Stanotte ho
sognato una cosa stranissima:
mio
fratello che, in preda al sonnambulismo, mi pugnalava.
…
sei sicura di stare bene?
Non sono
pazza!
Forse
era meglio che sognavi i Thadastian.
Aspetta. Ho
appena avuto un flash di Thad sonnambulo… senza pugnali
però…
~
Sleepwalking
Di
solito, non sono un tipo che dorme molto. La sera, di ritorno dalla mia
consueta battuta di caccia allo Scandals, sono ancora
abbastanza sveglio, data l’enorme quantità di adrenalina di cui il mio corpo è
costantemente fornito. Quello che faccio, per mettere a riposo sia la mente che
il fisico, è una bella doccia – è utile soprattutto per rilassare i muscoli – e
con estrema calma, mi preparo per quelle quattro o cinque ore di sonno, a cui
sono abituato ormai da tempo immemore. Sì, il mio ego non mi permette di
starmene buono più del dovuto ma, allo stesso tempo, se mi si priva di quel
breve istante di quiete, il dolce e posato Smythe si
trasforma nell’incredibile Hulk… E questo il mio
coinquilino lo sa perfettamente. Rarissime volte ha provato a disturbare il mio
sonno, il più per rompermi le uova nel paniere, e con l’andare del tempo ha
imparato che Sebastian Smythe va lasciato poltrire
fino a che non è completamente carico e pronto per contrattaccare. Qualsiasi
reazione del sottoscritto, successiva ad un risveglio indesiderato, equivale a
morte certa per il colpevole di tale affronto. Quindi, in sostanza, in camera,
alle quattro del mattino, non dovrebbe volare una mosca. È per questo che non
mi spiego cosa cazzo sia questo rumore infernale di ferraglia. C’è per caso un
terremoto, oppure semplicemente quel deficiente di Harwood
ha deciso di anticipare le pulizie di primavera?
Sollevo
le palpebre a fatica, ma le richiudo quasi subito. La luce del bagno è accesa e,
anche se flebile, mi acceca quasi come un faro. Maledico quel nanerottolo,
perché di sicuro, a causa sua, ho un aspetto terribile. Stavo facendo anche un
bel sogno, per quanto mi ricordo. Come osa fare tutto questo baccano?!
Mi
metto a sedere, ancora con gli occhi serrati, e cerco di svegliarmi abbastanza
da permettere alle mie gambe di reggermi e di raggiungerlo per potergliene dire
quattro. Intanto il rumore continua e non capisco se stia prelevando il water
dal pavimento o cosa. Finalmente il mio corpo decide di collaborare. Mi alzo,
barcollo per un attimo e poi finalmente riesco a visualizzare il letto disfatto
di Harwood davanti a me. Faccio qualche passo e,
giunto alla soglia del bagno, mi aggrappo letteralmente allo stipite della
porta, per evitare di crollare a terra sfinito.
‹‹Harwood, che diamine stai-?››
Neanche
il tempo di biascicare quella frase, in un tono pateticamente assonnato, che il
rumore termina. Inquadro Harwood: è in piedi davanti
alla cassetta medicinale, avvolto dal suo vomitevole, ma inspiegabilmente sexy,
pigiama azzurro… e per un momento, questo piccolo particolare sembra distrarmi,
se non che poi apre bocca e trovo che la sua risposta sia veramente troppo
semplicistica per risultare reale.
‹‹Ho
sete››
Okay,
diciamo che l’Harwood che conosco io mi avrebbe
invitato molto poco elegantemente a farmi gli affari miei, ma non mi soffermo
più di tanto su quel pensiero. C’è qualcosa che proprio non quadra. La cassetta
medicinale aperta, per esempio, o la bottiglietta bianca che si sta portando
alle labbra.
Bottiglietta
bianca…
A
quel punto, mi sveglio completamente e mi scapicollo su di lui alla velocità
della luce, strappandogli il flacone di acqua ossigenata dalle mani.
‹‹Ti
ha dato di volta il cervello?!›› grido istericamente, mentre lui assume un cipiglio
infastidito, seppure il suo sguardo sia stranamente vuoto e inespressivo,
‹‹Posso capire che non sopporti il fatto che io non ti sbavi dietro, ma queste cose alla Romeo e Giulietta non
attaccano, Harwood! Io non pongo fine alla mia vita
insieme a te, chiaro?››.
La
sua espressione si fa interrogativa e replica, a mo’ di disco rotto: ‹‹Ma io ho
sete!››.
Decisamente
c’è qualcosa che non va.
‹‹Vado
a comprare l’acqua››.
Harwood mi risponde così, poi
porta le braccia davanti a sé, inizia a camminare e per poco non inciampa nel
tappeto, ma io lo afferro in tempo, tirandolo per il colletto del pigiama,
mentre la verità si fa strada dentro di me.
‹‹Cazzo,
non sarai mica sonnambulo?››
Rimugino
su questa cosa per qualche secondo e, dopo aver fatto due rapidi conti, dico
addio al mio buon umore. Harwood cammina e parla nel
sonno ed io ho dormito sì e no un paio d’ore. Perfetto, starò scazzato per
tutta la giornata. Sbuffo sonoramente e, quando ritorno alla realtà, il nano da
giardino è scomparso dalla mia vista.
Che
cavolo!
Esco
dal bagno di corsa ed eccolo lì che abbassa la maniglia della porta della
nostra camera, per andare a comprare dell’acqua in un bar evidentemente chiuso. Perché il piccolo genio mica sa che i
commessi stanno dormendo, esattamente come qualsiasi essere vivente razionale e
con un minimo di senno dovrebbe fare? Eh, no, lui è sonnambulo. Cosa può farci?
Mi
precipito alla porta e, spalmandomi completamente su di essa, la richiudo con
un colpo secco.
‹‹Fermo
dove sei!››
Indiscutibilmente,
un Thad Harwood sonnambulo,
in giro per la Dalton alle quattro del mattino, non è proprio innocuo, anzi,
direi che è un pericolo pubblico. Lo è da sveglio, figuriamoci da dormiente.
Oltretutto voglio caldamente evitare che quegli idioti, tutti zucchero filato e
caramello, di Sterling e Duvall mi vengano a castrare per aver lasciato che il
loro amico del cuore si suicidasse o, in alternativa, saccheggiasse un
distributore di bibite. Quindi, meglio spremere le meningi onde evitare che Puffetta faccia stronzate.
Il
bello addormentato – bello? Ma figuriamoci… – cerca di riprendere possesso
della maniglia della porta, ma l’unica cosa che trova davanti a sé è il mio
petto e, come il demente, inizia a tastarlo. Ha la fronte aggrottata adesso ed
avrei voglia di ridergli in faccia, ma la situazione è critica e il mio
cervello non è molto pratico di queste cose e soprattutto non è lucido, a causa
dell’orario. Se non mi muovo a fermare questo pazzo, ho paura che butterà giù
la porta. Sì, butterà giù la porta e me insieme ad essa.
D’accordo,
non sarò bravo a trattare coi sonnambuli, ma sono sicuro che i sonnambuli sono
più che felici di trattare con me. E almeno in questo sono bravo.
Mi
sporgo in avanti e, senza pensarci due volte, poso le mie labbra sulle sue,
convinto del fatto che se c’è una cosa che potrebbe riuscire a farlo rinsavire,
quella è sicuramente un bacio del
meraviglioso e carismatico Smythe. Peccato che,
primo, lui non sembra volersi svegliare, secondo, sono io a smarrirmi… Cazzo,
ma nessuno mi aveva detto che la bocca di Harwood era
così morbida, dolce e…
Che
dolore! E ora perché mi ha schiaffeggiato?!
‹‹Un
maniaco!››
Ah,
ecco perché. Adesso mi crede un maniaco.
Arretra
di qualche passo ed io sospiro affranto. Questa farsa sta durando fin troppo e
sono quasi tentato dallo svegliarlo con estrema brutalità – diamine, mi ha
fatto male, se lo merita! – però non posso. Si sa che svegliare un sonnambulo è
pericoloso. E no, non ho compassione per lo gnometto!
Semplicemente Sterling e Duvall mi faranno un culo enorme, se scopriranno che è
colpa mia… Se! Per un attimo, un
pensiero abbastanza malvagio mi attraversa la mente, ma decido quasi subito di
accantonare l’idea di colpirlo a sprangate e poi occultarne il corpo… Io ve
l’avevo detto. Mai disturbare il mio sonno.
E
comunque ha un visino troppo tenero e impaurito, in questo momento, e ciò mi
impedisce di cedere alla tentazione di compiere un tale scempio. Però sono
quasi sicuro che anche da sveglio mi avrebbe dato del maniaco. Sogghigno
leggermente al pensiero, poi torno serio, mi avvicino a lui con cautela – non
voglio che mi rompa il setto nasale stavolta – e inizio a parlargli con estrema
calma.
‹‹Harwood, sono Sebastian››.
Rilassa
le spalle, rimaste rigide per la paura, e il petto smette di andare su e giù al
ritmo del suo respiro… fortunatamente, dato che mi ero incantato a fissarlo.
‹‹Ti
va di rimetterci a letto?›› gli chiedo molto lentamente, come se stessi
parlando con uno che non capisce la mia lingua, il che è abbastanza stupido da
parte mia, ‹‹Per dormire… com’è giusto che sia›› preciso. Meglio non lasciare
campo libero ai doppi sensi.
Per
tutta risposta, Harwood si accosta alla sedia vicino
alla scrivania, sulla quale è accuratamente poggiato il mio blazer, lo afferra e poi se lo infila alla rovescia, da sopra
al pigiama.
‹‹Ma
è tardi›› mugugna nel sonno ed io non posso fare a meno di passarmi stancamente
una mano sugli occhi.
Che
cosa diavolo ho fatto di male per meritarmi questo?
‹‹Harwood…›› gli dico, mentre il mio cervello lavora
ininterrottamente in cerca di una qualche soluzione, ‹‹Oggi è sabato, non c’è
lezione›› butto lì.
Lui
boccheggia un paio di volte ed è… dannatamente
adorabile con quel faccino stupito.
La
mancanza di sonno mi gioca brutti scherzi, temo. Non posso averlo appena
definito adorabile. Mi viene da vomitare solo a pensarci!
Per
mia fortuna – o meglio sfortuna – baby Birba non mi dà il tempo di meditarci.
Si siede alla scrivania, con tutto il blazer alla rovescia indosso, e apre il
mio quaderno di letteratura.
‹‹Che
cavolo stai facendo adesso?›› esclamo nervosamente, accostandomi a lui.
‹‹Compiti››
risponde, impugnando una penna.
Ma
magari mi stesse facendo quella maledetta relazione sul futurismo! Compiango il
mio amato quaderno, oltraggiato da scarabocchi che non hanno né capo né coda.
Non sarà mica il linguaggio Na’vi, questo?
Bando
all’ironia, Sebastian, devi fermare questo squinternato, prima che sia troppo
tardi.
‹‹Li
farai un altro giorno i compiti… Perché… Perché non usciamo?››
Almeno,
se uscirà insieme a me, potrò tenerlo d’occhio, penso… basta che molla il mio
blazer e il mio quaderno!
La
penna gli cade di mano e rotola sulla superficie in legno del tavolo. Mi fissa
inespressivo e mi sale l’ansia, perché non so cosa aspettarmi, e invece…
‹‹No,
ora sono stanco. Buonanotte››.
Dice
così e poi si accascia sulla scrivania, con le braccia incrociate a fargli da
cuscino.
Sono
basito. Resto immobile a guardarlo senza sapere che cazzo fare. Anzi, sì, so
cosa fare… svegliarlo a suon di ceffoni! Tutto questo teatrino per poi addormentarsi
come un deficiente?! Ispiro profondamente e quasi ho paura che mi possa uscire
il fumo dalle orecchie per la rabbia… ma poi lo guardo… ed è proprio come un
angioletto, uno di quei bambini pestiferi che, quando si addormentano e li
guardi, ti si stringe il cuore…
Dannato
sentimentalismo! Stavolta l’aureola ti ha salvato il culo, Harwood.
Mi
chino su di lui e, con un po’ di fatica, lo prendo in braccio. Accidenti, un
nano non dovrebbe pesare così tanto, no? Grazie al cielo, il mio letto non è
lontano. Sì, il mio letto! Non sia
mai che si svegli e inizi a delirare di nuovo! No, no, non se ne parla.
Lo
stendo e poi mi corico anche io al suo fianco.
Forse…
dovrei abbracciarlo…
Che
avete capito?! Se lo tengo stretto a me, almeno non potrà più fuggire e fare
eventuali stronzate!
Faccio
aderire il suo corpo al mio e – chi l’avrebbe mai detto? – non è neanche una
situazione tanto scomoda.
Sento
che passerò il resto della notte serenamente… almeno fino a quando questa pulce
non si sveglierà e non mi griderà contro tutti gli insulti che conosce, pensando
che gli abbia fatto chissà cosa.
Magari
mi divertirò inventandomi qualche balla. Del resto, adoro farlo arrabbiare e
poi, detto sinceramente, è quello che si merita.
Fine.
~
Noticine random
Ecco,
avevo bisogno di trasformare un sogno terrificante in qualcosa di divertente.
Sì, quelli all’inizio sono gli sms che ci siamo scambiate io e Thalia ieri mattina ed è stato un colpo di genio. L’abbiamo
plottata insieme quindi, se avete letto questa cosa assurdamente scema, è in
parte merito suo. Insomma, senza di lei non sarebbe qui e io, come al solito,
la ringrazio immensamente. È per te, ciccia, solo per te.
Prima
di lasciarvi, ringrazio tutti quelli che hanno letto, recensito, preferito e
così via “Checkmate”. Non mi aspettavo proprio che
piacesse e spero vivamente che anche questa sia stata di vostro gradimento e
che vi abbia fatto sorridere.
Vi
abbraccio forte, tutti quanti.
Vals