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Autore: holdmez    11/06/2012    1 recensioni
Piccola OS su Johnny! romantica.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Io voglio darti tutto di me solo tu puoi farmi a pezzi
Vorrei il tuo amore quali sono i compromessi? 

Solo tu puoi farmi a pezzi.



Getto il mozzicone dell’ennesima sigaretta a terra, alzo lo sguardo verso il cielo e do un ultimo saluto al sole che lento muore dietro l’orizzonte lasciando spazio alla grande luna che illumina timida tutto quanto, sorrido quasi come per donarle un poco di forza, mi volto verso destra e poi verso sinistra: nessuna macchina in arrivo, corro dall’altro capo della strada e finalmente raggiungo casa, cerco con fare distratto le chiavi dentro la grande borsa nera che mi hanno regalato le mie amiche qualche compleanno fa: “questa è una valigia più che una borsa!” penso fra me e me costatando per l’ennesima volta la sua grandezza, qualche minuto e qualche imprecazione dopo finalmente estraggo le chiavi con fare trionfante ed entro in casa. 
Mi guardo attorno con la speranza di trovarti nascosto dietro qualche angolo, mi addentro in cucina convinta di vederti seduto al tavolo intento a mangiucchiarti qualche cosa, sorrido ripensando ai piccoli battibecchi che abbiamo sempre quando io ti faccio notare che non fai altro che dormire, mangiare, sistemarti i capelli e ballare e tu puntualmente mi rispondi che non è vero mentre addenti chissà quale schifezza che ti sei preparato da solo perché lo sappiamo entrambi che se mi metto ai fornelli creo un intruglio omicida piuttosto che una pietanza mangiabile; scrollo il capo lasciando correre lontano quel pensiero, e mi sposto nella camera da letto:  hai lasciato in un angolo il tuo borsone nero, quello che usi di solito quando decidi di fermarti per poco, sospiro guardandolo e mi avvicino ad esso, non mi soffermo nemmeno nell’analizzare il suo interno tanto so che ci troverei solo canottiere e pantaloni della tuta, mi siedo alla scrivania, prendo in mano uno dei tanti pacchetti di Marlboro che lascio dispersi per casa, sfilo una sigaretta e l’accendo, chiudo gli occhi e mi godo quel piccolo attimo di silenzio creato dalla tua assenza, ma non ho nemmeno il tempo di riflettere su dove diavolo potresti esserti cacciato che sento la vibrazione del cellulare giungere alle mie orecchie in maniera martellante, corro in cucina per afferrare la mia borsa, ribalto il suo contenuto sul piccolo tavolo in legno scuro e afferro il cellulare che continua a vibrare imperterrito, non guardo nemmeno il nome che lampeggia vivido sullo schermo e che mi lascia intravedere la tua foto che tengo come sfondo, non faccio nemmeno in tempo a rispondere che sento la tua voce trafiggermi il petto:
- ma si può sapere dove ti sei cacciata, signorina? –
- alt, dovrei fartela io questa domanda! Dove diavolo sei? Pensavo di trovarti a casa! – dico lasciandomi sfuggire una risata che come al solito tradisce il mio fare da sostenuta, come se fosse possibile esser sostenuta con te che con un sorriso fai sciogliere chiunque.
- allora lo vedi che ho ragione? Non mi ascolti mai quando ti parlo! –
Sbuffo sentendoti dire questa frase, hai sempre la maledetta convinzione che io non ti stia mai ad ascoltare quando incominci a sparare parole a raffica parlandomi di cose che nemmeno conosco ma che fingo di vivere da una vita intera. 
- Oh, ti prego, smettila di sparare cazzate e dimmi dove dovrei essere! - 
- Come non detto -
Ti sento ridere dall’altra parte del telefono e sorrido anche io di rimando, come se fosse una cosa automatica, ormai.
 - Non ti avevo forse detto di raggiungermi dopo cena al solito posto che mi ritrovavo con i ragazzi? - Fai una piccola pausa - e non ti avevo forse detto che ti aspettavo qui senza passare per casa? E tu non mi avevi forse risposto: va bene, ci vediamo là così saluto tutti quanti? -
Mi mordicchio il labbro: come diavolo fai ad avere sempre ragione ancora devo capirlo! 
- Davvero? Non ricordo – fingo pur di non darti la soddisfazione che tanto stai attendendo.
- Si, certo, certo! Dai esci di casa e vieni qui che ti stiamo aspettando tutti quanti! –
- Va bene, capo! Dammi cinque minuti e sono lì! –
- Sono già qui ad aspettarti da mezz’ora, piccola smemorata! - 
Ti faccio il verso e metto giù, corro al bagno e mi guardo allo specchio: do una sistemata ai miei capelli: “per fortuna ho deciso di tagliarli, con un niente sono belli che pronti!” penso ammirando il mio riflesso, mi passo un filo di rossetto sulle labbra e rimarco il mascara nero in modo da allungare ancora di più le mie ciglia, sorrido compiaciuta e fiera dell’effetto finale, afferro il giacchetto di pelle che lascio sempre appeso alla maniglia in ottone della parta, torno in cucina, getto in malo modo gli oggetti dentro la grande borsa e mi catapulto fuori casa: cammino veloce, sento il vento accarezzarmi la pelle e l’adrenalina incomincia a scorrere nelle mie vene, potranno pure passare dei mesi ma quella sensazione inspiegabile che mi attanaglia lo stomaco e mi fa battere all’impazzata il cuore non mi abbandonerà mai, tutte le volte che sto per vederti, che sia per cinque minuti fuori scuola o per una giornata intera a casa, quel miscuglio di emozioni si ripresenta ed io capisco di essere “completamente persa” come direbbe Ale, la mia migliore amica.
- Finalmente sei arrivata! – 
parli del diavolo e.. Alzo lo sguardo e mi ritrovo le braccia di Alessia che mi accolgono in uno di quei abbracci che ti mozzano il fiato da quanto sono sentiti e soprattutto da quanto sono forti
- hey, se non mi lasci non arrivo più da nessuna parte, però! - 
Scoppiamo a ridere insieme e ci guardiamo con intesa, non mi lascia nemmeno il tempo di pronunciare parola che già mi prende per mano e mi trascina dentro 
- E’ con gli altri, stanno provando una cosa, sai come sono fatti – dice roteando gli occhi al cielo con fare rassegnato, le sorrido e le scompiglio la frangetta mora che le intralcia lo sguardo ma che la rende ancora più bella. 
Oltrepasso il portone di entrata ed entro nel nostro solito “locale”, dico nostro perché praticamente non è frequentato da nessuno che non appartenga alla nostra compagnia, lascio che la musica mi invada completamente l’anima, riconosco immediatamente la canzone e sorrido ascoltando quelle parole che sembrano essere perfette per noi, mi guardo attorno sperando di trovarti, mi giro a destra ma nulla, a sinistra ma ancora nulla, poi sento una piccola risata giungere dal fondo e ti vedo poggiato al muro con una bottiglia di birra in mano mentre i tuoi amici ti fanno vedere qualche nuovo passo che a detta loro sarà sicuramente “fortissimo e imbattibile”, ti scompigli un po’ i capelli e lasci la bottiglia a terra, poi ti avvicini al tuo gruppo ed incominci a ballare, tutti rimangono fermi ad ammirarti mentre svolgi la tua arte, mi è sempre piaciuto chiamarla così, c’è chi ti incita urlando il tuo nome e chi, come me, se ne sta fermo in un angolo a guardarti di nascosto per paura di distrarti e di interrompere quel piccolo spettacolo solo a noi dedicato che sa riempirti il cuore di gioia e la pelle di brividi, che sa renderti felice, ma felice davvero e sa donarti un sorriso, uno di quei sorrisi che sanno illuminare il mondo intero da quanto sono belli e sinceri.
- Ti sei imbambolata? - 
Scrollo il capo e mi riprendo, sento le mani di Max cingermi la vita mi volto e gli tiro un piccolo pungo sulla spalla in maniera scherzosa.  
- Chi, Io? - 
Scoppio a ridere e lo abbraccio. Max è il mio migliore amico, nonché tuo compagno di avventure, vi conoscete dagli inizi e chissà quante ne avete combinate insieme, certe volte ancora ci provo a scoprirlo ma la risposta è sempre la stessa “non lo guarderesti più con gli stessi occhi se te lo dicessi” il tutto seguito da una risata, e devo dire che la cosa mi spaventa leggermente ma lascio sempre perdere.
- Si tu, signorina occhi a cuoricino – mi dice mentre scoppia a ridere facendomi il verso 
- ma piantala idiota! Allora che fate? -
- proviamo, niente di che! Tu ci vuoi raggiungere o vuoi che ti lasci qui nel tuo angolo a fantasticare su non-so-cosa-e-non-voglio-nemmeno-saperlo? -
- Lasciamo perdere le tue allusioni pessime e andiamo - 
- come se non avessi ragione! - 
- Max?! Qual è il tuo problema? Non sono mica come quelle che se ne stanno nascoste dietro la porta e intanto sbavano guardando chi-non-dovrebbero-nemmeno-sfiorare-con-lo-sguardo-perché-non-è-libero, non so se mi spiego – indico un gruppo di ragazzette che ridacchiano qua e la con fare da oche che cercano invano di attirare la tua attenzione facendo i versi più assurdi che più che fischi sembrano rantoli di morte. Guardo Max. Max guarda me.  Scoppiamo in una risata talmente forte da attirare l’attenzione di mezzo locale se non tutto, gallinelle comprese, le guardiamo più per prenderle in giro che altro e andiamo avanti per la nostra strada
- ora, miss gelosia cosa hai intenzione di fare? – mi dice Max cercando di trattenere le risate – vuoi marcare il territorio? -
Scoppio a ridere e mentre con estrema nonchalance passo accanto al gruppo di ragazzine, mi schiarisco la voce e faccio ben intendere un forte 
- più che marcare, metto in chiaro le cose – Max mi fa l’occhiolino e ti chiama indicandomi, ti guardo, mi guardi, sul tuo volto compare un sorriso a dir poco perfetto che farebbe invia perfino al sole da quanto è luminoso, sorrido di rimando anche io,  come se fosse davvero una cosa automatica, come se ormai non dovessi neppure riflettere perché fa parte della mia persona, tu ed io, senza punti di confine, senza distinzioni, un’unica piccola cosa indescrivibile a parole. Mi avvicino lentamente, come se quei cinque passi che ci dividono si fossero miracolosamente tramutati in chilometri, sento da lontano giungere le parole di una canzone, quella canzone, quella che io e Ale ci ascoltiamo sempre prima di entrare in classe, quella che Max spara al massimo quando mi porta in giro per il centro, quella che ti ho fatto sentire l’altra 
sera mentre sistemavamo le tue cose, quella canzone che non sai spiegare ma che sai un poco ti appartiene perché è perfetta per quello che senti, perché ti leva le parole che non riesci a dire, che ti si bloccano in gola e ti fanno sentire una completa idiota intrappolata in quella turbine di sensazioni che tutti definiscono amore ma che tu hai paura anche solo di provare. 
- quanto tempo fa sei arrivata? - 
- una decina di minuti, nemmeno tanto - 
- e perché non mi hai chiamato? – mi chiedi mentre mi sistemi un piccolo ciuffo ribelle 
- eri tutto occupato con i ragazzi, poi mi sono fermata con Max a commentare un po’ di gente – scoppio a ridere e lancio un’occhiata la gruppo di ragazzine che affrante restano lì a guardarsi la scena, ti volti e le guardi anche tu, le vedo esaltarsi come se avessero raggiunto chissà quale traguardo, sbuffo spazientita e ti prendo per un braccio
- no ma fai pure la radiografia così si esaltano del tutto - 
Scoppi a ridere in quel modo tutto tuo che ti mette di buon umore in qualsiasi caso, mi afferri il volto fra le mani e mi sfiori le labbra in maniera talmente delicata da farmi impazzire ancora di più, mi aggrappo alle tue spalle grandi quasi come se fossero la mia casa, poggio la testa al tuo petto e lascio che le parole di quella canzone trafiggano entrambi quasi come se dovessero raccontarci qualcosa l’uno dell’altra che ancora non sappiamo ma che abbiamo bisogno di conoscere, ti sento sospirare mentre con una mano carezzi la mia schiena fragile.
- quali sono i compromessi? - Sussurri al mio orecchio, seguendo quella voce, alzo il capo e ti guardo dritto negli occhi, e con estrema consapevolezza ti rispondo ammettendo  anche a me stessa ciò che sta accadendo e ciò che sei diventato, come su una piccola frase nascondesse tutte le verità del mondo:
- solo tu puoi farmi a pezzi. - 
Mi avvicino piano alle tue labbra e le assaporo ancora un poco, come se non potessi vivere senza, ti accarezzo i capelli mori che ricadono un poco sul tuo volto, ti guardo negli occhi in attesa di qualcosa, di una frase, una parola, una risposta, una consapevolezza che non tarda arrivare:
- solo tu. – sussurri piano, quasi come se fosse un segreto, il nostro piccolo segreto. 
  
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