“Allora, vuoi muoverti, o hai intenzione di rimanere lì fermo come un baccalà?!
Ho altra gente da spaventare, io, non ci sei solo te al mondo!”
Billie
scattò in piedi come se fosse stato punto da un’ape e si affrettò a seguire
quell’ultimo fantasma, che decisamente cominciava a stargli molto più
antipatico dei precedenti. Oltre ad avere un aspetto quantomeno minaccioso, era
molto meno posato e gentile degli altri.
Come
di consueto, scesero le scale: al moro cominciava anche a venire un po’ a noia,
questa cosa…non potevano fargli guardare il passato, presente e futuro da
camera sua? Era tanto difficile?
Fecero
lo stesso percorso che gli aveva fatto compiere la prima presenza spiritica,
naturalmente sempre attraverso la cortina di fumo che gli impediva di vedere
qualsiasi cosa lo circondasse, a parte la schiena scura del fantasma.
Davanti
al cantante, Mike si faceva strada attraverso il fumo praticamente usando il
tatto: certo che di Trè proprio non ci si poteva fidare, come al suo solito
aveva esagerato e aveva dato fondo a tutte le loro scorte di fumogeni. Se
l’indomani mattina non ce ne fosse stata traccia, sarebbe stato un autentico
miracolo.
“Non
vedo nulla” si lamentò Billie. Il biondo represse l’istinto di girarsi e
affibbiargli un sonoro ceffone, e rispose, con voce minacciosa: “Mortale, il
viaggio per il futuro è molto arduo…è naturale che tu non veda nulla, visto che
sei un essere così infimo…Io ad esempio, ci vedo benissim…”
Non
fece neanche in tempo a finire la frase che prese l’angolo del mobile
dell’ingresso in pieno stomaco: emise un gemito strozzato e si piegò in due,
cercando di non farsi notare troppo.
“E’
successo qualcosa?” domandò perplesso il moro, che fortunatamente, grazie alla
spessa ‘nebbia’, non aveva visto nulla e aveva solo avvertito il lamento dello
spirito.
“La
tua crudeltà mi fa male al cuore, mortale…adesso che siamo molto vicini al tuo
futuro mi colpisce come un pugno nello stomaco”fece quello con voce flebile,
raddrizzandosi e guadagnandosi a fatica l’entrata della sala. “Eccoci, William
Joseph, siamo giunti al capolinea”
“Addirittura…?!”
cominciò Billie, lievemente spaventato, ma fu interrotto all’improvviso da
un’immagine apparsa sullo schermo.
Stranamente,
stavolta le figure risultavano nitide, chiare, e soprattutto la camera era
ferma, immobile e non barcollante.
“Come
mai nessun problema, stavolta?” chiese, perplesso, mentre sullo schermo si
vedeva un paesaggio alberato.
“Verso
quest’ora ci sono meno utenti e la linea è molto meno sovraccarica” spiegò
impassibile Mike, massaggiandosi lo stomaco senza farsi vedere. Ormai parlare
di visione passate e future come di connessioni era diventata un’abitudine.
“Ah”
fu l’unico commento del moro, che prestò nuovamente l’attenzione al suo futuro.
In realtà il viale alberato era un
cimitero, le tombe bianche risplendevano al sole, creando un’aura lievemente
più serena in tutta quella malinconia: il vialetto era cosparso di foglie
morte, gialle e arancioni, che scricchiolavano in maniera sinistra sotto le
scarpe di coloro che andavano a trovare i propri cari defunti.
Una figura apparve dalla stradina,
vestita completamente di pizzo nero: teneva la testa bassa e si asciugava gli
occhi con un fazzoletto bianco.
La telecamera la seguì tra le tombe; la
donna avanzava stancamente, come se fosse carica di un enorme peso. Si fermò
poco dopo, davanti ad una tomba ancora spoglia, segno che doveva essere stata
scavata da poco, e si inginocchiò, posandovi alla base alcuni fiori bianchi.
“Ma
quella è Adrienne!” esclamò stupito Billie, riconoscendo la chioma riccia della
moglie e poi il suo viso così dolce ed espressivo, che in quel momento sembrava
distrutto da dolore.
“Ebbene
sì, è proprio lei” commentò Mike, con il tono di un presentatore televisivo che
annuncia una persona famosa.
Si
stava godendo appieno lo spettacolo: il filmato, modestia a parte, era venuto
proprio bene, ed Adrienne era un’attrice nata: al contrario di lui, Trè e
Jason, non aveva dovuto rifare la sua parte per dieci volte, ma le era riuscita
perfettamente alla prima.
“Ma
cosa ci fa davanti a quella tomba?” chiese, sempre più sconvolto, il cantante,
senza distogliere lo sguardo dallo schermo.
“Mah,
non lo so…cosa credi che faccia?” fu l’ironica risposta.
Billie
si girò accigliato verso il fantasma, che per contro non lo degnava di uno
sguardo: “Non sei molto gentile, sai?”
“I
fantasmi come me non sono gentili…è il nostro mestiere. Prenditela con il mio
capo”
Intanto, alle spalle di Adrienne, erano
comparse altre tre persone: Mike, Trè e Jason , che si strinsero intorno a lei.
Il batterista le posò una mano sulla spalla, mentre lei scoppiava in
singhiozzi.
“E’ tutta colpa mia…è tutta colpa mia…”
ripeteva lei, come in una cantilena.
Mike le si inginocchiò accanto e le
prese le mani, costringendola a guardarlo negli occhi azzurri: “Andiamo,
Adie…non devi incolparti per quello che è successo: non c’entri proprio nulla”
“Mike ha ragione…non è per causa tua che
Billie è morto”aggiunse Jason, accarezzandole delicatamente i capelli.
“Come?!?
Sono morto?!? Quando?! Dove?! E perché?!?” urlò Billie, toccandosi il corpo,
per accertarsi di essere ancora vivo: quando ne fu certo, si esibì in un gesto
scaramantico piuttosto spinto.
“Pazienza,
mortale…pazienza…scoprirai ogni cosa a suo tempo” pronunciò serafico Mike,
sorridendo tra sé e sé. Erano stati proprio bravi.
“Ma avrei potuto convincerlo a non
lasciare il gruppo…se l’avessi fatto, tutto questo non sarebbe successo, quel
maledetto fan non lo avrebbe ucciso!” continuò la donna, senza riuscire a
frenare i singulti che le scuotevano tutto il corpo.
“Non avresti mai potuto convincerlo,
Adie…lui aveva una gran testa dura” soggiunse il batterista, sospirando “Ormai
la sua decisione l’aveva presa…una decisione sbagliata, che alla fine l’ha
portato alla morte”
“E poi, cara, come potevi immaginare
che, dopo due ore dall’ufficiale scioglimento dei Green Day, un pazzo armato di
pistola avrebbe ucciso il nostro Billie…” rincarò la dose il biondo,
abbracciando l’amica.
“E dire che sembrava anche una persona a
posto, quello…una volta gli avevo firmato un autografo” esclamò Jason,
pensieroso.
“I matti sono sempre quelli più
insospettabili, come i ladri, del resto” fece sibillino Trè.
Rimasero per un attimo tutti e quattro
in silenzio, ognuno immerso nei propri cupi pensieri. Poi Trè si alzò e aiutò
Adrienne a fare altrettanto, e così fecero gli altri due. La donna indugiò un
attimo con lo sguardo sulla tomba, poi, si girò e si incamminò lentamente verso
l’uscita, lasciando i tre compari riuniti attorno all’amico defunto.
“Ti vogliamo ancora bene, Billie,
nonostante quello che ci hai fatto” disse tristemente Mike, prima di
incamminarsi seguito dagli altri due.
Sullo schermo rimase solo un primissimo
piano della tomba: la sua immagine sorridente lo salutava con un sorriso, e
sotto vi erano incise:
“Billie Joe Armstrong, 17/02/1972 –
17/02/2007”
Nella
stanza si fece di nuovo tutto buio, il silenzio regnava sovrano.
“Ma…come…com’è
possibile che…che mi sia successo questo?”
Billie
era letteralmente sconcertato, aveva lasciato ricadere le braccia lungo i
fianchi e fissava lo schermo scuro con espressione vuota.
“Questo
è ciò che ti accadrà se la tua decisione non cambierà” esclamò cupo Mike,
segretamente soddisfatto di aver fatto anche la rima. “Ma il futuro si può
sempre cambiare, William Joseph…tutto questo non succederà, se ritratterai la
tua scelta”
O
almeno così sperava…avevano fatto un ottimo lavoro con quel video, ma pensava
ancora che avessero un po’ esagerato…non è che gli avrebbero portato un po’ di
sfortuna, così? Scacciò quei pensieri dalla sua mente e si concentrò su Billie,
che sembrava sul punto di scoppiare in lacrime.
“Ma
come posso fare per rimediare?” chiese sconvolto, passandosi convulsamente le
mani sul viso.
“Questo
devi deciderlo tu, mortale” lo liquidò Mike, guardandolo con occhio critico. A
meno che non si stesse sbagliando di grosso, il cantante stava riacquistando
rapidamente tutta la lucidità: e questo non
doveva assolutamente accadere.
Preso
da uno strano impulso, afferrò il soprammobile di ceramica posato sul tavolino
lì vicino e, di soppiatto, sferrò un formidabile colpo alla nuca di Billie, che
sbarrò gli occhi in un’espressione piena di dolore e stupore, per poi
accasciarsi a terra senza emettere neanche un suono.
Il
biondo posò l’oggetto incriminato dove l’aveva trovato e si preoccupò di
raccogliere Billie: mentre lo tirava su un po’ a fatica, non potè nascondere a
se stesso che quel gesto lo aveva riempito di maligna soddisfazione.
“Mike!
Che cosa hai fatto?!” sibilò una voce minacciosa alle sue spalle, facendogli
prendere un mezzo infarto.
“Nulla,
Adie cara…l’ho semplicemente mandato a nanna prima del previsto” si giustificò
lui con un sorrisone.
Casa
Armstrong, giorno di Natale, ore 11:30
Billie
si svegliò quella mattina, con un leggero mal di testa che faceva da sottofondo
nella sua mente. Non sapeva bene a cosa attribuire il perché di quel dolore,
forse aveva bevuto troppo la sera prima, o più semplicemente, come pareva
suggerirgli il bozzo sulla nuca, doveva aver sbattuto contro la testata del
letto la notte stessa. Non che avesse dormito molto, almeno da quello che
poteva ricordare: i suoi sonni erano stati turbati dai tre fantasmi del
passato, del presente e del futuro, tutti stranamente
somiglianti alle persone a cui teneva di più. Non riusciva a definire se
ciò che aveva visto fosse reale e quindi se si fosse spostato dalla sua camera
e se, invece, fosse stato tutto un sogno, un brutto sogno che, come tutti i sogni, sembrava dannatamente reale. Quel
che era certo è che dentro di lui era nato un forte senso di rimorso per quello
che aveva fatto verso i suoi amici di sempre, i suoi amici di una vita. Quei
tre fantasmi gli avevano aperto gli occhi, facendogli capire quanto fosse stato
vile, quanto egoista, quanto insensibile. Infondo, cosa sarebbe stato lui senza
Mike, Trè e Jason? Come poteva anche solo aver minimamente pensato di
abbandonare le persone con cui aveva iniziato a suonare, con cui aveva
condiviso tutto, le sue passioni, i suoi dolori, le sue gioie. Come poteva
lasciare quelli che l’avevano aiutato a raggiungere il successo e la popolarità
che aveva ottenuto? Come poteva essere così ingrato? Questo non lo sapeva e non
riusciva a spiegarselo, ma nemmeno gli interessava trovare una risposta. Ciò
che voleva era soltanto scendere al piano terra di corsa, raccontare tutto ad
Adrienne e chiamare i componenti dei Green Day, per scusarsi ed assumersi
l’intera colpa.
In
un battibaleno scese le scale, rischiando quasi di inciampare per la fretta, e
si diresse verso la cucina, trovandovi Adrienne, che finiva di preparare per il
grande pranzo Natalizio, a cui avrebbero partecipato tutti i loro parenti.
Salutò i figli (che ne frattempo erano stati ricondotti a casa), chiedendo loro
se fossero stati bene dalla nonna; Jakob e Joseph, ragazzi svegli e istruiti in
precedenza dalla madre, si limitarono ad assentire con la testa. Il moro salutò
la moglie con un bacio e volò subito al telefono, chiamando i suoi tre amici e
intimandoli di venire il più presto possibile. C’era una sorta di astio nella
loro voce, ma era un buon segno che avessero acconsentito. Almeno, così pensò
Billie. Nell’arco di mezz’ora arrivarono tutti e tre, mostrando una faccia
piuttosto scocciata ed alquanto irata. Questo faceva ancora parte del piano, ma
Billie non lo sapeva.
Si
limitarono ad un ‘ciao’ piuttosto freddo, che non fece presagire a Billie
niente di buono. Il moro li invitò ad entrare e tutti furono piuttosto sorpresi
nel constatare che nella casa non rimaneva alcuna traccia dei fumogeni usati la
sera precedente: tutto sembrava perfettamente al suo posto, tutto era in
ordine, perfino troppo in ordine. Quando
Adrienne passò, i tre la guardarono sorridenti e con uno sguardo si
complimentarono con lei per essere riuscita a cancellare i segni dello
sceneggiato messo in atto durante la notte. La donna fece finta di niente,
continuando a occuparsi delle faccende domestiche. Mike, Trè, Jason e Billie
andarono a sedersi in salotto e, dopo un silenzio decisamente imbarazzante, il
moro si decise a cominciare: “Certamente vi starete chiedendo il perché del
nostro ritrovo e il motivo della mia insistenza, soprattutto nel giorno di
Natale”.
I
tre non risposero, nonostante conoscessero alla perfezione la ragione di quella
visita.
“Bene”
proseguì lui “volevo scusarmi con voi, scusandomi per essere stato senza cuore,
per non aver pensato che andandomene dal gruppo avrei potuto distruggere i
vostri sentimenti, nonché la vostra carriera, scusarmi perché ho anteposto la
mia felicità ad un’amicizia che dura praticamente da una vita, scusarmi per il
mio comportamento in generale, perché non so cosa mi sia preso quando ho
formulato l’idea di separarmi da voi”. Il discorso era stato pronunciato tutto
d’un fiato, visto che per un tipo orgoglioso come Billie era difficile
ammettere d’aver torto, tuttavia non potè far a meno di commuovere i tre amici,
che però non lo diedero a vedere. La
voglia di abbracciarlo era tanta, ma altrettanto grande era la voglia di farlo
soffrire per un altro po’.
“Oh,
te ne sei accorto” ironizzò Trè.
“Vedo
che la notte ti ha portato consiglio” aggiunse perfido Mike.
“Potete
dirlo forte, ragazzi!” esclamò Billie, non riscontrando traccia d’ostilità da
parte dei compagni.
“E…se
possiamo chiedere…cosa ti ha fatto cambiare decisione?” continuò maligno Jason,
che si sarebbe ricordato per sempre quello che avevano fatto.
“Molto
probabilmente se ve lo dicessi non ci crederete…” rispose Billie “Sapeste che
sogni ho fatto!”
“Eh,
sapessimo…” ribatterono tutti all’unisono.
“E
comunque mi hanno fatto prendere coscienza del fatto che avrei sbagliato a
lasciarvi” terminò il moro.
Rimasero
zitti.
“Allora,
mi perdonate?” domandò titubante alla fine, sperando in un sì.
Non
ci fu bisogno di parole, bastò un’occhiata che subito il cantante capì di
essere stato perdonato. Si sentiva sollevato, decisamente, perché non sapeva
come avrebbe potuto fare senza di loro.
Corsero
tutti l’uno verso l’altro, si abbracciarono; arrivò anche Adrienne, che propose
un brindisi, accettato di buon grado.
Presi
bicchieri e champagne, Mike esclamò, strizzando l’occhio a Trè: “Alla nostra
millenaria amicizia!”
Billie
colse al volo l’occasione per concludere, ripetendo la frase che aveva
pronunciato tanti anni prima: “Ai Green Day, che non si scioglieranno mai…e
questa volta sul serio”.
Oh,
my love, we’ve had our share of tears
Amore mio, ci sono toccate lacrime
Oh, my friends, we’ve had Amico mio, abbiamo avuto
our hopes and fears
speranze e paure
Oh,
my friends, it’s been a long hard year Amici
miei, è stato un anno lungo e duro
But
now it’s Christmas
Ma ora è Natale
Yes,
it’s Christmas
Sì,
è Natale
Thank
God it’s Christmas
Grazie a Dio è Natale
The moon and stars seem awful La luna e le stelle sembrano dannatamente
cold and bright
fredde e brillanti
Let’s
hope the snow will make Speriamo
che la neve renda questo
this
Christmas right
un vero Natale
My
friends, the world will share Amici
miei, il mondo condividerà
this
special night
questa
notte speciale
Because
it’s Christmas
Perchè è Natale
Yes,
it’s Christmas
Sì,
è Natale
Thank
God, it’s Christmas
Grazie a Dio è Natale
For
one night
per una notte
Thank
God, it’s Christmas
Grazie a Dio è
Natale
Thank
God, it’s Christmas
Grazie a Dio è Natale
Thank
God, it’s Christmas
Grazie
a Dio è Natale
Can
it be Christmas? Può
essere Natale?
Let
it be Christmas Fate
che sia Natale
Ev’ry day
Ogni giorno
Oh, my love we’ve lived in trouble days Amore
mio, abbiamo passato giorni difficili
Oh,
my friends, we had the strangest ways Amici
miei, ci comportiamo stranamente
All
my friends, on this one day of days
Tutti miei amici, in questo giorno dei giorni
Thank
God, it’s Christmas
Grazie a Dio è Natale
Yes,
it’s Christmas
Sì, è Natale
Thank
God, it’s Christmas Grazie
a Dio è Natale
For
one day
Per un giorno
Thank
God, it’s Christmas
Grazie a Dio è Natale
Yes,
it’s Christmas
Sì, è Natale
Thank
God, it’s Christmas
Grazie a Dio è Natale
For
one day
Per
un giorno
A very Merry Christmas to you
all Un
felice natale a voi tutti
(“Thank
God It’s Christmas” ,Greatest Hits III, by Queen)
Ps:
cominciamo con l’augurarvi buon Natale (nonostante l’ora tarda) ed un
felicissimo anno nuovo! Siccome era da tanto che non postavamo più in questa
sezione di EFP, causa i vari impegni tipo scuola, amici, sport e roba varia,
abbiamo pensato appunto di scrivere per la prima volta una storia su questa
grande festività dell’anno, forse una delle festività più sentite dagli
italiani! Ci teniamo a precisare che, effettivamente la storia è un po’ troppo
campata in aria, primo perché Billie non è (almeno lo speriamo) e non sarà mai
così scemo da cadere in un simile tranello, secondo perché sempre il nostro
adorato cantante non lascerà mai (anche questo lo speriamo) i Green Day…per
ora, per lo meno, i presupposti non ci sono!! Non che,
a dire la verità, sappiamo molto delle loro vite private, purtroppo…ma che ci
vuoi fare? C’est la vie!
Tornando
a noi, vogliamo anche scusarci con il povero Charles Dickens, per aver
stravolto la sua opera in soli due pomeriggi e per aver comunque, attinto dal
suo grande genio…
Altra
cosa importantissima: abbiamo intenzione di ringraziare tutti coloro che hanno
commentato le nostre one shot…ed
ecco qui i nomi, disposti in ordine cronologico, come al solito…
-Was
it all worth it?-
- Chioccetta
- Lily
- Silvia
- Ale
- Lady Numb
- Wamba
- MadHat
- Cry
- Lorelai
- Ley
- Lunitari
-See
What a Fool I’ve Been-
- Strega 91
- Ley
- SammyA
- Lily
- Lady Numb
- Silvia
- Billiethebest
- Rebelgirl
- Lunitari
E’
inutile ripetere che senza di voi saremmo perse e la nostra fervida
immaginazione non riuscirebbe a produrre niente di decente…sempre che le nostre
storie non siano già un qualcosa di abominevole! Veramente, un GRAZIE va a
tutte voi, che ci supportate, che ci fate capire cosa sbagliamo, cosa facciamo
bene, ciò che dobbiamo migliorare e ciò che invece può già andare bene…thanks infinite, non smetteremo mai di dirvelo…vanno anche
ringraziati i Queen, che come loro solito, ci hanno
fornito la splendida canzone di chiusura, che sta da ciliegina sulla torta! Poi
vogliamo scusarci nei vostri confronti per la lunghezza della fanfic…è
spropositatamente lunga rispetto alle nostre medie, ma speriamo che non vi
dispiace ugualmente e che non vi annoi…del resto, è stata scritta con l’intento
di far sorridere le persone, quindi, speriamo di esserci riuscite! E come
conclusione, puntualizziamo che questa one-shot è
dedicata a Lady Numb, per augurarle un caloroso ritorno nella sua patria
Natale…
Ancora
tantissimi auguri a tutti, vi adoriamo!! Ciao, kisses and
hugs by Rhye and Embrido!