Una figura snella camminava tra le vie di Rodorio, nessuna persona la notava
passare tra la folla, i fiori dei mercanti o delle mensole delle case fiorivano
di nuova bellezza, in silenzio raggiunse l’entrata che a pochi umani era
concesso vedere e con un ultimo sospiro l’attraversò.
Sparì dal mondo comune ritornando nell’antica Grecia, con un sorriso dolce
ammirò le antiche costruzione, era da secoli che non rivedeva quelle strutture, in silenzio avanzò verso la scala dello
zodiaco, nessun allievo, bronze o silver notava il passaggio della sconosciuta.
Raggiunse la scalinata dopo un lungo pellegrinaggio, i piedi erano segnati da
tagli e vesciche sanguinanti, il dolore era immenso, ma la sofferenza che stava
provando era il giusto sacrificio per il suo scopo.
Salì la scalinata in religioso silenzio, entrò nel primo tempio, il tempio dell’ariete,
presidiato dal Grande Mu, proveniente dal Tibet, era riconosciuto come uomo
saggio e buono, dall’immensi doti d’armaiolo, quando entrò vide un piccolo
bambino dai capelli rossi che giocava facendo volare sassolini, provò a fare un
passo ma le forze l’abbandonarono facendo cadere la persona ammantata in
ginocchio.
Il piccolo Kiki si accorse del tonfo, corse verso la figura vedendo chi era,
era una giovane, nemmeno ventenne, i capelli erano lungi e grandi boccoli del
colore del grano, le labbra erano un piccolo bocciolo rosa, la pelle lattea, il
seno florido mostrava il respiro affannato e possedeva grandi occhi smeraldini.
-Chi sei?- Chiese il bambino notando gli occhi lucidi della donna.
-Kiki chi c’è?- Il custode della casa uscì con la dorata armatura indosso, si
avvicino ai due, notando subito i piccoli piedi feriti, si stava prodigando per
curarli quando un bianca mano si poso su quelle del cavaliere dell’Ariete, in
quel leggero contato il tibetano scoprì i segreti di chi aveva davanti, i suoi
occhi azzurri si spalancarono e per un istante provò un brivido lungo la
schiena.
-Mia Signora…-
-Nobile Mu, vi chiedo di sorreggermi lungo il mio interminabile pellegrinaggio
verso la tua Dea.- Prego il cavaliere d’oro con voce solenne.
L’uomo annuì, la aiutò a sollevarsi proseguendo la salita, ad ogni casa i
cavalieri si chiedevano chi era la giovane accompagnata dal custode del primo
tempio, in poco la salita della bionda sconosciuta, divenne un processione
seguita da ogni Gold, curioso di sapere chi fosse la donna.
Con immenso stupore, quando attraversarono il roseto di Aphrodite, tutte le rose
si dischiusero nella loro immensa bellezza creando un meraviglioso spettacolo.
Dopo il lungo cammino entrarono nel tredicesimo Tempio, non poche volte la
giovane sconosciuta era caduta per il dolore durante la salita, ma con dignità
si era rialzata, sconvolgendo gran parte della casta dorata di Atena.
Raggiunsero la sala delle udienze, la ragazza era in prima fila si inginocchio, ormai sfinita, davanti al
trono di Saori che la guardava stupita.
-Chi sei?- Chiese il Gran Sacerdote notando la folla che si era creata per la
giovane.
-Nobile Saga, io sono la moglie di colui che rinasce ogni volta per creare la
leggendaria Guerra Sacra, sorella della vostra Dea, mia madre è la Cronide
Demetra e mio padre il sommo Padre degli Dei Zeus, io sono Persefone Dea della
Primavera.- Dichiarò sorprendendo tutti, perfino la stessa Minerva, stupita di avere la moglie del suo
nemico più agguerrito inginocchiata davanti a lei.
-Sorella cara, per te mi sono incarnata nella mia forma umana, quando ho preso
coscienza di chi sono, ho iniziato un lungo pellegrinaggio a piedi nudi, come pegno,
per pregarti di concedermi un immenso
favore.-
Il silenzio era calato nella sala, la curiosità della richiesta di una Dea a un’altra
nume era palpabile.
-Chiedi?-
-Io ti prego… Ti scongiuro… Anzi…- La Dea iniziò a piangere.- Ti supplico,
prega nostra padre di ridarmi mio marito, di guarire il suo corpo immortale e
di farlo tornare da me .-
Dopo tale supplica il brusio si diffuse tra il pubblico sorpreso.
-Come puoi chiedermelo Persefone, Hades ha cercato di uccidere me e i miei
cavalieri.- Rispose indignata da tale preghiera la giovane Dea, per lei
incocilliabile.
-Io rinasco pochi anni dopo la sua disfatta, non posso mai godere della sua
compagnia, però mi curavo del suo corpo divino sperando un giorno di poterlo
avere di nuovo vicino a me, ma ora non posso nemmeno sperarlo in quanto il suo
corpo non c’è più, ti supplico concedimi di riaverlo.- Pianse stendendosi sul
pavimento marmoreo, non si era mai inginocchiata per nessuno e questa
umiliazione commosse tutti, anche il più inflessibile come il cavaliere di
Cancer.
Atena guardava sconvolta la sorella, vide la sofferenza e la solitudine che
provava, la compassione nacque in lei, pregò mentalmente il padre di far
resuscitare Hades, anche se non concordava con la propria richiesta, lei era
Dea della giustizia, però doveva concedere l’amore anche al proprio nemico e
alla propria sorella.
Come delle ombre si formarono, dal nulla una figura uscì, era il Signore degli
Inferi che si mostrò nella sua perfezione, notò di essere circondato dai nemici
storici, ma anche la bella moglie che lo guardava felice e piangente.
-Persefone…- La dea corse tra le braccia del marito, lo strinse a se, non lo
voleva più perdere, desiderava stare stretta in quella presa che da secoli non
sentiva più e il calore che le trasmetteva.
Il Cronide lesse nei pensieri della moglie le sofferenze, le umiliazioni e la
felicità nel rivederlo.
-Capisco… Atena mi costa dirtelo, ma grazie, per questo dono che mi hai
concesso.-
Con il suo potere fece sparire le ferite della moglie, che sembrava si fosse
dimenticata del dolore provato dopo averlo rivisto, le fece comparire il suo
abito da regina, eliminando il rovinato mantello e guardandola innamorato la
strinse a se accarezzandole il bel volto.
-Grazie ancora… Ti sono debitore.- Disse il Dio con la voce profonda prima di
sparire per tornare nel proprio regno con la propria consorte.