Anime & Manga > Detective Conan
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Autore: Umiko_chan    08/06/2012    10 recensioni
Non sempre dire la verità è la cosa giusta da fare, e Conan lo sa bene. Da quando è tornato bambino è costretto a mentire a tutto e a tutti. Soprattutto a Ran. Ma la disperazione lo porterà a una decisione che sconvolgerà la sua vita.
Genere: Azione, Romantico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1. TEARS IN THE WIND – LACRIME NEL VENTO

 

Versò nell’ampia tazza i cereali e li innaffiò col latte candido e fresco. Si passò una mano sulla fronte per asciugare il sudore. Faceva davvero caldo da qualche giorno a quella parte, anche se l’estate era ancora lontana. Si lasciò cadere sulla poltrona nello studio di suo padre e iniziò lentamente a mangiare. Il suo sguardo cadde sulla distesa di palazzi che si estendeva fuori dall’ampia finestra. Un pallido sole primaverile faceva capolino all’orizzonte, lanciando ombre di luce su una Tokyo ancora addormentata. Non era la prima volta che riusciva ad alzarsi abbastanza presto da riuscire ad ammirare l’alba. Ma quella era la prima volta che lo faceva senza Shinichi. Le affiorò alla mente il ricordo di loro in un passato che sembrava lontanissimo: erano appena alle elementari quando, ogni mattina a quella parte, Shinichi si presentava sotto la sua finestra, si arrampicava fino al balcone e la svegliava delicatamente, per guardare insieme il sole che sorgeva. Finché non se n’era andato. Aveva conservato quei ricordi come gioielli preziosi e, se chiudeva gli occhi, riusciva a vedere il sorriso spavaldo sul volto di Shinichi mentre si arrampicava fino a camera sua, il suo sguardo entusiasta mentre le raccontava dell’ultimo prodigioso goal che aveva segnato, i suoi splendidi occhi azzurri che brillavano quando parlava di suo padre o la strana tonalità di rosso che colorava le sue guance quando veniva sorpreso a fissarla con aria trasognata. Solo a questo poteva affidarsi: a immagini impresse nella sua memoria, che, per quanto vivide, non riuscivano a tirarle su il morale. Shinichi se n’era andato chissà dove, e adesso, a consolarla c’era solo quel tenero bambino dai grandi occhiali, che tanto le ricordava lo Shinichi dei suoi ricordi.

Non era in grado di descrivere il suo gesto. Ingiusto? Meschino? Fatto stava che non poteva trattenersi, per quanto ingiusto o meschino fosse. Aprì una palpebra, scoprendo l’iride azzurra per sbirciare la ragazza che, seduta sulla poltrona del padre faceva lentamente colazione, lo sguardo perso chissà dove fuori dall’enorme finestra. La ragazza che, in quel momento, era scossa dai singhiozzi. La ragazza che molto probabilmente stava pensando a lui e che lo amava con tutto il suo cuore, nonostante lui continuasse a spezzarle il cuore. E anche lui, nonostante continuasse a ferirla, l’amava come non aveva mai amato nessun altro. E gli faceva male vederla ridotta in quello stato.
I singhiozzi si erano trasformati, lacrima dopo lacrima, in un pianto silenzioso. Mai come in quel momento era stato così tentato di alzarsi da quello stupido divano e urlare, finché non si fosse liberato di ogni traccia di quell’opprimente senso di colpa, per poi dirle la verità, tutta la verità.
Sgusciò fuori dalla stanza senza farsi notare, infilò le scarpe con un gesto meccanico e corse fuori, inforcando la sua bici, parcheggiata lì fuori. Iniziò a pedalare, prima piano poi con impeto crescente. Attraversò il quartiere di Beika, iniziando a rallentare solo in prossimità di un fiumiciattolo che scorreva lì nei paraggi. Il rumore dell’acqua lo calmò. Lasciò andare il manubrio – che fino a quel momento aveva stretto vigorosamente, tanto da far sbiancare le nocche – e lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, esausto. Imboccò un vicolo stretto e spopolato. Si concentrò sul suo respiro per tentare di calmarsi e frenare le lacrime che lottavano per uscire. Invano. Piccole gocce salate gli solcarono il viso, macchiando la maglietta chiara su cui cadevano. Sentiva il vento che gli scompigliava i capelli color cioccolato e gli gonfiava i vestiti umidi.
Il sole appena sorto venne presto coperto da un banco di nubi scure e inquietanti, sorprendendo il piccolo Conan con una pioggia leggera. Non si fermò, continuò a pedalare finché la sua rabbia non sbollì. Poi, con un malinconico sorriso, girò la bici e pedalò piano verso l’agenzia investigativa.

Come aveva fatto a non accorgersi che Conan era uscito? Era tanto immersa nei suoi pensieri che non ci aveva fatto caso. Ma dove poteva essere andato, così presto, di domenica, con quell’acquazzone? Riusciva sempre a sparire e a farla preoccupare. Passò lo sguardo sui palazzi, in cerca della sua piccola sagoma. Teneva i gomiti nudi appoggiati sul freddo davanzale; dalla finestra aperta venivano raffiche di vento fresco che la facevano rabbrividire, ma non per il freddo. Era estremamente agitata al pensiero di Conan, lì fuori, da solo, con la pioggia che non accennava a diminuire d’intensità.
Sbam. Si voltò di scatto allo sbattere della porta d’ingresso. Passi leggeri volarono sulle scale e il piccolo fece il suo ingresso nella stanza, bagnato e infreddolito. Ma quello che più la colpì fu la sua espressione. Era terribilmente triste, afflitto da un dolore che sembrava troppo grande per quel gracile corpicino. I suoi occhi erano una maschera di tristezza.
Ran uscì dallo studio a grandi passi, per rientrarvi con in mano un morbido asciugamano. S’inginocchio per guardarlo meglio negli occhi e asciugargli i capelli fradici.
«Conan? Cos’è successo?» chiese, preoccupata.
«Basta,» mormorò lui, tanto debolmente che Ran non era del tutto sicura di aver capito bene. «Non voglio più sentire quel nome.»
«Che stai dicendo?» chiese confusa. «Cos’è questa storia?»
Il piccolo abbassò lo sguardo per qualche secondo. Quando alzò di nuovo la testa la sua espressione era cambiata: nei suoi occhi si alternavano risolutezza e paura. Sembrava così adulto in quel momento…
«Devo confessarti una cosa,» disse infine, puntando le iridi azzurre in quelle di lei. «E non so se è la cosa giusta da fare.»

 

 

E così inizia questo nuovo progetto. Almeno adesso ho qualcosa da fare durante le vacanze estive! Tornando a noi, vi è piaciuto il capitolo? Spero vivamente di sì, ma il mio è un parere di parte. Fatemi sapere cosa ne pensate, okay? Al prossimo capitolo!

   
 
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